LETTERE DA ENDENICH

Qualche considerazione sui coniugi Schumann in seguito alla lettura di “LETTERE DA ENDENICH” (Filippo Tuena/Anna Costalonga)

di Andrea Rocchi

 

Nel Novembre 2017 mi trovavo in visita a Verona, e, alla ricerca di un oggetto ricordo, sono inciampato in Lettere da Endenich, piccolo libro edito da “Piccola biblioteca di letteratura inutile” e curato da Filippo Tuena e Anna Costalonga che descrive gli ultimi anni di vita di Robert Schumann facendo leva sulla  corrispondenza epistolare del compositore dal sanatorio di Endenich luogo nel quale egli stesso chiese di essere internato.

 

L’introduzione di Tuena – intitolata di paesi e uomini stranieri, in chiaro richiamo al titolo della prima delle celebri Kinderszenen – illustra come la figura di Robert Schumann, negli ultimi anni di vita e in particolare dal suo internamento, si possa paragonare a uno specchio andato in frantumi.

Frantumi che non possono, ahimé, essere riassemblati ottenendo un’immagine completa e unitaria; ma frammenti dai quali sta al lettore interessato dedurre, fare ipotesi più o meno plausibili e giustificate al fine di stilizzare una fisionomia più o meno veritiera del volto del compositore.

Il frammento è la lanterna dell’eremita, l’indizio che può condurre, forse, verso una visione meno evanescente e più nuda, più cruda di Schumann.

Come infatti Filippo Tuena dice, “l’uomo che si è specchiato affronta i propri fallimenti”: il nostro compositore si disincanta gradualmente, si discosta dagli entusiasmi artificiali e dalle sognanti speranze che giungono dai cari; scruta dentro se stesso, senza filtri, istigato dal graduale svelarsi di un elemento sconosciuto che induce uno senso di disturbo, di profonda e crescente inquietudine.

L’uomo-artista guarda in faccia il proprio sdoppiamento: quella zerrissenheit che, già tempo prima, aveva partorito le figure di Florestano e Eusebio, che ora sembra come rigirarglisi contro – o, meglio, addosso – sempre di più, rendendolo inerme, incapace di imporsi in qualche modo.

Fra gli elementi caratterizzanti di questa condizione di sudditanza emergono le allucinazioni auditive – cominciate da un leggero “fischio” per raggiungere suoni precisi (un la) o intere melodie, orchestre suonanti; un doppio tentativo di suicidio, mai effettivamente accertato; una forma di depressione dalle svariate manifestazioni – quasi un senso di “inutilità di sé” – forse a seguito di una qualche malattia venerea, contratta in giovinezza; o ancora l’alcolismo, che pare involontariamente amplificato dall’emergere della figura amica di Johannes Brahms. Schumann descrive quest’ultimo quale fiera e coraggiosa stella nascente del panorama musicale, colui “che doveva giungere”; si entusiasma per le sue composizioni, ne scrive ampiamente e con calore in più di una lettera.

Eppure, forse è possibile scorgere, correlatamente, un velato ma passivo, intimo senso di invidia.

Dalle lettere che costituiscono l’anima di questo libricino, quel che mi ha colpito maggiormente è l’imprevedibile apparente – probabilmente anche simulato di proposito – stato di quiete del compositore, diametralmente contrapposto all’angoscia urlante della moglie, Clara Wieck.

Il che è indubbiamente comprensibile quanto non biasimabile; ma la sensazione che se ne trae, che anche Tuena non si esime di sottolineare, è quella che rende il dolore di lei il fulcro, il reale focus della vicenda: l’attesa forzata di sei mesi dall’inizio dell’internamento dell’amato marito prima che lei possa scambiare con lui anche una sola lettera; per non parlare, poi, di due lunghi anni prima poterlo rivedere, ormai agli sgoccioli della sua esistenza, la sfiniscono.

A ciò si unisce quello stato di indeterminatezza, di “non veramente detto” che lui tiene nelle lettere (forse per evitarle maggior dolore, ma che lei percepisce bene) non la aiutano: si ha l’impressione che Schumann non faccia che chiederle piccoli o grandi favori senza considerarla più di tanto od esprimere parimenti sensazioni di mancanza, di desiderio.

Clara nella sua quotidianità non ha che Brahms e Joachim a sorreggerla, che ciclicamente si recano a Endenich a fare visita a Schumann in sue veci, tenendola informata sull’evolversi della malattia e sui comportamenti del marito; non può contare sulla voce del suo Robert, che negli ultimi quattordici mesi interrompe drasticamente la corrispondenza con lei, accrescendo enormemente la sua angoscia.

Eppure, nonostante tutto questo, Clara deve portare avanti il suo lavoro di pianista concertista – per lei non poco debilitante: soffre spesso di tendiniti – e compositrice, mantenere se stessa e le figlie, pagare la degenza di Endenich…

I frammenti messi a disposizione in Lettere da Endenich hanno al loro interno una fragorosa capacità comunicativa.

Le lettere, i loro toni, ci raccontano gli effettivi valori attribuiti da Schumann alle sue relazioni umane, i quali appaiono non di rado ridimensionati rispetto a quel che ci si potrebbe aspettare o si è solito conoscere per consuetudine storica.

Quando, poco sopra, ho accennato ad una possibile invidia del compositore nei confronti di Johannes Brahms, l’ho fatto sulla base di considerazioni tratte dando uno sguardo più acuto al linguaggio che l’uno utilizza con l’altro (diversamente che con altre persone), cosa che Tuena a sua volta sottolinea quando scrive che “le lettere svelano molto dell’uomo che le scrisse e persino dei destinatari che le ricevettero; soprattutto svelano molto dei rapporti intercorsi tra i corrispondenti in quel periodo essenzialmente velato dalla «non comunicazione»”.

Voli pindarici alquanto estesi e approfonditi sulle composizioni di Brahms – quasi “lettere dentro le lettere” – in un’epistola che non principia con alcun “caro…”, e che magari termina solo con un poco coinvolto “a presto”, danno adito all’idea di una forte emozione iniziale associata al tentativo di mantenere uno strano distacco; un senso come di “fastidio” una volta spentosi l’ardore scaturito sfogliando le Variazioni o le Ballate brahmsiane.

Pur sapendo della venerazione di Schumann per il giovane amburghese, forse non fuori luogo supporre che essa potesse rimbalzare in lui negativamente, con un vago ma invadente senso di invidia, di “gelosia” verso quel temperamento umano e musicale (ovvero non per Brahms in sé); riportando ancora, e con violenza, davanti quello specchio ormai in pezzi, e impossibile da ricomporre: quel riflesso crepato irrimediabilmente portatore di un senso di ingiustizia subita così difficile da digerire, alla cui accettazione si associa una rinuncia di obiettivi, di sogni così vitali ed essenziali e forse, paradossalmente, anche a un vero contatto con la realtà.

Gli ultimi giorni di vita del compositore emergono anch’essi in sgretoli, dalle strazianti descrizioni: ancora una volta è la moglie al centro della scena, nella disperata ricerca di un segno negli occhi del suo Robert che le suggerica di essere riconosciuta o le comunichi ancora amore, che non vanifichi le lunghe attese e gli sforzi fatti.

Clara si prostra fino alla fine, con il dubbio di non essere realmente considerata dal marito – ormai in stato irriconoscibile, ad occhi chiusi nel letto: gli arti tremanti, incapace di articolare parole comprensibili, in continua lotta con i suoi spiriti, e che dalle dita di lei a malapena beve qualche goccia di vino.

Soltanto rari barlumi danno a lui il coraggio di tentare di stringerla a sé, ma ciò si traduce solo in un braccio goffamente gettatole intorno.

Non si è presenti alla vicenda eppure sembra quasi di vederli, immancabilmente innamorati, nell’estrema sofferenza, profondamente uniti anche negli ultimi momenti prima dell’inevitabile separazione.

Alla morte di Robert Schumann corrisponde quella di una parte delle persone che lo amavano – soprattutto, appunto, di Clara – e il trascinarsi dei suoi misteri in un baratro in cui forse mai troveremo risposte alle nostre domande.

Ci possiamo però consolare, con le sue musiche: in particolare le ultime (citate anche nelle lettere), come i Gesänge der Frühe o il Concerto per violoncello e orchestra, sperando possano suggerirci, in un linguaggio altro, se non il nome del male che affliggevano Robert o dei demoni che lo assillavano, almeno qualche aspetto di quell’universo al contempo celestiale e infernale da lui tenuto in petto e dispensatoci, come fece Clara con il vino, a poche gocce, direttamente dalla sua penna.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Andrea Rocchi




Original Blues Brothers Band e Blues4people band in aiuto ai banchi alimentari

 

 

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In Europa la crisi Covid-19 negli ultimi 3 mesi non ha solo portato lutti e sofferenza ma anche una nuova emergenza alimentare.

La richiesta di cibo è aumentata anche del 50% in più rispetto ai mesi pre-covid19 e per i prossimi mesi le prospettive non sono di certo migliori.

Nel 2018 Eurostat ha stimato 36 milioni di cittadini europei in povertà materiale ma a questi ora si sono aggiunti altri milioni di persone che per la prima volta si trovano a dover chiedere aiuto per mettere qualcosa da mangiare a tavola.

 

“I 430 Banchi Alimentari che operano in Europa hanno fatto il possibile, pur con mille difficoltà, per continuare la distribuzione di alimenti alle associazioni che ogni giorno accolgono il grido di aiuto di padri, madri, anziani e giovani che a loro si rivolgono.

Allo stesso tempo molte altre persone sono venute in nostro aiuto: cittadini, aziende e amministrazioni pubbliche.

Purtroppo, il fiume di povertà continua ad ingrossarsi e il rischio che tracimi è alto.

Per questo abbiamo accolto con gratitudine la proposta della Blues4people band e della Original Blues Brothers Band di realizzare un video con loro.

La canzone e le immagini non vogliono farci dimenticare quanto sta accadendo, anzi dicono un messaggio molto chiare: è possibile lavorare e faticare anche in situazioni difficili (vedi l’esempio dei medici e degli infermieri) ma tutto il nostro lavoro non basta.

Occorre che sempre più persone ci diano una mano, immediatamente.

Fare una donazione non è il premio al nostro sforzo ma il sostegno a chi può confidare nell’impegno per la solidarietà. Non possiamo farcela da soli.”

afferma Jacques Vandenschrik, Presidente della European Food Banks Federation.

 

Oltre a tutti componenti della Blues4people band, la European Food Banks Federation ringrazia Lou Marini e i fantastici musicisti della Original Blues Brothers Band, i volontari dei Banchi Alimentari che lavorano in 29 paesi europei, Carlo Cottarelli, Francesco Moser, Giacomo Poretti, Nadia Puma.

Un ringraziamento speciale a Riccardo Denaro e Giulia Reali che, con i colleghi di Areastream, hanno prodotto il video gratuitamente.

 

Per aiutare la European Food Banks Federation e i suoi 430 Banchi Alimentari che nel 2019 hanno distribuito 768.000 tonnellate di alimenti a 45.283 associazioni caritatevoli aiutando

9.5 milioni di persone povere in Europa.

 

Perth

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

BLUES4PEOPLE




Pittoni: call veloce inutile ripiego.

#SCUOLA #PRECARI #LEGA #PITTONI #AZZOLINA # COPRIRE CATTEDRE CON CALL VELOCE

Piano straordinario assunzioni Lega bocciato.

Il piano straordinario di assunzioni docenti, proposto dalla Lega e bocciato, sia in Senato che alla Camera, nell’ambito del Decreto Scuola, proponeva lo scorrimento delle graduatorie di istituto, in modo che i precari ottenessero il ruolo nel territorio da loro già scelto.

La risposta del governo è stata la CALL VELOCE ai docenti inclusi in graduatoria (sia Gae che Gm), cioè la chiamata diretta ad anno scolastico avviato.

Ma, per la Lega, non sarà probabilmente la call veloce a risolvere il problema delle cattedre di ruolo che, anche quest’anno rimarranno vuote, perché mancano docenti nelle graduatorie corrispondenti.

 Come redazione di betapress, abbiamo voluto sentire direttamente il senatore Mario Pittoni, presidente della commissione Cultura a palazzo Madama e responsabile Istruzione della Lega.  

 

Betapress – Senatore, un commento a caldo…

 

PITTONI – A settembre, dopo molti anni, la scuola poteva tornare a disporre di docenti tutti titolari, invece che supplenti.

Il ministro ha rifiutato la nostra proposta emendativa al decreto Scuola e ora per riempire i buchi (anzi, la probabile voragine vista l’emergenza pandemica da gestire) annuncia di volersi affidare alla cosiddetta “call veloce”, che però si rivolge a docenti (inclusi in Gae o in Gm) cui è assicurato dalla legge il diritto alla nomina in ruolo nella regione/provincia di appartenenza.

Betapress – Dunque, i docenti precari, sarebbero ancora chiamati a lavorare ben lontano da casa…

PITTONI – Questo è il problema di sempre, peggiorato dalle ultime disposizioni di legge.

Infatti, c’è da dubitare che i precari interpellati si rendano disponibili a farsi sbattere per 5 anni a centinaia di chilometri da casa, lontano dalla famiglia e con stipendi che in trasferta difficilmente consentono di arrivare alla fine del mese.

Betapress – Ma qual’ è la disposizione che li svantaggia ulteriormente?

PITTONIUna disposizione di legge non superabile anche in sede di contrattazione collettiva, prevede infatti che i neo immessi in ruolo dall’anno scolastico 2020/21 siano vincolati per 5 anni alla sede ottenuta, senza poter chiedere neanche l’assegnazione provvisoria o stipulare contratti a tempo determinato.

Betapress – Ma allora, quale precario può accettare una nomina lontano da casa?

 PITTONI – In pratica la call è appetibile solo per quei docenti che si aspettano di dover attendere più di 5 anni per conseguire la nomina in ruolo nel proprio territorio.

Betapress – Senatore, ma quali sono i reali numeri dei docenti precari?

PITTONI – Non si giochi con i numeri del precariato.

Nell’anno scolastico 2019/20 ci sono state più di 38.000 supplenze annuali e quasi 150.000 supplenze fino al termine delle attività, cui andrà aggiunta la copertura dei pensionamenti 2020/21 (circa 27.000).

Siamo quindi ben oltre le 200.000 unità di personale docente precario che ci si prepara a utilizzare il prossimo anno scolastico, alla faccia delle rassicurazioni del ministro.

Betapress – Senatore, cosa vuol dire a Conte, dopo che il Governo ha bocciato la proposta della Lega di stabilizzare i docenti precari?

PITTONI – Mi sento solo di dire

Grazie Presidente,
il ripensamento non c’è stato.

Ci eravamo illusi che la sinistra avesse ripreso a fare il mestiere per cui era nata:

difendere i deboli, come le centinaia di migliaia di precari che hanno dato i loro anni migliori alla scuola e ora rischiano di ritrovarsi ai margini della società, per un’interpretazione distorta e semplicistica del “merito”, che somiglia tanto a un dispetto a chi ha osato infastidire il “potere” chiedendo attenzione per la disperazione di chi teme di perdere quella che in molti casi è la sola fonte di sostentamento, in un’età che non offre più grandi alternative, magari con la responsabilità di una famiglia”.

Betapress – Il concorso straordinario conferma che il governo non ha alcuna intenzione di tener conto dell’emergenza epidemiologica, la quale consiglierebbe di puntare sul rafforzamento e la stabilizzazione dell’organico docenti. Secondo Lei, perché?

PITTONI – Con la marcia indietro di Pd e Leu, nuovamente appiattiti sulle posizioni dei 5 Stelle, il prossimo anno scolastico partirà con zero assunzioni a tempo indeterminato;

anzi, 30 mila precari in più a seguito dei pensionamenti, che porteranno il totale dei supplenti a 200 mila.

Il contrario dell’impegno preso su nostra sollecitazione – a parole – da esponenti della quasi totalità delle forze politiche di garantire tutti gli insegnanti titolari in cattedra il prossimo settembre, per affrontare con la dovuta efficacia la crisi pandemica, a partire dalla necessità di sdoppiare le classi per consentire i distanziamenti.

Betapress – La soluzione per superare il precariato con la vostra proposta di assunzione da graduatorie, già utilizzata per le Gae, è giuridicamente valida?

PITTONI – Sì, assolutamente sì, e le spiego anche il perché.

Il concorso per soli titoli, nato nel 1989 e conosciuto come “doppio canale”, nel 1999 è stato convertito dalla legge 124 in graduatoria permanente (ora ad esaurimento).

Trasformazione ribadita dalla giurisprudenza della Cassazione (esempio: Sentenza 3 ottobre 2006 n. 21298).

Le graduatorie possono essere permanenti (tuttora attive per il reclutamento del personale ATA e un tempo attive pure per il reclutamento dei docenti) oppure ad esaurimento (oggi strumento alternativo al concorso ordinario, previsto specificamente dalla legge e ribadito anche da una sentenza della Corte Costituzionale).

Lo strumento “graduatoria” pertanto è pienamente legittimo, ha pari dignità rispetto al concorso ordinario ed è anche “tutelato”, dal momento che la Suprema Corte ha sancito che ad esso va assegnato il 50% dei posti annualmente disponibili, percentuale pure aumentabile nel caso di esaurimento di parallele graduatorie concorsuali.

Betapress – E considerata la situazione di emergenza?

PITTONI – Situazioni particolari come l’attuale legittimano l’istituzione di uno strumento aggiuntivo, subordinato a quelli preesistenti, unico a poter garantire l’assegnazione in tempo utile dei docenti alle classi con la creazione di una maxi-graduatoria finalizzata alle immissioni in ruolo, che utilizzi solo ed esclusivamente i punteggi con cui gli aspiranti sono inclusi nelle rispettive liste.

Betapress -Tra l’altro il numero di posti del concorso straordinario targato Azzolina è talmente esiguo che tutta la procedura ricorda la solita montagna che partorisce il topolino…

PITTONI- Servirebbero non meno di 100 mila assunzioni.

Con la proposta del Governo il risultato, oltre ad arrivare – se va bene – l’anno dopo, non coprirà più del 10-20% del necessario.

Oggi è interesse pubblico primario coprire tutti i posti vacanti e disponibili.

Ovviamente, detratti quelli delle procedure ordinarie preesistenti (GM varie e GAE), la quota assegnata con procedura straordinaria per le esigenze eccezionali del momento va recuperata negli anni successivi per garantire parità di accesso a chi parteciperà al futuro concorso ordinario, che nell’attuale stato d’emergenza appare indispensabile procrastinare almeno di un anno.

Betapress -Quello contro i precari della scuola da parte di certa politica è diventato quasi un tiro al piccione…Anche all’estero è così?

PITTONI – Assolutamente no. All’estero non è così.

In Francia i concorsi per il reclutamento, tanto nella scuola statale che in quella privata, avvengono con assoluta regolarità e praticamente non si formano mai sacche di precariato, poiché gli insegnanti sono assunti in pianta stabile sia nello Stato che nel privato man mano che si manifesta la necessità.

Anche in Spagna non ci sono particolari sacche di precariato, poiché le assunzioni sono regolari e la formazione in ingresso più agile rispetto a quella farraginosa italiana.

Betapress – Senatore, che posizione ha preso la Lega in questi mesi?

 PITTONI – A marzo, quando la pandemia ha cominciato a manifestarsi in tutta la sua virulenza e, come Lega, ho lanciato l’appello ad affrontare insieme le grandi criticità che ci ritroveremo a settembre, mi aspettavo reale collaborazione.

I fronti su cui lavorare sono sostanzialmente due: didattica d’emergenza

(con la necessità di raddoppiare gli spazi e sdoppiare le classi per ridurre gli alunni da gestire) e organico docenti insufficiente già prima dell’emergenza e quindi precario in percentuale rischiosa per la tenuta del sistema.

Ho proposto un grande piano di stabilizzazione che consenta, per la prima volta dopo parecchi anni, di avere tutti gli insegnanti titolari in cattedra già all’inizio dell’anno scolastico.

Betapress – Che reazioni ha suscitato la vostra proposta?

PITTONI – Esponenti di diverse forze politiche (escluso il M5S) sono più volte intervenuti riconoscendo l’importanza, in un momento tanto grave, di disporre di un organico docenti adeguato e stabile.

E’ un diritto dei ragazzi disporre di insegnanti che abbiano il tempo di conoscerli e capirli, altrimenti di che qualità cianciamo?

Betapress – Sì, ma poi, nei fatti, non è così…

PITTONI – Naturalmente neanche in questo secondo decreto Scuola c’è traccia degli interventi da tempo attesi da decine di migliaia di precari e “ingabbiati” della scuola.

Non c’è alcun percorso specifico per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento dedicato a docenti in possesso di adeguata esperienza professionale.

Non c’è traccia del corso di specializzazione per l’insegnamento di sostegno nelle scuole di ogni ordine e grado dedicato specificamente a coloro che sono in servizio, a qualunque titolo e legittimamente, su posti di sostegno della scuola primaria, secondaria e dell’infanzia senza essere in possesso del titolo di specializzazione.

Non c’è traccia, a parte il solito tavolo, della programmazione del percorso accademico ordinario per conseguire l’abilitazione, strumento indispensabile per l’insegnamento previsto dalla normativa comunitaria oltre che da quella nazionale.

Non c’è traccia di un vero concorso riservato per gli insegnanti di religione, in attesa di entrare in ruolo anche da più di vent’anni.

Non c’è traccia di iniziative per superare il contenzioso dei concorsi a dirigente scolastico.

Non c’è traccia delle nostre proposte per limitare i danni dei ritardi nel concorso transitorio della secondaria.

Non viene affrontata in modo adeguato l’emergenza delle scuole prive di DSGA e non si corrisponde agli impegni presi in merito ai cosiddetti “DSGA facenti funzione”.

Non c’è alcuna disposizione che risolva il problema dei docenti di scuola primaria diplomati magistrale ante 2001/2002

licenziati a seguito di giudizi definitivi, ma non ricompresi nel novero dei partecipanti al concorso straordinario indetto nel 2018 in forza delle disposizioni contenute nel decreto Dignità.

Betapress -Come Lega, avete sempre difeso le scuole paritarie

PITTONI – Sì, ma anche qui il governo ci ha risposto picche.

La rinnovata intesa tra le forze di governo non ha lasciato scampo neanche alle proposte che riguardavano fondi, contributi, crediti d’imposta, esoneri, detraibilità e rimborsi, oltre al 10 per mille chiesto dalla Lega, per salvare le scuole paritarie, a rischio chiusura.

Betapress – Perché?

PITTONI – Di fatto PD e Italiaviva si sono piegati al volere dei 5 Stelle, che da sempre non mostrano particolare simpatia per la scuola pubblica non statale, con la scusa che il decreto Scuola non dispone di fondi adeguati, per cui sarebbe tutto rimandato eventualmente al decreto Rilancio.

Intanto con le briciole stanziate finora, molte non statali rischiano di non riaprire il prossimo anno scolastico e questo potrebbe tradursi in un carico finanziario enormemente superiore per la scuola statale rispetto a oggi.

Betapress -Dunque, Senatore, la Lega continuerà ad opporsi…

PITTONI – Senza dubbio!

Per tutti questi motivi il voto della Lega Salvini Premier – Partito Sardo d’Azione a un provvedimento all’insegna del pressapochismo irresponsabile della cui inefficacia purtroppo ci si renderà conto solo a settembre, non può essere che contrario.

E noi, come redazione, non possiamo che riconoscere il merito a chi le critiche al sistema scuola le aveva mosse da tempo, critiche con contro proposte efficaci ed efficienti.

Soluzioni alternative nate dalla competenza e dalla professionalità di chi, la scuola, la vive come missione, e non come propaganda politica o audience mediatica…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pittoni Mario, l’esperienza al servizio dello Stato.

Concorso DSGA: note di malcostume italiano

Concorso a Cattedra, ridicolmente infernale…




Arte e dipendenza

Quando si pensa alla figura dell’artista viene spontaneo il riferimento al suo stile di vita.

Cos’è lo stile di vita?

Ognuno di noi è caratterizzato da un suo proprio stile di vita che come affermava il medico e psicologo Alfred Adler – vissuto ai tempi di Freud e Jung e con loro esploratore di  quelle dinamiche dell’inconscio che favoriranno lo svilupparsi della corrente psicodinamica – “è unico ed irripetibile”.

È pur vero che possiamo affermare che sussistono stili di vita che potremmo definire affini.

Vogliamo occuparci a questo proposito dello stile di vita dell’artista che si esprime nei diversi campi della scrittura, della musica, del canto, del teatro, della pittura, della scultura e capire come mai la creatività che esprimono nelle loro opere d’arte sia spesso accompagnata ad uno stile di vita orientato alle dipendenze.

Dipendenze da alcol e da droghe caratterizzano spesso queste persone geniali che, conducendo il più delle volte una vita isolata, si affidano alle sostanze per trovare una modalità di comunicazione espressiva attraverso la realizzazione di un prodotto che deve essere unico.

Ma è vero che si può stimolare la creatività solo se si fa accesso a quello  che  viene comunemente definito “paradiso artificiale”?

Se prendiamo come esempio i luoghi di cultura per eccellenza tra ‘800 e ‘900, come Parigi e Vienna, l’elenco degli artisti che utilizzavano sostanze è elevato e ne è poi  conferma anche la loro morte prematura.

Già i poeti maledetti  quali Baudelaire, Rimbaud e Verlaine assumevano sostanze e pittori come Van Gogh, Toulouse Lautrec, Picasso, Modigliani, Ligabue, Basquiat utilizzavano alcol e/o droghe per poter esprimere le loro emozioni che, alterate dalle sostanze, producevano l’effetto  artistico unico ed irripetibile.

Vittima di alcolismo furono ad esempio scrittori come Poe, Fitzgerald, Hemingway, Bukowsky, Kerouac per citarne solo alcuni.

Non dimentichiamoci poi i musicisti del Club 27 che sono tutti morti in giovane età.

Lo stretto legame tra dipendenza e arte sembra una condanna per quel genio che sopravvive solo se riesce ad alimentare la sua creatività con un carburante tossico. 

Un carburante talmente tossico che lo potrà condurre alla follia.

La storia di alcuni di questi artisti è attraversata anche dalla sofferenza di ricoveri in psichiatria perché,  quando gli effetti delle droghe e dell’alcol non trovano più la canalizzazione dello  sfogo delle emozioni in senso creativo, attivano la mente in senso dissociativo.

Se prendiamo come esempio Van Gogh che manifestava fasi allucinatorie e fasi depressive, possiamo ritenere che si trattasse di disturbi provocati e talvolta amplificati dall’abuso di alcol e di assenzio.

Ci troviamo nel caso del grande artista di  fronte ad una  dipendenza che caratterizza uno stile di vita all’insegna del disagio psichico.

Ai giorni nostri l’artista sembra essere più a rischio che nel passato in quanto può  accedere a nuove forme di dipendenza quali quella legata all’utilizzo di internet.

A dipendenza si aggiunge spesso dipendenza e si crea così un vortice che può arrivare, se si supera una certa soglia, a danneggiare la creatività.

L’artista che assume uno stile di vita – in termini psicologici – finzionale, ricercando la via delle dipendenze, crea un prodotto scollato dalla realtà dove porge al fruitore una visione distante da quell’autenticità creativa che può emergere nell’eseguire un’opera in uno stato di  non alterazione.

La dipendenza è nemica della creatività autentica e per questo è utile nutrire la propria parte creativa con stimoli costruttivi e non distruttivi.

Si può produrre anche senza l’utilizzo di droghe e di  alcol in quanto la vera arte la si trova dentro di sé e non nel fondo di una bottiglia o nel fumo di uno spinello consumati in solitudine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

https://betapress.it/larte-terapia-o-malattia/

 

 




LA FASE 2 A SCUOLA: magheggio o logica?

 

ANCODIS: la ripartenza della scuola nell’A.S. 2020/2021.

Tornare a scuola in presenza ed in piena sicurezza: sincero auspicio o azzardata ipotesi?

 

Riprendiamo il nostro viaggio nella scuola vera, quella degli addetti ai lavori, per parlare senza ipocrisie, né reticenze di cosa sta succedendo.

Se guardiamo alla scuola del mese di settembre è chiara una cosa: sarà un grande punto interrogativo per quanto riguarda l’organizzazione, il funzionamento, la didattica.

Sono state pubblicate, sul sito del Ministero, le attese indicazioni del Comitato tecnico-scientifico che sembrano dare spazio all’autonomia scolastica (prevista dal DPR 275/1999), considerandola però solo come autonomia didattica ed organizzativa, senza alcun riferimento a quella finanziaria.

Chi conosce la realtà scolastica, sa bene che, la gestione e l’organizzazione di un sistema complesso quale è la scuola di oggi, saranno messe a dura prova, se non si metteranno in campo dei protocolli organizzativi e didattici (spazi e numero di allievi, attività didattica in presenza integrata a quella a distanza, orari flessibili).

E’ necessario un CCNL, innovato e coerente ai nuovi bisogni organizzativi, sulle adeguate e necessarie risorse finanziarie, sulla conoscenza degli elementi di criticità e dei punti di forza che connotano ogni IS.

Chiunque ha la minima percezione della complessità di una scuola, non può non riconoscere che sarà un’ardua impresa coniugare aspetti organizzativi, gestionali, didattici con quelli derivanti dalla sicurezza anche sanitaria (protocollo antisismico, antincendio, antinfortunistico, antistress ed oggi anti contagio).

Ecco perché, come redazione di betapress, abbiamo incontrato ROSOLINO CICERO Presidente dell’ANCODIS (ASS. NAZ. COLL. DIR. SCOL.)

Betapress– Prof. Cicero, buongiorno, iniziamo dalle indicazioni formulate dal C.T.S. per il rientro a scuola in sicurezza…

Cicero– Il C.T.S. segnala, con apparente semplicità, che le misure organizzative in tutte le scuole si dovranno fondare sul distanziamento fisico.

Ma è evidente che il distanziamento fisico presenta i caratteri di una enorme complessità che dovrà tradursi in scelte organizzative delle quali occorrerà valutare l’impatto nei confronti del personale, degli alunni (sulla base dell’età e dell’autonomia) e dei genitori (conciliazione tempo scuola con il lavoro), prevedere e progettare adeguate misure di igiene e di prevenzione. 

Betapress– Ma nelle scuole, ci sono gli spazi per garantire il distanziamento sociale?

CiceroAttualmente no! Di sicuro, bisognerà valutare gli ambienti di apprendimento, gli spazi interni ed esterni che dovranno essere rimodulati.

Ci saranno nuove necessità organizzative e didattiche, con dotazione di arredi e di postazioni degli alunni e del personale rispettose del prescritto distanziamento e della previsione di una superficie di almeno 3.14 mq per alunno.

Betapress– E chi penserà a tutto questo?

Cicero– Tutto questo sarà in capo alle autonome IS che dovranno farsi carico di ideare e progettare soluzioni organizzative per la gestione degli spazi (aule, laboratori, palestre, mense, teatri), per la  fruizione degli stessi secondo tempi e possibili turnazioni, per l’attività didattica in presenza e non, per la prevenzione di assembramenti di persone negli spazi scolastici esterni ed interni, per la predisposizione di percorsi idonei a garantire la necessaria sicurezza anche attraverso adeguata segnaletica, per la differenziazione delle fasi di ingresso e di uscita degli alunni sulla base dell’età e delle aree di accesso disponibili nei plessi e compatibilmente con le caratteristiche strutturali e di sicurezza dell’edificio scolastico, per l’individuazione di uno spazio idoneo ad accogliere tempestivamente eventuali casi di personale o alunni con temperatura superiore ai 37.5°.

Betapress– Ma è un lavoro immane!

Cicero- Appunto! Nessuno, al MIUR, si pone il tema di chi si dovrà fare carico di tutto questo: ci permettiamo di dire che disconoscere questo significa non conoscere come funziona oggi una scuola oppure fare finta di non conoscerla (ed è questo secondo caso ciò che più ci preoccupa).

Betapress– Prof. Cicero, cosa si sente di dire alla ministra Azzolina?

CiceroI Collaboratori di Ancodis che vivono la scuola anche nelle sue emergenze e criticità chiedono alla Ministra, alle forze politiche, alle OO.SS., a chi si occupa di informazione scolastica di porre attenzione a quanti saranno impegnati nei mesi estivi ad organizzare la ripartenza di settembre insieme ai DS, ai DSGA, agli RSPP ed avranno poi l’incarico di coordinare, vigilare e monitorare per un intero anno scolastico l’organizzazione, i comportamenti di alunni, del personale e dei genitori, il rispetto dei protocolli di sicurezza, il corretto sviluppo delle attività didattiche in tutti i plessi.

Betapress- Sembra proprio che la scuola vera sia lontana anni luce da quella della propaganda istituzionale…

Cicero- Nella scuola della ripartenza non si possono ignorare le decine di migliaia di docenti che si spendono per le loro IS ed assumono oneri e responsabilità restando – a causa di una insopportabile indifferenza – fuori da ogni attenzione da parte delle Istituzioni e delle OO.SS..

Betapress– Qual’ è il rischio maggiore?

Cicero– Alle condizioni odierne, senza alcun riconoscimento professionale e nessuna tutela legale, molti potrebbero – già al termine di questo anno scolastico – rinunciare all’incarico di collaborazione mettendo in crisi l’organizzazione ed il funzionamento delle loro scuole.

Chi conosce davvero la scuola del giorno dopo giorno, la scuola dell’emergenza, la scuola dei conflitti, la scuola dei servizi generali ed amministrativi, la scuola delle reggenze, la SCUOLA reale insomma, è ben consapevole che i Collaboratori del DS e le figure di sistema con grande spirito di servizio e professionalità assumono ruoli onerosi di tempo e di responsabilità senza alcuna attenzione né giuridica né contrattuale.

Dunque, come redazione di betapress non possiamo che sottoscrivere e divulgare il comunicato stampa di Ancodis, con delle specifiche e puntuali richieste al C.T.S. per il rientro a scuola in sicurezza.

Per Ancodis, alle azioni previste nelle indicazioni del Comitato tecnico scientifico, occorre aggiungere le seguenti proposte:

  • abrogazione dell’articolo 1, commi 332 e 333, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (divieto supplenza per il primo giorno di assenza e nei primi sette giorni di assenza per la sostituzione dei collaboratori scolastici per poter garantire il controllo e la sicurezza degli alunni in tutti gli spazi scolastici);
  • rendere fruibili e sicuri TUTTI gli spazi presenti in un plesso scolastico poiché risultano edifici utilizzati in misura ridotta per inadeguatezza dei locali o per abbandono manutentivo ordinario;
  • prevedere – in caso di assenza dei necessari spazi ed ove possibile – strutture prefabbricate adatte allo svolgimento in sicurezza delle attività didattiche;
  • esonero del Collaboratore principale con unità di potenziamento in tutte le IS per monitorare l’applicazione delle misure di sicurezza e di prevenzione sanitaria e collaborare a tempo pieno con il DS ed il DSGA nella gestione e nell’organizzazione;
  • tutela legale a carico della scuola di tutti i Collaboratori che assumono incarichi di preposti ai sensi del D. Lgs 81/08 (Fiduciari/Responsabili di plesso distaccato);
  • ed, infine, istituire l’area del middle management nel sistema scolastico italiano del quale tanti parlano ma nessuno prova davvero a mettere la prima pietra.

Ancodis ritiene queste proposte URGENTI, NECESSARIE, COERENTI ed economicamente SOSTENIBILI per poter finalmente dire che nella scuola della convivenza con Covid 19 chi si occupa di organizzazione, funzionamento e didattica merita rispetto ed attenzione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Maestra mi manchi…..

La scuola ai tempi del coronavirus

 




Recovery found, il paese che dice ed il paese che c’è.

La proposta relativa al Recovery Fund, il principale strumento di intervento elaborato dei paesi dell’Unione durante l’intera fase pandemica, alle fine è arrivata.

L’iniziativa verrebbe assunta per un ammontare di fondi rilevante: circa 750 miliardi di cui 500 a fondo perduto e 250  sotto forma di prestiti.

 

Al nostro paese andrebbero circa 170 miliardi di cui 81 a fondo perduto e circa 90 miliardi sotto forma di prestiti a lunga scadenza.

Gli aiuti, nella modalità del finanziamento, verranno concessi prevalentemente ad Italia, Spagna  Grecia, Polonia e Portogallo, per gli altri, i “paesi virtuosi”, Germania in testa, ci saranno solo finanziamenti a fondo perduto (grants).

Le misure di sostegno per i paesi membri dell’Europa si articoleranno su un asse principale di aiuti, il Recovery and Resilience Facility, ed altre misure per sostenere le politiche di coesione, la transizione ecologica, le economie rurali, la ricapitalizzazione delle imprese in difficoltà, la sanità e la ricerca.

 

 

Le modalità per accedere alle misure di sostegno dovranno assumere la forma di Piani di recupero e Resilienza (Recovery and Resilience Plans) che gli Stati membri dovranno presentare annualmente per avere accesso alle tranche di contributi messi a disposizione.

I Piani annuali dovranno contenere riferimenti precisi alle riforme che ogni paese dovrà avviare per rinforzare il potenziale di crescita dell’economia attraverso riforme ed investimenti, rinsaldare la coesione dell’Unione ed accelerare la transizione green e digitale.

La Commissione per i  prossimi quattro anni verificherà la coerenza dei Piani di rilancio nazionali con gli obiettivi del bilancio europeo.

Il Recovery fund o meglio il Recovery and Resilience Facility verrà discusso dai paesi aderenti nel prossimo Consiglio del 18 giugno ma non è chiaro quando diventerà operativo.

Si temono gli agguati dei paesi del blocco nordico (Svezia, Finlandia Danimarca, Belgio) ed eventuali impasse amministrative che potrebbero far slittare le decisioni finali dopo la pausa estiva.

Si tratta di un pacchetto di aiuti ridondante che nasconde tuttavia insidie e parziali verità che separano, da mesi, il paese legale da quello reale.

Un gioco delle parti al quale, purtroppo, la comunità civile ha finito per abituarsi.

Il rituale, del resto, è sempre lo stesso: da un lato il problema da gestire, dall’altro la soluzione che arriva sulle ali della ribalta e usa moduli comunicativi da “social media”, quanto più celebrativi tanto meno credibili.

Un rituale andato in scena nei giorni più difficili della pandemia con il varo delle prime misure di contrasto al virus e improntate alla gestione della necessità da un governo goffo che non conosceva minimamente l’esistenza di un Piano nazionale pandemia già operativo dal 2002 la cui attuazione avrebbe evitato inganni ed errori molto gravi.

Un rituale riproposto nei decreti inadeguati emanati a sostegno del nostro paese stretto da una crisi pandemica e da uno shock di liquidità finanziaria senza precedenti che ha investito famiglie, lavoratori ed imprese seminando terrore e povertà.

Un rituale, infine, che i politici al governo hanno rappresentato per mesi in ordine al reale  funzionamento degli aiuti europei attraverso il Meccanismo Europeo di Stabilità “senza condizioni” e più in generale sulle iniziative politiche avviate in ambito comunitario senza  l’ampio coinvolgimento delle assemblee legislative del nostro paese.

Ci troviamo di fronte ad una fase molto complessa del funzionamento democratico delle nostre istituzioni rappresentative perché lo stato d’emergenza

 ha sdoganato definitivamente il valore morale e politico della comunicazione  dando legittimità alle verità confuse, alle ritrattazioni più o meno pubbliche, agli annunci plateali e smentiti il giorno seguente, alluso dell’informazione mediatica per esclusive finalità di bottega.

In questa direzione non ha più importanza affermare chiaramente che il Meccanismo Europeo di Stabilità prevede programmi di aggiustamento economico imposti ai paesi in difficoltà o che il rifinanziamento delle imprese, garantito con i soldi pubblici, sarà principalmente a beneficio dei grandi gruppi con le sedi legali nei paradisi fiscali piuttosto che delle piccole imprese artigiane ed industriali in avanzate condizioni di epossia finanziaria.

Non servirà molto parlare delle complesse misure presentate il 27 maggio scorso dalla Commissione con un titolo ambizioso che evoca un’immagine d’Europa forte e resiliente da consegnare alle prossime generazioni, Next Generation EU, ma che dimenticano di dire che gli interventi non avranno effetti immediati e che non ci sarà un Piano Marshall per imprese e privati in difficoltà.

La stessa idea di un’Italexit brandita come una risposta populista alla crisi delle istituzioni comunitarie e per la quale è in corso la presentazione di un progetto di legge costituzionale d’iniziativa popolare  da parte del Movimento Italia Libera, potrebbe macchiarsi delle stesse asimmetrie comunicative in voga nei salotti del potere rendendo più impervio un percorso di rilancio delle economie periferiche.

La sensazione è che la Politica stia tradendo la sua stessa natura e che dietro ogni parola si annidino duplici obiettivi lasciati volutamente aperti al malinteso ed alle interpretazioni parziali.

Il Piano Recovery and Recilience Facility presentato, così come il Mes, sarà accompagnato da condizioni e da programmi di condizionamento e di indirizzo delle riforme dei paesi membri che dovranno essere in linea con le ipotesi e le proiezioni della Commissione e delle istituzioni europee, Consiglio e Parlamento.

L’immagine di un Europa a doppia velocità, diversa da quella raccontata e rappresentata, ritorna prepotente e questa volta porta con sé la complicità della classe dirigente e di parte dell’opinione pubblica.

Del resto la società civile è distratta dalla complessità della fase 2 dove la paura dei nuovi focolai infettivi, le bollette da pagare, gli avvisi bonari di Equitalia, la macchinosità delle riaperture, il grave shock di liquidità e  l’assenza di politiche concrete di sostegno agiscono da potente narcotico civile e sociale.

La gente non ha più tempo per arrabbiarsi e protestare, non ha più voglia di decifrare il politichese ed il senso recondito dei twitter che hanno sostituito l’informazione politica ufficiale e democratica.

Non stupisca in questo contesto che la frattura tra lo Stato di diritto ed il paese reale diventi sempre più profonda.

Non stupisca che in questa dimensione “sospesa” la democrazia lasci scoperto il fianco liberale a rigurgiti di un populismo estremo che porterà alla nascita di nuovi movimenti di contestazione o peggio ad iniziative politiche inopportune e premature.

La pandemia ha dato risalto alle contraddizioni da tempo esistenti nella società parallela, evidenziando i limiti della Politica, dei Partiti Politici, del sistema pubblico e  dello Stato.

E’ in crisi l’apparato pubblico con le sue istituzioni prese d’assalto e saccheggiate per anni dalle classi al potere.

Per questo motivo prima di pensare ad un nuovo assetto politico in Italia ed in Europa è   necessario riscoprire le costituenti di una coscienza individuale e collettiva per dare vita ad un Nuovo Contratto Sociale che aggiorni i diritti ed i doveri del principio di cittadinanza nella società, nell’economia, nell’amministrazione pubblica, nel mondo del lavoro e della formazione, nella sanità e nella giustizia.

La “next generation”, in italia in Europa e nel Mondo,  non può nascere con il peccato originale dell’inganno: merita decisamente di più.

Per questa responsabilità collettiva, al di là delle divisioni, si dovrà ricominciare a dare senso e contenuti alle “parole”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La sottomissione di Gregge

 

Luci ed ombre sul nuovo assetto della storia

 

 

Mes o Italexit inutili senza un Nuovo Contratto Sociale

 

Pandemia Finanziaria, cui prodest?