Pio Mirra, DS Pavoncelli Cerignola: come noi sempre più scuole pubblicano i propri libri

Ormai sono sempre di più che scuole che hanno deciso di produrre e pubblicare in autonomia i libri per i propri studenti.

Prof. Pio MirraNella storia di questo progetto, il precursore dei tempi è il Prof. Pio Mirra, notissimo Dirigente Scolastico dell’Istituto Pavoncelli di Cerignola in provincia di Foggia.

Si chiamo Progetto Gutenberg e permette alle scuole di creare una propria collana editoriale riconosciuta.

Le scuole che decidono di aderire al progetto Gutenberg sono le più all’avanguardia, quelle più attente alle proposte della modernità e che vogliono offrire ai propri studenti e alla propria comunità lo strumento di formazione più adatto a loro.

Dal nord a sud i docenti, supportati dai Dirigenti Scolastici illuminati, si impegnano per preparare i propri studenti nel modo più diretto e preciso,

Ovviamente per ogni grande tendenza ci sono sempre i precursori.

I vantaggi di una scelta di questo genere per la scuola sono molteplici:

  • gli studenti possono studiare su testi dedicati esattamente a loro
  • le famiglie risparmiano ogni anno più del 70% sulle spese sei libri di testo, i dati di tre anni di attività parlano di una riduzione da 350 euro a 80 euro a carico delle famiglie
  • i docenti guadagnano punteggio nelle graduatorie ministeriali grazie alla pubblicazione di un testo,
  • il territorio viene valorizzato nella sua storia grazie ai programmi specifici
  • la scuola che aderisce a un progetto di tale attenzione agli studenti acquisisce prestigio.

Questi sono solo alcuni dei motivi per i quali molti Dirigenti Scolastici hanno scelto di aderire al progetto Gutenberg.

L’IISS Pavoncelli nel 2016/2017 è stato il primo istituto scolastico  ad aderire al progetto Gutenberg, proposto da Currenti Calamo Editore e creando una collana  editoriale dedicata interamente al biennio.

Negli anni la scuola ha continuato a lavorare per incrementare il suo catalogo e quest’anno accoglie l’ultimo arrivato: “L’ABC di Disegno e Tecnologie” edito da CCE Currenti Calamo Editore.

Si tratta ancora di un testo in uso nel biennio obbligatorio, autoprodotto dai docenti, in formato cartaceo e digitale, curato nel progetto grafico da La Plume di Cerignola.

Il testo completa l’adozione libraria del biennio e porta a 16 volumi la collana editoriale del Pavoncelli.

I testi, in formato cartaceo e digitale, sono stati un valido aiuto per gli studenti soprattutto in un anno e mezzo di “didattica a distanza”.

Per il nuovo anno scolastico il “team ebook” di istituto sarà impegnato ai dovuti aggiornamenti dei testi in adozione in collaborazione con gli studenti, gli auguriamo, tutti in presenza.

 

La scuola pugliese che pubblica i suoi libri di testo e fa risparmiare le famiglie

http://https://youtu.be/NKrGFOrjEu8

Sdidatticamente parlando… ovviamente a distanza.

GIOVENTU’ INVISIBILE, SCUOLA E PROMESSE…




Puglia: terra di sogni e di chimere

Ci avviciniamo alla bella stagione e si inizia a parlare di vacanze.

Sembra che anche quest’anno una delle mete più ambite del bel paese sia la Puglia ed in particolare il Salento con le sue straordinarie suggestioni e bellezze.

Eppure le contraddizioni di questa terra non sono poche.

Ritornano alla mente le parole di Caparezza quando nella sua celebre  vieni a ballare in puglia canta “Turista tu balli e tu canti, io conto i defunti di questo paese” e sintetizza, in un macabro epitaffio, le morti che questa terra piange ogni anno per le tante situazioni, visibili e invisibili, che giorno dopo giorno inquinano l’aria, le falde e la terra.

La Puglia ha dalla sua un record inattaccabile: è la regione che produce la maggior quantità di anidride carbonica grazie ai tre impianti che occupano, in questa triste classifica, i primi posti in Italia: centrale termoelettrica di Cerano (Br), l’Ilva di Taranto che dal 2011 è anche proprietaria delle centrali termoelettriche della città.

Come se non bastasse, a far inorridire anche i più ottimisti, vi sono, mai del tutto risolti, le conseguenze derivanti dagli scarichi in falda sia domestici sia industriali e dalla forte presenza di pesticidi, l’assenza e il malfunzionamento dei tanti depuratori che scaricano nel mare e le tante discariche abusive che periodicamente fanno notizia.

Suona quasi beffardo il riconoscimento dell’edizione internazionale di National Geographic che scrivendo  della Puglia la definisce il meglio dell’Italia meridionale: terra “indomita” e da visitare per “i ritmi di vita, le tradizioni e la bellezza dei luoghi”.

I riconoscimento non sono estemporanei ma significativi di un territorio che ha mantenuto forti le tradizioni,  le sue bellezze architettoniche e naturali.

Lo scempio dell’abusivismo e l’ondata del boom economico del secondo dopoguerra  hanno intaccato solo in minima parte il fascino del tacco. Purtroppo anche questo non è frutto di lungimiranza politica e di scelte mirate alla conservazione del patrimonio.

Tanta fortuna è da ricondurre alla povertà e alla scarsa appetibilità della Puglia che per tanti decenni è rimasta quasi nascosta: le sue spiagge con le dune di sabbia, i suoi centri storici e le scogliere che si affacciano sull’Adriatico, dal  Gargano scendendo fino al Capo di Leuca, risalendo sullo Ionio fino alle coste neretine di Porto Selvaggio.

Non ci resta che aspettare l’estate, portatrice di una nuova ondata di turisti e della visita di Donald Trump; personaggio discusso e per tanti discutibile che avrebbe scelto come meta per le sue vacanze quella che, nonostante tutto, resta una delle più belle regioni del mondo.

 




Cremazione al Sud: Puglia fanalino di coda.

Perché nel 2017 la cremazione delle salme è ancora un tabù?

Almeno questo sembra essere il sentimento comune e maggiormente diffuso in una vasta area del sud Italia.

La Puglia non è da meno.

In Italia i forni sono settantasette, escludendo le isole, solo cinque nel Sud.

Un solo impianto presente a Bari, per la Puglia, Regione con oltre quattro milioni di abitanti ed un numero di decessi annuo che è poco al disotto delle quarantamila unità.

E’ semplice constatare come in una Regione così grande e importante un solo impianto sia sottoposto a superlavoro: tarato per trecento operazioni in realtà arriva a farne ottocento l’anno.

I freddi numeri non danno la misura del disagio che ciò procura ai familiari dei defunti che scelgono di essere cremati: liste d’attese che durano almeno dieci giorni e rifiuti che comportano trasferimenti fino all’impianto più vicino di Avellino o Salerno.

Considerando che in Molise e in Basilicata non ci sono impianti, è altrettanto evidente che essere cremati dopo il decesso non è una scelta ma una possibilità alquanto remota.

Il metodo è inviso a molti ma che in Giappone, ad esempio, viene utilizzato per il 98% dei decessi al posto dell’inumazione nei campi o delle tumulazioni nei cassettoni. In Lombardia le operazioni di cremazione vengono effettuate per il 40% dei casi; a Milano, con sette forni funzionanti le percentuali raggiungono il 70%.

Molte regioni si sono dotate di una regolamentazione, molte altre non l’hanno ancora fatto.

La Chiesta cattolica ha già da tempo chiarito un equivoco che ha origine nel lontano ‘800.

Infatti, al tempo, i socialisti si facevano cremare sull’onda di un forte anticlericalismo e come rifiuto della sepoltura religiosa, la Chiesa in risposta dichiarava inammissibile la pratica.

Nel luglio 1963 Paolo VI pubblicò l’istruzione De cadaverum crematione: essa dichiarò lecita la pratica crematoria.

Qualcuno parla di impatto ambientale della pratica di cremazione ipotizzando una crescita delle immissioni di gas nocivi.

Recente è il dibattito scatenatosi dopo l’avvio dell’iter autorizzativo per la realizzazione di un tempio crematorio nella cittadina di Botrugno a sud di Lecce.

La minoranza ha chiesto che si facesse un referendum cittadino sull’argomento.

In realtà gli studi effettuati sembra non rilevino livelli di inquinamento importanti.

Uno studio del dipartimento di ingegneria dell’università di Udine recita testualmente “le analisi non hanno riscontrato differenze misurabili nella misura del tasso d’inquinamento tra crematorio spento e crematorio acceso”.

Sembrerebbe assolutamente fuori luogo l’allarmismo che scatta ogni qualvolta si parla di un nuovo impianto sul territorio regionale.

Il problema, pertanto, potrebbe essere più politico che legato ad altre ragioni o alla disponibilità di risorse finanziarie, infatti, molte aziende che operano nel settore si sono strutturare proponendo una soluzione “chiavi in mano” ai comuni che, a loro volta, dovrebbero dichiarare di pubblica utilità il progetto e seguire un iter chiamato “project financing” per nulla complesso e senza costi.

In Puglia queste opportunità non vengono colte dalle amministrazioni.

Cecità, paura di perdere consenso o semplice rifiuto di una pratica poco conosciuta?

I cittadini attendo risposte e si mettono in coda e attendono il loro turno per poter dare soddisfazione alle ultime volontà dei loro cari (“sperando di non morire prima” N.d.R.).