Ci chiediamo se nell’era fortemente digitale esiste ancora il distinguo, quando si parla di genitori e figli, tra autorevolezza e autorità o meglio tra educatori ed educandi.
fondamentale la funzione educativa dei genitori, nella fruizione mediatica da parte dei figli, unitamente a quella ricevuta a scuola.
La motivazione principale che ci ha spinto a fare questa riflessione è quella di capire le reali necessità dei genitori e dei figli ed eventualmente spronare gli addetti ai lavori che operano nel settore della comunicazione ad una capillare e mirata azione di formazione nell’uso dei media da parte delle famiglie, con particolare riguardo ai giovani, passando attraverso gli ambienti educativi istituzionali.
l’obiettivo è lanciare il fatidico “sasso nello stagno” per poi proporre al lettore una riflessione circa la penetrazione dei media e degli strumenti relativi, per poter riflettere sulle abitudini personali e familiari circa l’uso dei media; la relazione esistente tra la somministrazione dei media e abitudini e stili familiari; il rapporto esistente tra tempo dedicato alluso dei media e tempo dedicato ad altre attività.
Per aiutare nella riflessione piace citare una storiella semplice ma significativa.
“Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: Salve ragazzi com’ è l’acqua? I due pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno guarda l’ altro e fa: Che cavolo è l’acqua?”.
La morale della storiella denuncia il fatto che a volte utilizziamo le tecnologie senza conoscere le relazioni fondamentali.
Possiamo, però, dare alla storiella anche un risvolto educativo che è quello che il rapporto tra adulti e giovani deve essere visto come una relazione educativa non più all’insegna della trasmissione di sapere, ma nella direzione di una reciprocità, di una co educazione : i pesci anziani sono consapevoli che stiamo nell’acqua, perché hanno conosciuto altri tipi di ambiente, e quindi l’ acqua (il mondo digitale) non è per loro scontata, né invisibile.
Racconto sempre ai miei collaboratori che quando mi sono diplomato non esisteva ancora la parola “informatica” e tanto meno “digitale”, ma che avendo vissuto direttamente la rivoluzione dell’informatica prima e del digitale dopo mi sento molto più tranquillo nell’oceano rappresentato da internet.
Chi ha vissuto il cambiamento, sa che quello in cui viviamo ora è qualcosa che prima non c era, che prima aveva un altra forma, e comportava altri tipi di abitudini; invece i nativi digitali non sanno che le cose possono stare diversamente: per loro, l’ ambiente è invisibile pur essendo i “giocolieri del digitale”.
Oggi si riscontra una difficoltà oggettiva nella comunicazione, bisogna dire tutto in poco più di 120 caratteri nell’uso della nuova messaggistica fatta di acronimi , abbreviazioni che trasformano il lessico, ma non la struttura delle frasi. E’ una scrittura che si rifà alla discorsività del parlato, anche piena di errori. Ma ciò è un male?
Pare di no, non lo è perché la lingua si evolve e si adatta ai tempi.
Il grido di allarme rivolto agli educatori è quello di non dimenticare di trasferire ai giovani una corretta lingua italiana, ma forse è troppo tardi perché stiamo già assistendo all’introduzione della comunicazione per immagini e all’avvento delle intelligenze artificiali, ovvero macchine che simulano il comportamento umano.
Per inciso, stiamo pian piano avvicinando il “cyberspazio” teorizzato nei primi anni Ottanta da Gibson nel suo romanzo “Neuromancer”.
I genitori non devono sorridere troppo difronte alle acrobazie digitali dei figli ma cercare di accompagnarli nella scoperta delle nuove tecnologie.
I genitori non si devono spaventare se si sentono ignoranti nel confronto con i figli per quanto riguarda l’uso delle nuove tecnologie e neppure entrare in competizione, essi sono educatori a prescindere dalle proprie conoscenze.
Lasciare un ragazzino da solo a navigare vuol dire esporlo a tanti pericoli, dal cyberbullismo alle varianti di carattere sessuale, pornografia (a cui hanno libero accesso), pedofilia e altre derivate “sessuali” come i “selfie intimi” del sexting e all’orizzonte si profila anche la vera e propria dipendenza in stile video-poker.
Accompagnare i propri figli nelle praterie digitali vuol dire documentarsi, saperne di più.
Ci sono regole fondamentali da cui non bisogna recedere, tipo telefoni spenti alla sera, ricavare spazi e tempi assieme ai propri figli e quando si va “on-line” è importante farlo assieme farlo insieme, per condividere i comportamenti corretti per comprendere come ci si comporta e prevenire i rischi della “rete”.
Oggi l’autorevolezza dei genitori, soprattutto per quello che è l’era digitale, richiede più consapevolezza, più conoscenza e più responsabilità, non bisogna abdicare dal proprio faticoso ruolo di educatori.
E’ recente l’esempio negativo di Cuneo dove i padri e le madri dei ragazzi protagonisti di un disgustoso atto di bullismo nei confronti di un loro coetaneo hanno assolto i propri figli archiviando l’episodio come una «ragazzata».
Cari genitori, oggi le nuove tecnologie offrono nuovi strumenti educativi: è importante sperimentarli assieme ai propri figli diventando complici evitando , però, una condizione paritaria che si possa trasformare in una pericolosa e diseducativa “amicizia”.
Le nuove tecnologie stanno radicalmente modificando non solo il modo di educare, ma anche l’intrattenimento, la comunicazione, l’informazione, il commercio, l’amore, l’odio, la salute…Non si tratta, è evidente, di imparare ad usare uno strumento, ma di provare a capire come esso stia modificando il nostro modo di relazionarci alla realtà.
La tecnologia non deve mai sostituire le regole educative o pensare di poterla eludere, perché come esseri umani ne abbiamo bisogno per poter crescere e vivere. Uno dei punti principali dell’educazione digitale è di fare in modo che il digitale non porti all’isolamento ma che, al contrario, offra ulteriori possibilità di incontro ma bisogna anche essere consapevole che un bambino di 6 anni non deve possedere uno smartphone.