La Maturità immatura!

Se cambiamo significati cambiamo però anche il nome: non possiamo più parlare di Maturità se il nuovo esame sarà svolto come imposto dalla nuova riforma.

Stupiti ed attoniti, questo è come si rimane guardando le nuove regole dell’esame di maturità, o meglio del passaggio di fine superiore.

Non è più un esame, ma solo una formalità che chiunque potrà superare, ed a cui chiunque sarà ammesso.

Quindi a che serve? decisamente a nulla, un poco come il titolo di studio ed il suo valore legale, oggi a cosa serve essere diplomati se questo titolo di studio sul mondo del lavoro non vale più a nulla??

Non vale più nemmeno nei concorsi pubblici!!!

Svuotare così la scuola pubblica di ogni significato non sarà una mossa per favorire quella privata?

Ma procediamo con ordine, oggi parliamo di maturità e di come in tutto questo cammino si sia riusciti a farla diventare immatura.

Il governo ha proposto che non serva più il sei in ogni materia per essere ammessi, ma solo la media del sei (compreso il voto di condotta) e non si faccia più la terza prova …

Ma, procediamo con ordine, mica che il nostro futuro maturando si confonda …

Il 14 gennaio scorso, sono stati pubblicati sul sito del ministero dell’Istruzione e della Camera i testi degli otto decreti legislativi approvati dal Consiglio dei Ministri riferiti alla legge 107, cioè sulla riforma scolastica del luglio 2015, in breve, la BUONA SCUOLA di Renzi …

Il testo che più degli altri ha fatto notizia, è l’atto 384: “L’adeguamento della normativa in materia di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti e degli esami di stato”.

In particolare, l’art. 15, si occupa delle ammissioni dei candidati interni agli esami di stato finali delle superiori, cioè chi verrà ammesso alla maturità.

E qui viene il bello …

I requisiti necessari saranno quattro: uno è rimasto invariato, gli altri tre sono nuovi.

Sarà necessaria, come avviene oggi, la partecipazione ad almeno il 75% delle ore di lezione, cioè, uno studente potrà continuare a stare a casa un giorno su quattro che, comunque, frequentando i ¾ del monte ore annuale, avrà assolto l’obbligo di frequenza.

Così, è sempre più istituzionalizzata anche l’assenza strategica o la malattia psicosomatica per allergia a quel prof tanto spietato che vuol pure interrogarti nella sua materia professionalizzante…

In più, rispetto ad ora, sono previsti gli obblighi alla partecipazione alle prove Invalsi, allo svolgimento dell’alternanza scuola-lavoro ed infine, una votazione di ammissione non inferiore alla media di 6/10 compreso il voto di condotta.

Dunque, non sarà più richiesta la sufficienza in tutte le materie.

Questo significa che si potrà essere ammessi all’esame di stato anche con un 5 (o un 4 o un 3!!!) purché ci siano dei 7 (o degli 8 o dei 9) a compensare su altre materie.

Ed allora, il nostro candidato tipo potrà affrontare la maturità classica con un bel 4 in latino od in greco, il suo amico maturando dello scientifico potrà esibire il suo 4 in matematica od in fisica ed un futuro ragioniere rivendicherà il suo 4 in economia aziendale od in finanze …

Che, intanto, le insufficienze sono indicate in modo generico.

E’ irrilevante che siano nelle materie professionalizzanti … Vedi allora che le assenze strategiche hanno ragione di esistere? … Un mio alunno direbbe: “Prof, Dio c’è !!!”

Ci sono delle novità anche per le prove Invalsi: si introduce una nuova prova di inglese, oltre quelle già previste di italiano e della seconda materia. Però la prova Invalsi sarà requisito per l’ammissione all’ esame, ma non confluirà nel voto finale.

Da povera addetta al lavoro, in classe da 29 anni, mi auguro solo che i quesiti delle prove Invalsi proposti nelle superiori siano un po’ più accordati alle conoscenze richieste ed alle competenze certificate di alunni reali e non virtuali …

Perché, se considero gli Invalsi proposti negli esami di terza media, vi assicuro che, ogni anno, il MIUR partorisce un tale inventario di quesiti scollati dalla realtà scolastica in atto, che, mi chiedo, chi sia ad inventarli e che cosa vogliano verificare, se non servano solo per abbassare la media finale anche degli studenti migliori…

Oppure, dubbio amletico, i nuovi quesiti continueranno a dimostrare che i nostri alunni non sono come ci aspettavamo ed allora, rinforziamo l’errore, la prova Invalsi non consideriamola nel voto finale, usiamola solo per far vedere che la nostra buona scuola funziona…

Ma sì, va tutto bene…Il decreto prevede, sempre per l’esame di maturità, l’eliminazione della 3° prova e della tesina portata dal candidato introdotta dal ministro Fioroni nel 2007.

Eh sì, povero il nostro candidato, togliamo pure l’insonnia da “notte prima degli esami” eliminando il famoso “quizzone “… Intanto, nella vita, succede proprio così, è tutto sempre più facile…

Si dovrà portare, invece, un resoconto del periodo alternanza scuola-lavoro. A questo punto entreranno in gioco le certificazioni Eipass, sperando che, almeno questa volta, qualcosa migliori…E che gli addetti ai lavori sappiano di cosa si stia parlando …

La prima prova scritta resterà quella di italiano, la seconda riguarderà la materia che caratterizza il corso di studi, ed infine ci sarà il colloquio orale.

Infine, con il nuovo decreto, il voto finale resta in centesimi, ma si dà maggiore importanza al percorso fatto negli ultimi tre anni, in modo progressivo.

Il credito scolastico avrà un peso maggiore passando da 25 punti a 40 ( fino ad un massimo di 12 punti in terza, 13 in quarta, 15 in quinta ), le due prove scritte e l’orale potranno valere invece fino a 20 punti ciascuno.

E qui, almeno, si inizia a riconoscere il percorso più o meno meritevole e non solo la prestazione finale…

 




Tullio De Mauro, quando una lingua è a colori

Tullio De Mauro, quando una lingua è a colori…

 

 

Addio, caro Tullio, scusa la confidenza, ma mi sembra di averti sempre conosciuto.

Appena ho saputo della tua morte, ho pensato che veniva a mancare una STELLA della cultura italiana e che, per curioso caso del destino o per paradosso linguistico, ci hai lasciati appena dopo fenomenologie come Maria Stella, Gelmini… ed in piena epoca di una ministra riscaldata e neppure laureata, ma nemmeno esperta di scuola.

 Tutti e tre avete ricoperto il prestigioso ruolo di ministro della Pubblica Istruzione, ma con qualche “piccola differenza”…

Coscritta di tuo figlio, ho studiato linguistica all’università, proprio sulla tua traduzione di Saussure.

Ed allora, ancora non capivo come questa materia scolastica potesse essere scienza sociale e passione civile al contempo.

In quegli anni, tu m’insegnavi che una piena padronanza della lingua italiana è un elemento indispensabile alla vita intera di una società moderna, ma da studentessa non mi era proprio chiaro…

 Poi, sono andata in classe, ed ho capito quanto davvero lo studio della lingua deve concretizzarsi in una missione di civiltà.

Il tuo ideale di lingua della Costituzione italiana, precisa, nitida nella sintassi e trasparente nel lessico, ”Parole di tutti e per tutti”, come tu eri solito ripetere, mi rendeva sempre più consapevole del mio ruolo di insegnante.

Intanto, da vero addetto ai lavori, continuavi ad insegnarmi da linguista, da professore universitario e da ministro dell’istruzione, che tutti gli insegnanti dovrebbero essere concordi nel riconoscere il primato della linguistica nell’educazione scolastica.

Per te le scuole erano, ed avrebbero dovuto essere, il terreno dove occorre far maturare negli allievi una piena consapevolezza dei mezzi linguistici e la capacità di un loro uso appropriato. Per te, solo un’elevata competenza linguistica avrebbe assicurato un’adeguata cultura.

Ed inoltre, lo studio linguistico avrebbe supportato lo sviluppo della società e delle sue forme produttive.

Vale a dire che i livelli di istruzione realmente incidono sullo sviluppo economico di un’area geografica. Dunque, per te, solo riconoscendo la centralità dell’educazione linguistica a livello nazionale si sarebbero potuti raggiungere alti livelli di istruzione individuali e collettivi e rendere un paese produttivo e competitivo.

Ma, come si suol dire…” Dal dire al fare, c’è di mezzo il mare…”.

 In classe, ho misurato sul campo che cosa significa l’analfabetismo funzionale, cioè come i miei alunni, immersi nelle nuove tecnologie informatiche, sono più analfabeti dei loro nonni…

Infatti, essi sono nipoti dei primi alunni obbligati ad andare a scuola.

I loro nonni erano alunni dell’immediato  secondo dopoguerra.

I loro nonni erano studenti negli anni ’50, in cui il 60% degli adulti era privo di ogni istruzione e solo il 18% degli Italiani, compreso i toscani ed i romani, usava l’italiano anziché il dialetto.

Erano alunni che avrebbero scoperto come il sopraggiunto obbligo di istruzione di base assicurasse e confermasse lo sviluppo economico italiano. Infatti, nei favolosi anni ’60, tali alunni avrebbero verificato di persona che il boom economico era intrecciato alla crescita del livello di istruzione delle classi giovanili.

Dunque, la diffusione della conoscenza e dell’uso effettivo della lingua italiana era garanzia di un’affermazione sociale e di un impiego lavorativo.

E così, il “saper leggere, scrivere e far di conto “, era riscatto sociale e vantaggio economico… E fin qui tutto bene.

 Poi, però, è arrivata la scuola dei genitori dei miei alunni, periodo in cui il 95% della popolazione italiana, finalmente, raggiungeva il prezioso traguardo dell’uso dell’italiano nel parlare.

Anni in cui, tra Berlinguer che ti precedeva e Moratti che ti seguiva nel tuo mandato di ministro della pubblica istruzione, qualcosa iniziava a vacillare e tu già parlavi di analfabetismo funzionale.  da vero profeta, già segnalavi che parlare in italiano anziché in dialetto, non corrispondeva ad una sicura ed estesa padronanza lessicale e competenza testuale, che parlare in italiano non vuol dire conoscerlo, e se manca l’abitudine alla lettura, non ci può essere l’abilità di scrittura…

Ed arriviamo all’ epoca della nostra buona scuola, dove il 40% della popolazione è impreparata o si trova in penose difficoltà di fronte al compito di leggere o di produrre un testo articolato sul piano sintattico.

 Sapessi quanto è amaro, verificare ogni giorno, nell’esercizio della mia professione di insegnante, che gli alunni usano google traduttore anziché il vocabolario, che la maggior parte di loro non ama leggere, che le loro famiglie preferiscono acquistare l’ultimo smartphone che un classico della letteratura.

Ho capito che la cultura è libertà, ma che l’orientamento politico italiano degli ultimi trent’anni va in direzione contraria.

Infatti, i tagli degli investimenti nella scuola hanno abbassato la qualità del servizio fornito.

Ho imparato, vivendo dentro la scuola, che il carosello di riforme scolastiche degli ultimi governi, ha portato sempre più le risorse pubbliche e private lontano dall’istruzione.

Insomma, che i miei alunni patiscono per le scelte politiche delle ultime assurde riforme, e che l’orientamento della spesa familiare è riflesso delle scelte politiche in atto.

Dunque, caro Tullio, tu hai sottolineato la centralità dell’educazione linguistica e l’importanza dell’investimento nell’istruzione ai fini dello sviluppo economico di una società.

Tu hai rimarcato il fine prioritario di dotare ogni persona degli strumenti espressivi, conoscitivi ed operativi necessari a muoversi nello spazio sociale.

Tu hai perseguito in tutta la tua vita l’ideale civile di rendere ogni italiano che parla e scrive in italiano, un vero cittadino e non un suddito o un privilegiato.

Peccato che le cose siano andate un po’ diversamente, che la carente alfabetizzazione degli italiani degli anni ’50 –’60 , abbia lasciato il posto all’analfabetizzazione di ritorno della nostra  epoca, periodo in cui le nuove tecnologie rimandano ancor più fortemente alla “necessità di leggere e scrivere molto”…

I miei alunni, abili nella competenze oculo-manuali, giocano con il cellulare, ma  non sanno parlare, scaricano da internet  una valanga di dati che non sanno analizzare, impiegano un gergo tribale svuotato di ogni senso, dove l’unico significato è far parte del gruppo.

E di fronte all’ invito a leggere e studiare seriamente, mi girano un post pieno di strafalcioni semantici dell’ultimo idolo televisivo che , ignorando l’ impiego dei congiuntivi, partecipa con successo ad un reality o grida nei talk-show e soprattutto, “guadagna un pacco di soldi, mica come lei, prof…”

 

 

 

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antonella




La “Ministra” Riscaldata

Il giallo sul titolo di studio della neo ministra Valeria Fedeli è durato poco, Lei stessa ammette candidamente, una svista, un copia incolla fatto male… e va beh, certamente in un governo come questo, ennesimo calderone di gaffe e di sberleffi agli Italiani, cosa conta un titolo di studio.

In effetti concordiamo con la ministra, il titolo di studio non conta, conta l’esperienza e le capacità che la persona che svolge il ruolo di ministro può portare nella gestione del suo mandato.

Noi non pensiamo che se una persona non è laureata sia un incompetente o un delinquente o peggio un incapace totale indegno di qualsiasi ruolo, noi siamo convinti che la capacità e l’esperienza possano davvero fare molto, sicuramente più di un  titolo di studio, che se non collegato ad esperienza e capacità, veramente non ha valore.

Noi riteniamo che un Ministro dell’istruzione debba essere un profondo conoscitore del mondo della scuola, debba avere esperienza diretta del ruolo di insegnante, debba conoscere le tematiche legate al mondo della didattica sia nazionale che internazionale, debba essere conoscitore del lavoro delle scuole non solo in relazione agli alunni ma anche alla complessità amministrativa che si cela dietro una scuola, debba avere chiaro dell’attuale stato di abbandono della scuola italiana e soprattutto del grandissimo disagio sia dei docenti che dei Dirigenti Scolastici, ma anche del personale di segreteria tutto, collaboratori scolastici compresi.

Queste cose nemmeno un laureato ad Harvard le saprebbe, e quindi chissene frega del titolo di studio del ministro, viva invece la sua esperienza.

Un’esperienza pluriennale nel mondo della scuola, ove ha ricoperto più ruoli, durante la quale ha potuto vivere direttamente e sentire quasi come un profumo tutte le componenti chimiche della scuola, comprendendone a fondo le meccaniche.

Per fare tutto questo occorre quindi avere l’esperienza della ministra, tre anni alla scuola materna, poi dal 1979 al 2012 come delegata sindacale per la CGIL, in vari ruoli legati al mondo del settore tessile, dal 2013 ad oggi senatore della repubblica per il PD…

“il mio punto di forza è l’ascolto…” ci dice la ministra, forse, ma non certo l’esperienza…

Ma quindi perché invece che scagliarsi contro i suoi titoli di studio non è stata valutata l’esperienza nella materia?

Forse perchè se andiamo a vedere l’esperienza di tutti i ministri allora ci mettiamo le mani nei capelli??? 

Forse perchè ancora una volta agli Italiani viene messo davanti un fatto compiuto?

Una volta ci dicevano o mangi la minestra o salti dalla finestra! 

Ebbene forse è ora davvero di saltare dalla finestra, probabilmente ci facciamo meno male che mangiando questa ministra riscaldata…




Cercasi Buona Scuola: chi l’ha vista chiami subito in redazione.

La Buona Scuola, di renziana impostazione, è miseramente fallita solo dopo pochi mesi dalla sua gestazione.

Il caos di questi giorni nelle chiamate dirette e nelle graduatorie post concorsi indica, con forza, come sia importante conoscere ciò che si tocca.

Il che non scusa il fatto che la scuola italiana sia una nave che naviga a vista da molto tempo, con reiterati errori e covo di incompetenze sopratutto dal lato ministeriale, e probabilmente dalla riforma del 1962 non è più stata in grado di adattarsi alla nuova corrente educativa che lei stessa si era data.

L’errore di base che grava sulla scuola italiana è la mancanza di un modello organizzativo legato a processi e funzioni ben definiti; basta vedere il caos scaturito con il concorsone che muoverà ricorsi per i prossimi decenni e causerà instabilità nei percorsi professionali di molti docenti, ma sopratutto che ha dimostrato di non saper valutare nessuno.

La legge 107 ha raffazzonato una serie di idee (a volte anche valide) buttandole in un calderone che non ha dato indicazioni precise e funzionali, ma come al solito ha lasciato spazi interpretativi assurdi.

Sono stati assunti migliaia di docenti spesso non preparati a fare i docenti, in barba a quei professori che invece hanno consolidate professionalità, è stato fatto un concorsone che non ha saputo valutare correttamente nessuno, il bonus docenti non ha centrato l’obiettivo di creare un modello di valutazione dei docenti, i dirigenti scolastici non hanno avuto nessuna possibilità di scegliere in quanto già tutti i posti sono stati gestiti dagli usr su incarico del miur che hanno posizionato le figure che voleva il miur, non certo quelle che servivano alle scuole, l’alternanza scuola lavoro ha fatto una grave commistione tra didattica e professione senza una vera guida, tutte cose che hanno generato caos.

Il ridicolo: viene fatto un concorso senza i posti da assegnare, la partenza dell’anno scolastico ha generato più insicurezze nei docenti di quanto nessuna riforma abbia mai fatto negli ultimi quarant’anni, ogni usr manda alle scuole comunicazioni differenti…

Non è questione di difendere i docenti che se sono bravi si difendono benissimo con il loro lavoro, è questione di dignità, dignità della persona, dignità della professione, non solo dei docenti ma anche del personale di segreteria che si è trovato catapultato in un caos di incombenze amministrative nuove, mal spiegate e sopratutto non chiare.

Insomma la buona scuola è riuscita a mettere nel caos tutti, lo stesso sottosegretario Faraone ha ammesso, a denti stretti, che qualche “piccolo” inconveniente c’era, PICCOLO, ahahah, eufemismo politico.

Inutile in queste poche righe riassumere i tanti fatti clamorosi di incapacità dimostrata dalla buona scuola, ed in particolare di come anche l’organico dell’autonomia si sia dimostrato solo utile a posizionare i tanti assunti “inutilmente” nella scuola.

In ogni caso la Ministra si dice soddisfatta “nella consapevolezza di una macchina complessa”.

Ma chi deve essere soddisfatto, la ministra o gli operatori della scuola che devono poter lavorare con la massima tranquillità?

Ma gli esponenti dei lavoratori della scuola affermano: “Mobilità nazionale, concorso disarticolato dalle reali necessità in termini di cattedre, dirigenti scolastici imbarazzati nella mansione di selezionatore del personale… la Buona Scuola mostra tutta la sua fragilità all’inizio dell’anno scolastico...” così interviene Nicola Iannalfo, esponente di spicco del Comitato Docenti Precari ” L’idea centrale di raccordare la scuola al sistema lavorativo sta generando vulnus organizzativi per quanto attiene l’alternanza scuola-lavoro. I nodi da sciogliere sono molti e c’è da scommettere che le prossime settimane offriranno motivo di scontro tra le parti sociali e il ministero. Il Ministro annuncia un nuovo ciclo TFA… non sarebbe opportuno sistemare il pregresso piuttosto che congestionare ulteriormente le graduatorie di istituto? Lo scopriremo solo vivendo…”

In ogni caso siamo contenti che la ministra sia contenta…

 

 

i casi strani della legge 107

i casi strani segue

i tappi del miur




Rampelli vs Cineca – scontro di civiltà?

L’incredibile vicenda della rimozione del Direttore Generale dei sistemi informativi del MIUR, Marco Filisetti, viene ben stigmatizzata dall’interrogazione parlamentare di Fabio Rampelli:

“… la direzione generale per i sistemi informativi del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca dovrebbe, a breve, rinnovare il bando per le attività di informatica, per un valore presunto di circa trecento milioni di euro in quattro anni; tra l’altro, il capo della direzione generale dei sistemi informativi del Ministero è stato recentemente trasferito all’ufficio scolastico regionale della regione Marche, con due anni di anticipo rispetto alla scadenza del mandato; alla luce di quanto esposto, il Consorzio Cineca non sembra costituire un soggetto affidabile per la gestione dei servizi informatici e tantomeno per la realizzazione di concorsi…”

Ucci Ucci sento odor di magagnucce…

Perfettamente noto a tutti gli Italiani che al solito si spostano le persone per mettere al loro posto i vari raccomandati, sicuramente più affidabili e “leali” verso il potere, ma quale sia il motivo  vero dell’allontanamento del Direttore Generale Marco Filisetti, ben due anni prima della scadenza del suo mandato e contro la sua volontà, dalla direzione generale dei sistemi informativi del ministero dell’istruzione università e ricerca, non è per nulla chiaro, anzi viene fatto proprio quando lo stesso Filisetti si stava muovendo sia per il nuovo bando per l’appalto dei sistemi informativi sia per i controlli sulle strutture che avrebbero gestito il concorso dei docenti (cineca n.d.r.), ma anche quando Filisetti iniziava a svolgere verifiche riguardo alla “gestione” dell’organico potenziato e di quello dell’autonomia (anche queste attività spesso gestite da cineca).

Sembra opportuno notare che lo stesso Filisetti aveva la responsabilità dell’unità di Audit dei fondi europei che, nel lontano 2011, venne smantellata perchè aveva segnalato qualche “piccola” magagna nella gestione dei fondi stessi. (vedi nostro articolo PON fondi europei)

Perché Filisetti venga poi spostato non è dato da sapere, ne vi sono risposte all’interrogazione parlamentare fatta da Rampelli.

Da notare alcune strane concomitanze ovvero che il ministero dell’istruzione università e ricerca ha posto in essere una serie di gestioni tecniche per la realizzazione delle attività legate ai concorsi tramite il consorzio Cineca, che lo stesso Cineca dispone di personale che lavora per il MIUR senza alcuna definizione di progetto né di contratto, che si avvicina il momento del rinnovo del bando per le attività di informatica del MIUR (valore presunto circa 300 milioni di euro in 4 anni), che non vi sono contratti che definiscano gli impegni di Cineca per le attività realizzate ma solo posizioni di fatto, che vi sono perplessità anche nella stessa corte dei conti che nel suo rapporto Deliberazione 6 ottobre 2015, n. 7/2015/G pone alcune questioni riguardo la gestione di cineca.

 

Insomma Filisetti scomodo al potere forse anche perché come al solito aveva iniziato a guardare dentro all’organico dell’autonomia ed a come viene assegnato.

Ma perché il Cineca è così intoccabile?

ci restano altre domande senza risposta:

Quale è la pianificazione della spesa informatica da parte del miur e le motivazioni che richiedano l’attivazione di ulteriori coperture?

Quale sia lo stato delle società in house che ricevono fondi europei senza bando ed in particolare le relazioni dei revisori dei conti che garantiscono il corretto utilizzo degli stessi, le motivazioni per cui gli stessi non vengono sottoposti a controllo?

Che fine hanno fatto le denunce dell’autorità di Audit del 2011? sepolte?

 

filisetti marco fabio-rampelli cineca

 

 

 

 

 

 

chi tocca cineca muore

 

 

 

 

 

 

Sorgente: 4/12265 : CAMERA – ITER ATTO