Ladro sì, ma Gentiluomo…

“Who?! Me?!”
Photo by Andrea Federico Santicoli

Il Lupin dello scatto ha un nome: Andrea Federico Santicoli.

“Quando si fotografano persone a colori, si fotografano i loro vestiti. Ma quando si fotografano persone in bianco e nero, si fotografano le loro anime!”.  Ted Grant

Ed è proprio a Ted Grant – attivista britannico di origine sudafricana – che si ispira Andrea Federico Santicoli, luganese d’adozione come me: uno dei regali che l’applicazione “Clubhouse” mi ha fatto, durante lo sfidante triennio 2019-2022.

È stato lì che le nostre voci si sono incontrate. Poi ci siamo dati appuntamento in centro città per proseguire la nostra chiacchierata vis-à-vis, sul senso profondo della vita.

Un nuovo punto di vista

Ed è lì, che ho scoperto che Andrea vive la vita da una diversa prospettiva: quella di chi guarda il mondo da una sedia a rotelle.

Non è sempre stato così. Mi ha raccontato del suo incidente in moto e di quella banale distrazione che, provocandone la caduta, si sarebbe rivelata – a meno che non avvenga un miracolo! – fatale. 

Ma lui non solo non si è arreso. Ha fatto dell’intoppo un dono per se stesso e per il mondo intero: un nuovo punto di vista!

Sì perché un giorno – neppure lui saprebbe spiegare il come o il perché – gli è venuta la balzana idea di acquistare la sua prima macchina fotografica. Da lì è ripartito per una nuova, entusiasmante avventura ricca di emozioni, viaggi, sorprese, storie e nuovi incontri.

Temo non gli piaccia la parola “carriera”, e neanche a me piace. Eppure, sono certa che questa sua passione lo porterà lontano, molto più lontano di quanto lui non possa immaginare mentre, dal lunedì al venerdì, continua a rivestire il prestigioso ruolo di  relationship manager, executive director alla Julius Bär…

Ed eccolo trasformarsi, fuori orario d’ufficio, in “Lupin” di scatti, rubati ovunque gliene capiti l’occasione. Per non perderne neanche uno porta al collo, dall’8 marzo 2020, la sua inseparabile “Margot” Leica M Monochrom. Quei due insieme, creano meraviglie.

Quando gli chiedo come faccia a cogliere istanti così belli, Andrea sorride e non trova le parole. Segue il suo istinto ed è lì, a scattare la foto nel luogo e nel momento giusto. “Ruba” l’attimo, salvo restituirlo al soggetto fotografato, via email o whatsapp, in un secondo tempo.

Guardando le sue immagini in bianco e nero, è impossibile non cogliere di lui l’essenza di curioso esploratore innamorato della vita e dei momenti di cui è ricca… Momenti che la maggior parte di noi si perde per distrazione, ma che lui coglie e ci porge come gemme di straordinaria bellezza, spontaneità, freschezza. 

I suoi mentori sono i grandi della fotografia in bianco e nero: Henri Cartier – Bresson e Robert Doisneau, quelli che hanno fatto della street photography un’Arte consacrata alla spontaneità, all’immediatezza, all’emozione di uno storytelling concentrato in una singola e irripetibile immagine.

I protagonisti delle storie riassunte in uno scatto sono persone di ogni età, sole o in coppia, incontrate per strada, sul lungolago, nelle piazze, alle fontane, nei bar… Persone immerse nella loro quotidianità e intente a giocare, baciarsi, conversare, abbracciarsi, leggere un libro, prendere il sole, suonare uno strumento musicale… Non “in posa”, ma mentre si raccontano con un sorriso, uno sguardo, un gesto ironico, esprimendo l’ineffabile. Fiori colti nel loro socchiudersi alla vita, sprigionando la loro più autentica fragranza. 

A tu per tu con l’Artista

Incontro Andrea al Parco Ciani per una breve intervista sul prossimo appuntamento che lo vede protagonista di una personale a Bergamo: “Punto di Vista”.

J: “Perché ‘Punto di Vista’?”

A: “L’idea di questo titolo è nata dal fatto di trovarmi sulla sedia a rotelle e quindi di avere un punto di vista differente da quello che possono avere le persone normodotate. Sicuramente ho un orizzonte diverso, e quindi anche le mie fotografie hanno una prospettiva o quantomeno un punto di vista che è differente, rispetto a quello di uno sguardo da, per esempio, un metro e ottanta d’altezza.”  

J: “È l’unico elemento distintivo che caratterizza questa nuova collezione di fotografie o c’è dell’altro? In altre parole, che cosa possiamo aspettarci da questa tua nuova avventura?”

A: “Mi auguro che i visitatori possano trovare il meglio di quello che posso esprimere in questo momento: il risultato di alcuni anni della mia passione fotografica. È un percorso di immagini prese dalla natura, dalla strada… E poi ci sono i volti delle persone… Le immagini sono molteplici, per due motivi. Il primo è che ho sempre con me la mia macchina fotografica e quindi fotografo quello che vedo, quello che vivo, quello che sono. Il secondo motivo è che io non sono monotematico. Anche se sono sempre attratto dall’essere umano, che amo, sono sempre molto curioso di cogliere l’anima di tutto ciò che mi circonda, esseri umani e cose…”

J: “Ho notato che non c’è nulla di ‘preparato’ nelle tue foto. Quanti dei tuoi scatti sono effettivamente ‘rubati’, e quanti sono fatti a soggetti che sanno di essere fotografati?”

A: “Solitamente preferisco rubare lo scatto e poi condividerlo con la persona, con cui mi metto in contatto per mandarle la foto. Vedi… Uno scatto rubato di per sé è una foto senz’anima, perché non ha una storia… Sto pensando alle mie prime foto, che conservo con molto piacere, scattate ad alcuni barboni, soprattutto a Milano. Ho smesso di fare questo tipo di fotografia perché mi sembrava di rubargli l’anima così, senza dire nulla… Poi ho cominciato a chiedere il permesso di scattare le mie foto, dialogavo con loro, li ascoltavo… Era più bello, più costruttivo… Quando abbiamo la storia di ciò che c’è attorno a noi, tutto acquista un senso.” 

J: “Hai mai pensato di abbinare le tue foto a delle poesie o a dei racconti in libri illustrati, artistici, che abbinano le immagini alle parole?”

A: “È una bellissima idea, ma sono già stupito che sia riuscito a fare queste fotografie. Non mi capacito ancora di come abbia potuto trovare questo hobby – ringrazio Dio per questo – che mi ha permesso di conoscere gente, di viaggiare, di passare il tempo in modo costruttivo e soprattutto di trovare uno sfogo mentale, psichico che a volte è molto importante. Quindi potrei andare oggi, in pensione, perché so cosa fare.” 

J: “C’è qualcosa che vorresti che il tuo pubblico sapesse, che non hai ancora rivelato di te, da quando hai iniziato il tuo percorso?”

A: “Credo che la fotografia sia lo specchio dell’anima del fotografo. Possiamo usare la stessa macchina, ma le foto saranno diverse tra loro. Non necessariamente meglio o peggio, ma diverse. Nelle mie c’è sicuramente una parte spirituale. Ci stavo proprio pensando in questi giorni, reduce dal mio viaggio in Giappone… Vedo sempre più una progressione, senza volerlo, è una crescita, come in tutte le cose in cui ci si mette l’anima. Credo che si possa vedere una certa evoluzione, un certo cambiamento e a me, questo fa piacere. Ai miei follower vorrei dire che è tutto in evoluzione e quello che io oggi sono, quello che la mia fotografia è oggi, non è detto che lo sarà domani, perché la mia è sempre una ricerca, uno scendere nei dettagli, escludendo quelle cose che allora sembravano bellissime, ma che ormai sono diventate mature e non hanno più la stessa vibrazione che potevano avere allora. Quindi si cercano altre cose che danno emozione, gioia… Ciò che mi auguro sempre è di trovare dei temi e di poterli sviluppare, perché in questo mi trovo carente, nel senso che non ho mai delle idee precise di quello che voglio fotografare. All’inizio era un po’ frustrante, poi ho capito che è anche bello così, perché mi lascio sorprendere. Forse faccio il lavoro al contrario: facendo un certo tipo di scatti, vedo che mi si crea il progetto. E questo è avvenuto per i laghi, le montagne, i portoni, i muri… Dopo due o tre scatti di questo tipo, vedevo che mi piacevano e continuavo. È successo con le foto che ho scattato alle persone con i tatuaggi sul viso. Ne ho fatta una, poi un’altra, e un’altra ancora… Poi, parlando con loro, i miei preconcetti nei loro confronti si sono rivelati per quello che erano. Così ho pensato che, se avessi scattato altre foto come quelle, avrei potuto esporle al pubblico, consentendo ad altre persone come me di ricredersi… Le immagini arrivarono con immediatezza, ma non la loro anima e così, i visitatori, a volte, provavano un senso di schifo ed erano disturbati per il fatto che una persona si potesse tatuare tutta la faccia. E io mi dico: ‘Perché no? Se questa persona non fa del male a nessuno e fa soltanto arte sul suo corpo, perché non lasciarglielo fare?’ Tutto questo è nato grazie all’aver parlato con queste persone. Ecco perché la storia è importante.”

J. “Di tutte le foto che hai scattato e di tutte le avventure in cui queste immagini rubate si inseriscono, ne ricordi una che ti piacerebbe raccontare?”

A: “Sì. Mi emoziona. Mi emoziona perché è una fotografia che purtroppo non ho neanche più. Il disco sul quale l’avevo archiviata si è rotto, e quindi non è recuperabile. Era la foto che avevo scattato a una bambina africana che però vive qui a Lugano. Lei è down ed è di una dolcezza e di una bellezza… Ho stampato la fotografia in formato A4 – allora lo facevo spesso, a casa, anche con altre foto – e l’ho data alla mamma. È una delle foto che più mi sono rimaste nel cuore. L’ho pubblicata su Instagram, con l’autorizzazione della mamma.” 

(Mi porge il cellulare, che inquadra la foto recuperata dal suo profilo di Instagram: è davvero dolcissima!)

“Sono innamorato di tutte le mie fotografie, anche di quelle che farò. Il mio è un amore continuo… Posso essere stressato, arrabbiato, avere tutto di traverso, ma se riesco a fare qualche scatto, tutto mi si libera e io divento di nuovo felice, tranquillo e sereno. È questo l’amore che ho per la mia macchina, che è un’estensione di me stesso. Le pochissime volte che sono uscito senza, è come se fossi uscito di casa senza vestiti.”  

Dove vedere gli scatti…

Le foto di Andrea Santicoli sono ammirabili nel suo sito ufficiale e nel suo profilo Instagram.

L’inaugurazione della personale si terrà sabato 21 settembre 2024 alle ore 18:00 presso la Galleria Ceribelli in Via San Tomaso 86 a Bergamo.

La mostra sarà aperta fino al 4 ottobre 2024 nei seguenti orari:

Dal martedì a sabato dalle 10:00 alle 12:30 e dalle 16:00 alle 19:30.

Personale dell’Artista
Andrea Federico Santicoli

 




“I Numeri del Successo” con Massimo Tonci

Galeotto fu il “Corso …

… di Fuffologia”, come lo definisce Massimo. In realtà, di quell’avventura formativa a me rimane soltanto il ricordo di un incontro con il mio “Traghettatore”.

Quel mattino di marzo – o aprile – del 2016 mi ero svegliata con l’idea di cambiare casa, città, nazione. A distanza di cinque anni, ancora non conosco il motivo della mia strana, improvvisa scelta.

Sta di fatto che, da quel momento, ogni mio pensiero e ogni mia azione avevano un unico, ambizioso traguardo: andare a vivere altrove e ricominciare la mia vita da capo.

Mi fu subito chiaro che un Viaggio dell’Eroe stava incominciando. La meta mi era chiara: dovevo individuare le risorse necessarie per rispondere a quella misteriosa Chiamata.

Così ne parlai con Carmen, la mia bionda compagna di corso. Lei non ebbe un secondo di esitazione: sapeva esattamente chi avrebbe potuto aiutarmi. Di lì a pochi istanti mi presentò il suo fidanzato: Massimo Tonci.

Quell’incontro fu, di fatto, il mio primo appuntamento col Destino dopo tanto, troppo tempo.

 

Una lista di (buone) azioni.

Non c’è nulla di più rassicurante, in tempi di grande cambiamento, di una “To do list”: un elenco di azioni in ordine di priorità, dalla più grande alla più piccola, quando il tempo e lo spazio – illusorie dimensioni – si fanno particolarmente”densi”.

Carmen aveva ragione: Max era lo sherpa ideale per accompagnarmi, oltre il Ticino, nella mia terra promessa.

Ne è passata di acqua, dalla nostra “ultima cena”: proprio alla vigilia del periodo più sfidante della nostra storia, avevo condiviso il Progetto di Ondina con Carmen e Max. E mentre noi donne facevamo aperitivo a base di finger food e Bollicine D.O.C., Massimo gestiva con maestria il cibo, la cucina e le tempistiche di preparazione.

Vi confermo quindi che, oltre a essere un ottimo Coach, Max è anche un cuoco sopraffino.

Ma  torniamo ai nostri giorni.

 

Dammi il tuo Piano, che lo faccio a pezzi!

Per Max, quella del “Coach” è una vera e propria vocazione.

Significa osservare quello che il cliente fa già bene, offrendogli utili spunti per migliorare radicalmente la sua performance.

La Mission Possible di Max è rendere le cose semplici. Questo è il suo Brand … il suo punto di forza!

La semplicità, per lui, è il traguardo di un processo che mira all’eccellenza.

Ed ecco come fa: prende il tuo piano, lo smonta in piccoli pezzi … Poi li rimette insieme in modo ottimale per farlo funzionare a dovere.

Ed ecco il piano dettagliato che ha tutti i numeri per vincere: tiene conto di quello che farai quando avrai raggiunto la tua vetta e delle azioni da compiere ogni giorno con costanza, durante la scalata verso il successo. L’importante è che tu sia disposto a pagarne il prezzo.

 

I miei primi Mille …

Capita a tutti, prima o poi, di ricevere la fatidica “Chiamata” e anche Max ha avuto la sua.

Da fabbricante di F24, in veste di Commercialista, dava i numeri a chi glieli chiedeva.

Un giorno, però, si è accorto di essere stanco di presentare ai suoi clienti solo conti da pagare.

Con un piano dettagliato per aiutare mille imprenditori, Max è partito alla conquista del suo ruolo di Coach*.

Oggi, vicino all’ambizioso traguardo, già pensa al suo prossimo Viaggio.

Il suo cavallo di battaglia è “K.I.S.S.”, che non sta per bacio, né per l’omonima rock band: è l’acronimo di “Keep It Stupid Simple”, ovvero “Rimani nello stupidamente semplice” (traduzione letterale che non rende il significato originale, ma tant’è).

*Ponendo domande intelligenti, mirate, “giuste”, Massimo stimola i suoi coachée a trovare le loro Risposte!

Sommario

Nel corso della nostra chiacchierata abbiamo toccato argomenti interessanti come:

  • le parole come fonti di pensieri e convinzioni limitanti;
  • l’abbondanza di informazioni e tecnologia, e l’utilità di un coach che ci aiuti a focalizzarci su ciò che è davvero importante per noi;
  • l’importanza di imparare a governare e “leggere” i numeri, per gestire la crescita della nostra attività;
  • il denaro come energia allo stato puro, mezzo neutro per raggiungere i nostri obiettivi, lente di ingrandimento che enfatizza le qualità (buone o meno buone) di chi lo possiede;
  • il “problema” che blocca ed è causa di mancanza di conoscenza;
  • il “problema” che rallenta la nostra corsa e rappresenta una sfida evolutiva;
  • i bias cognitivi: le scorciatoie compiute dal nostro cervello per arrivare a conclusioni molto spesso fuorvianti;
  • il sistema di attivazione reticolare;
  • l’importanza delle convinzioni nel determinare la nostra percezione della realtà: “Se torturi i numeri abbastanza a lungo, confesseranno qualsiasi cosa”;
  • lo story telling profetico;
  • l’importanza dell’acquisizione di un mindset funzionale alla crescita, anche e soprattutto nei periodi di “crisi”;
  • l’importanza di riconoscere e perdonarsi gli errori compiuti (dopotutto, siamo umani!): solo così potremo smettere di preoccuparci, per cominciare ad occuparci delle cose;
  • l’utilità di non disperdere le energie lottando contro qualcosa o qualcuno: molto meglio focalizzarsi sulla creazione di qualcosa di nuovo e di meraviglioso (l’aggiunta è mia, non ho resistito);
  • i periodi bui li attraversiamo tutti, prima o poi: ma se siamo supportati da buoni amici e amati da persone a noi care, con un po’ di fortuna ci possiamo riprendere!
  • l’importanza di leggere le biografie di chi non ce l’ha fatta: è da loro che possiamo apprendere gli errori da evitare. D’altra parte, è impossibile replicare il contesto storico, geografico ed economico dell’uno su mille che ce l’ha fatta (per non parlare del fattore C…);
  • un più saggio uso del tempo;
  • l’importanza della perseveranza ancor più che dell’intelligenza, nel fare di noi persone di successo;
  • la saggezza del rinunciare ad avere ragione, pur di stare bene.

Per ora è tutto, Eroi.

L’intervista in video su Tele Ondina è qui.

La versione in podcast su Radio Ondina è qui.

Alla prossima avventura!

LOve,

la vostra Ondina Wavelet (JL)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




“Siamo Strumenti di una grande Orchestra”

All’incrocio tra via della Scienza e via della Spiritualità.

La Scienza, con le sue scoperte, non fa che convalidare principi spirituali antichi come il mondo.

Ed è proprio nel magico punto di intersezione tra Scienza e Spiritualità che incontro i miei Ospiti: tutti consapevoli del loro Ruolo di instancabili Ricercatori sempre in viaggio, alla scoperta di ciò che ai più è invisibile, muto, trascurabile dettaglio.

Presi come siamo da impegni quotidiani, distrazioni online e scadenze, molti di noi non si accorgono dei Doni che la Vita, con amorevole pazienza, continua a offrirci.

Immagini sfocate sullo sfondo di pensieri ricorrenti, brusio di sottofondo al corale strillo dei mainstream media, noi non li vediamo, i Regali; non li sentiamo, non più abituati a osservare in silenzio e, grati, apprezzare ciò che ormai diamo per scontato.

A salvarci è la curiosità bambina di chi ha sempre fame si sapere e, dietro a ciò che non si riesce a capire, indaga.

 

… incontro Philip Abussi.

In occasione del settimanale Appuntamento del venerdì sera, sul Canale YouTube “Jasmine Laurenti”, incontro Philip Abussi: compositore, musicista, ricercatore e consulente musicale.

Pochi attimi bastano per riconoscere, nella sua, la Musica dell’Anima.

Una Musica che si fa storia da raccontare, in una sequenza di note scelte come preziosi ingredienti di un Profumo.

Una Musica che accarezza il cuore di chi l’ascolta e lo accende, mentre i pensieri sospendono il loro fluire e, leggeri, si allontanano in un volo senza ritorno.

Una Musica che si fa poesia, discreta sottolineatura di parole non necessariamente pronunciate, ma sottintese.

Il Talento creativo di Philip Abussi non poteva che fondersi, in perfetto connubio, con una comunicazione strategicamente vincente: quella di Anita Falcetta, sua Compagna di Viaggio e Anima Gemella.

In “Moka Music”, Philip e sua moglie Anita creano e confezionano il loro Valore aggiunto per il mondo: parole come note di un musicale StoryTelling affascinante, evocativo, emozionante.

In questa “Soul Talk”, Philip e io parliamo dell’importanza del suono e della musica nella nostra vita quotidiana, del loro intrinseco potere creativo e trasformativo, di come utilizzarli per “parlare” alla parte più profonda di noi, porgendo un Messaggio di Valore Universale.

Per guardare l’intervista, clicca qui.

Alla prossima!

Ondina Wavelet – Jasmine Laurenti

P.S. un ringraziamento speciale a Christian Gaston Illan e a Maria Giulia Linfante di Smart Villag[g]e Cloud, per averci fatti incontrare!