Ladro sì, ma Gentiluomo…

“Who?! Me?!”
Photo by Andrea Federico Santicoli

Il Lupin dello scatto ha un nome: Andrea Federico Santicoli.

“Quando si fotografano persone a colori, si fotografano i loro vestiti. Ma quando si fotografano persone in bianco e nero, si fotografano le loro anime!”.  Ted Grant

Ed è proprio a Ted Grant – attivista britannico di origine sudafricana – che si ispira Andrea Federico Santicoli, luganese d’adozione come me: uno dei regali che l’applicazione “Clubhouse” mi ha fatto, durante lo sfidante triennio 2019-2022.

È stato lì che le nostre voci si sono incontrate. Poi ci siamo dati appuntamento in centro città per proseguire la nostra chiacchierata vis-à-vis, sul senso profondo della vita.

Un nuovo punto di vista

Ed è lì, che ho scoperto che Andrea vive la vita da una diversa prospettiva: quella di chi guarda il mondo da una sedia a rotelle.

Non è sempre stato così. Mi ha raccontato del suo incidente in moto e di quella banale distrazione che, provocandone la caduta, si sarebbe rivelata – a meno che non avvenga un miracolo! – fatale. 

Ma lui non solo non si è arreso. Ha fatto dell’intoppo un dono per se stesso e per il mondo intero: un nuovo punto di vista!

Sì perché un giorno – neppure lui saprebbe spiegare il come o il perché – gli è venuta la balzana idea di acquistare la sua prima macchina fotografica. Da lì è ripartito per una nuova, entusiasmante avventura ricca di emozioni, viaggi, sorprese, storie e nuovi incontri.

Temo non gli piaccia la parola “carriera”, e neanche a me piace. Eppure, sono certa che questa sua passione lo porterà lontano, molto più lontano di quanto lui non possa immaginare mentre, dal lunedì al venerdì, continua a rivestire il prestigioso ruolo di  relationship manager, executive director alla Julius Bär…

Ed eccolo trasformarsi, fuori orario d’ufficio, in “Lupin” di scatti, rubati ovunque gliene capiti l’occasione. Per non perderne neanche uno porta al collo, dall’8 marzo 2020, la sua inseparabile “Margot” Leica M Monochrom. Quei due insieme, creano meraviglie.

Quando gli chiedo come faccia a cogliere istanti così belli, Andrea sorride e non trova le parole. Segue il suo istinto ed è lì, a scattare la foto nel luogo e nel momento giusto. “Ruba” l’attimo, salvo restituirlo al soggetto fotografato, via email o whatsapp, in un secondo tempo.

Guardando le sue immagini in bianco e nero, è impossibile non cogliere di lui l’essenza di curioso esploratore innamorato della vita e dei momenti di cui è ricca… Momenti che la maggior parte di noi si perde per distrazione, ma che lui coglie e ci porge come gemme di straordinaria bellezza, spontaneità, freschezza. 

I suoi mentori sono i grandi della fotografia in bianco e nero: Henri Cartier – Bresson e Robert Doisneau, quelli che hanno fatto della street photography un’Arte consacrata alla spontaneità, all’immediatezza, all’emozione di uno storytelling concentrato in una singola e irripetibile immagine.

I protagonisti delle storie riassunte in uno scatto sono persone di ogni età, sole o in coppia, incontrate per strada, sul lungolago, nelle piazze, alle fontane, nei bar… Persone immerse nella loro quotidianità e intente a giocare, baciarsi, conversare, abbracciarsi, leggere un libro, prendere il sole, suonare uno strumento musicale… Non “in posa”, ma mentre si raccontano con un sorriso, uno sguardo, un gesto ironico, esprimendo l’ineffabile. Fiori colti nel loro socchiudersi alla vita, sprigionando la loro più autentica fragranza. 

A tu per tu con l’Artista

Incontro Andrea al Parco Ciani per una breve intervista sul prossimo appuntamento che lo vede protagonista di una personale a Bergamo: “Punto di Vista”.

J: “Perché ‘Punto di Vista’?”

A: “L’idea di questo titolo è nata dal fatto di trovarmi sulla sedia a rotelle e quindi di avere un punto di vista differente da quello che possono avere le persone normodotate. Sicuramente ho un orizzonte diverso, e quindi anche le mie fotografie hanno una prospettiva o quantomeno un punto di vista che è differente, rispetto a quello di uno sguardo da, per esempio, un metro e ottanta d’altezza.”  

J: “È l’unico elemento distintivo che caratterizza questa nuova collezione di fotografie o c’è dell’altro? In altre parole, che cosa possiamo aspettarci da questa tua nuova avventura?”

A: “Mi auguro che i visitatori possano trovare il meglio di quello che posso esprimere in questo momento: il risultato di alcuni anni della mia passione fotografica. È un percorso di immagini prese dalla natura, dalla strada… E poi ci sono i volti delle persone… Le immagini sono molteplici, per due motivi. Il primo è che ho sempre con me la mia macchina fotografica e quindi fotografo quello che vedo, quello che vivo, quello che sono. Il secondo motivo è che io non sono monotematico. Anche se sono sempre attratto dall’essere umano, che amo, sono sempre molto curioso di cogliere l’anima di tutto ciò che mi circonda, esseri umani e cose…”

J: “Ho notato che non c’è nulla di ‘preparato’ nelle tue foto. Quanti dei tuoi scatti sono effettivamente ‘rubati’, e quanti sono fatti a soggetti che sanno di essere fotografati?”

A: “Solitamente preferisco rubare lo scatto e poi condividerlo con la persona, con cui mi metto in contatto per mandarle la foto. Vedi… Uno scatto rubato di per sé è una foto senz’anima, perché non ha una storia… Sto pensando alle mie prime foto, che conservo con molto piacere, scattate ad alcuni barboni, soprattutto a Milano. Ho smesso di fare questo tipo di fotografia perché mi sembrava di rubargli l’anima così, senza dire nulla… Poi ho cominciato a chiedere il permesso di scattare le mie foto, dialogavo con loro, li ascoltavo… Era più bello, più costruttivo… Quando abbiamo la storia di ciò che c’è attorno a noi, tutto acquista un senso.” 

J: “Hai mai pensato di abbinare le tue foto a delle poesie o a dei racconti in libri illustrati, artistici, che abbinano le immagini alle parole?”

A: “È una bellissima idea, ma sono già stupito che sia riuscito a fare queste fotografie. Non mi capacito ancora di come abbia potuto trovare questo hobby – ringrazio Dio per questo – che mi ha permesso di conoscere gente, di viaggiare, di passare il tempo in modo costruttivo e soprattutto di trovare uno sfogo mentale, psichico che a volte è molto importante. Quindi potrei andare oggi, in pensione, perché so cosa fare.” 

J: “C’è qualcosa che vorresti che il tuo pubblico sapesse, che non hai ancora rivelato di te, da quando hai iniziato il tuo percorso?”

A: “Credo che la fotografia sia lo specchio dell’anima del fotografo. Possiamo usare la stessa macchina, ma le foto saranno diverse tra loro. Non necessariamente meglio o peggio, ma diverse. Nelle mie c’è sicuramente una parte spirituale. Ci stavo proprio pensando in questi giorni, reduce dal mio viaggio in Giappone… Vedo sempre più una progressione, senza volerlo, è una crescita, come in tutte le cose in cui ci si mette l’anima. Credo che si possa vedere una certa evoluzione, un certo cambiamento e a me, questo fa piacere. Ai miei follower vorrei dire che è tutto in evoluzione e quello che io oggi sono, quello che la mia fotografia è oggi, non è detto che lo sarà domani, perché la mia è sempre una ricerca, uno scendere nei dettagli, escludendo quelle cose che allora sembravano bellissime, ma che ormai sono diventate mature e non hanno più la stessa vibrazione che potevano avere allora. Quindi si cercano altre cose che danno emozione, gioia… Ciò che mi auguro sempre è di trovare dei temi e di poterli sviluppare, perché in questo mi trovo carente, nel senso che non ho mai delle idee precise di quello che voglio fotografare. All’inizio era un po’ frustrante, poi ho capito che è anche bello così, perché mi lascio sorprendere. Forse faccio il lavoro al contrario: facendo un certo tipo di scatti, vedo che mi si crea il progetto. E questo è avvenuto per i laghi, le montagne, i portoni, i muri… Dopo due o tre scatti di questo tipo, vedevo che mi piacevano e continuavo. È successo con le foto che ho scattato alle persone con i tatuaggi sul viso. Ne ho fatta una, poi un’altra, e un’altra ancora… Poi, parlando con loro, i miei preconcetti nei loro confronti si sono rivelati per quello che erano. Così ho pensato che, se avessi scattato altre foto come quelle, avrei potuto esporle al pubblico, consentendo ad altre persone come me di ricredersi… Le immagini arrivarono con immediatezza, ma non la loro anima e così, i visitatori, a volte, provavano un senso di schifo ed erano disturbati per il fatto che una persona si potesse tatuare tutta la faccia. E io mi dico: ‘Perché no? Se questa persona non fa del male a nessuno e fa soltanto arte sul suo corpo, perché non lasciarglielo fare?’ Tutto questo è nato grazie all’aver parlato con queste persone. Ecco perché la storia è importante.”

J. “Di tutte le foto che hai scattato e di tutte le avventure in cui queste immagini rubate si inseriscono, ne ricordi una che ti piacerebbe raccontare?”

A: “Sì. Mi emoziona. Mi emoziona perché è una fotografia che purtroppo non ho neanche più. Il disco sul quale l’avevo archiviata si è rotto, e quindi non è recuperabile. Era la foto che avevo scattato a una bambina africana che però vive qui a Lugano. Lei è down ed è di una dolcezza e di una bellezza… Ho stampato la fotografia in formato A4 – allora lo facevo spesso, a casa, anche con altre foto – e l’ho data alla mamma. È una delle foto che più mi sono rimaste nel cuore. L’ho pubblicata su Instagram, con l’autorizzazione della mamma.” 

(Mi porge il cellulare, che inquadra la foto recuperata dal suo profilo di Instagram: è davvero dolcissima!)

“Sono innamorato di tutte le mie fotografie, anche di quelle che farò. Il mio è un amore continuo… Posso essere stressato, arrabbiato, avere tutto di traverso, ma se riesco a fare qualche scatto, tutto mi si libera e io divento di nuovo felice, tranquillo e sereno. È questo l’amore che ho per la mia macchina, che è un’estensione di me stesso. Le pochissime volte che sono uscito senza, è come se fossi uscito di casa senza vestiti.”  

Dove vedere gli scatti…

Le foto di Andrea Santicoli sono ammirabili nel suo sito ufficiale e nel suo profilo Instagram.

L’inaugurazione della personale si terrà sabato 21 settembre 2024 alle ore 18:00 presso la Galleria Ceribelli in Via San Tomaso 86 a Bergamo.

La mostra sarà aperta fino al 4 ottobre 2024 nei seguenti orari:

Dal martedì a sabato dalle 10:00 alle 12:30 e dalle 16:00 alle 19:30.

Personale dell’Artista
Andrea Federico Santicoli

 




Attori e mimi nell’antica Roma

E’ iniziata a Roma il 21 maggio 2024 presso il museo dell’Ara Pacis l’attesa mostra TEATRO. Autori e pubblico nell’antica Roma.

La mostra offre un percorso espositivo sugli spettacoli teatrali nell’antica Roma.

Ci sono pezzi unici e rari, come la maschera più antica, oppure il grande cratere di Promono, raffigurante attori mentre studiano le posture, il primo reperto teatrale esistente arrivato ai nostri giorni.

Ci sarà tempo fino al 3 novembre per ammirare le oltre 240 opere provenienti da 25 diversi prestatori da tutto il mondo.

Il museo dell’Ara Pacis racconta gli spettacoli teatrali dell’antica Roma

Dal 21 maggio al 3 novembre 2024 il Museo dellAra Pacis di Roma ospita la mostra “TEATRO. Autori e pubblico nell’antica Roma”.

L’esposizione illustra in maniera esaustiva e minuziosa la nascita e l’evoluzione del teatro con particolare attenzione agli spettacoli nellantica Roma.

Il racconto della mostra inizia dalle radici greche, siciliane, magno-greche, etrusche e italiche del teatro romano.

Si esplorano l’origine religiosa ed il passaggio dai primi palcoscenici in legno a quelli in muratura, attraverso ben 240 opere provenienti da tutto il mondo.

Si prosegue fino a giungere allo splendore dei grandi teatri romani che potevano ospitare decine di migliaia di spettatori.

Essi diventano, insieme a fori e templi, elementi distintivi della forma urbis dell’impero romano.

È curioso come la parola greca théatronin origine designi l’insieme del pubblico di spettatori piuttosto che lo spazio scenico.

I reperti rari esposti in mostra

Il percorso espositivo è ricco di pezzi unici e rari.

Primo fra tutti una preziosissima maschera, proveniente dal Museo Paolo Orsi di Siracusa.

Si tratta di una delle più antiche maschere teatrali a noi pervenute.

L’uso teatrale è avvalorato dalla presenza di un foro dietro il padiglione auricolare, che doveva servire ad agganciare la parrucca.

Maschera teatrale
Terracotta. Ricomposta da frammenti.
Inizi del V sec. a.C.
Da Megara Hyblaea, nel riempimento di un pozzo
Siracusa, Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi”, inv. 84822

Esposto anche il famoso “vaso di Pronomo” dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, del V-IV secolo A.c., probabilmente il più importante reperto teatrale esistente arrivato ai nostri giorni.

Il grande cratere a volute raffigura un’evocazione del mondo teatrale caratterizzata da un forte realismo.

Prende il nome dal flautista Pronomo, seduto al centro della composizione.

Nella scena sono raffigurati attori mentre studiano atteggiamenti teatrali e posture, in una chiara evocazione del mondo dionisiaco.

Cratere a volute attico (c.d. Vaso di Pronomos) Ceramica a figure rosse 400 a.C. circa (Pittore di Pronomos) Da Ruvo di Puglia Attic volute krater (so-called Pronomos Vase) Ceramic with red figures 400 BCE circa (Pronomos painter) From Ruvo di Puglia Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inv. 81673
Cratere a volute attico (c.d. Vaso di Pronomo)
Ceramica a figure rosse
400 a.C. circa (Pittore di Pronomo)
Da Ruvo di Puglia
Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inv. 81673

L’ambiente teatrale dell’antica Roma

La ricostruzione della mostra permette di esplorare l’ambiente teatrale dell’antica Roma, anche attraverso interventi multimediali.

Il visitatore pscoprire l’origine antichissima di molti personaggi del teatro moderno, come il vecchio misantropo, il giovane seduttore, il servo scaltro e i giovani amanti ostacolati dalle differenze sociali.

Ed altresì è possibile ammirare le statuine di attori, danzatori, mimi, acrobati e giocolieri del mondo magnogreco.

Danzatrici in terracotta
Acrobata femminile
Terracotta realizzata a matrice
Cast terracotta
Fine IV sec, a.C.
Da Taranto, contrada Tesoro, proprietà Lo lucco,
tomba 5
Museo Archeologico Nazionale di Taranto, inv. 4090
2.
Acrobata femminile
Terracotta realizzata a matrice; tracce di colore
Fine IV sec. a.C.
Da Taranto
Museo Archeologico Nazionale di Taranto, inv. 4059

Le maschere teatrali di Tarquinia

La mostra include anche una serie di miniature teatrali, molte delle quali mai esposte prima, provenienti da contesti tarquiniesi.

4. Maschera comica di schiavo Comic mask of slave Collezione Bruschi, inv. CB 1359. Museo nazionale archeologico di Tarquinia
4. Maschera comica di schiavo
Collezione Bruschi, inv. CB 1359. Museo nazionale archeologico di Tarquinia.

Per tutta l’epoca ellenistica, tra il IV e il Il secolo a.C., in area tarquiniese sono state infatti rinvenute maschere in terracotta di piccolo formato provenienti da diversi contesti funerari e votivi.

Questi volti testimoniano, con le loro caratterizzazioni, quanto il culto dionisiaco e la tradizione del grande teatro greco fossero penetrati a fondo in Etruria e quanto l’ambito tarquiniese sia stato importante come tramite per la successiva produzione romana.

laschere raffiguranti personaggi a carattere dionisiaco e teatrale erracotta dipinta o con tracce di policromia /- III secolo a. C. a Tarquinia Vasks depicting dyonisian and theatrical characters Painted terracotta or with polychrome traces 4th - 3d century BCE From Tarquinia Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia 1. Maschera di Pan Mask of Pan Collezione Bruschi, inv. CB 1356b 2. Maschera di Pan Mask of Pan Collezione Bruschi, inv. CB 1356a 3. Maschera di Dioniso Mask of Dionysus Collezione Bruschi, inv. CB 1356c 4. Maschera comica di schiavo Comic mask of slave Collezione Bruschi, inv. CB 1359 5. Maschera comica di anziana Comic mask of elderly woman Collezione Bruschi, inv. CB 1361a 6. Maschera comica maschile Comic mask of male character Collezione Bruschi, inv. CB 1361b 7. Maschera comica di anziana Comic mask of elderly woman Collezione Bruschi, inv. CB 1361c 8. Maschera di sileno Mask of silenus Collezione Bruschi, inv. CB 1364 9. Maschera di sileno Mask of silenus Collezione Bruschi, inv. CB 1364b 10. Maschera di satiro Mask of satyr Collezione Bruschi, inv. CB 1365a
9. Maschera di sileno
Collezione Bruschi, inv. CB 1364
Maschere raffiguranti personaggi a carattere dionisiaco e teatrale
Terracotta dipinta o con tracce di policromia
II- III secolo a. C. a Tarquinia
Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia
Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia

Le origini del teatro nell’antica Grecia: Tragedia e Commedia

Il teatro occidentale affonda le sue radici nella drammaturgia e nella commedia sorte in Grecia a partire dal VI secolo a.C.

Dalla tragedia e dalla commedia greche nonchè da apporti italici deriva il teatro romano, che si presenta, fin dai suoi esordi, come unoperazione di adattamento di quello greco al nuovo contesto sociale.

La mostra racconta come la tradizione greco-romana del teatro si è evoluta e trasformata nel corso di quasi un millennio.

Purtroppo sono pochi i testi che sono stati tramandati fino a noi: per la commedia Plauto e Terenzio, per la tragedia soltanto Seneca.

Le origini religiose del teatro. Le celebrazioni in onore di Dioniso

La tradizione greco-romana del teatro ha origini religiose.

È molto probabile che dalle feste celebrate in onore di Dioniso, una delle grandi divinità dell’Olimpo greco, figlio di Zeus e di Semele, nacquero sia la Tragedia sia la Commedia.

Dioniso, Bacco per i romani, è il dio greco della vite, del vino, del delirio mistico.

Esposto in mostra una coppa di produzione attica dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze.

La coppa mostra una delle rarissime rappresentazioni di una processione in onore di Dioniso, dio del teatro (falloforia).

Il teatro dell’antica Roma

Il teatro, derivato dalla tradizione greca, ma permeato anche di costanti influssi di componenti etrusche e italiche, giocò un ruolo centrale nella vita quotidiana e nell’identità culturale dell’antica Roma.

Le rappresentazioni teatrali erano spesso parte di festival religiosi e celebrazioni pubbliche.

Offrivano anche una grande opportunità per i cittadini romani di riunirsi e condividere un’esperienza culturale comune.

Il teatro si rivelò ben presto anche un potente strumento di propaganda politica.

Ricoperse un ruolo centrale nella vita quotidiana e nell’identità culturale dell’antica Roma.

Non fu solo un mezzo di intrattenimento, ma anche di riflessione critica e soprattutto di coesione sociale.

Le maschere

Un esemplare unico esposto in mostra è l’antica maschera in terracotta del Museo Archeologico Regionale ‘Paolo Orsi’ di Siracusa (vedi Foto sopra).

Le maschere fungono da filo conduttore del percorso espositivo.

Si parte dalle più antiche, risalenti al V secolo a.C., passando per quelle ellenistiche del III-II secolo a.C., fino ad arrivare alle spettacolari maschere di epoca romana.

Le maschere rappresentano anche caratteri scenici di lunga durata, tragici, comici e grotteschi.

La mostra offre anche un “campionario” di modelli di maschere mai esposti a Roma, provenienti dalla bottega di un artigiano di Pompei.

Tra i reperti selezionati, sono notevoli le maschere miniaturistiche della tragedia e commedia greca provenienti dall’isola di Lipari.

Ed inoltre e i grandi affreschi parietali di un “camerino” per la compagnia teatrale, provenienti dal teatro romano di Nemi.

Vi è anche una serie di dodici gemme di epoca romana a soggetto teatrale.

4. Maschera colossale comica: "la falsa vergine" Marmo lunense Fine I sec. a.C. Dal teatro di Marcello, scavi del Governatorato (1926-1932) Collocata originariamente sulle chiavi degli archi del primo o secondo ordine del teatro Teatro Argentina, Roma; Area del Teatro di Marcello, inv. TM 16904
4.
Maschera colossale comica:
“la falsa vergine”
Marmo lunense
Fine I sec. a.C.
Dal teatro di Marcello, scavi del
Governatorato (1926-1932)
Collocata originariamente sulle chiavi degli archi del primo o secondo ordine del teatro
Teatro Argentina, Roma;
Area del Teatro di Marcello, inv. TM 16904

E inoltre il ritratto di Marcello con la maschera in bronzo di Papposileno, appartenente alla collezione Fondazione Sorgente Group.

Il percorso espositivo strutturato in sette sezioni

Il percorso espositivo si sviluppa in sette sezioni, seguendo un senso cronologico.

Ogni sezione è arricchita da installazioni multimediali, quali riprese aeree, videomapping, postazioni interattive, interventi recitati da attori che danno voce agli autori e ai i protagonisti del teatro antico.

Fin dagli albori, in età antichissima, si svilupparono la tragedia e la commedia.

Prima sezione: le origini religiose nell’antica Grecia

La prima sezione, dal titolo Genesi, racconta l’importanza del culto dionisiaco alle radici della tradizione teatrale greca e il valore del teatro per la vita democratica ad Atene.

Secondo Aristotele la commedia nasce dai cortei di festa (Komodia: da komoi, cortei di festa e odé, canto) inseriti nelle Falloforie, ossia le feste dedicate a Demetra e Dioniso, con chiara funzione scaramantica (apotropaica).

Le radici italiche e magnogreche

Il teatro prende origini dalla tradizione greca con influssi di componenti etrusche e italiche.

La seconda sezione, dal titolo Radici italiche e magnogreche, mette in risalto proprio il contributo che l’Etruria, la Magna Grecia e i popoli italici fornirono al sorgere del teatro latino.

Nel 240 a.C. per la prima volta a Roma viene portato sulle scene un dramma composto in lingua latina ad opera di un poeta di origine greca, Livio Andronico.

Si trattò di un evento di grande rilevanza storica e culturale, poiché listituzione di quello spettacolo segnò il vero e proprio atto di nascita della letteratura latina.

Il primo teatro italico. Il teatro comico in Sicilia e in Magna Grecia

La commedia invece nasce nella Sicilia dorica.

Secondo Aristotele, la commedia attica fu preceduta da una ricca produzione comica che si sviluppò in Sicilia e in Magna Grecia in forme diverse.

Epicarmo e Sofrone, entrambi di Siracusa, e Rintone di Taranto, nel V secolo furono molto popolari.

Essi diedero origine a forme particolari di commedia, come la Parodia mitologica (farsa fliacica o ilarotragedia) e la mimografia, drammi buffi scritti in dialetto dorico.

Vengono presentate scene di vita quotidiana e bozzetti di personaggi popolari.

Le vicende mitiche cantate dai tragici venivano parodiate dagli attori, che recitavano questi drammi buffi con vistose imbottiture.

Statuetta di attore seduto Marmo italico con tracce di colore Metà del Il sec. d.C. Già Collezione Mattei Statuette of seated actor Italic marble with traces of colour Middle of the 2nd century CE Formerly in the Mattei Collection Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Pio Clementino, Galleria dei Candelabri, inv. 2661
Statuetta di attore seduto
Marmo italico con tracce di colore
Metà del Il sec. d.C.
Già Collezione Mattei
Città del Vaticano, Musei Vaticani,
Museo Pio Clementino, Galleria dei Candelabri, inv. 2661

La commedia a Roma

La terza sezione della mostra è intitolata La commedia a Roma.

Nella Roma repubblicana fioriscono autori geniali come Plauto e Terenzio.

In questa sala si esplora la tradizione comica romana, dalla costruzione dei personaggi di Plauto, vere e proprie maschere di tipi umani, fino allo spirito riflessivo e introspettivo dei personaggi di Terenzio.

Essi introducono con enorme successo le forme della commedia greca, riprendendo le opere di Aristofane e Menandro.

Attore con maschera tragica Intonaco dipinto Isec. d.C. (5 -79 CC) Da Ercolano Actor with tragic mask Painted plaster Ist century CE (45 - 79 CE) From Ercolano Museo Archeologico Nationale di Napoll in. 903
Attore con maschera tragica
Intonaco dipinto
Isec. d.C. (5 -79 CC)
Da Ercolano
Actor with tragic mask
Painted plaster
Ist century CE (45 – 79 CE)
From Ercolano
Museo Archeologico Nationale di Napoll in. 903

Aristofane e la commedia antica

Aristofane è reputato il massimo esponente della commedia politica e proponeva temi politici e culturali.

Opera durante le guerre del Peloponneso (sconfitta di Atene), nell’Atene del V secolo a.C., quando il regime è democratico.

Possediamo 11 commedie complete delle 40 attribuite ad Aristofane: esse lo consacrano come uno dei più grandi commediografi del passato, nonché uno dei più attuali.

Nato ad Atene intorno al 450 a.C. partecipò attivamente alla vita politica della sua città e, facendo ampio uso della libertà di parola ammessa ai suoi tempi nei tribunali e a teatro, attaccò sulla scena i mali della democrazia ateniese. Scrisse godibili satire anche sugli intellettuali del suo tempo, citati per nome: Socrate (Le nuvole) e Euripide (Le rane, Tesmoforiazuse) tra gli altri.

Nel XV secolo l’arrivo di codici greci in Italia garantì la fortuna di Aristofane presso gli umanisti.

L’edizione delle sue commedie qui presentata è in assoluto il primo testo teatrale mai dato alle stampe, custodito presso la Biblioteca Casanatense a Roma.

Prima edizione a stampa di un’opera teatrale “Nove commedie di Aristofane”, volume a stampa, Venezia 1498, Roma, Biblioteca Casanatense

L’attualità delle Commedie di Aristofane

Celebri sono le opere maggiori arrivate sino a noi.

Innanzi tutto l’ Acarnesi, la cosiddetta commedia dell’utopia, ambientata durante la guerra tra Atene e Sparta.

Poi i Cavalieri, che critica le istituzioni ed è la satira politica più feroce mai trasmessa dalla letteratura antica.

Il bersaglio è Cleone, demagogo fautore della guerra ad oltranza contro Sparta.

Inoltre, sempre nel solco della satira politica Le Nuvole, commedia che prende di mira le nuove correnti di pensiero, in particolari quella sofista, incarnata da Socrate.

Emerge anche il tema del degrado sociale e della decadenza, anche attraverso la condanna della figura del Sicofante, che denuncia un cittadino dietro pagamento.

Menandro e la Commedia nuova

Menandro nasce ad Atene nel IV secolo a.C.

E’ allievo di Teofrasto (coetaneo di Epicuro).

Vive sotto il protettorato macedone di Demetrio Falereo, in una epoca in cui Atene ha perso la sua libertà.

Delle 100 commedie che ha scritto, ne rimangono purtroppo pochi frammenti.

la caratteristica dell’uomo di Menandro è quella di risolvere i problemi familiari.

I caratteri della commedia di Menandro sono il lieto fine e la sorte (tuke).

La tuke è la regista della commedia.

La tuke infatti fa cadere i personaggi nell’errore e li induce ad allontanarsi, ma è sempre lei che consente il lieto fine, spesso tramite il meccanismo del riconoscimento.
I temi ricorrenti della filantropia e della solidarietà, rispecchiano una visione ottimistica dell’essere umano.

Rilievo con Menandro e Talia Marmo greco 20 - 40 d.C. Già collezione Rondinini; acquistato nelle Collezioni Vaticane nel 1838 Relief with Menander and Thalia Greek marble 20 - 40 CE Formerly in the Rondinini collection; purchased for the Collezioni Vaticane in 1838 Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Gregoriano Profano, inv. 9985
Rilievo con Menandro e Talia
Marmo greco
20 – 40 d.C.
Già collezione Rondinini; acquistato nelle Collezioni
Vaticane nel 1838
Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Gregoriano Profano,
inv. 9985

Menandro è convinto che l’uomo sia capace di imparare dai propri errori e che i contrasti generazionali possano essere risolti in nome di una comune umanità di cui tutti sono compartecipi.

Le opere maggiori di Menandro sono “Il bisbetico e “L’arbitrato.

La tragedia a Roma

La quarta sezione, La tragedia a Roma, presenta i principali protagonisti della produzione tragica del periodo repubblicano, di cui resta poco, e si concentra su due figure di grande rilievo come Seneca e Nerone.

Di tanti altri testi, di interi generi letterari, quali la tragedia di età repubblicana, conosciamo solo i titoli e, talvolta, un buon numero di frammenti, grazie alle citazioni di eruditi, grammatici, lessicografi.

Melpomene con maschera tragica Intonaco dipinto I sec. d.C. (15 - 45 d.C.) Da Pompei Melpomene with tragic mask Painted plaster 1st century CE (15 - 45 CE) From Pompei Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inv. 8847
Melpomene, la Musa del teatro, con maschera tragica
Intonaco dipinto
I sec. d.C. (15 – 45 d.C.)
Da Pompei
Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inv. 8847

Musicisti, mimi, giocolieri e acrobati nell’antica Roma

La quinta sezione, I protagonisti e la musica, si focalizza sulle vite, spesso rocambolesche, di attori, danzatori, acrobati, musicisti e mimi.

Uno spazio specifico è dedicato al fenomeno degli spettacoli di mimi e pantomimi in età imperiale.

L’esposizione racconta anche le difficili vite degli attori e degli altri grandi protagonisti del mondo teatrale.

Acrobata in terracotta
Acrobata su colonna
Terracotta realizzata a matrice
Fine VI – inizi V secolo a.C.
Da Taranto, contrada Vaccarella, piazza Messapia,
tomba 1
Museo Archeologico Nazionale di Taranto, inv. 52190

Dal teatro recitato al teatro del corpo

Dal teatro recitato al teatro “del corpo” il passo è breve.

Lo spettacolo si affida alla gestualità più che al testo per comunicare con un pubblico vasto e multietnico come quello imperiale.

È lepoca dei mimi e dei pantomimi, ma anche di forme singolari di divertimento come le danze acquatiche, realizzate allagando l’orchestra del teatro (tetimimi).

Statuetta di giocoliere o mimo Statuette of juggler or mime Terracotta realizzata a matrice Cast terracotta Ill sec. a.C. 3d century BCE Da Taranto, via Crispi, da una tomba From Taranto, via Crispi, from a tomb Museo Archeologico Nazionale di Taranto, inv. 4077
Statuetta di giocoliere o mimo
Terracotta realizzata a matrice
Ill sec. a.C.
Da Taranto, via Crispi, da una tomba From Taranto, via Crispi, Museo Archeologico Nazionale di Taranto, inv. 4077

Contemporaneamente i teatri si aprono a manifestazioni loro estranee, come assemblee, trionfi e giochi di ogni genere.
La musica nell’antica Roma 

Sempre in epoca imperiale si diffonde la tipologia dell’odeon (gr. odèion, lat. odeum), edificio in genere più piccolo di un teatro e con un tetto di copertura, destinato alla declamazione.

Nel settore della musica di scena, la mostra espone rari strumenti musicali originali come tibie, resti di cetre, crotali e sistri, molti dei quali sono stati fedelmente riprodotti per consentire ai visitatori di sperimentarne il suono.

L’eredità architettonica del teatro antico

La sesta sezioneL’architettura, riflette sull’eredità monumentale lasciata dal teatro antico, attraverso rovine architettoniche spesso maestose e ancora funzionanti.

La transizione dalla Roma repubblicana al regime imperiale nel I secolo a.C. vede la costruzione dei primi teatri stabili a Roma e elaborazione della loro forma.

In pochi decenni sorgono i tre grandi teatri romani in muratura: il teatro di Pompeo (61-55 a.C.), con circa 20.000 posti, circondato da portici e giardini, di cui rimane poco se non nella topografia di Roma; il teatro di Cornelio Balbo (dedicato nel 13 a.C.), anch’esso perduto, e il teatro di Marcello, quasi contemporaneo, intitolato da Augusto alla memoria del nipote amato.

La collaborazione con la Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma ha permesso la realizzazione di un intervento video sul teatro di Pompeo, che dopo la mostra resterà patrimonio delle Istituzioni curatrici.

Maschera di Pan
Maschera di Pan
Marmo bianco a grana fine e peduccio in rosso antico
Seconda metà del I sec. d.C.
Dono di papa Benedetto XIV (1748)
Mask of Pan
Roma, Musei Capitolini, Palazzo Nuovo, inv. MC S 716

Attualità del teatro antico

La settima sezione della mostra riguarda il teatro contemporaneo

L’attraversamento dell’antico si apre alla contemporaneità nell’ultima sezione della mostra, dal titolo “Attualità del classico”, realizzata in collaborazione e con il contributo del Dipartimento di Lettere e Culture Moderne dell’Università di Roma ‘Sapienza’ e dell’INDA (Istituto Nazionale del Dramma Antico).

Ricca la selezione di locandine storiche di spettacoli realizzati al teatro greco di Siracusa, nonché di montaggi video di messe in scena contemporanee.

Numerose le testimonianze materiali e fotografiche, riferite in particolare all’esperienza del ‘Vantone’ di Pasolini.

Il percorso espositivo si chiude offrendo una panoramica sulla vitalità del teatro classico, dal primo Novecento ai nostri giorni.

Ancora oggi riconosciamo in Edipo e negli altri protagonisti del dramma antico i nostri stessi istinti e contraddizioni.

Immergersi nel teatro classico è dunque un’operazione attuale, che questa mostra propone privilegiando il filo della continuità