“7 Stelle del passato che non hanno smesso di cantare”

Ho incontrato sette protagonisti della musica italiana e internazionale degli Anni Sessanta, Settanta, Ottanta e Novanta.

Ecco chi sono, cosa hanno fatto e a cosa stanno lavorando.

Bobby Solo 

Come lo abbiamo conosciuto

L’eco di “Una Lacrima Sul Viso” – disco d’oro nel 1964 per il milione di copie vendute – e di “Se Piangi, Se Ridi” (1965) ha superato i confini della nostra Penisola. In lunghi anni di successi, il nome di Bobby Solo, al secolo Roberto Satti, ha fatto il giro del mondo.

Che fa oggi

“Zio Bobby”, per fortuna, non è in pensione. 

Oggi si divide tra la musica per i coetanei nostalgici del genere country, blues, blue grass, jazz, funky, rock (gli stessi da cui ha preso ispirazione Elvis Presley). 

Una fetta di pubblico tra i venticinque e i cinquantacinque anni va matto per lui: è a loro che deve il tutto esaurito dei concerti nei club. 

Nonostante l’attuale situazione, l’estate scorsa ha fatto ventotto serate!

Dove lo rivedremo?

Grazie a Fedez in duetto con la Berti e grazie anche ai bravissimi Måneskin, si è aperta una finestra sul glam rock americano degli Anni Settanta; questo gli dà modo di continuare a lavorare e divertirsi come un pazzo, sia come chitarrista, sia come cantante.

Sandro Giacobbe

Come lo abbiamo conosciuto

Passato alla storia con “Signora mia” (1974). 

La canzone è piaciuta così tanto alla regista e sceneggiatrice Lina Wertmüller da inserirla nella colonna sonora del suo film Travolti da un insolito destino nellazzurro mare dagosto”. 

Questo è il suo fiore all’occhiello, specialmente negli States, dove il film della Wertmüller è considerato, assieme a “La Vita è bella” di Roberto Benigni, uno dei capolavori della cinematografia italiana.

Dove lo rivedremo?

Attivo più che mai, il cantautore ha in programma la partecipazione in qualità di ospite nel programma televisivo di Capodanno di una nota TV locale.

A febbraio del prossimo anno parte in tournée per la Spagna, dove da molti anni ha un grandissimo successo.

Delia Gualtiero 

Come l’abbiamo conosciuta

Ha raggiunto il favore del pubblico nei primi Anni Ottanta con “Occhi”, canzone che considera rappresentativa della sua carriera. 

Che fa oggi

Da nove anni gestisce il suo B & B a Silea, in provincia di Treviso. La musica è rimasta, nel tempo, una passione riservata a momenti speciali da condividere con gli amici e i fan più affezionati, che hanno aperto per lei un fan club.

Quando il fan club ha raggiunto i primi mille iscritti, è stato organizzato a casa di Delia un concerto di due ore. 

Dove la rivedremo?

A parte il concerto per festeggiare il prossimo traguardo di iscritti del suo fan club (a cui potrebbe, chissà, partecipare anche l’ex marito Red Canzian), Delia ormai vive la musica come passione personale.

Anche se la musica è stata una parte importantissima della sua vita il suo lavoro, adesso, è prendersi cura degli ospiti del suo B&B facendoli stare bene. 

Marco Armani

Come lo abbiamo conosciuto

Lo stesso anno in cui la voce di Delia si spande nell’aria sulle note di “Occhi”, un ventunenne di Bari inizia la sua carriera a Domenica In – celeberrimo programma di RaiUno – intonando “Domani”. 

Si tratta di Marco Armani, al secolo Marco Antonio Armenise.

Negli Anni Ottanta le canzoni più gettonate erano “Solo con l’anima mia” e “Tu dimmi un cuore ce l’hai”, ma il suo repertorio è assai ricco. 

Che fa oggi

Marco si dedica ora alla tv.

Ogni venerdì, su RaiUno, è ospite di una trasmissione che si chiama “Oggi è un altro giorno” con Serena Bortone: suona il piano, accompagna, canta, fa il suo mestiere. 

Continua a scrivere canzoni e in questultimo periodo ha realizzato rivisitazioni di brani famosi, suoi e di altri Autori. 

Dove lo rivedremo?

A Marco piacerebbe intraprendere un nuovo lavoro, stimolante e creativo: comporre colonne sonore per film, fiction, commenti sonori. 

Tiziana Rivale

Come l’abbiamo conosciuta

Negli Anni Ottanta nasce un’altra stella, destinata a brillare a lungo in Italia e all’estero: Tiziana Rivale.

La prima canzone a consacrarne la fama è “Sarà quel che sarà”, con cui vince il Festival di Sanremo del 1983. Da allora è un alternarsi continuo, per la cantante, di apparizioni televisive e di tournée, in Italia e nel mondo. 

Che fa oggi

Dal 2006 lavora e produce la sua musica oltreoceano.

A gennaio del 2019 le viene conferito il “Disco d’Oro alla Carriera” durante un tour in Messico.

È uscito da poco il suo ultimo CD, “Rivale in Classic” – è sulle piattaforme digitali – e in questo periodo lo sta promuovendo in varie radio.

Dove la rivedremo?

Tiziana si augura di poter riprendere i tour in Europa e all’estero, bloccati dal periodo pandemico.

Novecento

Come li abbiamo conosciuti

“Novecento” è il nome del gruppo che nel 1984 è in vetta alle classifiche con l’hit single  “Movin’ on”.

Il quartetto è costituito dai fratelli Pino (tastiere), Lino (chitarra), Rossana Nicolosi (basso) e dalla cantante Dora Carofiglio.

La lista degli artisti internazionali da loro prodotta è davvero lunga! Tra loro ci sono Sting (con il brano “Lullaby to an anxious child”), il batterista Billy Cobham, Al Jarreau & Eumir Deodato (loro idoli giovanili).

Inoltre, hanno raggiunto la prima posizione in classifica nella radio più importante degli States e in molte altre radio internazionali.

Infatti nel 2003 negli Stati Uniti esce l’album “Dreams of peace” a nome di Novecento featuring Stanley Jordan (chitarrista americano), che entra ai primi posti delle classifiche radio negli USA e, tra le radio più importanti, la famosa radio di New York “CD 101,9”, dove il singolo “Easy Love” arriva alla posizione n. 1.

Last but not least – ultima cosa, ma non meno importante n.d.r. – la loro musica, con quella di Ennio Morricone e Nicola Piovani, è stata inserita nel videogioco “Mind Labyrinth VR Dreams” per la CONSOLE PS4 di PlayStation VR, uscito in tutto il mondo.

Che fanno oggi

Oltre a essere musicisti, produttori e discografici, i fratelli Nicolosi gestiscono anche una distribuzione discografica e in questa fase artistica si stanno dedicando al loro catalogo in distribuzione. 

In questo periodo valutano con maggiore attenzione la nuova produzione discografica. 

A parere di Pino, si fa sempre più fatica a divulgare musica di qualità.

 Jenny B.

Come l’abbiamo conosciuta

Negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta, nascono in Italia e in Europa Progetti di musica dance rappresentati da frontwomen o frontmen di gradevole aspetto, con un look d’impatto e una certa abilità di muoversi sul palco. 

Costruiti ad arte, questi personaggi cantano in playback su voci già incise in studio da altri artisti.

Nella musica dance degli Anni Novanta, tra le voci prestate a ragazze immagine, c’è anche quella di Giovanna Bersola, in arte Jenny B.. 

È lei ad aver dato la voce a Olga Maria De Souza, modella brasiliana conosciuta con lo pseudonimo di “Corona”. 

In realtà, “Corona” è il nome dell’italianissimo Progetto euro dance di cui Olga è la frontwoman. 

Con la voce di Jenny e il volto di Olga “The Rhythm of the night”, pubblicata il cinque novembre 1993, scala le vette delle classifiche italiane ed europee. Oggi il brano è conosciuto quasi ovunque.

Dove la rivedremo?

Jenny B. è di poche parole ma buone: ci fa sapere che sta girando il mondo in catamarano e che l’anno prossimo continuerà a cantare e a viaggiare. 




I Malvoluti: provocazione allo stato puro con Nessuno

I Malvoluti, un nuovo complesso di giovani studenti universitari bolognesi, sta spopolando sul  Darkweb con Nessuno, un pezzo di provocazione allo stato puro, formato da un motivetto musicale che potrebbe essere il nuovo tormentone estivo.

Il testo parte quasi in sordina con una forte provocazione sull’omosessualità fino ad arrivare alle molestie clericali.

Semplice ed efficace, ogni strofa tira un forte colpo al perbenismo che circola oggi, arrivando dritta al cuore con ogni ritornello dove siamo tutti pronti a parlare di accoglienza ma alla fine … nessuno vuole un negro in casa

Basta con questa facciata in cui tutti parlano e sbraitano, in cui tutti credono che a parole si risolvano le cose, non è così, occorre essere coerenti, decisi, certi e coscienti.

Nessuno raccoglie in poche strofe alcuni dei principali motivi di malvagità del mondo, buttando in faccia ai finti buonisti la verità: parole tante fatti pochi.

Troppo comodo parlare di accoglienza ma non accogliere nessuno, di malattie ma di non curare, di diversità ostentandola come se fosse un traguardo mentre invece è una partenza.

Bravi Malvoluti, avete dimostrato che basta una canzone per dare messaggi chiari e spesso nascosti dietro a fiumi di parole.

Occorre pensare ad un nuovo modo di ragionare sia sulle diversità che sull’accoglienza, non si può in continuazione pensare a risorse infinite, non è possibile continuare a buttare soldi senza ottenere risultati, fomentando spettri di razzismo quando qualcuno osserva che in un tavolo da dieci non ci si può stare in cento.

 

E poi, diciamolo, questo paese non è venuto dal nulla, ma dalla fatica di generazioni di Italiani, che peraltro hanno costruito anche altri paesi, mica solo questo, ed ora pensiamo che tutti ne hanno diritto, così, semplicemente perché esistono?

Ma non si pensi che in questo modo aiutiamo gli altri, se distruggiamo quello che c’è perché lo disperdiamo in modo indiscriminato, facciamo il male di tutti, anche dei non italiani.

La canzone dei Malvoluti ci è piaciuta molto perché rappresenta la fiaba del re nudo, nessuno lo dice tutti lo sanno molti fingono i Malvoluti NO.

Bravi.

 

 

 

Nessuno – I Malvoluti – CCEditore musical edition




“La Musica Dell’Anima”

Un dono bellissimo.

Uno dei doni più belli che l’anno 2020 mi abbia fatto, è stato imbattermi nel Team giornalistico di BetaPress.it, con cui ho il piacere e l’onore di collaborare.

Un giorno, nella chat della Redazione, compare l’invito di “Perth” – pseudonimo di Federico Pertile, Capo Redattore Musica del giornale online – a far girare il link di un video di beneficenza.

 

Un dono nel dono!

Un click e sono sul Canale YouTube. È un video musicale, la rivisitazione di “Plush” degli Stone Temple Pilots. 

A eseguirla cinque amici sulla cinquantina appassionati di musica “grunge” che, ispirati dalle parole “Would you even care?” – “Te ne prenderesti cura?” – decidono di suonare, insieme dopo tanto tempo, una delle loro canzoni preferite. 

Che cosa c’è di speciale in tutto questo? 

C’è che questi ragazzi hanno scelto di esprimere quel che hanno nel cuore in un Linguaggio universale alla portata di tutti: quello musicale.

In barba ai limiti imposti dall’emergenza sanitaria sugli spostamenti e sulla realizzazione di eventi dal vivo, un video clip diventa un atto d’amore, un pretesto per dire: “Ehi, noi ci siamo, siamo qui e siamo pronti a dare una mano.”

 

Il segreto per essere felici.

Per Simon (voce), Rige (basso) e Perth (chitarra e background vocals), i tre musicisti intervistati che si fanno portavoce anche dei due amici non presenti – Gas (tastiere) e Alba (batteria) –  basta avere una passione ed esprimerla con tutto il cuore, in piena libertà, per dar vita a qualcosa di bello, di utile e speciale.

Ed ecco che due formazioni, “Slim Simon’s Boys” e “UEMMEPI”, si riuniscono in un super gruppo allo scopo di condividere la Bellezza della musica Grunge, suscitando in chi l’apprezza un gesto di solidarietà concreta: una donazione a favore dei numerosi progetti dell’ONG “AVSI”, a sostegno di quattrocento bambini e cinquemila famiglie bisognose in Italia e nel mondo.

I numerosi progetti umanitari di AVSI trovano supporto e promozione anche grazie al generoso contributo dei volontari dell’Associazione Santa Lucia.

Da circa un ventennio, oltre a iniziative locali come le cucine popolari e le case di accoglienza per minori, l’Associazione cura la realizzazione di un fantastico Evento di Beneficenza: la “Cena di Santa Lucia”.

Per saperne di più clicca qui.

Per guardare il video autoprodotto e autofinanziato dai cinque musicisti e dai loro amici, clicca qui. 

Nella descrizione del video trovi anche le modalità con cui puoi fare la tua donazione. Anche un euro è importante per restituire il sorriso a bimbi, ragazzi e famiglie che stanno attraversando un periodo di disagio, soprattutto dal punto di vista finanziario.

Infine, per guardare la video intervista realizzata venerdì 8 novembre 2021 in occasione del settimanale “Soul Talk”, clicca qui.

Alla prossima!

Ondina (Jasmine Laurenti).




EZIO BOSSO, UNO DEI MODS: Intervista a Oskar degli Statuto.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=JteNID-yuMc?feature=oembed&w=640&h=360]

 

«Un grande musicista, il più grande compositore contemporaneo!» Così Oscar Giammarinaro (Oskar) degli Statuto ha definito l’amico Xico alias Ezio Bosso (rappresentati entrambi nella foto di testa, esclusiva per Betapress).

Ezio ha iniziato la sua carriera da musicista nella band Mod più famosa d’Italia, appunto gli Statuto, diventati celebri per il grande pubblico quando parteciparono al Festival di Sanremo nel 1992 con il pezzo Abbiamo vinto il festival di Sanremo, (Ghetto, Piera e Qui non c’è il mare sono, a mio avviso, altri capolavori di Zighidà)

https://it.wikipedia.org/wiki/Zighidà 

(terzo album della band torinese; n.d.a.).

La British Invasion degli anni sessanta aveva fatto conoscere in Italia la musica Beat e Ska ed anche la cultura Mod.

Uno dei Mods è stato un successo tutto “italiano” degli anni sessanta di Ricky Shayne, un 45 giri che ho consumato quando avevo poco più di 7 anni e che mi ha da sempre incuriosito.

Uno dei Mods è anche quel che pensa Oskar di Xico.

Ho letto molte cose su Ezio Bosso, ma non sempre mi hanno trovato d’accordo, anche perché pochi hanno compreso la grandezza umana di una persona che ha vissuto il reale in modo vero, fino alla fine!

Noi di Betapress, per comprendere chi era Ezio Bosso, abbiamo voluto chiedere un aiuto ad Oskar.

PERTH: Antonella Ferrari (Caporedattore di BetaPress) ha scritto di Ezio Bosso non appena ci è giunta la notizia della sua tragica scomparsa

Il mondo della musica, e non solo, piange Ezio Bosso

 

Nel suo pezzo Antonella ha cercato di fotografare la vita di uno dei più grandi talenti della musica italiana e non solo.

Chiedo a te, che sei uno dei suoi cari amici, com’è nata e cos’ha voluto dire per te quest’amicizia nata intorno alla Piazza (Statuto; n.d.a.)?

OSKAR: Ci siamo conosciuti nel 1985 quando ha iniziato a frequentare la scuola media annessa al Conservatorio G. Verdi di Torino, era stato inserito nella stessa classe di contrabbasso.

Lui era più giovane di me e rimase subito affascinato dal mio modo di vestire, dalla musica che ascoltavo, dalla mia Lambretta e dai miei racconti delle nostre avventure con gli altri Mods, di lì a poco iniziò a frequentare Piazza Statuto Mod con tutti noi.

Quando nel 1987 decisi che non volevo più suonare il basso, ma solo cantare negli Statuto, lui si propose immediatamente come bassista e suonò con noi per circa due anni.

Era talmente creativo, che le sue tante note erano perfino esagerate per le nostre canzoni e quando bisticciò con il nostro maestro, smise di suonare anche con noi e andò a studiare all’estero.

Siamo però rimasti sempre in contatto, quando era a Torino veniva regolarmente da noi in Piazza al sabato pomeriggio e ci siamo sempre sentiti, fino all’ultimo dei suoi giorni.

PERTH: «…era uno di noi, uno dei Mods» hai detto in più occasioni, «ha legittimato i mods», ed ancora «uno nasce Mod, lo capisce… e ci rimane per sempre» ci racconti qualche aneddoto che possa chiarire ai lettori come è nata in te ed anche in Ezio la coscienza di essere un Mod?

OSKAR: Mod non si nasce ma si scopre di esserlo.

Sia io che lui l’abbiamo scoperto appassionandoci all’abbigliamento italiano anni ’60 e all’amore per la musica afroamericana e giamaicana.

A Xico piaceva e suonava molto bene anche il jazz e il termine “Mods”, deriva proprio dal termine “Modernists” che era usato per i primi ragazzi inglesi che ascoltavano questo genere a fine anni ’50.

PERTH: In un tempo in cui la mercificazione “usa e getta” generata da “Reality” e “Talent” produce progetti musicali sterili e poco “artistici” tu esci con il tuo primo lavoro da solista, Sentimenti Travolgenti,

https://music.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_mio4DRIWNyYpd0WIGvBfLtYd34QsxHWcY

parlando di Eleganza.

Non trovi che la raffinatezza compositiva sia oggi fuori dal coro?

Cos’era l’Eleganza per Ezio?

OSKAR: La “raffinatezza” delle composizioni di Xico va decisamente oltre qualsiasi classificazione materiale.

Basta ascoltare le sue “12 stanze” ad esempio, per capire con quanta semplicità ed eleganza riusciva a esprimere sequenze di note leggere e avvolgenti, trasmettendo forti emozioni e vera sensazione di eleganza sonora melodico-armonica.

Più che “fuori dal coro”, lo definisco “straordinario” e “unico”, oggettivamente il più Grande compositore contemporaneo.

PERTH: Ezio ha fatto sua una frase di Antoine de Saint-Exupéry: «L’essenziale è invisibile agli occhi».

Pensi che l’esplosione di creatività e questa certezza degli ultimi anni sia conseguenza della sua malattia?

OSKAR: E’ sempre stato molto talentuoso e creativo, già nelle nostre “canzonette” trovava riff e giri di basso pazzeschi.

La malattia l’ha fatto crescere come uomo, l’ha reso infinitamente saggio, paziente e tenace.

Ha saputo tirare fuori tutta la sua eccezionale creatività grazie anche al tanto studio di composizione, direzione, pianoforte e (perché no?) anche storia, negli ultimi 20/25 anni.

Ormai era diventato un riferimento fondamentale non solo per i musicisti, ma per la cultura in generale.

PERTH: In un’intervista a Fanpage.it Ezio diceva «Dal mondo della musica classica ho subito tanti schiaffoni, ingiustizie, insulti, come quello che esistevo solo perché avevo una malattia (…)» sono rimasto impietrito quando ho letto la sua intervista.

Te ne ha mai parlato?

OSKAR: Certo e posso confermarlo.

In Italia (e solo in Italia!) tanti “professorini” provetti della musica classica sbalordivano ascoltando le sue sinfonie oppure a sentirlo suonare il pianoforte (strumento che lui ha studiato soltanto negli ultimi anni della sua carriera, quando, tra l’altro, stava già cominciando a mancargli la funzionalità delle dita) e quindi pativano e lo invidiavano a tutto tondo e vergognosamente.

Ma lui ha sempre saputo rider loro in faccia, perché il pubblico, tutto il grande pubblico d’ogni parte del mondo, lo adorava.

PERTH: «Se uno è capace di fare le domande trova le risposte… in quello che accade» una concretezza che guarda al mistero di quel che c’è dietro alle cose, l’importante è cercare la bellezza, la giustizia la verità.

Ezio era un “cercatore”?

OSKAR: Xico era contro ogni pregiudizio, anche “positivo”, come piaceva dire a lui.

Conseguentemente, non fermarsi a regole e soluzioni statiche, implica cercare e ricercare, inventare e creare.

Quando ha dovuto smettere di suonare il contrabbasso, Xico si è trasformato in pianista, diventando un concertista e tenendo recital sold-out in tutta Italia.

Lui ha sempre cercato e, soprattutto, trovato una risposta a ogni questione gli si ponesse, anche le questioni più atroci, come la sua malattia.

Era più che un “cercatore”, direi un “trovatore” (ovviamente niente a che fare con i celebri compositori francesi dell’undicesimo secolo…).

PERTH: Hai detto spesso che Ezio non si lamentava mai della sua condizione, anzi, era un amante della vita.

In una delle ultime telefonate ti ha perfino confortato in merito al periodo che stiamo tuottora vivendo di emergenza Coronavirus.

Qual era la sua forza? Come era possibile tutto ciò, tu che lo conoscevi bene?

OSKAR:  Credo che il suo amore per la Musica e per la gente gli abbia dato la forza per trasformare in forza e serenità la forte sofferenza procuratagli dalla tremenda malattia.

In tanti anni mi ha sempre parlato di futuro, di prospettive avanti nel tempo, senza contemplare mai un giorno in cui lui non ci fosse stato più.

Un’energia soprannaturale e non lo dico faziosamente.

PERTH: La sindaca di Torino ha proposto di intitolare un luogo della città alla memoria di Ezio Bosso e a mio modesto parere credo debba essere molto vicina alla Piazza Statuto.

Cosa ne pensi?

OSKAR: Abbiamo raccolto più di 16.000 firme per questa causa, anche la sua famiglia è d’accordo, speriamo di essere ascoltati.

PERTH: Sono stato affascinato da queste due frasi di Ezio:

«Perché è questo quello che fa la musica: dilata il tempo della felicità. La bellezza ci rende felici e il miracolo della musica è il miracolo della bellezza»

e ancora: «…la vera domanda non è “cos’è la musica per me?”, ma “cosa posso fare io per la musica?”».

Da un lato la “bellezza” di cui non parla più nessuno e dall’altro “mettersi al servizio” che è un tabù.

Da amico di Ezio e da artista cosa ne pensi?

OSKAR: Per lui ogni musicista è parte della Musica  e appartiene al pubblico e non viceversa.

Con la partecipazione generale di chi suona e chi ascolta, si ottiene la “bellezza” della Musica… anzi, la bellezza in assoluto.

PERTH: Un’ultima domanda Oskar, ci racconti de La musica magica?

OSKAR: Adesso è ancora presto…

PERTH: Allora ci dobbiamo rivedere assolutamente! Grazie Oskar!

Vi lascio all’ascolto di uno dei capolavori di Xico.

 

 

https://www.youtube.com/watch?v=AHe6AzhRa3o

 

 

Perth

in testa una fortografia inedita concessa da Oskar a Betapress

 

 

 

 

 

 

 

 

Intesta di articolo una fotografia inedita ed esclusiva concessa da Oskar a Betapress, degli Statuto, Ezio Bosso è il secondo da sinistra ed Oskar è il terzo da sinistra.

 

GIANKA: LA FORMA DELL’AMORE

KARMA – INTERVISTA AD ANDREA “CONTE” BACCHINI

 

UN THE CON SKARDY: la musica del cuore.

 




EDDIE VAN HALEN

EDDIE VAN HALEN

 

10 ottobre 2004: matrimonio del sottoscritto (PERTH N.d.R. 😉 ).

La Chiesa (una delle più belle d’Italia): gli “Eremitani”, limitrofa alla “Cappella degli Scrovegni”, dove i capolavori di Giotto hanno segnato la storia del 1300 in Italia (e nel mondo!).

La festa a Villa Molin (sempre a Padova). 350 gli invitati, 35 i tavoli ed ognuno con un nome diverso, tutti chitarristi: il tavolo nr. 1 Tony Iommi (BLACK SABBATH), il 2 Kirk Hammett (METALLICA), il 3 Angus Young (AC/DC), il 4 Randy Rhoads (OZZY OSBOURNE), fino ad arrivare a Zakk Wylde (BLACK LABEL SOCIETY), passando per Jimmy Page (LED ZEPPELIN), Dave Murray (IRON MAIDEN), Jimi Hendrix (JIMI HENDRIX EXPERIENCE), Slash (GUNS N’ ROSES) e Ritchie Blackmore (DEEP PURPLE) fino ad arrivare a… EDDIE VAN HALEN! Il tavolo degli sposi! Il MIO tavolo! Uno dei chitarristi più grandi di sempre! Al suo nome è accostata la tecnica chitarristica del “tapping”.

Edward “Eddie” Lodewijk Van Halen comincia dal pianoforte, si accosta alla batteria ma è all’età di dodici anni che incontra il suo grande amore: la chitarra. Ama i CREAM di Eric Clapton, i BEATLES ed i LED ZEPPELIN.

Si racconta che il chitarrista dei futuri VAN HALEN abbia “creato”, per così dire, il tapping, proprio durante lo studio di un brano di Page e non riuscendo a farlo proprio, avrebbe cominciato a battere con entrambe le mani sulla
tastiera della chitarra, ottenendo quella serie di intervalli ampi e febbrili, di cui si dice che il musicista olandese sia stato l’inventore: il tapping appunto! Intorno al 1975, dopo l’incontro con il bassista Michael Anthony e con il cantante David Lee Roth, nascono i VAN HALEN, scoperti da Gene Simmons dei KISS che li mette in contatto con la WARNER. Nel 1978 esce il loro primo album, ad oggi il più bello della storia della band.

Si intitola semplicemente “VAN HALEN”, e contiene alcuni dei brani che hanno reso celebre Eddie, come “Eruption”, nel quale lo stile innovativo del tapping la fa da padrone.

Successo istantaneo! I VAN HALEN hanno cambiato cantante più volte (David Lee Roth, Sammy Hagar – MONTROSE, Gary Cherone – EXTREME) ma Eddie è stato, è e sarà sempre i VAN HALEN!!!

Leader di una band che mi ha ipnotizzato sin dai tempi di “Eruption”, capolavoro chitarristico di tutti i tempi, Eddie, campione di eccessi è il talento che più ha influenzato schiere di chitarristi dal 1975 in poi (e che, ribadisco con forza, ha ispirato il sottoscritto! N.d.a.).

Questa è una esternazione di Eddie… non serve dire molto di più: “Se io sono un “dio” – come dite voi – della chitarra, mio figlio sarebbe Gesù, giusto? Ciò significa che nel prossimo tour cammineremo sulle acque”.

Signore e signori: Eddie Van Halen!

 

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=A2I0a7EwWa8&w=640&h=480]




METAL? IT’S ONLY ROCK’N’ROLL!

METAL? IT’S ONLY ROCK’N’ROLL!
Un caro amico “metallaro” mi ha chiesto se io “etichetto” i generi musicali, gli ho prontamente risposto di no.

Ma senza “etichette” come facciamo ad orientarci nel mondo del Rock? Questa è una domanda cui ho promesso di rispondere, dando la mia personale interpretazione.

Ho provocato il giovane amico dicendogli: “se hai bisogno di etichettare la musica vuol dire che non la comprendi fino in fondo! Vuol dire che non comprendi quel che gli artisti vogliono dire con le loro song, vuol dire che non permetti loro di sperimentare”!

Mi ha prontamente sciorinato dieci sottogeneri del metal senza pensarci… dal black-metal al gothic-metal al progressive-metal etc…

Ogni rock-fan pensa di sapere che cosa sia l’heavy-metal ma definirlo come genere musicale è quasi impossibile.

Tutti concordano sul fatto che sia molto “loud” (pesante e rumoroso) e basato quasi completamente sulle chitarre ma oltre a questo non ci sono due persone che siano d’accordo su altre definizioni… forse è per questo che c’è bisogno di categorizzare e sotto categorizzare?

Il termine “heavy-metal” fu usato per descrivere uno stile di pop-music per la prima volta da Lester Bangs sulla rivista Creem.

Pare che fosse ispirato da “Born To Be Wild” degli Steppenwolf, che contiene la frase “heavy metal thunder”. L’etimologia del termine “heavy-metal” è più incerta.

La maggior parte delle fonti (ad es. L’Enciclopedia del Rock & Roll del Magazine Rolling Stone) riporta William Burroughs come inventore del termine nel suo romanzo <<Naked Lunch>> (William Seward Burroughs – Saint Louis, 5 febbraio 1914 – Lawrence, 2 agosto 1997 – è stato uno scrittore, saggista e pittore statunitense, vicino al movimento della Beat Generation.

Considerato uno degli artisti più importanti e innovativi del ventesimo secolo, ha collaborato con numerosi musicisti e performer; n.d.a.), anche gli scienziati usano lo stesso termine per indicare alcuni isotopi radioattivi… sta di fatto che una cosa non è mai cambiata: quasi nessuno (tranne Rob Halford dei Judas Priest e pochissimi altri) vuole che la sua musica sia chiamata “heavy-metal”.

Rispondendo al mio giovane amico “metallaro” dico che bisogna liberarci dagli stereotipi che una certa critica musicale continua ad imporre.

Scovando varie interviste, sul tema in questione farò rispondere alcuni dei “diretti interessati”.

Angus Young (Lead Guitar degli AC/DC): “Noi ci consideriamo una rock and roll band, e crediamo di essere abbastanza unici nel nostro genere (assolutamente vero! N.d.a.). Chiameresti i Rolling Sotnes o gli Who una heavy-metal band? Noi non vogliamo avere un’etichetta del genere appiccicata addosso né vogliamo essere accomunati ad altre 100 bands che non hanno nulla a che vedere con noi! Questa storia delle etichette è veramente ridicola. Nel ’76 i critici ci definirono Punk, poi arrivarono i Sex Pistols e si accorsero che i Punk erano loro poi ci definirono power pop…ogni settimana da allora ci hanno etichettato con un genere diverso… noi siamo gli AC/DC”!

Eric Bloom (Blue Oyster Cult): “Io non penso a noi come ad un gruppo heavy-metal… forse l’unico gruppo haevy-metal nella storia (unico!) sono i Black Sabbath con la loro linearità nei
contenuti dei loro testi e nelle strutture degli accordi. Non si alleggeriscono mai, mentre io penso che ci alleggeriamo.”

Robert Plant (Led Zeppelin): “No non siamo una band heavy-metal, il primo album dei Led Zeppelin con <<Babe I’m gonna leave you>>, <<Your Time Is Gonna Come>> e <<How Many More Times>> era tutto tranne che heavy… era etereo”.

Edward Van Halen (Van Halen): “No, io il sound dei VH lo chiamo rock’n’roll, forse, se esiste davvero, l’heavy-metal è da scovare in qualche riff dei Judas Priest”.

Bruce Dickinson (Iron Maiden): “Qual è il tuo punto di vista? Io non chiamerei gli UFO una band heavy-metal, forse gli Human League lo sono, se sei un fan dei Motörhead allora gli UFO non sono heavy-metal. Se io dicessi che noi siamo heavy metal, non farebbe molta differenza per il modo in cui suoniamo. E’ una categoria del c****!”

Ted Nugent: “Io non considero la mia musica heavy-metal, sono stato svezzato con il rock’n’roll, ho ascoltato Chuck Berry, Lonnie Mack e Duane Eddy and The Ventures, quindi essere chiamato in modo diverso da rock’n’roll non mi va bene, capito?”

Potrei andare avanti all’infinito ma sta di fatto che… IT’S ONLY ROCK’N’ROLL!!!
PERTH

 

perth




PLAY WITH PERTH: FEEL THE MUSIC

PLAY WITH PERTH: FEEL THE MUSIC
Non ho mai rinnegato, pur essendo follemente innamorato del Rock, i miei studi classici di pianoforte, non di rado a tutt’oggi ascolto della sana e autentica musica classica.

Ho analizzato varie volte spartiti di musicisti e compositori del passato e, così, quasi per scherzo, ho provato a fare delle analogie con alcuni dei maggiori testimoni della musica contemporanea.

Premetto che lo spettro da analizzare è talmente amplio che non sarebbe pensabile poter trattare in modo esaustivo tutta la musica, gli artisti ed i compositori equiparando generi e sottogeneri che vanno dal Black Metal al Chemical Beat, dal Funky all’Industrial fino ad arrivare al Liscio.

Tralascio pure chiarimenti circa l’evoluzione della musica dal punto di vista tecnico (vi sono saggi che illustrano in modo eccellente i paradigmi del cambiamento della musica negli ultimi secoli; n.d.a.).
Si tratta di un puro gioco, un passatempo che vi invito a provare, anche il lettore meno preparato infatti, potrà dilettarsi confrontando i propri beniamini contemporanei con artisti classici.

Premesso ciò, per quel che mi riguarda ho suggerito di sovente ad alcuni amici con cui condivido la passione per la musica Rock, un raffronto con la classica e, all’ascolto di melodie del XVII, XVIII e XIV secolo mi hanno risposto di tutto e di più ma, incrociando brani di alcuni interpreti e musicisti della scena Rock e Pop, ci siamo trovati tutti d’accordo.

Per inciso ho provato a comparare alcuni artisti Jazz e Blues che ascolto spesso ma non ho voluto addentrarmi troppo in paragoni dopo aver letto tempo fa una geniale frase di André Previn (Berlino, 6 aprile 1929, pianista, direttore d’orchestra e compositore tedesco naturalizzato statunitense, autore di colonne sonore cinematografiche e di musical, famosissima la colonna sonora di My Fair Lady; n.d.a): “La differenza fondamentale tra la musica classica e il jazz è che nella prima la musica è sempre più grande della sua esecuzione laddove il modo in cui il jazz viene eseguito è sempre più importante di ciò che viene suonato”.

Tornando al nostro gioco pensate a Wagner ed alla sua “Cavalcata delle Valchirie” sicuramente il paragone con “Enter Sandman” di James Hetfield dei Metallica è azzeccatissimo! Mozart poi potrebbe tranquillamente essere raffrontato con The Edge degli U2, Beethoven sicuramente con Eddie Vedder dei Pearl Jam, Béla Bartók con Andy Summers dei Police e Bedřich Smetana con Brian May dei Queen.
Perfino alcuni artisti italiani a me molto cari si prestano al gioco ed infatti alcuni brani di Ghigo Renzulli dei Litfiba sono simili a composizioni di Bach, il mitico (non più fra noi; n.d.a.) Fabio Cappanera della Strana Officina somiglia a Brahms ed il sound dell’amico Omar Pedrini (Timoria) si rifà parecchio alle melodie di Schubert.

Ho provato pure con musiche di Zucchero, Nek, Vasco Rossi, Biagio Antonacci, Laura Pausini, Ligabue, Eros Ramazzotti, Tiziano Ferro, Jovanotti, Max Pezzali ed altri “mostri sacri” della canzone(tta!)
italiana e qualcosa è pure venuto fuori, soprattutto ascoltando Mina, Celentano e tutta la schiera dei cantautori da Dalla a De Gregori passando per Battisti (di cui ho un rispetto infinito; n.d.a.).
Con stupore vi dico che il mio gioco ha mostrato un risultato semplice, un filo conduttore tra presente e passato: la tensione alla bellezza e la ricerca della felicità!
Questo è il risultato del mio gioco!

Ah… a qualcuno potrà sembrare molto difficile trovare un paragone classico (Dvorak – Stone Temple Pilots? N.d.a.) in Band “estreme” come i Soundgarden, gli Alice in Chains, i Clash, o i Sex Pistols, ma perfino il “dolore del vivere” del Grunge o la “contestazione ribelle” del Punk hanno palesato in varie forme la tensione stilistica al bello ed una domanda di felicità.
Caro lettore ti invito a cimentarti in questo semplice e divertente gioco.

Classica o Moderna: ascolta pure quel che vuoi ma ti auguro di poter scoprire anche una sola nota, un accordo, una melodia che contenga un accento di nostalgia della vera Bellezza che ha ispirato i veri Artisti!

PLAY WITH ME!

PERTH

playwhit-perth

 

 




Uno sguardo oltre il buio.

“Uno sguardo oltre il buio” è la sintesi di un disco che ci ha colpito: Southland.

Chi come noi conosce da tempo le preferenze musicali di Walter Gatti – giornalista, critico musicale di lunga esperienza, chitarrista – per il suo album di esordio si sarebbe aspettato un bel concentrato di rock sudista, ben sapendo quanto il nostro ami bazzicare questi luoghi musicali ma anche geografici e quanto sia devoto di Lynyrd Skynyrd, fratelli Allman, Marshall Tucker & Co. Scoprendo in anteprima il titolo dell’album Southland, ne abbiamo ricavato un ulteriore, infallibile presagio.

Aggiungiamo pure che trattandosi del primo cd “waltergattiano”, ci sembrava molto difficile che l’autore sarebbe riuscito a sfuggire all’ansia da prestazione virtuosistica, annoverando peraltro tra i sideman (se avete il coraggio di chiamarli così!) musicisti del calibro di Greg Martin, Greg Koch, e addirittura Chris Hicks (The Marshall Tucker Band, Outlaws, Hicks Band & Friends…).

Le nostre convinzioni sono andate in frantumi al primo ascolto.

Niente schitarrate in parallelo, zero assoli travolgenti, date per disperse le citazioni sudiste.

In compenso atmosfere dylaniane, e non solo in All Along The Watchtower, sonorità in libera uscita con sconfinamenti country e brani in italiano.

Otto tracce su dieci con parole e testi dell’autore.

E il Sud allora?

Il Sud c’è, fidatevi. Ma non con i suoi stilemi. Ce n’è un bel po’ di profondo Sud nel “mood” che attraversa le magnifiche canzoni di questo album. Brani che ti si stampano nella mente senza lasciarti “tranquillo”. Melodie che unite ai testi ti scavano dentro ed un dispendio di signori musicisti che oltre ai citati americani aggiungono italianità ad un disco che potrebbe nascere e vivere in Georgia, in Tennessee, in Kentucky. Gazich, Priviero, Costola, Gaffurini, Pavesi, sono nomi che hanno scritto meravigliose pagine della storia musicale in Italia.

Southland è un disco all’insegna dello “slow hand”, della misura, quasi che una volta tanto i silenzi valessero come le note.

E così Gatti ci regala un’epica Your Time, il gospel blueseggiante dell’ingegnosa Lifelong Blues, tanto tanto feeling con Take Me As I Am, brano che faticherete a scrollarvi di dosso, accenti country in Groomy Witness, ma anche l’intenso intimismo nella final track Dove sei.

Un cd all’insegna dello storytelling e delle amicizie che si intuisce dai corposi credits. Ultimo appunto per la voce tagliente, nasale, imperfetta, vissuta di Walter. Che funziona! Come tutto l’album. Walter Gatti, il giornalista e critico, come musicista ha fatto centro al primo colpo “…uno sguardo oltre il buio”!
https://www.facebook.com/southland.vg/

southland walter gatti

 

 

 

 

 
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