Mariangela Leonetti parla di Fundraising per le scuole

In questa puntata de “il fundraising per le scuole” Chiara Sparacio (la sottoscritta) e Francesca Donati  hanno ospitato Mariangela Leonetti fundraiser per la cooperativa sociale la Carovana che gestisce un gruppo di scuole paritarie.

L’incontro con Mariangela Leonetti è stato molto stimolante grazie agli esempi molto concreti sulle attività che è possibile fare a scuola.

Ringraziamo Mariangela per averci mostrato come raccogliere fondi per una scuola è molto semplice se si coinvolgono genitori e studenti.

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Il Fundraising per la Scuola

Aiutiamo le scuole col fundraising

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“La Vita è una Scultura” con Sergio Grasso.

Aperitivo in trattoria …

Sono passati trentatré anni dalla sera in cui, in quella trattoria nel trevigiano, aspettando che si liberasse un tavolo, Sergio propose di farci un “cicchetto” al bancone.

Non dimenticherò mai il suo sguardo, quando mi azzardai a chiedere una cola: a distanza di più di tre decenni, al solo ricordarglielo, sgrana gli occhi come alla vista di uno spettro. Divertito però.

Ma torniamo indietro di trentatré e una manciata d’anni.

 

… nella ridente Marca Trevigiana.

Correva l’anno 1976. Le prime Radio private spuntavano qui e lì, come funghi dopo una bella piovuta.

Un giorno mamma portò a casa una bianca Brionvega.

Non mi ci volle molto a scoprire il paradiso, selezionando la modalità “fm”.

Fu subito amore: abbandonai la Barbie e Ken per Radio Marca, un crogiuòlo di talenti vocali tra i quali spiccava, per spessore e autorevolezza, lo speaker Sergio Grasso, allora poco più che ventenne.

Ci sono cose che la ragione non può spiegare. L’istinto invece sì: è “lui” a dirti che qualcuno è lì soltanto di passaggio, che il suo Destino è altrove, e la sua voce sarà udita (quasi) ovunque.

Così è stato.

Trentatré e una manciata d’anni dopo …

… mentre il resto d’Italia è davanti alla tv per godersi la finale del Festival di San Remo, incontro il mitico “Sergione” per una chiacchierata.

Nato a Venezia l’undici dell’undici del cinquantacinque alle ventidue e ventidue – quale esperto numerologo non vorrebbe tracciare il suo profilo? – la vita di Sergio si snoda in cicli della durata di undici anni: giusto il tempo di farsi venire nuove Idee, intraprendere nuove avventure, portare a compimento nuove imprese.

La prima di una serie di tappe che lo avrebbero portato, negli anni successivi, a esplorare il variegato mondo dei media come “voce” e non solo, fu la Radio.

Interviene e puntualizza: “Si dice ‘mèdia’, non ‘mìdia’, visto che deriva dal latino”.

In vena di confidenze, Sergio ammette di aver sempre odiato la sua voce fin da quando, appena undicenne, prendeva lezioni di canto lirico da Mario Del Monaco. Come baritono.

Prosegue raccontando che, quando gli capitava di chiamare l’amichetta per chiederle di uscire … se rispondeva lei, tutto bene. Se invece rispondeva il suo papà, Sergio si spacciava per suo padre e a quel punto, cominciava la commedia degli equivoci.

Alla fine, malgrado i paradossi, ad averla vinta è l’Esistenza: ovunque Sergio ha messo piede – alla radio, in studio di registrazione, in sala di doppiaggio, alla tv e in teatro – rimane l’eco del suo “vocione”, le emozioni che ha trasmesso, il piacevole ricordo di chi lo ha apprezzato come Speaker, Doppiatore, Autore, Attore, Regista Teatrale …

 

Una Voce, una Penna e un’ardente Passione per la Cultura del Cibo.

Ecco i tre ingredienti della magica Ricetta di una Vita che è sempre un work-in-progress! O, per dirla all’italiana, un “lavori in corso”!

Di Sergio ho sempre ammirato il coraggio di superare i limiti imposti da ogni “ruolo”, da lui già incarnato con successo.

Di persone eccellenti in ciò che fanno ne incontriamo, nella vita. E non importa se, nel tempo, si appassioneranno ad altro: la tentazione, per l’attore, è continuare a crogiolarsi sugli allori del passato. Lo spettatore invece si addormenta, certo che il proprio beniamino sia “quel che ha già  fatto” e più nient’altro.

Ma torniamo a Sergio.

Nei primi Anni Novanta, la sua vena artistica incontra e si fonde con quella di Alchimista dell’Arte Culinaria, Filosofo del Gusto e della sua Storia, Antropologo alimentare, Amante dei prodotti tipici e della Cultura che li ha generati – Storia, Geografia, Usi e Costumi, Tradizioni, Arte, addirittura Archeologia – cogliendone i significati rituali e sociali.

Ed ecco entrare in gioco l’esperienza, fino a quel momento maturata in teatro: il carisma dell’attore, la colta creatività dell’autore e la leadership del regista, fanno di lui l’ospite televisivo perfetto, il giudice imparziale disposto a giocarsi l’approvazione dell’audience, pur di non scendere a compromessi con i “Cuochi d’Artificio” (i personaggi costruiti a tavolino dal “sistema”: più divi e “influencer”, che veri cuochi).

Nel frattempo, la sua fama di esperto di storia sociale del cibo e dei costumi alimentari, varca i confini d’Italia e si spande per il mondo, come profumo di pane appena sfornato.

Per lui, infatti, gli alimenti sono più che “nutrienti”: sono “marcatori culturali”!

In altre parole: il cibo di un Popolo ne rappresenta l’Identità, la Cultura, la Civiltà. Non rimane che metterci a tavola e assaggiarlo, per conoscere davvero la Nazione che ci ospita!

 

Un Curriculum lungo una vita.

Come è facilmente intuibile, le sue aree di interesse più importanti sono: Cibo, Cultura, Civiltà antiche e moderne, Arte, Storia, Geografia, Viaggi, Archeologia, Antropologia alimentare …

Dal suo profilo – aggiornato con cura dall’Ufficio Stampa – estraggo i ruoli da lui rivestiti nei momenti più salienti della sua carriera, ancora in pieno svolgimento.

Il mio elenco, sommario e incompleto, rende l’idea di chi sia il professionista “Sergio Grasso”: speaker radiofonico e pubblicitario; doppiatore cine televisivo; autore e conduttore televisivo; autore e interprete di monologhi legati all’arte, alla storia e all’alimentazione; regista e attore teatrale; documentarista; food-writer; docente universitario; ricercatore e membro di commissioni scientifiche e tecniche; antropologo e consulente alimentare; esperto di gastronomia e merceologia; giudice tecnico e “mentore” del programma “La Prova del Cuoco”; autore e coordinatore dei contenuti antropologici e agronomici del reality “La Fattoria 1870”; animatore di manifestazioni enogastronomiche; curatore della progettazione e realizzazione di eventi gastronomici legati alle rappresentazioni del cibo nell’arte; scrittore, editore, pubblicista …

L’elenco potrebbe continuare, ma mi fermo qui.

Come una lista della spesa non può esprimere un pranzo preparato con amore, da gustare con gli affetti a noi più cari … un curriculum da solo non basta a raccontare la bellezza e il valore di un Essere Umano.

È stata una piacevole chiacchierata, quella di venerdì 5 marzo con Sergio Grasso, perché si è parlato un po’ di tutto.

Ne è uscito il ritratto di un Uomo coerente con se stesso e con i propri Valori; un uomo che, piuttosto che tradire ciò in cui crede, ringrazia con garbo, saluta e se ne va per la sua strada.

Il suo Viaggio dell’Eroe è tuttora in corso.

Verso la fine del nostro incontro, Sergio accenna a interessanti novità delle quali, “per scaramanzia”, preferisce non parlare.

Prima di accomiatarci, mi mostra con fierezza i “santini digitali”: le foto di Shanti, la sua adorata nipotina.

Di lui, questa bellissima bambina ricorderà che “… se l’ha avuto, un nonno, è già una fortuna; che il nonno scherza, ride e la fa ridere, le morde il sederino …”

La sua eredità per lei, la frase-mantra è: “Aspettati poco dagli altri: quel che ti serve nella vita, è già dentro di te”.  

E ancora: “La vita è una scultura, non una pittura: la pittura si fa aggiungendo delle cose su una tela bianca; la scultura, invece, si fa togliendo della materia per tirar fuori quel che c’è ‘dentro'”. La nostra vera Essenza!

Questa intervista è un’altra gemma preziosa incastonata nel Progetto di valore sociale “Ondina Wavelet World”, il Progetto multimediale che ha per Scopo la creazione di una Cultura basata sulla consapevolezza del Potere creativo delle nostre Parole.

E quando le Parole che pensiamo, diciamo e agiamo in coerenza, coincidono con i veri Valori dell’Uomo, possiamo dar vita, tutti insieme, a un mondo bellissimo.

Per partecipare iscriviti al Canale YouTube “Jasmine Laurenti” e, se i contenuti risuonano con te, fai del Progetto il “tuo” Progetto, abbonandoti al Canale stesso.

Ecco il video e il podcast della stupenda chiacchierata con “Sergione”.

Alla prossima!

Con Amore,

la vostra Eroina acquatica Ondina Wavelet (Jasmine Laurenti).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




L’isolamento al tempo del Covid: il congelamento della volontà di cambiamento

La natura dell’uomo, quando sussiste un buon equilibrio psichico, è sempre proiettata verso la socializzazione.

Con l’avvento della pandemia assistiamo invece ad un cambiamento radicale che prevede l’imporsi di un orientamento per la sopravvivenza rivolto all’isolamento.

Assistiamo dunque a quella che potremmo definire una “costrizione della vita collettiva”.

La vita collettiva porta in sé la possibilità di condividere esperienze fondamentali che rafforzano i processi di adattamento e di sicurezza essenziali per l’essere umano. In questo momento della nostra esistenza sono venuti meno questi capisaldi insostituibili per il benessere psico-fisico della persona.

La volontà, che ha sempre supportato l’uomo nell’accompagnarlo attraverso il passaggio da uno stato di malessere ad uno di benessere, è venuta meno e il nostro vissuto di inferiorità sembra essersi rafforzato.

Come afferma lo psicologo e medico Alfred Adler, il cui pensiero sembra di grande attualità ai tempi del Covid, nel suo testo “La conoscenza dell’uomo”: “La volontà indica la disponibilità al passaggio da uno stato di insufficienza ad uno di sufficienza.

La possiamo immaginare come una linea che ci poniamo davanti a noi e che ci proponiamo di seguire.

Ogni manifestazione di volontà subisce l’influenza del sentimento d’inferiorità e d’insicurezza e assieme stimola il perseguimento di uno stato di liberazione, di soddisfazione”.

Da più di un anno viviamo questo sentimento di malsicurezza in cui la volontà di un cambiamento individuale e a cascata collettivo sono congelati e hanno lasciato spazio all’isolamento che può portare con sé anche uno stato d’angoscia.

Tutte le fasce d’età, dai più giovani agli anziani, hanno forzatamente dovuto omologare il loro modo di vivere, rispettando delle regole uguali per tutti e necessarie per vivere.

Se prima del Covid ognuno aveva i suoi luoghi di appartenenza per la condivisione della socializzazione, oggi tutto ciò è venuto meno lasciando spazio solo ad un surrogato di vita sociale che avviene attraverso collegamenti virtuali.

Chi poi non ha imparato a beneficiare dell’opportunità fornita dai mezzi informatici sarà sottoposto ad un processo di isolamento forzato ancor più grave.

Possiamo supporre che chi per caratteristiche di personalità manifesta tratti del carattere orientati all’isolamento, e pensiamo alle persone per natura introverse, poco loquaci e distanti, in questo caso la vita sarà meno problematica rispetto a chi per tratti di personalità si presenta invece aperto, cordiale ed estroverso.

Il forzato isolamento ha innescato dinamiche spesso difficili da gestire e la paura per il virus ha sviluppato timore sia per il mondo esterno sia per quello interno al proprio sistema famigliare.

Stati d’angoscia e conflitti si stanno osservando nei sistemi famigliari e paradossalmente l’isolamento sociale da Covid ha portato ad un obbligo forzato di condivisione sociale di spazi fisici che influenzano poi la relazione armonica in ambito famigliare.

Si è spezzato con il Covid il legame tra singolo e collettività, lasciando spazio ad un’angoscia che potrà essere superata solo con il re instaurarsi di un legame fisico ed emotivo possibile solo in presenza e non in remoto.

In ognuno di noi è presente la “volontà di cambiare” ma dobbiamo attenderne lo “scongelamento” in quanto il virus è molto potente e ci sta impedendo le progettualità legate al sociale.

 




Sanremo oggi più che mai rock…

Ci siamo lasciati alle spalle pure la 71ª edizione del Festival della canzone italiana e credo che nessuno sia troppo triste neanche quest’anno.

Per la critica, per i media, per gli sponsor e pure per il pubblico (solo da casa, vista l’assenza di spettatori nella platea dell’Ariston), è stato un vero successo.

Lo era prima di iniziare, come ogni anno, e lo è stato anche ora che è finito.

Ma andiamo con ordine.

Fino allo scorso anno la musica trap ed il suo dio, quell’idiozia colossale ed antiartistica chiamata Auto-Tune, hanno permesso l’ingresso nella finzione discografica a veri e propri cani ululanti, incapaci di una dizione media ed incapaci pure di infilare in una singola frase un soggetto, un predicato verbale ed un oggetto.

Presenza scenica, costumi, provocazioni al limite della decenza e la parità di genere ridotta a commedia kafkiana; questo è stato il Festival dello scorso anno!

L’edizione 2021 invece ha esteso lo spettro musicale a più generi, pur mantenendo un filo con alcuni “interpreti” di un modello culturale prettamente estetico e provocatorio, legato al movimento trap.

Imitare precursori “glam” del calibro di DAFT PUNK, SLIPKNOT, KISS, il grande DAVID BOWIE e, dalle nostre parti anche i TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI, non renderà artista chi non lo è… pagliaccio invece si!

Così Fabrizio Rioda dei RITMO TRIBALE sulle apparizioni del Festival 2021 di Achille Lauro: “Non voglio togliere nulla ai vestiti di scena (così si chiamano) e alla performance (così si chiama) del buon Achille. (…) Buona finale sul divano, ragazzi. Che atroce pagliacciata!”

Mi domandavo e ci domandavamo lo scorso anno quanto ci avrebbe messo a scomparire la Musica in Italia; ma quest’anno è stato diverso, quest’anno, le Majors, prese dal timore del calo delle vendite e dell’interesse, soprattutto dei consumatori più giovani, hanno optato per scelte più Rock ed anche più neo melodiche, puntando sui non-più-tanto-giovani e sui non-più-tanto-big. E’ stato bello per me vedere i MANESKIN sul gradino più alto del podio sanremese con la loro “Sono fuori di testa”.

Una band che suona per davvero, sbaglia pure gli assoli, ma che porta in palco la propria musica  e lo fa con passione e dedizione… altro che Auto-Tune!!!

Parlando di Rock e di Sanremo, non tutti sanno che legata alla città che ospita la più famosa manifestazione canora italiana c’è un’altra manifestazione musicale…

sanremorock uemmepi

Sanremo Rock! Ho avuto la fortuna di partecipare alla finale con la mia band, gli UEMMEPI, tre anni or sono.

Per giungere in finale il percorso è stato lungo,  fatto di concerti e di giurie provinciali, regionali e nazionali.

Più di tremila artisti e band Rock, R’n’B, Soul, Jazz, Jive e Rockabilly provenienti da tutt’Italia e tutti con la propria musica e qualche sogno.

E’ stata un’esperienza unica tanto che, se il pubblico a casa avesse potuto vedere (e ascoltare!), avrebbe compreso di più il movimento musicale “underground” che esiste in Italia e forse avrebbe smesso di bere la spazzatura sdolcinata e smancerosa che il potere mediatico ci propina da molti anni! Tornando al Festival 2021, si deve riconoscere comunque al “grande esperto”, “profondo conoscitore di musica” nonché “Direttore Artistico” della Suprema Manifestazione Canora (ovvia l’ironia… Amadeus è un presentatore, non un critico musicale, ricordiamocelo! N.d.a.) il merito di aver dato retta alle Discografiche.

Ha puntato infatti su due cavalli di razza: la “Oriettona” Berti (in gara) e Ornella Vanoni che, a 86 anni suonati, potrebbe insegnare a cantare a quasi tutti gli artisti presenti all’edizione 2021 (escludo dalla lista Arisa e Francesco Renga!) ed alcuni ospiti di eccezione: Fogli, Tozzi, Zarrillo.

L’edizione 2021 è stata molto seguita e forse c’è da riflettere su come poter proporre il prossimo Festival della Canzone Italiana, perché siamo ancora lontani da una proposta culturale vera.

Per risollevare la Musica (con la “M” maiuscola) dall’immensa mole di immondizia in cui la discografia moderna ha contribuito a sprofondarla, ci vuole ben altro che un riff iniziale impeccabile della canzone vincitrice a Sanremo, oppure il testo coraggioso e pressoché perfetto di WILLIE PEYOTE: “Le major ti fanno un contratto se azzecchi il balletto e fai boom su Tik-tok” [questa la bellissima frase del brano in gara: “Mai dire mai (La Locura)”; n.d.a.].

Ci vuole cultura! Ci vuole un’educazione musicale, soprattutto dei giovani. Ci vogliono i veri maestri al servizio dell’Arte.

Non mi soffermo a parlare di altri artisti in gara, perché sono state a mio avviso delle mediocri comparse.

Una delusione c’è, per me che sono cresciuto con le sue canzoni ed i suoi vocalizzi: Francesco Renga.

Ma forse sono lontani i tempi dei TIMORIA.

 

 

PERTH

 

 

 

 

 

 

Festival di San Remo, ultima fortezza del monopolio della Musica!

OSCAR: “PERSA UNA GRANDE OPPORTUNITA’ AL FESTIVAL DI SANREMO”




Luciano Zanin e la cultura del “Dono”

Luciano Zanin e la cultura del “Dono”

Nella seconda puntata de dil Fundraising per le scuole, Chiara Sparacio e Francesca Donati hanno incontrato Luciano Zanin, preclaro consulente di fundraising.

Luciano ha parlato del concetto di dono e di quanto sia fondamentale, da avere e saper trasmettere, quando si fa fundraising.

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Donor care e effetto cuore – Natascia Astolfi

 

In questa puntata a Chiara Sparacio e Francesca Donati hanno incontrato la fundraiser Natascia Astolfi.

Si è parlato della cura del donatore, dell’effetto cuore e di come si crea una lista di donatori.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=y1ZTQKPbi6k?feature=oembed&w=640&h=360]



OSCAR: “PERSA UNA GRANDE OPPORTUNITA’ AL FESTIVAL DI SANREMO”

 

Lo scorso anno in piena prima ondata pandemica abbiamo intervistato Oscar Giammarinaro degli Statuto (BetaPress.it – EZIO BOSSO, UNO DEI MODS: Intervista a Oskar degli Statuto) che ci ha raccontato della grande amicizia con Xico, il Maestro Ezio Bosso.

Dopo la prima serata del 71° Festival della Città dei Fiori, ho commentato in un post FB quel che pensavo: Maneskin bel riff e GRANDE Willie Peyote! Tutto il resto… il solito clichè! Dispiace che il mitico Oskar degli Statuto non sia stato ammesso con un pezzo in onore del grande Xico (Ezio Bosso)!

Desidero ora condividere e pubblicare integralmente il pensiero d Oscar postato sulle sue pagine Social.

PERSA UNA GRANDE OPPORTUNITA’ AL FESTIVAL DI SANREMO

Considero totalmente riprovevole, incomprensibile, triste e avvilente che su ben cinque serate di trasmissioni del Festival della Canzone Italiana, durate almeno quattro ore ciascuna, non sia stato trovato il tempo per ricordare anche solo con una frase, un pensiero, un’immagine il Maestro Ezio Bosso, uno dei più grandi compositori contemporanei che nel 2016 aveva illuminato e impreziosito il palco del Teatro Ariston con un’esibizione rimasta unica nella storia per coinvolgimento, emozione e umanità. Ezio Bosso, con il suo sorriso, la sua sensibilità, il suo coraggio seppe dimostrare in pochi minuti che davvero “tutto è possibile”, regalando forza, speranza e amore a tante persone,specialmente a quelle in difficoltà.

Ezio Bosso, compositore strabiliante e geniale, direttore d’orchestra e anche pianista, arrivò dritto nel cuore degli Italiani con parole sublimi (grazie anche alla eccellente professionalità di carlo Conti) e un’esecuzione struggente che,oggettivamente, è rimasta una delle perle migliori di tutte le edizioni del Festival. Escludo problemi “aziendali”, in quanto la RAI ha dato a Ezio Bosso molto spazio e programmi prestigiosi in date e orari fondamentali e ricordo, commosso, la sua ultima intervista rilasciata proprio all’amico Fausto Pellegrini su Rainews 24,poco prima della sua scomparsa. Non mi permetto di esprimere valutazioni artistiche, musicali o televisive sulla qualità del 71°Festival della canzone italiana,non ne ho alcun interesse e neanche le competenze necessarie, ma esprimo sdegno per non aver sentito o visto il nome del musicista che ha portato l’eccellenza musicale italiana nel mondo proprio in quel programma in cui la musica è, comunque, la parte più importante e che Ezio Bosso aveva deciso di valorizzare, esibendosi al pianoforte.

Quello che è il programma TV più visto, ha perso una grande occasione per dar lustro a quello che, nonostante tutto, dovrebbe continuare ad essere un servizio pubblico.

 

 

 

PERTH

 

 

 

 

 

 

EZIO BOSSO, UNO DEI MODS: Intervista a Oskar degli Statuto.

Festival di San Remo, ultima fortezza del monopolio della Musica!

Il mondo della musica, e non solo, piange Ezio Bosso

 




Francesca Donati – 10 cose da fare subito per raccogliere fondi per la scuola

In questa puntata Chiara Sparacio e la fundraiser Francesca Donati fanno il riepilogo dei precedenti incontri e Francesca Donati parla delle 10 cose indispensabili per fare fundraising a scuola

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=j0t26CGpNw0?feature=oembed&w=640&h=360]

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Per quella Donna …

E’ patetico e ridicolo aspettare l’8 marzo per festeggiare la donna, per di più quest’anno.

Io voglio solo celebrare la vita di ogni donna, in quanto tale, ma soprattutto ricordare tutte quelle donne che, dall’8 marzo del 2020, ce l’hanno fatta, che sono sopravvissute a quest’ultimo anno di vita.

A queste donne dedico il mio articolo, non sono donne inventate, io le ho incontrate.

Per quella donna, psicologa in pensione, da sempre impegnata nel sociale, che ad 84 anni suonati, fa ancora volontariato, per aiutare le altre a reagire.

Per quella donna il cui marito fa una “sosta extra”, ogni sera, dopo il lavoro; lei lo sa, ma lo aspetta, comunque, cullando l’illusione che cambierà.

Per quella donna che crede nella vita e piange la perdita di una gravidanza che nessun altro conosceva.

Per quella donna che guarda sempre avanti, anche se, proprio i suoi cari, marito e figli, vorrebbero farla tornare indietro, perché temono il suo percorso di libertà.

Per quella donna licenziata, per l’ennesimo ritardo, perché sveglia da troppo tempo, con un bambino autistico che non dorme mai.  

Per quella mamma single, che già non sapeva come pagare le bollette di ogni mese, e, adesso, ha pure le spese in più, per il tablet ed i giga del figlio in dad

Per quella donna che ha due lauree ed un master, ha provato e riprovato a partecipare a diverse selezioni del personale, nei test psico attitudinali è sempre la migliore, ma in sede di colloquio perde punti, perché, si sa, nell’ organigramma aziendale, “una donna in età fertile è un problema per la società”.

Per quella donna che ancora non si è perdonata per l’aborto avvenuto 20 anni fa, perché, per tutti in paese, se l’era cercata, e lei non ce l’ha fatta.

Per quella donna anziana, davanti a me al supermercato, ha comprato ali di pollo, passata e pastina, guarda gli altri e si vergogna, mentre conta le monete.

Per quella donna che apre la porta alla notizia della morte del marito, all’estero, tre settimane prima del suo ritorno a casa.

Per quella donna che soffre di ansia, mangia fino a scoppiare, ma nessuno capisce cosa la fa stare così male.

Per quella donna che dà alla sua famiglia tutta sé stessa, ogni giorno, ed avrebbe solo bisogno di una pausa.

Per quella donna che sorride agli estranei tutto il giorno in pubblico, ma piange silenziosamente ogni notte.

Per quella donna che voleva farla finita, ma ha trovato la forza per continuare.

Per quella donna che ogni notte dorme accanto ad uno sconosciuto, solo perché è pur sempre il padre dei suoi figli.

Per quella donna la cui genetica non le permetterà mai di sembrare alle altre, a quelle delle riviste, e non capisce quanto ci sia bisogno di lei, così com’è.

Per quella donna che sopporta una relazione interrotta dopo l’altra, perché nessuno le ha insegnato cos’è l’amore.

Per quella donna che alleva una figlia senza padre e prega che la storia non si ripeta.

Per quella donna che ama con tutto il cuore il vecchio padre malato d’Alzheimer e che ha un disperato bisogno di essere riconosciuta da lui.

Ecco, per queste donne ha senso festeggiare non un giorno, ma ogni giorno.

E mi piacerebbe pensare che, a partire da quest’anno, si incominci a festeggiare non la donna o l’uomo.

Ma la persona, in quanto essere pensante, libero, capace di agire e di reagire, di lasciare il segno, con la sua unicità.

Mi piacerebbe pensare che, imparando da questi nostri ultimi giorni non si divida più il genere umano in uomini e donne, ma in persone, di spessore e di valore da una parte, ed ignavi maschi o femmine che sia, (ma pur sempre amorfi ed insulsi) dall’altra.

 




Siamo in Europa ma il MIUR non è d’accordo

Ci dicono che siamo in Europa ma non è vero

Per quanto ciascuno di noi si senta cittadino europeo per il ministero dell’Istruzione Italiano non lo è abbastanza.

In questo articolo raccontiamo un paradosso istituzionale che tiene prigionieri centinaia di italiani che non vedono riconosciuti i propri diritti nonostante il TAR riconosca la loro ragione.

Nello specifico in questo articolo si affronterà il problema attualissimo e impellente dell’abilitazione all’insegnamento.

Attuale perché la scuola italiana ha un bisogno fondamentale di insegnanti formati e adeguati al ruolo completamente nuovo che devono ricoprire.

Impellente perché il mondo della formazione è cambiato drasticamente nel giro di pochi mesi e ci troviamo davanti l’urgenza di tre generazioni che non possono pagare nella loro vita futura la perdita di anni di studio degli anni della formazione.

Bloccare gli studenti oggi vuol dire non avere scampo tra dieci anni e doverci piegare all’involuzione del progresso impossibile senza le dovute basi.

Cosa denunciamo

In questo articolo segnaliamo la condizione di circa 4.000 laureati che hanno conseguito il titolo di abilitazione all’insegnamento in un paese europeo diverso dall’Italia e che il MIUR non riconosce valida.

Chi vuole insegnare in Italia deve essere innanzitutto molto aggiornato e al passo coi tempi.

Non nel senso di superamento di un eventuale gap tecnologico generazionale ma nel senso che deve essere aggiornato su tutte le novità del ministero.

In principio l’abilitazione all’insegnamento avveniva tramite concorso e successive prove di esami.

All’inizio del 2000, con l’ingresso nella crisi lavorativa si è scoperto che quello della formazione poteva essere un mercato interessante così sono ante le varie scuole di abilitazione (SSIS e compagnia cantando) che poi sono state dismesse e sostitute con i crediti formativi addizionali (i famosi 24 cfu) che hanno costituito lo zoccolo duro del bilancio di numerosi enti di formazione.

 

Un po’ di storia

Ma vediamo cosa aveva previsto la storia, come tutto era stato progettato al meglio.

Era il 1945 e nel continente europeo un gruppo di nazioni avevano avviato una serie di trattative volte a rivoluzionare le relazioni internazionali.

Era finita la seconda guerra mondiale e si iniziava a parlare di Mercato Comune Europeo.

Vennero gli anni ’60 e il boom economico fu favorito anche dall’assenza di dazi doganali tra i paesi europei.

Negli anni ’70 la comunità di nazioni si allarga e inizia la sensibilizzazione al tema dell’ambiente.

Gli anni ’80 sono segnati dall’epocale caduta del muro di Berlino e dalla nascita del Mercato Unico.

Ma sono gli anni ’90 che ci fanno sentire tutti cittadini Europei: il trattato di Maastricht del 1993 sancisce l’uguaglianza dei cittadini Europei liberi di far circolare  beni, servizi, persone e capitali.

Da lì in poi si sono aggiunti paesi, abbiamo imparato a viaggiare in Europa senza passaporto, abbiamo unito la moneta e abbiamo affrontato il mercato di lavoro internazionale come cittadini e non come migranti.

Il paradosso

Nel periodo della propaganda europeista avevano perfino fatto una serie per bambini con Cristina D’Avena che recitava e cantava nella sigla “l’Europa siamo noi, un’unica nazione”.

Eppure pare che così non sia.

Nonostante quanto ci venga detto, c’è qualcosa all’interno dello stato italiano che non si arrende a questo tassello che ha simboleggiato una cesura epocale tra l’era delle guerre economiche e l’era dei trattati.

Nonostante oggi ogni cittadino europeo sia libero di viaggiare, fare acquisti, lavorare in Europa, pare che secondo il ministero dell’Istruzione Italiano non possa studiare.

O meglio, un cittadino europeo è libero di studiare dove vuole salvo che il MI non riconoscerà il suo titolo.

Sembra paradossale e infatti lo è.

Lo è perché il TAR riconosce come validi i titoli conseguiti all’estero ma il Ministero dell’Istruzione no.

 

L’eccezione alla regola

Solo che non è sempre così.

Guardando lo storico dei decreti emanati, non sempre il MIUR è stato contrario alle abilitazioni prese all’estero.

Dalle ricerche in corso, ci risulta che almeno 5 (ma le ricerche non sono finite) persone sono sfuggite al nazionalismo istituzionale.

Avv.Maurizio Danza
Avv.Maurizio Danza

Per capire meglio abbiamo contattato l’ufficio preposto al riconoscimento dell’abilitazione, le asce turche che, nonostante il richiamo del TAR si ostinano a mantenere la barricata.

Queste informazioni sono state prese dagli allegati che lo studio Legale Danza ha sottoposto sia al TAR sia Consiglio di Stato per segnalare questa condotta stonata.

Per completezza di informazione segnaliamo che abbiamo chiesto anche alla direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione una intervista per chiarire questa condizione ma fino al momento di pubblicazione di questo articolo non abbiamo ancora ricevuto risposta alla nostra richiesta di intervista ma siamo sempre aperti a un confronto e a una integrazione.

Vi terremo aggiornati sui risvolti.

 

 

Crediti

https://www.miur.gov.it/abilitazione-all-insegnamento1

Il Ministro Azzolina, verso l’infinito e oltre