Beatrice Peronaci

In questo periodo di Covid-19, il mondo scolastico ha messo in luce  criticità  – ha dichiarato Beatrice Peronaci, responsabile provinciale dei giovani di Forza Italia – che sono state sottovalute a partire dall’attuale ministro della pubblica istruzione.  Partiamo dal presunto possesso  ed  utilizzo dei devices come i pc, smartphone, tablet, stampanti :  anche laddove tutte le famiglie fossero fornite degli adeguati strumenti, non si può dare per scontato che conoscano il corretto utilizzo dei vari programmi e applicazioni. Per non parlare della connessione di cui, purtroppo, non tutti possono usufruire.  Se consideriamo l’utenza, trattandosi di scuola primaria e cioè bambini tra i sei e gli undici anni,  essi necessitano di essere seguiti, passo dopo passo nello svolgimento dei compiti. Proporre  lezioni in streaming, classi virtuali, video lezioni ed altre attività multimediali, per le famiglie e i bambini può diventare un impegno troppo gravoso, specialmente se si considera che molti genitori sono impegnati di per sé nello smart working, contendendosi nella maggior parte dei casi i dispositivi tra i membri della stessa famiglia. Inoltre poiché sono tante le famiglie di origini straniere che a stento conoscono la lingua italiana, è stato sottovalutato il divario socio-economico-culturale già esistente in condizioni “normali” ma che  viene accentuato dalla pratica adottata creando discriminazioni ancora più evidenti.  Infine registriamo una mancanza di uniformità in quanto ogni dirigente scolastico impartisce ai docenti direttive diverse, creando così grosse differenze nello svolgimento della didattica a distanza, anche all’interno della stessa provincia. Constato tutto ciò, riteniamo opportuno – ha concluso la responsabile provinciale dei giovani di forza Italia – che si torni il prima possibile, seppure con i limiti oggettivi della didattica on line e che le criticità che ho evidenziato, ad una uniformità ed una normalità scolastica. In tal senso,  proponiamo innanzitutto l’annullamento delle giornate di recupero debiti del primo quadrimestre e riteniamo che ad oggi sia importante continuare il programma e terminarlo dove è possibile; la  promozione o la bocciatura dovrebbero avvenire  in base ai risultati del secondo quadrimestre, lasciando agli insegnanti la decisione di come gestire eventuali insufficienze derivate dal primo o dal secondo quadrimestre;  Infine chiediamo che il Ministero della Istruzione faccia al più presto chiarezza sull’esame di maturità. Infatti  nonostante le difficoltà, bisogna dare indicazioni più chiare per lo svolgimento della prova più importante del loro percorso scolastico.”

 

Andrea Vaccaro




Buona Notte, cara Ministra, vada a dormire, che è meglio…

 

Un mio caro amico, che mi conosce molto bene, quando la sera straparlo, non mi asseconda, anzi, mi dice: “Vai a dormire che è meglio…”

Stasera, mentre Lei stava parlando in diretta, sulla gestione della scuola, in questo periodo di emergenza, avrei voluto gridarle in faccia anch’io lo stesso consiglio, vagamente perentorio.

“MINISTRA, VADA A DORMIRE CHE E’MEGLIO”.

Perché, mi creda, Lei stasera non stava parlando, ma stava straparlando!

Certo, che avrebbe detto di tutto e di più, ce lo potevamo pure immaginare… 

Perché, del resto, Lei stessa, aveva già deciso di perdere credibilità, davanti al Paese, quando, ieri sera, ha scelto di andare da Fazio a “Che tempo fa”, per parlare delle novità della scuola, prima ancora che il decreto fosse firmato.

E lo ha pure anticipato su fb, annunciando che di esami di Stato, valutazione, didattica a distanza e del nuovo decreto Scuola ne avrebbe parlato in un salotto televisivo.

Salotto televisivo, non aula di Parlamento, perché è proprio quello che le importa, apparire, non agire.

Dunque, ancora una volta, ha scelto la tv prima del Parlamento, per trattare documenti non definitivi, assecondando il solito strascico di polemiche.

Polemiche esaltate ancor più dalle sue dichiarazioni di stasera.

Infatti, come dicevo, Lei, stasera ha superato sé stessa, e pure ogni altro limite politico di questi giorni.

E le spiego pure il perché.

DIDATTICA A DISTANZA

In diretta, non ha mai avuto il coraggio di pronunciare la parola “obbligatoria” riferito alla DAD.
La chiama “chiave di volta”, “non opzionale” e quindi???

Altre polemiche ed incomprensioni.

La FORMAZIONE A DISTANZA OBBLIGATORIA, o vivamente proposta, se non imposta, è nettamente incongrua rispetto ai tempi che stiamo vivendo.

Siamo di fronte ad una delle pagine più tristi della nostra storia.

Siamo impegnati, almeno noi cittadini (voi politici non so…) in una riflessione personale e sociale che richiede tempi di elaborazione lunghi per poter fare scelte di senso.

Di fronte al cambiamento non si può agire in modo precipitoso.

Le risposte devono essere giuste.

Una scuola giusta richiede un tempo lungo, fatto di confronto e di dialogo significativo, teso a valutare vantaggi e svantaggi di ogni scelta.

Scelte, che comunque, devono essere utili a preservare la tutela dei diritti per tutti.
Non mi sembra questo il momento di compiere scelte precipitose e di vantare competenze inesistenti.

Questo è il tempo del dolore e della solidarietà sociale.

 

Bene, Lei e tutto il suo entourage, per tutto rispetto, avete sparato fuori un missile LA DIDATTICA DIGITALE, una sorta di panacea di tutti i mali, con una leggerezza vergognosa, uno strumento palesemente anticostituzionale, antidemocratico nella scuola italiana dei nostri giorni.

Ma lo vuole capire che La DIDATTICA A DISTANZA NON E’ PER TUTTI?!?
Chi come ROSOLINO CICERO, Segretario di Ancodis, ha curato il rilevamento dei dati relativi al possesso di dispositivi adeguati per svolgere la DaD, ha fatto un’amara scoperta, peraltro prevedibile, ma ora certificata in un report al Miur.

La maggior parte degli alunni è privo di dispositivi digitali, o se li ha, essi non sono adeguati, oppure non ha una connessione efficace alla DaD.

La rilevazione nazionale la deve fare riflettere su una triste realtà: quanti alunni rischiamo di avere in dispersione digitale?

Alunni che, invece, eravamo riusciti a tenere – con grande fatica e professionalità – dentro le aule quasi TUTTI i giorni.

Credo che questi alunni – che hanno soltanto la sfortuna di nascere in certi contesti sociali e familiari – sono le VITTIME innocenti della scuola di questo momento.

E questa la sento come una “sconfitta” per tutta la scuola italiana.

Altro che compiaciuto orgoglio!

Viceversa, per gli altri, per gli eletti, per i maghetti informatici, credo che si stia agendo in modo INCOSCIENTE.

Molti docenti, responsabili e competenti si stanno facendo in quattro per portare la lezione ai propri alunni su un piatto d’argento, fin dentro casa.

Viene però ignorato un altro aspetto della questione, ovvero il disimpegno e la negligenza di molti alunni che, pur avendo supporti notevoli, non riconoscono il sacrificio e la dedizione dei docenti.

Perché, non dimentichiamolo, altri alunni, non in fascia debole sul piano informatico, purtroppo, nonostante l’aiuto che ricevono, stanno mostrando un atteggiamento di disimpegno assoluto, convinti che tanto la scuola è finita.

Per cui, quello che mi chiedo è proprio questo: a noi docenti vengono fatte richieste assurde, ci chiedono di lavorare ancora di più, ma i ragazzi?!?

Mi sembra che si stia assistendo ad una sorta di paradosso, per cui ci sia da una parte un iper investimento sui compiti che dovrebbe svolgere l’insegnante e allo stesso tempo una totale deresponsabilizzazione degli alunni, per cui ormai è già assicurata la promozione.

Inoltre, noi docenti, abbiamo valutato i rischi, di fare tutto e subito, magari anche male, pur di non essere criticati?

Siamo noi docenti consapevoli di fare il gioco del Miur per paura di finire, ancora più, nel mirino di famiglie polemiche, caricate dai mass media?

Quanti di noi docenti ha valutato che, quest’azione della DaD, imposta dal Miur, non è a tutela dei propri interessi?!?

La didattica digitale è un BOOMERANG anche per i prof, non solo per gli alunni.

Lo si capirà dopo. Forse tardi.

Finito il momento del” giudizio universale”, quando tutto sarà rientrato, e la categoria dei prof si renderà conto di essersi data ” in pasto” alle famiglie, mai state troppo clementi nei nostri confronti.

Del resto, lo si vede già adesso, quando, comunque vada è colpa della scuola, sia per la piattaforma scelta, che non è istituzionale, sia per la registrazione che viola la privacy, sia per il registro on line che non permette di caricare gli allegati, sia per la email impiegata che è quella del genitore, sia per Whats App che non si dovrebbe usare…

La vorrei proprio vedere la Ministra alle prese con Jitsi, Hangout, Classroom…

Spieghi? Salta la connessione.

Interroghi? Non si Può, non è legale.

Assegni compiti? Non solo, non li fanno, manco mettono la presa visione sul registro elettronico.

Fai leva sull’ esame? Prof, l’esame non c’è più.

Punti sul recupero del debito? La Ministra ha detto che c’è il 6 politico per tutti.

Richiami la serietà di un esame di stato?

Loro, gli alunni, intendo, ti hanno già girato l’ultimo post sarcastico, in cui, un MINIONS, scoppia in una fragorosa serie di pernacchie in faccia al prof che minaccia la Maturità.

E poi, Tutti a scuola dal 1° settembre per recuperare le lacune.

Ma chi ci crede più, quando ogni anno, a settembre, ci sono cattedre scoperte per  titolari assenti, supplenti nominati a tempo fino all’avente diritto, graduatorie esaurite, carosello delle MaD ( messe a disposizione dei dirigenti )…

Ma come si fa a far recuperare gli alunni, se mancano i prof, se non sistema la decennale questione dei precari, i contenziosi storici tra le diverse fasce…

Ma Lei, cara Ministra, in che scuola vive?!?

Oppure, vada a dormire, che è meglio!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sdidatticamente parlando e non solo

 

Meglio tardi che mai… mah, ne siamo sicuri?




Soli a casa … per sempre?

 

La quarantena continua.

La sua scadenza inizialmente fissata per il 3 aprile, cioè l’altro ieri, è stata prorogata al 18, quindi a dopo Pasqua. 

Quest’anno niente esodo pasquale, niente gita fuori porta, niente viaggetto al mare per prenotare l’albergo per l’estate, niente  pranzo al ristorante, niente spettacoli, niente sport.

Stiamo a casa.

Ad alleviare la clausura c’è però un fatto nuovo, lo smart working, cioè, per dirlo in italiano, il lavoro a distanza. 

Per verità non è una novità assoluta perché in certi ambiti e per determinate occasioni il telelavoro, la teleconferenza, lo studio telematico sono attivi già da tempo.

Con l’arrivo di questo strano Covid 19 e la sua rapida e spaventevole contagiosità che ci  obbliga ad isolarci in casa, il lavoro a distanza diventa una forma obbligata per esercitare, quando possibile, un’attività che tenga in vita il motore imprenditoriale del nostro Paese.

Come stiamo impegnandoci nello svolgere il lavoro da casa, agganciati al luogo di produzione di beni o servizi attraverso un computer, un telefonino, o altro strumento elettronico, così pure, parlando di sport, possiamo fantasticare che, al presente e nel prossimo futuro, persistendo i rischi di contagio massivo, diventeremo tutti tifosi e appassionati casalinghi. 

Sarà estremamente difficile, pensando al calcio (ma il concetto vale per tutte le discipline), recarsi allo stadio, o comunque sul luogo dell’evento.

La riunione di grandi folle crea pericolose occasioni di contagio per cui ad ogni persona prima di concedergli l’ingresso all’evento andrebbe fatto un controllo medico.

Se il test immunologico lo si deve fare alle diverse migliaia di persone che di solito affollano uno stadio va da se che bisogna disporre di una moltitudine di check point con personale e mezzi specialistici. 

Una impresa che, a parte l’impiego di tempo (immaginate 50.000 test  davanti a San Siro)  e ogni altro disagio, riverserebbe sul costo del biglietto oneri di notevole consistenza.

Allora, per conservare un po’ di passione sportiva, ci converrà diventare tifosi a distanza, tifosi solitari, abbonati alla poltrona o al divano di casa.

Addio quindi alle mitiche curve, alle tribune e gli stadi, pian piano, diventeranno come il Colosseo, monumenti di un’epoca passata.

Per giocare a calcio, basterà un campo erboso rasato da un robot e delimitato da bianche righe di gesso tracciate automaticamente un altro marchingegno elettronico.

Per riprendere e trasmettere la partita ci sarà una batteria di telecamere ai quattro lati ed un’altra di droni per le visioni dall’alto; il tutto comandato a distanza da una persona umana isolata in una cabina di regia perché non si contagi.

A governare poi la correttezza del gioco penserà un grande Var che rileverà ogni fallo comminando le punizioni, le ammonizioni e le espulsioni, magari emanando una luce gialla o rossa!

Cesseranno così di esistere arbitri e guardialinee.

E i giocatori? La loro professione diventerà una delle più rischiose sul piano della salute non potendo durante la partita rispettare le distanze anti-contagio.

Dovranno sottoporsi prima e dopo l’incontro ad appositi controlli medici che ne attestino l’idoneità al gioco. Insomma un mestiere ad alto rischio che non rientrerà più nelle principali aspirazioni dei ragazzi.

Anche il famoso inno dei Reds di Liverpool “You’ll never walk alone”che, dovrebbe essere aggiornato “You ever walk alone” perché intorno ai 22  in campo non ci sarebbero più gli spalti gremiti di tifosi ma solo gli occhi fissi ed inespressivi delle telecamere.

Speriamo che questo brutto momento passi, tutto torni come prima e che lo scenario futuribile sopra tracciato sia solo un ironico gioco di fantasia. Svegliamoci da questo brutto sogno!

 




In campo diamo tutto

Tra Jean Jaques Rousseau e Licia Ronzulli io preferisco la seconda.

Il primo è sicuramente più famoso, non solo per la piattaforma dei giorni nostri, ma per essere uno dei pensatori che ha più contribuito allo sviluppo del pensiero politico della civiltà europea.

La seconda già Europarlamentare ed oggi Senatore della Repubblica forse, come tutti noi, deve qualcosa agli studi ed agli elaborati del primo, relativi ai “dibattiti assembleari” ed alle “costruzioni istituzionali”.

 

Rousseau ha legato il suo nome a personaggi della storia, come Robespierre e Napoleone Bonaparte, la Senatrice Ronzulli vive in un periodo politico sicuramente meno “rivoluzionario”, nel quale di Jean Jaques si sente parlare più spesso per la famosa piattaforma di voto online, che dei suoi studi. 

 

La “piattaforma” nasce per riprendere uno dei concetti del pensatore ginevrino, quello di una democrazia diretta, senza alcun tipo di rappresentanza anche se, paradossalmente, nei fatti va nella direzione opposta in quanto aggiunge un’ulteriore intermediazione alla rappresentanza che è indicata dalla nostra costituzione.

Semplificando si passa da popolo, rappresentanti e leggi a popolo, piattaforma, rappresentanti e leggi. 

 

Jean Jaques e la sua idea della polis come esempio perfetto di patria si scontrano presto con la crescita esponenziale della popolazione che non permette più alle decisioni di essere collegiali, anche tralasciando tutte le eccezioni che c’erano fin dalle polis dell’antica Grecia, e la democrazia rappresentativa risulta essere un buon compromesso.  

 

Nelle varie stravaganze, se così possiamo definirle, di Rousseau c’è il suo astio verso la cultura, dove arriva a scrivere “l’uomo che pensa è un animale depravato”, in questo caso nessun parallelo ironico con i giorni nostri, ma, soprattutto, la sua scarsa attenzione per le nuove generazioni, come quando nell’Emilio, testo importante anche nelle scienze pedagogiche, una donna di Sparta, che aveva cinque figli nell’esercito, di fronte allo schiavo che le porta la notizia della morte di tutti e cinque si rallegra per la vittoria della battaglia.

Si evince sicuramente un grande attaccamento alla patria come sostiene l’autore stesso ma non si ravvede quello alle prossime generazioni, a partire dai propri figli.

Cinque figli sono anche quelli dello stesso Jean Jaques che decise tuttavia di non crescerli mai e costrinse la moglie ad affidarli ad un orfanotrofio appena nati.

 

A differenza delle responsabilità genitoriali non mancò certo a Rousseau l’onestà quando citando il suo Le Confessioni: “Mi sono descritto quale fui davvero: vile e spregevole quando tale sono apparso; buono, generoso, sublime quando così sono stato…” ed invita tutti a fare altrettanto “… che ascoltino le mie confessioni e gemano delle mie indegnità, arrossiscano delle miserie mie. Che ciascuno di loro scopra a sua volta il cuore ai piedi di questo trono con altrettanta sincerità; e che uno solo ti dica, se può: ‘Io fui migliore di costui!’”. 

 

Lei forse non lo dirà per modestia ma si, la Sen. Ronzulli è migliore di costui, perché si è preoccupata anche, e sopratutto, di quello che Rousseau non ha fatto, le nuove generazioni ed in particolar modo quei soggetti che non certo per loro colpa iniziano la vita in modo svantaggiato, proprio come i figli di Rousseau. 

 

Da Presidente della Commissione bicamerale per l’Infanzia e l’Adolescenza ha presentato una proposta di legge per migliorare le condizioni degli affidi ed evitare che per interessi economici e/o incompetenza si vengano a creare nuovi casi come quello passato alle cronache con il nome paese di Bibbiano, in provincia di Reggio Emilia.

Allo stesso modo, nell’ultimo periodo, dove è molto difficile per tanti ragazzi poter studiare in via telematica a causa delle infrastrutture carenti e le possibilità economiche che non consentono a tutti di sopperire alle mancanze delle prime si è adoperata con proposte, suggerimenti ed interrogativi rivolti al Ministro competente. 

 

Forse grazie a lei non avremo un nuovo trattato su quale sia il miglior modo per una rappresentanza ma, semplicemente, un futuro migliore per i nostri ragazzi.

Per chiudere mi passa per la mente una di quelle frasi che nello Sport si sentono spesso al chiuso dei ritiri, alla sera, prima dei grandi appuntamenti: “ricordiamoci di dare tutto in campo, perché domani sera sarà troppo tardi!” lo è stato, probabilmente, per i figli di Rousseau ma, anche grazie alla Sen. Ronzulli, non lo sarà per i ragazzi di oggi e quelli di domani! 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Il percorso iniziatico del sanscrito

Mi piaceva studiare il sanscrito perché per i filosofi indiani non si poteva essere filosofi senza prima essere grammatici.

Prima di avviare le speculazioni più raffinate, l’allievo che voleva iniziare questa avventura doveva conoscere gli strumenti.

Lo strumento del pensiero è la grammatica.

La grammatica è il codice che usiamo per avviare il pensiero e articolarlo.

Ci sono voluti millenni perché l’illuminato occidente intuisse che esiste un collegamento tra il modo di costruire un periodo sintattico e pensare.

Loro lo sapevano.

L’allievo

prima imparava lo strumento

poi lo applicava nel ragionamento

poi ancora faceva silenzio

infine parlava

A quel punto il maestro lo rimproverava perché non avevano capito nulla

e l’allievo ricominciavo da capo.

Così avanti all’infinito.

La grammatica amici cari

la grammatica.

E prima di chiederci perché una persona ragiona in un certo modo, osserviamo come parla e scrive.

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