Bullismo e Cyberbullismo sempre attuali.

La lotta al cyberbullismo ai tempi della DAD.

Niente e nessuno può fermare la lotta al bullismo e al cyberbullismo.

Siamo sempre più consapevoli che un’adeguata informazione ed una pronta divulgazione sono le prime armi contro il bullismo ed il cyberbullismo.

E sappiamo che la situazione emergenziale in corso, ha acutizzato il problema, perché, mai come in questi giorni di lockdown, i nostri figli sono soli davanti ad un computer, in balìa di nemici invisibili, ma prima ancora in balìa di loro stessi.

I nostri figli, sono, a volte, ragazzi pieni di paure non gestite e di istinti non riconosciuti.

Ragazzi vittime di un forte disagio adolescenziale, che li trasforma, a seconda della loro indole (da leader o da gregario) in bullo o in vittima.

Nascono così, gli adolescenti/bulli, pronti ad aggredire, insultare, umiliare, minacciare e ricattare i loro pari.

Adolescenti/cyberbulli che si trasformano in leoni della tastiera, perché nascosti dietro un nickname, si sentono ancor più vigliaccamente spavaldi.

Adolescenti bisognosi di affermarsi, perché si sentono deboli, invisibili nella loro famiglia.

Adolescenti in preda alla necessità di imporsi, di darsi un ruolo come aggressori reali o virtuali.

Adolescenti che per leggerezza, emulazione o disagio fanno del male a tanti altri ragazzi della nostra epoca, ma che in fondo, fanno del male a loro stessi.

Poi ci sono gli altri.

Gli Adolescenti/vittime.

Ragazzi che subiscono, soffrono in silenzio, che non hanno la forza ed il coraggio di agire e di reagire.

Ragazzi che mancano di autostima, che non conoscono il loro merito, convinti di non valere, altrettanto invisibili nelle loro case.

Ragazzi che hanno paura prima di tutto di parlare, di rompere il silenzio, di chiedere aiuto.

Ragazzi che non ce la fanno a ribellarsi. E che proprio per questo fanno il gioco dei loro aggressori, diventando vittime, prese di mira per tutto.

Ragazzi massacrati a parole, a suon di post sui social, dove i like e la di condivisione di video puntano sui risultati scolastici del “secchione”, sulle inclinazioni sessuali dello” sfigato” o del “frocio”, ma anche sulle origini razziali=marchio per l’esclusione e sugli usi ed i costumi sociali=oggetto di scherno.

Lo sanno bene, tutto questo, le Referenti Bullismo dell’ITIS OMAR di Novara, Prof.ssa Ida Angiulli e Prof.ssa Valentina Martes che il 19 novembre u.s., nonostante il lockdown, anzi, consapevoli che la situazione attuale rappresenta un rischio di incremento del bullismo e del cyberbullismo, hanno organizzato un incontro on line.

Una sorta di convegno virtuale per la condivisione di buone pratiche e l’incremento della sinergia tra le scuole della rete sui temi della prevenzione del bullismo e del cyberbullismo.

Come redazione di betapress, c’eravamo anche noi, perché, una nostra giornalista, docente in un I.C. del territorio, referente cyberbullismo della scuola di appartenenza, vi ha preso parte.

Dunque, per chi ancora non lo sapesse, ecco il report delle attività di PEER EDUCATION, cioè i progetti attivi di educazione tra pari, presenti sul territorio piemontese e non solo.

I progetti sono due: il Progetto “Per Tommaso” e il Progetto “Gruppo NOI”.

PER TOMMASO è nato nel 2010, per iniziativa del Rotary Val Ticino da una grande spinta emozionale (scatenata da un fatto di cronaca locale).

Da 10 anni, il progetto vuole combattere il cyberbullismo, ed accompagnare gli adolescenti in una navigazione internet sempre più sicura.

EDUCARE E PREVENIRE le due parole chiave.

Educare all’utilizzo corretto degli strumenti informatici e prevenire l’abuso e i rischi legati alla navigazione in rete.

Il progetto prevede la formazione di gruppi di peer educators selezionati tra gli studenti del triennio degli Istituti di Istruzione Secondaria Superiore che, una volta preparati, riversano contenuti ed esperienze nelle classi del biennio dell’istituto di appartenenza.

GRUPPO NOI: è un’iniziativa più recente, proposta nell’anno 2014 -15 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni del Piemonte e della Val d’Aosta, condivisa dall’USR e dalla Regione Piemonte, presentata al Tavolo dell’Osservatorio di prevenzione bullismi.

Si tratta di un progetto di formazione di PEER EDUCATORS.

L’idea è di individuare, all’interno della scuola, dei gruppi di studenti che svolgano funzione di auto-mutuo-aiuto tra pari sulle situazioni di disagio giovanile e che siano supportati da risorse esterne del territorio di riferimento (Forze dell’Ordine, esperti esterni, volontariato, servizi del territorio). 

Il Gruppo, denominato “NOI” perché composto da un gruppo di studenti che vive la quotidianità della scuola, è attivo all’ITI OMAR dall’anno scolastico 2016-17 e possiede le seguenti caratteristiche:

-è composto da studenti già entrati in contatto con bullismo o altre forme di disagio o conflitto   giovanile;

-è a composizione aperta e ha un’ottica inclusiva;

-si presenta alle classi e promuove la propria funzione anche al fine di alimentarne un ricambio;

– si pone come “sentinelle della legalità”.

Praticamente, la squadra Gruppo NOI si mette a disposizione degli studenti: accoglie, ascolta, intercetta e contrasta il disagio giovanile, le varie forme di bullismo e rischio, si confronta con i pari, organizza eventi di discussione o interventi di peer education in classe, attività esterna anche di volontariato, diffonde fiducia nel lavoro di rete tra pari, tra adolescenti e adulti, tra scuola e territorio;

-beneficia delle risorse esterne della rete locale di prossimità (organi di polizia, esperti esterni, volontariato, servizi del territorio);

supportato da uno o più docenti di riferimento, con cui si interfaccia lavorando principalmente sullo sviluppo dell’intelligenza emotiva e dell’educazione all’affettività.

 

Durante l’incontro, inoltre, la prof.ssa Elena Ferrara dell’USR ha informato i referenti sulle novità relative al Progetto “Un Patentino per lo Smartphone” ed al relativo Corso di formazione per docenti formatori di formatori “Essere cittadini digitali e sulle novità relative ad un Bando della Regione Piemonte relativo alla prevenzione del bullismo e cyberbullismo.

Un Patentino per lo Smartphone per le scuole secondarie di primo grado è un progetto didattico nato nel Verbano – Cusio – Ossola, all’interno della collaborazione fra l’Ambito Territoriale, l’ASL VCO e l’associazione Contorno Viola.

Successivamente è stato adottato da tutte le ASL del Piemonte ed inserito nei cataloghi dell’offerta formativa per le scuole.

Si tratta a tutti gli effetti di un progetto interistituzionale che vede coinvolti gli operatori delle ASL, gli operatori di ARPA Piemonte, i docenti degli ambiti territoriali e le forze dell’ordine (in genere la Polizia postale).

Il progetto è stato adottato dalla Regione Piemonte con la Legge 2/18 e quindi dalle ASL che lo hanno inserito nel loro catalogo di prevenzione.

Il progetto era partito lo scorso anno scolastico con un primo incontro tenutosi il 17 febbraio 2020, ma si era poi interrotto a causa del lockdown dovuto all’emergenza sanitaria. La Prof.ssa Ferrara ha informato i colleghi sulla ripresa del progetto in modalità da definire, con la riproposizione anche dell’incontro iniziale già svolto. Tale ripresa delle attività sarà comunque comunicata ufficialmente dall’Ufficio Scolastico Provinciale.  

Corso di formazione per docenti formatori di formatori “Essere cittadini digitali: il patentino per lo smartphone come risposta al cyberbullismo e altri rischi della rete”.

Nell’ambito del progetto e della collaborazione tra gli Assessorati Sanità e Istruzione della Regione Piemonte, l’Arpa Piemonte, Polizia di Stato – Compartimento Polizia Postale e delle Telecomunicazioni e l’Ufficio Scolastico Regionale sul tema in oggetto, nel mese di gennaio 2021 avrà luogo un’importante opportunità di formazione per i dirigenti scolastici ed i docenti delle scuole piemontesi finalizzata alla formazione di Docenti esperti. Sono previste tre giornate di formazione online nel corso delle quali, oltre a riflettere sugli accordi interistituzionali e sulle normative vigenti per la prevenzione dei rischi legati agli usi impropri delle tecnologie, si entrerà nel merito delle azioni che hanno permesso al progetto, grazie ad un approccio multidisciplinare e alla metodologia attiva, di ottenere un positivo impatto nell’uso creativo, critico e consapevole dello smartphone.

Al termine della formazione-formatori, i partecipanti riceveranno un patentino oltre un regolare attestato di partecipazione valido ai fini dell’iscrizione all’albo regionale di esperti in materia, albo che sarà realizzato in seguito ad una chiamata tramite nota regionale.

La formazione al predetto corso comporta la possibilità di essere nominati come formatori a livello territoriale attingendo dall’albo regionale sopramenzionato.

Infine, è stato illustrato il Bando della Regione Piemonte Contributi per formazione docenti su prevenzione del bullismo e del cyberbullismo: è pervenuto avviso per la presentazione di domanda di contributo per la realizzazione di percorsi di formazione per docenti sulla tematica della prevenzione e il contrasto del bullismo e del cyberbullismo per l’A.S. 2020/2021 rivolto alle scuole polo regionali per la formazione, con scadenza 11 dicembre 2020.

Le proposte progettuali dovranno approfondire la tematica del bullismo e del cyberbullismo, al fine di:

tutelare e valorizzare la crescita educativa, psicologica e sociale di minori, proteggendo in particolare, i soggetti più fragili;

-valorizzare il benessere tra pari;

prevenire il rischio nell’età dell’infanzia e dell’adolescenza;

supportare i soggetti che, a vario titolo, ricoprono un ruolo educativo con i minori.

Le progettualità dovranno prevedere particolare attenzione anche alla capacità integrativa rispetto agli alunni con bisogni educativi speciali. Le attività progettuali formative dovranno essere strutturate, vista la situazione di emergenza sanitaria, garantendo comunque la formazione a distanza, là dove non fosse possibile prevedere incontri in presenza. 

Certi di fornire un servizio utile a tutti coloro che fossero interessati a queste tematiche, vi segnaliamo i link delle iniziative sopra citate:

http://www.arpa.piemonte.it/news/il-patentino-per-lo-smartphone-partono-i-corsi-pilota-per-docenti

http://www.istruzionepiemonte.it/corso-di-formazione-regionale-essere-cittadini-digitali-il-patentino-per-lo-smartphone-come-risposta-al-cyberbullismo-ed-altri-rischi-delle-tecnologie-gennaio-2021

https://bandi.regione.piemonte.it/contributi-finanziamenti/contributi-formazione-docenti-prevenzione-bullismo-cyberbullismo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorno a Scuola!!! Ovvero ritorno ai problemi di sempre…




DAD e DDI, il danno per i docenti

Non ne posso più, di Dad e di falsità.

Tutti a parlare dei danni provocati dalla DAD nella didattica e nella psicologia degli studenti.

Tutti a preoccuparsi dei minori e dei loro genitori.

Quasi nessuno si preoccupa del disagio degli insegnanti.

In questi giorni, ha fatto notizia la protesta di diversi studenti (ma di pochi insegnanti) contro la chiusura effettiva delle scuole e il ricorso obbligatorio ai “device” per fare lezioni doppiamente faticose e minimamente efficaci.

La televisione e gli organi di stampa si compiacciono a divulgare l’immagine di una Scuola che, malgrado tutto, funziona, grazie alle meraviglie della tecnica. 

Ma per favore!!!

Venite a scuola e vedete con i vostri occhi!!!

Solo i docenti e gli studenti sanno davvero come stanno andando le cose.

Anzi, come NON STANNO ANDANDO.

Basti ricordare il tempo perduto ad ogni ora di lezione per fare l’appello, cioè per verificare che tutti gli alunni siano presenti in audio, collegati in video (“spegni il microfono, attiva la telecamera”, è diventato un mantra quotidiano).

Una volta verificato che tutti gli alunni sono fuori dal letto e, possibilmente, non ancora in pigiama, inizia il “toto scommesse” in attenzione, concentrazione, motivazione…

Eh, sì, perché se uno è attento, non è concentrato, se uno è concentrato, non è motivato.

Ogni docente continua a ripetere infinite volte le stesse parole, magari alzando la voce, per poi farsi ripetere altrettante volte le parole dai discenti.

Certi alunni, sinceramente, ci mettono l’anima per farsi capire, ti girano il libro contro la telecamera per farti vedere che i compiti li hanno fatti, ma, spesso, “non riescono a rendere” a causa delle inadeguatezze delle medesime tecnologie.

Tecnologie arretrate, altro che adeguate.

Supporti e strumenti digitali legati a fibre regionali o connessioni locali.

Che sia ben chiaro, oggi, in Italia, ai tempi del Covid, la DAD, va e viene a corrente alternata, a seconda di dove ti trovi.

Altro che bel paese, l’Italia!!!

E in Italia, ti conviene pure non dire che fai l’insegnante, perché, per ben che ti vada, sei compatito, se non denigrato.

I docenti, lo si sa, in Italia, da un trentennio, non vengono considerati come meriterebbero, né rispettati e stimati per il loro lavoro.

L’ Italia non appartiene a quei Paesi, civili e civilizzati, in cui, chi educa e istruisce le giovani generazioni, è onorato e ben pagato!!!

Qui, da noi, dietro le dichiarazioni ufficiali dettate dal BON TON/GOSSIP MEDIATICO, si cela spesso un profondo disprezzo verso chi insegna.

Anzi, siamo onesti, la professione di un insegnante, non è neppure considerata un lavoro da buona parte dell’opinione pubblica.

È questo il frutto avvelenato di 30 anni di campagne mediatiche diffamatorie.

30 anni di politiche scolastiche miranti all’aziendalizzazione delle istituzioni scolastiche.

30 anni dedicati all’impiegatizzazione e proletarizzazione (anche economica) degli insegnanti.

Decenni di autentiche calunnie ai danni della categoria, pronunciate con leggerezza, anche da politici importanti.

A volte, ci si mettono pure i Ministri dell’Istruzione a far perdere di prestigio la categoria degli insegnanti!!!

Ecco perché dello STRESS dei docenti — adesso costretti (anche grazie all’accordo contrattuale siglato da CISL, ANIEF e CGIL) a insegnare attraverso uno schermo — nessuno si preoccupa.

Tutto è dovuto, da parte di professionisti “invisibili”.

Eroi e martiri che il sentire comune non considera nemmeno veri lavoratori.

Nella scorsa primavera, almeno, nelle scuole, si permetteva ai docenti di scegliere tra didattica sincrona e asincrona, limitando il numero di lezioni “in diretta” davanti al videoterminale.

Ora, col pretesto dell’emergenza ormai istituzionalizzata, si pretende da loro una DAD che fotocopi la vita di classe (con risultati tra il comico e il tragico).

Voglio solo aggiungere due parole, per chi crede di conoscere il lavoro del docente.

Manca il contatto umano: è questo il primo motivo di stress.

Insegnare non è mettersi in modalità “macchina da fiato” e ripetere a memoria le proprie conoscenze. 

Se fosse così, si potrebbe far lezione anche al citofono, e la potrebbe fare chiunque.

Insegnare è entrare in relazione col discente, con OGNI DISCENTE (e per questo le classi dovrebbero essere di 15 alunni).

Ogni alunno andrebbe motivato, coinvolto.

Sarebbe bello, farlo ridere o, almeno sorridere, mentre impara.

Un insegnante che si rispetti, sa cosa vuol dire ACCENDERE UN ALUNNO, iniziarlo al piacere del dialogo conoscitivo, renderlo partecipe di una scoperta reciproca.

Ditemi voi, come si può realizzare tutto questo, mediante uno schermo che non ti permette nemmeno di guardare una persona negli occhi?!?

L’insegnante in Dad fa la fatica di Sisifo (raddoppiata dalle “nuove tecnologie”)

La fatica è fisica e psichica.

Stare quattro o cinque ore seduti davanti al p.c. la mattina, e altrettante il pomeriggio — peraltro in un momento in cui palestre e piscine sono chiuse — espone l’apparato muscoloscheletrico (e non solo) degli attempati prof a patologie gravi e croniche, che nessuna amministrazione si sogna nemmeno di risarcire.

La mente si affatica il doppio che in aula, inducendo alla depressione, alla rabbia, al senso di inadeguatezza.

Nessuno parla dell’incremento del burnout degli insegnanti in DAD.

Anzi ti senti dire” Ma di cosa ti lamenti, che le scuole sono chiuse, che è da febbraio che non fai niente!!!”

Coordinare il lavoro sugli allievi è difficile, faticoso, avaro di soddisfazioni.

Cercar di motivare alunni già solitamente distratti (ed ora più assenti e annoiati che mai) è una fatica di Sisifo, quale nessun’altra professione conosce.

Si aggiunga lo sforzo immane che molti docenti hanno improvvisamente dovuto sostenere per acquisire le competenze digitali necessarie all’utilizzo di piattaforme mai viste prima.

Si riconosca il disagio di molti insegnanti obbligati a gestire problemi di telematica che nulla hanno a che fare con la loro cultura e con la loro didattica.

Il tutto nell’improvviso oscurarsi di qualsiasi rapporto affettivo, sia con gli alunni, sia con i colleghi.

Ogni comunicazione passa ormai per lo schermo: e persino nei Collegi dei Docenti è impossibile parlar liberamente, giacché, col pretesto di far parlare tutti, ognuno deve limitarsi a dichiarazioni brevi, senza incrociare gli sguardi altrui, senza interazione umana.

Tanto che varrebbe la pena di interrogarsi sulla effettiva legittimità di organi collegiali ridotti così. 

Il linguaggio non verbale (ossia il 90% della comunicazione umana) si perde irrimediabilmente per strada.

In conclusione, il digitale può aiutare la Scuola: però non deve, mai e poi mai, sostituirla. Dovrebbe saperlo chi da otto mesi inonda i docenti di leggi, norme, circolari, regolamenti per regolamentare, normare, circoscrivere, irreggimentare la “nuova” didattica digitale.

E’ ora di finirla di creare nei docenti ancor più stress e incertezza per il futuro.

Ed è davvero incredibile che qualcuno sia contento dei “passi avanti” fatti dalla Scuola grazie alla pandemia che rappresenta un’opportunità per innovare e rinnovare la didattica!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Disastro DAD: docenti e personale ATA fanno ricorso

Chi ha paura del DPCM?

Digiscuola negata.

 




Fare e disfare è tutto un lavorare…

Ritorno a scuola. Due mesi di Carosello scolastico.

 

E torniamo a parlare di scuola per un primo report a due mesi dall’inizio di un altro rocambolesco anno scolastico.

 

A metà settembre, tutti insieme appassionatamente a scuola.

Eh, vai, è finito l’incubo della DAD, si ritorna in classe.

Ma attenzione!

Dentro la scuola, durante tutto l’orario di servizio, distanziamento sociale, sanificazione degli ambienti e rigidi protocolli anti covid.

Appena fuori, già all’ingresso e all’uscita, “il selvaggio west” dei mezzi di trasporto ed “il carnevale di Rio” della movida di fine estate.

Così, basta una settimana, per constatare un’impennata dei contagi.

E dire:” No, scusate, abbiamo scherzato”.

Praticamente, “Ciak si gira”, l’incubo Covid ritorna.

Ma, attenzione, cosa fa il Miur?

Passa la patata bollente della gestione della rinnovata emergenza sanitaria e sociale ai Presidenti delle Regioni.

Altro show!

Di tutto e di più.

Scuole aperte, scuole chiuse.

A macchia di leopardo, a seconda delle regioni.

E, persino nelle stesse regioni, diverse soluzioni.

Lezioni in presenza a giorni alterni, oppure, a settimane alterne.

Lezioni a distanza per le classi intermedie delle superiori, ma non per i più piccoli o i più grandi.

Comunque, isolamento fiduciario per docenti e discenti di tutte quelle classi con casi di contagio (vero? falso? supposto? Prima, dopo, durante il risultato del tampone?)

Per più di un mese, siamo andati avanti così, con delle conclamate idiosincrasie.

Per esempio, a metà ottobre, in Sicilia, con l’ultima Ordinanza del Presidente Musumeci abbiamo capito una cosa, per certi aspetti molto eloquente, nell’Italia contemporanea: prima il piacere e poi il dovere!

Eh sì! Perché, se ai nostri alunni delle scuole superiori è stato subito negato il diritto allo studio in presenza, agli stessi non è stato negato quello al relax psico-fisico.

Poveri adolescenti!

Avevano così bisogno in questa rinnovata emergenza pandemica di pensare alla cura del corpo, al piacere di andare in palestra o in un centro commerciale, al piacere di frequentare una sala bingo (seppur vietata ai minorenni) o di fare un happy hour con gli amici…

Avevano così bisogno gli alunni, (ma non solo loro) di dimenticare, di distrarsi dalla condizione di costrizione e di limitazione della libertà nella quale si trovavano a vivere.

Così, prima dell’ultimo D.C.P.M., con diverse ordinanze regionali “alla spera in Dio”, si è sancita una scelta culturale: prima chiudiamo la scuola e poi tutto il resto.

Perché, nel “tutto il resto” c’è di mezzo l’economia, con “il dio denaro”.

Mentre nella scuola, c’è di mezzo “la dea cultura”.

E della DEA CULTURA, in presenza poi, si può fare pure a meno…

Invece, che cosa si poteva o si doveva fare, già dalla fine del primo lock down?!?

Semplice.

Quello che non si è voluto fare, per tutti questi mesi.

Cioè, potenziare i mezzi di trasporto utilizzando anche quelli privati.

Potenziare i sistemi di prevenzione.

Controllare e monitorare con presidi medici e sanitari i luoghi di maggiore contagio lavorativo.

Intensificare i controlli in tutti i luoghi pubblici di aggregazione sociale indiscriminata.

Potenziare, potenziare, non proporre delle soluzioni stupide e delle risposte contraddittorie. 

Ed invece è stata fatta la scelta più facile, ma anche la più sbagliata.

Cioè, richiudere le scuole.

Prima le superiori.

E poi le medie, tranne le prime, giusto per salvare la faccia e riempirsi la bocca dicendo “La scuola non si ferma!”.

Ma, per favore!

Una scelta infelice, che più infelice non si può!

Perché la scuola NON è luogo di diffusione del contagio, ma luogo VITTIMA del contagio e della scellerata inerzia di chi avrebbe dovuto fare scelte, strategiche e lungimiranti.

Nel frattempo, però, dulcis in fundo, sono arrivati i banchi con le rotelle.

Perché questa è stata la risposta del Miur al problema del ritorno a scuola in sicurezza.

Ed ironia della sorte, i banchi sono arrivati proprio nei giorni dell’entrata in vigore delle ultime misure restrittive del D.C.P.M. del 6 novembre.

Nelle nostre scuole vuote, dove sono rimasti più insegnanti che alunni, dove i muri sono ancora decrepiti, dove manca la connessione per fare lezioni on line e dove non c’è la carta igienica nei bagni, (ma non manca il dispenser di gel sanificante), nelle nostre scuole, dicevo, ecco che sono arrivati i T.I.R. dei banchi con le rotelle.

E’ proprio così!

Basta fare un giro per le scuole d’Italia di metà novembre che si può vedere, con i propri occhi, che nei corridoi, giacciono ancora confezionati, interi scatoloni di banchi con le rotelle.

Banchi mai usati.

Soldi completamente sprecati.

Vergognosa non risposta istituzionale.

Delirio collettivo dei cervelloni del Miur.

Non si è voluto capire che i problemi vanno affrontati, gestiti e possibilmente risolti con competenza e professionalità.

Ancora una volta non si è capito che, chiudendo la scuola in presenza, non si riduce il contagio, ma si compromette il futuro dei nostri figli.

Perché, che lo si sappia, con le scuole chiuse, magari, avremo pure dei giovani apparentemente non contagiati, in perfetta forma fisica, soddisfatti nei loro hobby o piaceri, ma, questi giovani sono sempre più ignoranti, lasciatemelo dire, ignoranti come delle capre.

Perché, sfido chiunque, voglia assistere a una lezione on line, per vedere cosa significa fare una specie di seduta spiritica a suon di “Ci sei? Mi vedi? Mi senti?”

Cosa significa tentare di lavorare con dei ragazzi abbandonati a se stessi dietro un monitor oscurato.

Cosa significa ridurre i contenuti e regalare i voti a degli alunni a corto di conoscenze, in deficit cognitivo e relazionale, senza più né competenze, né abilità.

Alunni che crescono così, tirando a campare ed aspettando un futuro incerto.

Un futuro incerto, a norma di legge, però !!!

 

 




Sesso a colazione

Dopo l’amore ai tempi del colera, il sesso ai tempi del covid.

Alzi la mano chi tra noi non si sente addosso il marchio a fuoco del covid.

Chi tra di noi è rimasto quello che era ed ha mantenuto quello che aveva.

Alzi la mano chi non ha perso qualcuno o qualcosa.

Salute, lavoro, soldi, ruoli, abitudini…

Ma anche persone, affetti, legami, rituali…

Oggi però, come redazione di betapress, non vi parleremo della crisi sanitaria o di quella economica o di quella sociale.

Vi parleremo della crisi psicologica, relazionale, affettiva, ma soprattutto sessuale.

In tal senso abbiamo avuto il piacere di intervistare la Dott.ssa Giulia Alleva, laureata in psicologia, specializzata in sessuologia.

Betapress- Buongiorno Dott. ssa, ci parli un attimo della sua formazione Alleva- Eccomi, sono Giulia Alleva, laureata in Psicologia con una tesi che mi ha appassionato moltissimo: ho svolto una ricerca sulla sessualità femminile e sulla presenza delle disfunzioni sessuali più diffuse. Ho riscontrato che la sessualità è molto legata anche ad alcuni tratti di personalità, come l’autostima sessuale e il perfezionismo sessuale

Appena dopo la laurea, ho deciso di dare spazio a un’altra delle mie grandi passioni: il viaggio. Muoversi, con occhi nuovi e scoprire qualcosa che è altro da te.

Con questi presupposti, ho passato due settimane di studi antropologici in India sud occidentale con l’idea di svolgere la mia stessa ricerca di laurea sulle donne di quel luogo.

Purtroppo, gli organizzatori mi hanno sconsigliato di farlo: gli strumenti utilizzati per indagare la sessualità erano prima di tutto pensati per le donne occidentali e, in più, il contesto dei villaggi in cui ci siamo mossi era ancora molto arretrato, sia per la condizione femminile delle donne indiane che per la loro difficoltà ancestrale ad aprirsi nel parlare di sessualità. 

Dopo questo viaggio, forte, scottante e significativo, ho iniziato una full immersion di tirocinio di un anno per imparare come realmente nella pratica funzionasse il lavoro di psicologa.

E’ stato estremamente formativo, e nel frattempo ho iniziato un corso di perfezionamento in cui ho conseguito il titolo di consulente sessuale.

Adesso, non vedo l’ora di continuare i percorsi di sessuologia clinica e psicoterapia!

Betapress- Allora, Dott.ssa Giulia, partiamo dalla nostra situazione attuale, cioè la sessualità ai tempi del covid, come gestire il desiderio sessuale durante il lockdown in Italia, e più in particolare quali sono i problemi sessuali e/o i disagi psicologici specifici di questo periodo.

Alleva- La pandemia globale Covid-19 ha, probabilmente, influenzato la sessualità di ognuno, in modi certamente diversi, anche in base alla situazione relazionale e abitativa della persona.

Partiamo, ad esempio, dalle coppie monogame e non monogame conviventi, che potrebbero trovarsi a lavorare a casa insieme in smartworking h24.

Per queste coppie, i risvolti possono essere duplici: da un lato, più tempo disponibile per avere contatti sessuali, dall’altro, invece, si può verificare un calo del desiderio sessuale.

La diminuzione del desiderio può avvenire quando, stando sempre insieme, diventano infrequenti le situazioni erotiche misteriose o sorprendenti, praticamente la quotidianità forzata, può spegnere il desiderio e l’attrazione reciproca.

Betapress– Una sorta di saturazione sessuale, diciamo. Dott.ssa, ci sono delle strategie per riaccendere il desiderio in queste coppie H/24?

Alleva– A queste coppie, consiglierei di ritagliarsi dei momenti specifici per dedicarsi all’altro mettendo da parte il lavoro una volta terminato e pensando a dei piccoli gesti che possano risvegliare l’erotismo: immagino, ad esempio, un bagno erotico a due, un massaggio che possa coinvolgere i cinque sensi, con candele profumate per esempio, oppure una cena afrodisiaca con gli abiti preferiti dal partner.

Betapress– E le coppie che invece sono lontane e vivono il divieto di incontrarsi?

AllevaPer le coppie monogame non conviventi attualmente in zona rossa, potrebbe essere invece un periodo complesso a causa dell’impossibilità di vedersi.

Viene a mancare il contatto sessuale fisico, quello fatto di corpo e di sensazioni forti.

Certamente, non è possibile sopperire alla mancanza del contatto fisico, ma ci possono essere alcune strategie utili per migliorare i propri contatti sessuali in questo periodo.

 

Betapress– Immagino che non potrà consigliare ai nostri lettori di eludere alla sorveglianza e di produrre una certificazione falsa con la dicitura “validi e comprovati motivi sessuali”?!?

 

Alleva– Tutt’altro! Per queste coppie che devono gestire il loro desiderio sessuale non vissuto in presenza, ho ben altri consigli da dare…

 

Betapress– Per esempio?

 

Alleva– Per esempio, è possibile usare il sexting, o praticare autoerotismo in videochiamata con il partner raccontandosi le stimolazioni preferite, così da poterle poi replicare una volta riuniti.

Ma c’è di più…Esistono anche sex toys che possono essere azionati a distanza dall’altro partner, che può decidere di iniziare la stimolazione “all’insaputa” del partner, creando un coinvolgente gioco erotico.

 

Betapress– Il discorso si fa piccante…E per chi è solo, senza una relazione stabile, né in presenza, né a distanza?

 

Alleva– Per le persone che non hanno una relazione fissa o sono single, forse in questo momento incontrare un* nuov* partner può essere davvero complesso. Soprattutto per chi già vive da solo in zona rossa, non poter avere contatti con l’esterno può far crescere sentimenti di isolamento e solitudine.Questi sentimenti sono del tutto normali, ma è possibile effettuare, per chi lo desidera, degli incontri sessuali virtuali.

Le videochiamate, ormai molto utilizzate sia per lavoro che per mantenere i contatti familiari, hanno iniziato a essere utilizzate come vere e proprie piattaforme di incontri sessuali online.

Anche in questo caso, nulla può sopperire al contatto fisico, però esistono certamente degli stratagemmi per mantenere attiva la propria vita sessuale.

Praticare autoerotismo può essere, in questo periodo, un modo per scoprire sé stessi e il proprio piacere, ma anche per rilassarsi, per scaricare la tensione dovuta spesso alla difficoltà della vita quotidiana e alle frequenti brutte notizie riportate dai telegiornali.

 

Betapress– Ma, Dott.ssa, non è pericoloso ricorrere al sexting?

 

Alleva– Per quanto riguarda l’uso del sexting o il sesso online: è importantissimo avere il consenso della/e persona/e con cui si sta facendo sexting sulle pratiche sessuali da utilizzare e, inoltre, bisogna sincerarsi che le proprie immagini erotiche non siano diffuse online. Per chi pratica sexting con persone che non conosce un consiglio può essere quello di non mostrare il proprio volto, intrigando il partner attraverso una narrazione orale che possa accendere la fantasia. Sesso sicuro sì…anche online!

 

Betapress-Dottoressa, sesso a parte, in questi ultimi mesi si è registrato un incremento di forme depressive, ed in generale, viviamo un po’ tutti una sensazione di disagio collettivo. Come possiamo stare meglio?

Alleva– Ha ragione, bisogna lavorare sul benessere psicologico in generale, non solo sessuale, della persona.

Provare sentimenti negativi come tristezza, ansia, isolamento e solitudine può essere davvero molto comune: è importante “stare” in queste emozioni, non rifuggirle ma dare loro un significato.

Un suggerimento per affrontare queste emozioni negative può essere quello di ritagliarsi dei momenti specifici nella giornata per coltivare il proprio benessere personale.

Stare bene in questo periodo così complesso può significare ripartire dalle piccole cose: prova a pensare a quali “cose” hai sempre desiderato fare ma non hai mai avuto tempo. Imparare una nuova lingua? Seguire un corso di cucina? Seguire un corso di educazione sessuale? Fare sport? In questo periodo il web pullula di iniziative che puoi seguire da casa e possono essere il tuo momento di benessere quotidiano. 

Betapress– A proposito di corso di educazione sessuale, abbiamo scoperto che Lei è l’autrice di “Parliamone a colazione”. Di che si tratta?

Alleva– “Parliamone a colazione” è il mio primo progetto di educazione sessuale, che tanto mi ha fatto battere il cuore.

Un giorno ho sentito dire: “non si parla a tavola di sessualità, è sconveniente!”.

Io, allora, ho cercato con tutte le mie forze di sfatare questo tabù: la sessualità non è una “cosa sporca” e se ne può parlare insieme, con i dovuti modi…anche a colazione!

Ho deciso, quindi, di portare avanti questo progetto con un percorso pensato per abbattere i tabù sulla sessualità femminile, un percorso per co-costruire insieme, tutte insieme, una nuova narrazione della sessualità.

Non si tratta di “semplici” webinar, ma sono veri e propri incontri partecipativi in cui ci si confronta, si parla e ci si muove insieme verso nuove prospettive, senza mai giudizi o pregiudizi.

Betapress– Ma sono corsi on line o in presenza? E con che tappe di percorso?

Alleva– Il corso è stato on line nel primo lockdown, in presenza quest’ estate, ed ora sarà ancora on line.

Parliamone a colazione si articola in cinque incontri. Nel primo corso attualmente attivo, si parte per un viaggio che comincia dal corpo: conoscersi è la base per provare autostima e piacere sessuale. Ci muoviamo, poi alla scoperta di come il corpo e la mente reagiscono allo stimolo sessuale: parliamo di desiderio, eccitazione e di orgasmo. Infine, nelle ultime due lezioni affrontiamo i due binari importanti della sessualità che si alimentano vicendevolmente: la sessualità in relazione e quella “da sole”, quella masturbatoria che può accompagnarsi ai sex toys!

Betapress– Qual è il Profilo medio dei suoi iscritti età, livello culturale, argomenti preferiti… 

Alleva – Il bello di “Parliamone a colazione” è che è aperto a tutti. Dato che gli incontri sono molto partecipativi e si cerca di creare nuove narrazioni tutti insieme, è davvero per me illuminante e stimolante quando si incontrano i pensieri di persone con le loro unicità: età diverse, livelli culturali diversi, orientamenti sessuali differenti, identità di genere differenti.

E’ grazie alla “diversità” che c’è la possibilità di sviluppare un pensiero creativo e avere un reciproco scambio di narrazioni, è proprio questo il bello! 

Generalmente, gli argomenti che suscitano maggiore interesse sono i motivi per cui nelle coppie di lunga data avviene un fisiologico calo del desiderio, la costante dialettica tra orgasmo clitorideo e vaginale e, forse il tabù dei tabù: la masturbazione femminile. Molto interessante è anche l’approccio all’incontro sulle modalità relazionali, che spesso è in grado di smuovere molto la prospettiva dei partecipanti rispetto alle relazioni monogame e non monogame.

Betapress– Feedback ottenuto positivo riscontro/ criticità?…

Alleva– Sono davvero contenta dei feedback ottenuti dalle partecipanti delle prime due edizioni del corso: tutte si sono sentiti davvero a loro agio nel raccontare di sé, proprio come in una colazione tra amiche! Mi ha fatto particolarmente piacere che anche persone che già mi conoscevano prima del corso si siano sentite a proprio agio e mai giudicate.

Al secondo corso, infatti, moltissime ragazze del primo hanno convinto amiche, sorelle e conoscenti a intraprendere lo stesso percorso! 

Una criticità che posso evidenziare è che, spesso, è difficile decidere di mettersi in gioco in prima persona, probabilmente per l’intimità degli argomenti trattati. Di frequente, infatti, le partecipanti mi raccontano delle loro amiche molto curiose delle informazioni trasmesse al corso, ma che non decidono, forse per timidezza, di intraprendere il percorso. Tanti sono ancora purtroppo i tabù verso questi argomenti. 

 

Betapress– A quanto pare, un’iniziativa vincente, ma non è difficile il corso on line?

Alleva– Visto il grande successo delle prime due edizioni, rispettivamente online su Zoom nel periodo di maggio e giugno 2020 e di persona a Novara nel periodo di settembre-ottobre 2020, ho deciso di riproporre il corso online in partenza il 18 novembre 2020.

Ho riscontrato che il corso online nulla toglie a quello di persona: se, in apparenza si può pensare che lo schermo possa creare una barriera invalicabile, spesso aiuta a dare coraggio e a esporsi su argomenti così intimi, amplificando, al contrario, la partecipazione.

 

Betapress– Per il nostro pubblico femminile, Dott.ssa alleva ha un messaggio esclusivo per le ragazze che vivono le prime esperienze, per le donne che devono giostrarsi tra sessualità e maternità, per affrontare la questione menopausa, per la sessualità in tarda età…

Alleva– “Parliamone a colazione”, cioè il coraggio di mettersi in gioco in prima persona ed affrontare il tema della sessualità fa bene, comunque alle donne in primis.

“Parliamone a colazione”, non è un corso, ma un percorso.

E’ un percorso che può far bene alla sessualità ad ogni età in quanto porta alla luce diversi tabù e dà l’occasione di ottenere nuove consapevolezze. Con ciò, non si intende certamente eliminare le peculiarità che avvengono nella sessualità durante ogni fase del ciclo di vita, anzi.

Spesso, queste peculiarità emergono tramite il confronto con gli altri e arricchiscono la narrazione condivisa. 

Mi sento di dare un piccolo consiglio per le persone che si apprestano a vivere le prime esperienze sessuali: informarsi è il primo passo per vivere serenamente e consapevolmente le prime esperienze. Il consenso sulle pratiche sessuali che ci va di attuare è davvero fondamentale: se non vi va di fare qualcosa, è importante saper dire di no e al contempo accettare il “no” del/della partner. 

Anche la gravidanza può essere un momento peculiare nella vita sessuale: è normale che nei primi tempi dopo il parto possa esserci un calo del desiderio ma è importante mettere in gioco una buona comunicazione con il partner su come potersi riavvicinare non solo come coppia genitoriale ma ancora come partners sessuali, con i desiderati modi e tempi.

Infine, un grandissimo tabù è quello della sessualità durante la menopausa e dopo: questo momento particolare non significa un’interruzione forzata della sessualità, anzi. Anche in questo caso, con una buona comunicazione con il partner, una diversificazione delle stimolazioni sessuali che possano portare novità alla vita sessuale, la sessualità può vivere addirittura una seconda rinascita. Questo momento, infatti, porta con sé maggiori consapevolezze e può essere possibile vivere la sessualità in modo ancor più libero e felice.

Betapress– La ringraziamo moltissimo, Dott.ssa Alleva per il tempo che ci ha dedicato e per i preziosi consigli forniti ai nostri lettori.

E certi di fornire un servizio al nostro pubblico, anticipiamo che come redazione di betapress, avremo l’onore di avere la Giulia Alleva, come consulente psicologa e sessuologa, nella nostra rubrica on line “Storie di donne”.

A proposito, scriveteci la vostra storia, e nel pieno rispetto della privacy, ne parleremo in diretta con la nostra Dottoressa e vedrete che le parole, vostre e nostre, ci/ vi aiuteranno a formattare i pensieri e a schermare le paure. 

info@betapress.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando la casa è l’ultima spiaggia

 

Le Chat: estensioni della fuga dal matrimonio…

 




SmemoApp ed i giovani d’oggi!

Il gruppo editoriale CCEditore ha svolto nell’ultimo anno una importante ricerca sui giovani di oggi ed i social, commissionata dal Gruppo Smemoranda, al fine di realizzare un ambiente digitale a misura di giovani.

Il team di ricerca coordinato dal Professore di Sociologia, Corrado Faletti, con la sua ricerca ha permesso di avviare la creazione della SmemoApp, un diario digitale in grado di offrire una serie di servizi ad hoc per i suoi giovani utenti.

L’analisi di mercato, accurata e sistemica, ha calibrato l’offerta di un prodotto innovativo in grado di offrire una serie di servizi incentrati sulle richieste degli adolescenti del terzo millennio.

La dottoressa Chiara Sparacio, responsabile del team di ricerca ci riassume i principali contenuti:

Ragazzi ricchi di valori (impegno sociale e voglia di salvare il mondo).

Ragazzi che credono ancora nella famiglia, nell’amicizia e nella scuola.

Ragazzi creativi e dinamici, pieni di idee, i cui amori ed umori corrono sul filo degli ormoni (vedremo insieme l’evoluzione anagrafiche delle risposte).

Ma, comunque ragazzi, intelligenti e motivati, che chiedono qualcosa di più e qualcosa di meglio, di quello che c’è, attualmente, dentro e fuori la scuola.

Proprio, martedì scorso, il 15 settembre 2020, al Teatro Zelig a Milano, nella conferenza stampa di Smemoranda, è stato presentato un estratto della ricerca svolta da CCEditore per indagare sui valori dei giovani.

Il campione preso in considerazione tra marzo e giugno 2020, presenta le seguenti caratteristiche:

Età compresa tra gli 11 ed i 18 anni.

Studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado.

Nel 55% dei casi, maschi, e nel restante 45%, femmine.

Appartenenti a tutto il territorio nazionale.

Analizzati in due tempi, nella Fase 1, durante il lockdown, 550 studenti,

nella Fase 2, terminato il lockdown, 2000 studenti.

Monitorati attraverso un questionario di 40 tavole, relative a più di 100 domande espresse tramite questionari e test di verifica incrociati, gruppi di lavoro e workshop.

I ragazzi hanno risposto a questionari relativi a

  • Interessi generali
  • Utilizzo dei siti
  • L’app ideale
  • Reperimento e rapporto col denaro
  • Valori condivisi
  • Impatto personale sul mondo

 

Lo studio ha riportato dei valori molto interessanti, tracciando un profilo dei giovani notevole.

Prima di tutto, i giovani, nel giro di pochi mesi, passando dalla preadolescenza all’adolescenza (dagli 11-13 anni ai 14-18) cambiano di parecchio la focalizzazione sulla propria identità.

Essi spostano il loro interesse dall’esterno, verso eventuali idoli, all’interno, verso la consapevolezza di sé, assumendo così, una presa di coscienza del proprio valore personale.

I giovani decidono di volersi formare, vogliono essere artefici del proprio destino.

Interessante è vedere, per esempio la scala di valori dei ragazzi.

Nella fascia di età 11-13 anni, la Famiglia occupa il primo posto, seguita dagli Amici ed in ultimo dallo Studio.

Dai 13 ai 18 anni, cambia tutto, prima c’è l’Amicizia, poi lo Studio, per ultimo la Famiglia.

Ma non solo!

Lo studio ha dimostrato che i ragazzi, più crescono, più chiedono alla scuola di essere al loro fianco per essere migliori.

I giovani non vogliono materiale scolastico o programmi predefiniti (le famose conoscenze), ma, chiedono competenze, vogliono studiare su materiale creato apposta per loro, anzi, nato da loro.

La app più amata tra gli 11 e i 14 anni parla di musica, la meno interessante parla di libri.

Tra i 13 e i 18, la app più amata parla di musica, ma quella di libri sale vertiginosamente.

Se i più giovani seguono Tik Tok, ed usano prevalentemente WhatsApp, ben presto, crescendo, passano ad Instagram, Facebook, Messenger.

Sono sensibilissimi al tema della natura, pensano di avere il dovere di intervenire e chiedono alla scuola di aiutarli in questo.

Il loro denaro denaro viene speso per uscire e per fare acquisti di beni tra gli 11 e i 13 anni, ma per comprare app e appunti per studiare tra i 13 e i 18.

 

I ragazzi sono molto sensibili al sociale, infatti spendono il 10% del loro importo mensile in beneficenza.

Insomma, i giovani non sono una categoria unica, preconfezionata, sono fluidi e dinamici, intelligenti ed esigenti.

Per questo ci voleva una ricerca di marketing per centrare il bersaglio, per offrire loro un servizio scolastico ed un supporto digitale esclusivo.

Questo asse di ricerca, dicevamo, è stato curato da CCEditore, ed intorno a questo asse è nata SmemoApp.

Smemoranda ha infatti deciso di raddoppiare il suo storico diario, accostando alla versione cartacea, un’innovativa versione digitale.

La nuova veste dell’agenda nata nel 1979 è stata presentata proprio martedì 15 settembre al Teatro Zelig di Viale Monza, alla presenza del team di Smemoranda e dell’influencer Luciano Spinelli.

La Smemoranda cartacea esiste già da oltre 40 anni.

Nata nel 1979, Smemoranda ha ospitato le firme più prestigiose del mondo del cinema e della musica come Fellini, Jovanotti e Ligabue.

Ha sempre veicolato valori importanti ed estremamente attuali come la solidarietà e il pacifismo.

Il celebre diario ha raccolto attorno a sé più di 25 milioni gli studenti che, dalla prima edizione ad oggi, l’hanno “consumata” ogni giorno ed ha visto la partecipazione di diverse centinaia di collaboratori che hanno contribuito al suo successo.

Smemoranda è stata riconosciuta come un social ante litteram, ed è sempre stata considerata una vera e propria bacheca materiale.

Ora,”la Smemo si è aperta al web preparando il terreno per questa rivoluzione digitale” ha raccontato Nico Colonna, Direttore di Smemoranda.

La SmemoApp è un diario a tutti gli effetti, in formato digitale, che permette di segnare gli orari delle lezioni, di organizzare la giornata scolastica e di controllare il calendario scolastico.

Ma non solo, dall’app è possibile anche tenere sotto controllo la media dei voti, aggiungere gli amici e creare gruppi di discussione, oltre che condividere gli appunti con i compagni di scuola.

La SmemoApp è in grado di interagire day by day con gli studenti nel loro quotidiano, scuola compresa.

Ogni giorno, il diario propone centinaia di contenuti dedicati ai giovani, che possono creare post e condividerli.

I contenuti prodotti dagli utenti sono di loro proprietà ed essi stessi possono decidere di eliminarli in qualsiasi momento.

La genesi del progetto rimanda, come dicevamo, alla stretta collaborazione del team di Smemoranda con Corrado Faletti, Professore di Sociologia, che ha pensato alla “Stanza delle idee della generazione Z“.

Da lui è partita l’intuizione geniale di progettare un luogo digitale dedicato alla scuola, agli studenti e alle loro esigenze.

Dalla ricerca è emerso che la maggior parte dei ragazzi desiderava un’app in grado di offrire opportunità e stimoli per lo studio e di supportare la scuola in progetti sull’ecologia e sulla didattica.

La nascita della SmemoApp, è costruita proprio intorno a “la stanza delle idee della generazione Z”.

La SmemoApp offre una serie di attività, nate per i giovani e create con i giovani.

Nel corso dell’anno scolastico, infatti saranno implementati, con i partner leader del singolo settore, attività e servizi relativi a viaggi, assicurazioni su richiesta, servizi bancari, acquisto di biglietti per spettacoli e concerti, orientamento, volontariato, distance learning.

Non mancherà una sezione per giocare, accumulare punti, partecipare a concorsi e vincere premi, sezione realizzata in collaborazione con Epipoli, gruppo fintech italiano leader nei sistemi di engagement e specializzato in carte prepagate e Gift Card.

La rubrica reward è inaugurata dal Grande Concorso Smemoranda: chi acquisterà in edicola il magazine “Smemoranda – Tutti a scuola!” avrà la possibilità di partecipare al concorso e attraverso SmemoApp e potrà vincere subito fantastiche gift card Foot Locker e Media World per un monte premi totale di 15.000 euro.

Alessia Gemma, Responsabile contenuti Smemoranda, ha commentato: “Smemoranda si è sempre contraddistinta per la cura dei contenuti, contenuti che adesso abbiamo spostato anche on-line.

E’ il primo motore di ricerca per i ragazzi, per la generazione Z.

Ci sono tutti i contenuti scelti insieme ai Partner, il mantra che abbiamo seguito nella loro selezione è stato “se devi spiegarlo agli adulti, va benissimo per i ragazzi”.

Ci sarà inoltre una rubrica dedicata al Fantacalcio, vignette di ZeroCalcare, oroscopi e rubriche”.

Una moltitudine di contenuti freschi, aggiornati costantemente, legati all’attualità e ai trend.

I contenuti della Generazione Z, insomma, contenuti dei giovani.

Il rapporto completo verrà presentato da unicceditore.education entro il 2020.

Giovani creativi e vitali, anche un po’geniali, open mind e work in progress, come chi li ha studiati ed accontentati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“La nostra realtà sono i sogni”

 




Ripartenza, sforzo inutile?

 

Si ritorna a scuola, tra incertezze e perplessità.

I colleghi precari sperimentano errori ed orrori delle graduatorie provinciali.

I colleghi di ruolo si ritrovano a ballare tra tracciabilità e positività (ai test sierologici).

I Dirigenti sono braccati tra linee guida del C.T.S. e pressioni dell’utenza.

Il personale A.T.A deve districarsi tra cattedre scoperte, aventi diritto, perdenti posto, messe a disposizione, categorie a rischio e lavoratori fragili.

Le famiglie navigano a vista tra lo spettro della Dad, (diventata ora Didattica Digitale Integrata, come se bastasse cambiare un nome per risolvere un problema) ed i protocolli anticovid…

La dura prova alla quale è stato sottoposto il nostro sistema scolastico ha fatto emergere criticità e punti di debolezza.

Aspetti critici sistemici e vulnerabilità contingenti che hanno indotto in tutti i protagonisti una condizione di sconforto, forse mai registrata nella scuola del dopo guerra.

Amarezza ed avvilimento sono aumentati ancor di più nel periodo delle vacanze, periodo segnato da incertezze, indicazioni poco chiare, opinioni fuorvianti, messaggi contraddittori, anche al limite della perdita di ogni elemento di ragionevolezza.

Ma, nonostante tutto questo, anche se spesso e volentieri, non se ne parla, la scuola ha continuato a svolgere il suo ruolo.

La scuola non si è fermata.

I DS, i collaboratori dei DS ed i DSGA hanno continuato a programmare, progettare, eseguire tempestivi monitoraggi di diversa provenienza per mettere un “popolo” nella condizione di poter riprendere a costruire – con i limiti indotti dall’evoluzione pandemica, ma in sicurezza – i progetti educativi delle autonome Istituzioni scolastiche.

Purtroppo, temi di distrazione di massa e di efficace qualità populista hanno provato a far perdere la bussola ad una squadra di professionisti che, nonostante tutto, ed a diverso titolo, sono stati e sono protagonisti nella ripartenza di questi giorni.

Come redazione di betapress, ne abbiamo parlato con il prof. Rosolino Cicero, Presidente dell’Ancodis (Ass. Naz. Coll. Dir. Scol.)

Betapress– Prof. Cicero, quest’anno, di certo, i Dirigenti scolastici ed i Vicari, non si sono goduti le ferie…

Cicero– Proprio così.

Siamo stati in questa calda e complicata estate impegnati quotidianamente nelle nostre scuole a progettare, ad immaginare, a verificare come poter dare risposta, senza allarmismi ed in sicurezza, alle legittime richieste delle famiglie, consapevoli che “l’anno che verrà” non potrà essere come i precedenti, ci riserverà tante “sorprese” e metterà in discussione prassi organizzative e modelli didattici consolidati.

Betapress– Da addetti ai lavori del mondo scuola, cosa state facendo come Ancodis?

Cicero– Alla facile inerzia di alcuni o alla tentazione di altri di scaricare le responsabilità abbiamo preferito la strada più difficile, quella di osare e di rischiare, pur con tutte le incognite che la dura e complessa realtà ci porrà innanzi.

Abbiamo preferito giocare da protagonisti la partita contro il Covid 19, consapevoli che il risultato finale dipenderà da una squadra coesa e determinata, costituita dalla comunità scolastica, dai genitori, dagli EE.LL.(Enti Locali), dal volontariato.

Betapress– Qual è il vostro obiettivo?

Cicero- Continuiamo a perseguire, con determinazione e nonostante le tante criticità, un solo obiettivo: fare ripartire i nostri alunni in ambiente scolastico, far comprendere loro che ciò che è nelle nostre possibilità dovrà essere fatto, senza se e senza ma, schierarli in “campo da gioco” nel quale, nel rispetto delle regole, seppur molto stringenti e magari non comprese, ciascuno possa sentirsi protagonista e tutti insieme fare, nel primo giorno di scuola, un incoraggiante segno di vittoria.

Betapress– Prof. Cicero, vuol dire qualcosa in particolare ai suoi colleghi vicepresidi?

Cicero– Sì, vorrei rivolgere un pensiero particolare, ai tanti colleghi Collaboratori che si trovano a lavorare in scuole in reggenza: conosciamo bene l’enorme lavoro che li aspetta e le tante criticità ed emergenze cui dovranno far fronte.

A loro ed alle loro comunità va un sincero incoraggiamento.

Betapress– E a tutti gli altri operatori scolastici…

Cicero– A tutto il personale della scuola, ma anche alle famiglie, agli alunni, ai volontari, voglio dire che la scuola deve ripartire e ciascuno deve poter dire di aver contribuito a vincere la grande sfida.
Buon anno scolastico a tutti.

E noi come redazione di betapress, vogliamo appoggiare questo messaggio propositivo di Ancodis.

Messaggio, controcorrente, certo, ma molto più efficace ed efficiente di tanta propaganda elettorale, in cui la scuola è impiegata come specchietto per le allodole, per guadagnare voti da chi non sa neanche di cosa sta parlando.

Grazie, Prof. Rosolino Cicero, per fortuna che qualcuno ci crede nella scuola e, nei fatti, si impegna a migliorarla.

[N.d.D.]

Nel fare i complimenti al prof. Cicero, riteniamo giusto osservare che tutte le scuole hanno lavorato in questi ultimi tre / quattro mesi per  la ripartenza.

Il vero problema è che hanno ricevuto indicazioni sempre più confuse e contrastanti, segno di mancanza di conoscenza  a monte, costringendo i dirigenti a fare e disfare, senza una linea coerente o quanto meno sicura.

Ancora di più si stanno buttando al vento milioni di euro che forse si potevano usare in modo più proficuo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rosolino Cicero: la DAD non è di sistema…




Ebru Timtik: quando si muore per i diritti.

238 giorni senza mangiare, rinchiusa in un carcere turco.

Ebru Timtik, avvocatessa che si occupava dei diritti umani e che era stata condannata a 13 anni per terrorismo è morta, giovedì sera, nel carcere turco di Silivri, dopo 238 giorni di sciopero della fame.

Quella di Ebru Timtik è stata una vita di impegno e di lotta.
Una vita passata combattendo e cercando giustizia, prima come avvocatessa per i diritti umani, poi come attivista.

Era stata condannata a tredici anni di carcere e non ha mai smesso di protestare contro Erdogan e per la libertà.
Dopo essere finita in prigione, Ebru Timtik è morta in silenzio, dopo 238 giorni di sciopero della fame.

Tutti sapevano in Europa, (noi italiani pure), ma tutti tacevano.

Salvo poi, adesso gridare al martirio…

Era arrivata a pesare solo 30 chili, fanno sapere i suoi amici.

Timtik voleva un processo equo, ma la sua battaglia è terminata così, tra assenza di posizione critica e tolleranza pavida dell’Europa e dell’Italia difronte allo spietato regime turco.

″È morta da martire”, ha denunciato su Twitter, il gruppo Halkin Hukuk Burosu, associazione di avvocati.

Il 14 agosto, la Corte costituzionale turca aveva respinto la richiesta di rilascio a scopo precauzionale, per lei e per il collega Aytaç Ünsal (anch’egli in sciopero della fame), nonostante le loro condizioni di salute fossero molto critiche.

Ma facciamo un passo indietro

E leggiamo insieme la nota di Associazione Avvocati progressisti sulla morte di Ebru Timtik e poniamoci il dubbio se più che di martirio, non si debba invece parlare di una cronaca di morte annunciata.

“Le persone che ricoprono le cariche del Ministero dell’Interno e del Ministero della Giustizia (in Turchia) e che hanno l’autorità di reprimere la “magistratura indipendente” hanno usato il termine “terrorista” per Ebru; hanno ritenuto Ebru responsabile dell’omicidio del procuratore Mehmet Selim Kiraz.

Nelle indagini e nei procedimenti per l’omicidio del procuratore Mehmet Selim Kiraz, non c’è una sola prova o accusa contro Ebru.

Mentre l’argomento è così chiaro, stabilire una relazione tra la morte del Procuratore ed Ebru indica solo l’esistenza di una mente problematica o di una cattiva intenzione.

Ebru, come rivoluzionaria che ha vissuto una vita dignitosa fino al suo ultimo respiro, è stata abbracciata dalle forze progressiste della società.

Le parole che verranno versate dalla vostra bocca (fautori del regime) non significano nulla per noi.

Perché sappiamo benissimo che (i rappresentanti del potere giuridico) hanno personalmente preso parte agli interventi politici contro Ebru e i nostri amici avvocati.

Ebru è stata uccisa.

È indiscutibile per chi legge, ascolta, vede e osserva che questa frase non esprime un pettegolezzo.

Ebru è stata massacrata da un sistema legale ingiusto, gestito con istruzioni dirette e da gruppi di potenti interessi che lavoravano duramente per la sopravvivenza di questo sistema e che sono al potere da molto tempo.

Nonostante l’illegittimità del processo in cui lei e i nostri colleghi sono stati processati fosse evidente, è stata assassinata da giudici che si sono rifiutati di rilasciarla, nonostante i rapporti forniti dall’Istituto di medicina legale e dagli ospedali, e dai giornalisti che non si sono astenuti dal pubblicare le notizie ordinate direttamente per mano di Süleyman Soylu (ministro dell’Interno) e che agivano direttamente come portavoce del governo.

Lo sappiamo e non lo dimenticheremo mai e poi mai.”

Ma chi era davvero Ebru Timtik?

“Era come una sorella maggiore, la conosco da molto tempo, da cinque anni.

Era la nostra collega.

Era anche un’avvocatessa, difendeva le persone in vari casi, come Soma o i massacri, ed è per questo che era sotto processo”, spiega un collega della donna.

“Questo Paese deve saperlo: se un avvocato paga la sua richiesta di giustizia con la vita, non c’è più nulla da dire.

Nessuno in questo Paese è al sicuro, dice Musa Piroglu, membro dell’opposizione.

La storia

La 44enne e 17 suoi colleghi erano stati arrestati nel 2019 e accusati di legami con il Fronte Rivoluzionario della liberazione popolare (Dhkp-C), gruppo militante di estrema sinistra considerato “organizzazione terroristica” da Turchia, Stati Uniti e Unione Europea.

A febbraio, aveva iniziato lo sciopero della fame, contro un processo che la donna e molti membri dei partiti dell’opposizione turca definivano “ingiusto e imparziale”.

La posizione della Corte Costituzionale turca.

Solo pochi giorni fa a Bruxelles, dieci avvocati belgi avevano avevamo manifestato davanti all’ambasciata turca, in segno di solidarietà con Timtik e Ünsal.

Avevano intrapreso lo sciopero della fame.

L’avvocatessa belga Sibylle Gioe aveva detto ai microfoni di Euronews: “Abbiamo deciso di sostenere Ebru e Aytaç in questo modo.

I due stanno facendo lo sciopero della fame, perché sono stati maltrattati dal regime.

Sono stati imprigionati con le peggiori accuse e tutto quello che vogliono è un processo equo, ma non sono stati processati in modo equo.

Le loro vite sono in pericolo.

Vogliamo avvertire il nostro governo, le organizzazioni della società civile e il governo turco”.

Risposta.

Nonostante pesasse meno di 30kg, la Corte di Cassazione turca ha dichiarato che la incolumità fisica dell’ attivista era al sicuro.

Gli altri martiri

Timtik è la quarta persona del processo Dhkp-C morta quest’anno a seguito di un digiuno.

Helin Bölek, solista del gruppo musicale Grup Yorum, è morta il 3 aprile, dopo 288 giorni senza alimentarsi.

Il 7 maggio era toccato al bassista della stessa band, Ibrahim Gökçek, deceduto dopo uno sciopero della fame durato 323 giorni. I

l 24 aprile si era spento il prigioniero politico Mustafa Koçak, che aveva fatto 296 giorni di digiuno.

Ma allora, se quella di Ebru Timtik non è la prima vita spezzata dall’autoritarismo di Erdogan e non sarà purtroppo l’ultima, perché non ascoltiamo le loro storie, perché non ci documentiamo sul loro impegno politico, perché non onoriamo almeno la loro morte?!?

Non possiamo abbandonare queste persone, dobbiamo utilizzare con maggiore efficacia tutti gli strumenti politici e diplomatici per supportare chi lotta per un cambiamento, il nostro disimpegno e la nostra distanza sarebbe la loro condanna.

 

La Turchia del tiranno Erdogan continua la sua inarrestabile caduta verso l’oscura repressione di ogni pensiero e di ogni figura non corrispondente alla sua visione islamista radicale, e noi per quanto tempo ancora, continueremo a non vedere ed a non agire?!?

Come redazione di betapress, vogliamo aderire alla posizione dei suoi amici e colleghi e sottoscrivere questo appello della ASSOCIAZIONE AVVOCATI PROGRESSISTI

“L’ultima parola che ti diremo:

In tutte le circostanze, continueremo a gridare le richieste di Ebru, a continuare la sua lotta e a rivendicare la sua memoria.

Nel cammino che facciamo con Ebru, continueremo ad agire come fautori dei lavoratori oppressi sotto la ruota del capitale, donne abbandonate al loro destino, individui emarginati, il popolo curdo che è sotto l’attacco dello Stato in ogni momento, rivoluzionari, insomma, tutte le classi oppresse.

Abbiamo perso una sorella. 

Uno dei nostri fratelli è ancora sull’orlo della morte. 

Ciò significa che oggi siamo in lutto, soffriamo, ma siamo anche arrabbiati e abbiamo un lavoro molto importante e una promessa di lotta, come fare del nostro meglio per mantenere in vita Aytaç.

Piangeremo il nostro dolore in questo modo, facendo fermentare la rabbia e accrescendo la lotta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Norvegian Wood: ma non parliamo di Beatles…

Norwegian Wood è uno di quei libri che trovi in ogni libreria.

Ti corteggia dallo scaffale, ma tu sei combattuto tra la fiducia verso il mondo giapponese (se sei un amante delle sue arti già da prima) ed il dubbio per la sua onnipresenza che potrebbe essere sintomo di prevedibilità.

Il mio combattimento è terminato con un compromesso e, non conoscendo altre opere di Murakami Haruki, me lo sono fatta prestare.

Ho fatto bene.

La trama.

Watanabe Toru, ormai trentasettenne, sta arrivando in Germania con l’aereo.

Pochi istanti dopo l’atterraggio gli altoparlanti del velivolo cominciano a diffondere a basso volume “Norvegian Wood” dei Beatles.

Watanabe si sente male, un’intensa malinconia e nostalgia lo costringono a ricordare eventi e persone che popolarono i suoi anni giovanili, in particolare un periodo che va dal 1968 al 1970, mentre frequentava l’università a Tokio.

Attraverso un lungo flashback che comprende tutto il romanzo, Watanabe ripercorre quegli anni e il ricordo diventa concreto, diventa una nuova realtà da rivivere con gli occhi della mente e dell’emozione, ormai adulte.

Una persona in particolare ritorna subito alla memoria: Naoko, ragazza bellissima e pericolosamente fragile, della quale Watanabe si era innamorato.

I due si rivedono per caso per le strade di Tokio mentre stanno frequentando il primo anno di università: non si erano più incontrati dal funerale di Kizuki, migliore amico di lui e fidanzato di lei, morto suicida a soli 17 anni.

Iniziano così una frequentazione, durante la quale Watanabe si innamora sempre più di Naoko, più intensamente quanto più lei mostra i sintomi di un disagio psicologico che si fa sempre più grave, fino a diventare vera e propria malattia mentale.

Quando Naoko si allontana per questi motivi, Watanabe conosce ed inizia a frequentare un’altra ragazza, Midori.

Midori è completamente diversa da Naoko, anche lei ha sofferto parecchio nella sua giovane esistenza, ma è molto più vivace, vitale e disinibita.

Evidentemente, in questi termini, il libro non ha dei contenuti strepitosi, inauditi, la trama, di per sé, non ha nulla di nuovo.

Eppure, c’è una potenza, una forza che agisce tacitamente, che fa sì che ogni volta che lo apri, non lo chiudi, se non ne hai letto almeno cento pagine per volta.

Subito si coglie lo stile unico dell’autore, badate bene: non migliore, ma personalissimo.

E anche se troverete dei dialoghi infiniti, continuerete imperterriti nella lettura, perché, Murakami, prima di farvi avere i “fatti”, vi farà sudare.

E quello che accadrà, sarà esattamente quello non previsto, non calcolato.

Nel racconto, come nella vita.

E, stupendomi enormemente di una pazienza che non sapevo di avere, sono stata al suo gioco dall’inizio alla fine, senza irritamento o noia.

Forse perché c’è la consapevolezza intrinseca che ogni dialogo è essenziale per capire quel che accadrà dopo.

Del resto, al personaggio principale, Toru, succede sempre qualcosa di incredibilmente “pesante” e complesso.

Complessità non intesa per forza come difficoltà, ma come insieme di più concetti sottostanti.

Complessità come impatto emotivo del quotidiano, straziante e sublime per una persona in crescita e per una personalità in evoluzione.

Del resto nella vita di Toru ci sono persone tutt’altro che ordinarie: gli amici di una vita che sguazzano nella depressione; l’amico dell’università che ama troppo sé stesso per amare qualcun’altro; la ragazza esuberante e senza filtri (che in un paese come il nostro sarebbe la “porca” di turno) e così via…

Ma Murakami è un abile rappresentatore di realtà.

Questi personaggi non risultano mai caricature, anzi, sono descritti quanto più possibile in tutte le loro caratteristiche e, talvolta, perfino negli aspetti contraddittori tipici dell’essere umano.

Contraddizioni che poi portano a scelte ed azioni più o meno condivisibili ma che mai percepiremo come inadeguate o banali.
“Norvegian Wood” è una narrazione/viaggio fra i sentimenti, fra le emozioni e le inquietudini che si incontrano tra l’adolescenza e i primi anni della vita adulta: l’amore che nasce e che finisce, un amore non platonico ma completo, in cui il sesso ha una componente di fondamentale importanza, l’amicizia, il senso di responsabilità.

L’io narrante è un ragazzo che ha sostanzialmente dei buoni principi morali, è sensibile ed altruista, ma che rimane sempre concreto, reale, credibile.

Norvegian Wood è stato definito un grande romanzo sull’adolescenza, ma non ne consiglio la lettura a dei ragazzi.

Piuttosto, è destinato a dei lettori risolti e risoluti, perché altamente inquieto ed inquietante.

Straziante e sublime, come dicevo.

Il romanzo trasmette un intenso senso di inquietudine, malinconia e tristezza.

Eppure, anche nei passaggi più bui, la luce sulla vita, sul futuro e sull’amore non si spegne mai.

Si continua a leggere, come si continua a vivere, anche quando tutto intorno è un’immensa palude.

La persistenza delle contraddizioni dell’uomo le troviamo nello stesso personaggio che porta dentro di sé le turbe profonde, la solitudine, l’insicurezza e, insieme, la capacità di comprendere, giustificare, non esasperare e ponderare sempre quel che accade.

Così, sempre più, il lettore diventa il protagonista, ognuno di noi diventa quel Watanabe (Toru) che a volte ci può apparire passivo, ma mai apatico.

Il tratto distintivo di questo libro è l’onestà: non ci sono filtri nei pensieri di Toru, né nell’interazione con l’altro.

Attenzione, però, Murakami non scade mai in volgarità, nulla sembra “grezzo” o inopportuno.

Se è vero che l’arte è un artefatto culturale, allora dobbiamo ringraziare la cultura giapponese per produrre arte che ci permette di pensare che una società nella quale avere legami emotivi più sinceri, con meno tabù e più libertà di essere sé stessi, può esistere o, almeno, ce lo fa credere anche se solo per un poco.

Pur parlando di morte, malattia, solitudine, Norwegian Wood è un inno alla vita, che ti bacia tra le lacrime.

Forse è proprio questa la forza e la bellezza di “Norvegian Wood”.

Di Watanabe che ha scelto di vivere e di noi con lui che abbiamo scelto di vivere, “perché la morte si sconta vivendo”, ma anche la morte si sconfigge amando.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando lo strafalcione diventa esame di stato, la scuola che non c’è più…

 




Fioramonti contro Azzolina

Fioramonti non si ferma.

Lorenzo Fioramonti, ex ministro dell’Istruzione, ex pentastellato, che lasciò il dicastero di viale Trastevere dopo non aver ottenuto dal secondo governo Conte gli investimenti chiesti per l’istruzione.

Ora, docente di economia politica, che mantiene due cattedre all’estero ed è deputato del gruppo Misto.

Bene, Fioramonti non si ferma.

E’ di poche ore fa la notizia (ANSA, ROMA 27 AGO) della sua presa di posizione contro il governo per le gravi mancanze nei confronti della scuola.

 “Nessuno degli studenti con disabilità deve rimanere indietro. Per questo, insieme ai deputati e senatori sia di maggioranza che di opposizione abbiamo presentato un appello alla Presidenza del Consiglio affinché nel primo strumento normativo utile, si possa intervenire per sanare la carenza di posti sul sostegno che la Scuola si troverà ad affrontare a settembre”.

Questo è quanto afferma Lorenzo Fioramonti del gruppo Misto alla Camera, Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca con il M5S fino a dicembre del 2019.

“Non è possibile immaginare – continua Fioramonti – che quasi 80.000 posti sul sostegno rimarranno in deroga anche a settembre.

Ad oggi, 14.224 sono gli specializzati che hanno superato le prove altamente selettive.

E’ necessario che vengano immessi in ruolo subito, e che vengano previste ulteriore specifiche per l’immissione in ruolo della restante parte.

Inoltre, è necessario che venga sanata l’assenza di previsione all’interno del bando per il concorso straordinario che miri a riassegnare i posti rimasti scoperti per il mancato possesso del requisito dei tre anni di docenza sul sostegno”.

E’ un impegno prima di tutto morale quello che viene richiesto alla Presidenza del Consiglio – continua infine l’ex Ministro -, affinché si possa intervenire presto nei confronti di quelle fasce più deboli della nostra comunità scolastica che hanno già dovuto patire tanto durante l’emergenza COVID-19, e che se ora non si interverrà adeguatamente, rischieranno di rimanere ancora più isolate

Dicevamo, non si ferma, perché già martedì 25 agosto, alle 21.30 su La7 è stato ospite a “In Onda” per parlare del rientro a Scuola a settembre.

Come redazione, riprendiamo quanto direttamente condiviso dallo stesso Fioramonti sulla sua pagina Facebook.

A commento della serata, Fioramonti ha postato:

” Abbiamo accumulato ritardi enormi, che ora stanno riaccendendo contrasti con le Regioni.

Non voglio entrare in queste dinamiche politiche, che forse una programmazione più puntuale ed efficace avrebbe potuto disinnescare.

Il Governo non ha voluto svolgere in tempi rapidi il concorso per i precari storici della Scuola, commettendo a mio avviso un errore, perché necessitiamo di più insegnanti di ruolo in tempi normali, figuriamoci oggi in questa situazione di grande incertezza.

E perché dobbiamo avere gruppi classe più piccoli, per ridurre i rischi di contagio e ritrovarci – dopo la pandemia – con una Scuola più funzionale alla didattica innovativa e laboratoriale di cui abbiamo disperato bisogno. Ma senza un numero sufficiente di organici di ruolo (in alcune scuole la metà del corpo docente è precario e cambia continuamente), le classi piccole hai difficoltà a farle.

Lo stesso dicasi per dirigenti, amministratori ed ATA.

E invece puntiamo a nuove assunzioni precarie, con il cosiddetto “personale Covid”, senza diritti e senza continuità, tutto sempre legato all’emergenza.

Ora siamo a fine agosto ed il tempo è scaduto. Ma qualcosa forse possiamo ancora farla:
1) assumere i docenti specializzati sul sostegno a fronte di 80 mila cattedre in deroga, per tutelare i bambini e le bambine più vulnerabili, completamente dimenticati dalla didattica a distanza (su questo abbiamo emendamento 29.0.34 al DL Semplificazione al Senato, prima firma Cario);
2) rivedere la responsabilità penale presidi, che rischiano molto per colpe che non hanno, anche per evitare tensioni e chiusure in autotutela da parte delle amministrazioni (su questo c’è un emendamento a prima firma Fattori, sempre al Senato);
3) modificare la norma sul dimensionamento scolastico, che ancora oggi è in totale contraddizione con le regole del distanziamento e che invece deve portarci ad avere scuole e classi più piccole anche dopo l’emergenza;
4) dare precedenza ai più piccoli, che non possono fare la didattica a distanza, neanche come misura residuale, prevedendo più spazi per la scuola dell’infanzia e la primaria anche negli istituti superiori, se necessario.”

Come dargli torto?!?

Per di più, persino Mario Draghi al meeting di Rimini, ha dato ragione a Fioramonti.

In tal senso riprendiamo l’intervista rilasciata dallo stesso Fioramonti a Maria Elena Ribezzo, apparsa su La Presse il 18 agosto con il titolo

Fioramonti: Bene Draghi su scuola e ricerca, avevo avvisato il Governo sulla loro importanza strategica
“Le idee giuste, anche in ritardo, in genere si affermano”.

La collega Ribezzo aveva commentato così quanto avvenuto a Rimini.

“Le parole di Mario Draghi al meeting di Rimini, sul rischio per il futuro dei giovani e sull’importanza di dare loro di più suonano come una ‘rivincita’ per Lorenzo Fioramonti, ex ministro dell’Istruzione” e, la Ribezzo aveva ragione.

Riprendiamo dunque l’intervista.
DOMANDA Ha apprezzato il discorso dell’ex governatore?
RISPOSTA Draghi ha detto tutte le cose che dovevano essere dette, mi dispiace che ci arriviamo sempre col senno di poi.

Mi lasci dire che la politica dovrebbe valorizzare chi l’aveva detto prima, chi cercava di avvisare.

Dopo, sono tutti bravi a sapere cosa va fatto.

Anche Draghi dice una cosa palese: se vuoi rilanciare l’economia, devi lavorare sulle condizioni per il rilancio, sull’innovazione, sulla formazione e sulla ricerca.

Chi non valorizza l’innovazione non capisce l’economia.
D. Ha anche messo in guardia sull’inefficacia dei sussidi, a lungo andare.

E’ d’accordo?
R. Ha parlato di sussidi non produttivi, ma esistono anche sussidi produttivi.

Il reddito garantito, per esempio, lo è.

Nei paesi del nord Europa quando una persona vuole fare imprenditoria, lo Stato la aiuta.

Sono favorevole a un reddito di cittadinanza fatto in maniera intelligente. Serve un’economia in cui i giovani si possano sentire sicuri, sapendo che la rete è sotto la fune.
D. Da docente soffre anche lei del gap di conoscenza tra gli studenti italiani e la media degli studenti nord europei?
R. Certo.

Abbiamo una grandissima tradizione, ma sono troppi anni che non investiamo in formazione docenti, in strutture, laboratori.

E tutto questo incide sull’apprendimento.

Poi abbiamo la classe docente più vecchia d’Europa.

Le riforme della scuola non le devono fare i contabili, sempre con l’obiettivo di risparmiare.

Si devono fare con un’idea di pedagogia, di investimento, di modello di formazione.
D. In questo momento però sono stati investiti 3,6 miliardi solo per la ripartenza a settembre.

  1. Se si fanno bene i conti, a essere stati investiti sono meno di 3 miliardi, molti dei quali non sono garantiti per personale e organico, ma sono destinati a spese infrastrutturali, come per i banchi.

Giusto avere infrastrutture nuove, ma il problema principale è abbassare il numero di studenti per aula e investire nell’organico.
D. Cosa dovrebbe fare il governo a questo punto?
R. Il presidente del Consiglio dovrebbe dire solo una cosa: sulla scuola bisogna investire tutto e di più.

Dovrebbe dire che sulla scuola investiremo ‘whatever it takes’, per riprendere le parole di Draghi in un altro momento.

Facciamo debito buono, che fa bene alla crescita e all’economia. Abbassiamo il numero di studenti per classe a 15 e non per l’emergenza Covid.

Investiamo per l’innovazione, la formazione, uno stipendio più alto per gli insegnanti.

Abbiamo la possibilità di fare la rivoluzione e noi cosa facciamo?

Usciamo con una scuola, se ci va bene, quasi come quella di prima.

Non capiterà mai più che l’Europa ci consenta di fare così tanto debito.

A questo punto, dopo aver investito, ti devi ritrovare con una Ferrari, non con un’utilitaria mezzo danneggiata.
D. A settembre la scuola riparte?
R. Riparte, poi si ferma, magari a singhiozzo.

È tutta una questione di dibattito giornalistico, no?

Allora la ministra si farà fare le foto davanti agli istituti che vanno meglio, ignorerà quelli che vanno un po’ peggio.

Riaprirà da qualche parte, da qualche altra no, ma dirà di aver comunque riaperto.

Una cosa è certa: la scuola ripartirà in condizione di fragilità.

Se non faremo tutti gli investimenti giusti, che solo adesso possiamo fare, sarà una grande occasione sprecata. L’unica di questa generazione”.

Come redazione, non possiamo che condividere ogni parola di Fioramonti, e congratularci che ci sia almeno qualche politico che ha il coraggio di dire le cose come stanno.

Finalmente, un politico che non fa mera propaganda.

Un addetto ai lavori che conosce la scuola ed ha il coraggio di dare voce al malessere generalizzato del mondo scolastico.

Finalmente un politico che obbliga l’opinione pubblica a riconoscere che la scuola è l’ombelico della società e dovrebbe essere la spina dorsale della nostra democrazia.

Ma davvero siamo ancora in un regime democratico, se certe prese di posizione non sono divulgate dagli organi di stampa?!?

Ai posteri, l’ardua sentenza.

Noi diciamo l’amara sentenza.

Tanto sappiamo, come addetti ai lavori, che le parole di Fioramonti sono profetiche.

Appuntamento al 14 settembre…

 




DAD E LE MAMME: LA MORTE SUA…LORO!

Per favore, riaprite le scuole!

Una mamma su tre pensa di lasciare il lavoro se continua la didattica a distanza.

Lo svela una ricerca della Bicocca di Milano.

La pedagogista Giulia Pastori, professoressa dell’Università Bicocca di Milano, a capo del team che ha realizzato un’indagine sulla didattica a distanza, ha dichiarato:

“Durante il lockdown le lavoratrici hanno dedicato 4 ore al giorno ad aiutare i figli con i compiti: è un segnale allarmante. Nel resto d’Europa non è così”.

Ma, facciamo un passo indietro, giusto per capire.

La Ministra Azzolina, in un’intervista al Corriere della Sera del 17 aprile 2020, aveva ribadito sostanzialmente tre concetti

1) la didattica a distanza ha funzionato alla grande, la scuola ha chiuso, ma non si è mai fermata.

2) i genitori possono tornare tranquilli al lavoro, perché sono garantiti dai congedi parentali e dal bonus baby-sitter.

3) a settembre si potrebbe anche ripartire con la didattica a distanza perché (vedi il punto 1) ha funzionato alla grande.

Cara Ministra, o mi sono distratta io, o si è distratta lei.

Nel primo caso, non è così tanto grave.

Però, se si è distratta lei, adesso il report delle mamme la pensa come me.

Cioè, non solo la DAD non ha funzionato, ma è stata un incubo per le madri, soprattutto per le madri lavoratrici.

Accogliamo per buone le sue parole e l’affermazione che la didattica a distanza abbia raggiunto il 94% degli studenti.

Diamo per scontato che le piattaforme siano state tutte splendidamente accessibili e che le famiglie abbiano avuto a disposizione più strumenti tecnologici per il magico accesso.

Facciamo anche finta di credere che il rapporto insegnanti-docenti sia stato splendidamente superato dal medium tecnologico.

Non possiamo però fingere di non sapere che per i bambini della primaria e perlomeno per i ragazzi della prima secondaria inferiore, l’accesso alla fantastica didattica a distanza sia stato garantito dalla presenza dei genitori.

E diciamo “genitori”, utilizzando il politicamente corretto, ma perlomeno per il 94% dei casi (esatto la stessa percentuale di cui sopra) ci stiamo riferendo alle madri, alle donne.

Ma, per carità, la sottolineatura non va neppure pronunciata, perché, nella vita reale, è talmente scontato, che ripeterlo sembrerebbe inutile.

Tutto quello che si riesce a dire è che per ovviare alla difficoltà si è messo in atto un sussidio, quando il problema non è stato solamente economico, ma del diritto all’emancipazione femminile, frase che sembra appartenere agli anni ’70.

Infatti, nel giro di una notte, quella del 9 marzo, quando è stato annunciato il lockdown, la figura della donna è stata ricollocata, senza farne menzione ovviamente, nella dolce casella: “angelo del focolare”.

E così, ogni donna lavoratrice, per quattro mesi, ha cucinato, pulito, lavato, ma anche fatto da coadiuvante alle insegnanti, seguito i figli nei compiti, dialogato con la rappresentante dei genitori (donna anche lei), cercato, affannosamente di capire come, quando e perché tutto era così, maledettamente, assurdo.

E la Ministra Azzolina, donna anche lei, ha pensato di cavarsela con il bonus parentale! 

Dunque, come dicevo, adesso abbiamo dei dati che confermano i sospetti, miei, e dell’universo femminile italiano.

Non c’è stato bonus parentale che compensasse il disastro della DAD ed il suo impatto sulle donne, madri e lavoratrici.

I quesiti sono arrivati a 7mila nuclei familiari formati con figli minorenni: solo un genitore avrebbe dovuto rispondere, ma a farlo per il 94% sono state le donne “e già questo la dice lunga sul fatto che la cura dei figli in Italia sia ancora completamente femminile”.

E’ emerso che sono state le mamme, praticamente soltanto loro ad occuparsi dei figli, ma, soprattutto che la ricaduta sociale della didattica a distanza è stata molto pesante sulle donne, madri e lavoratrici.

Addirittura, dal sondaggio della Bicocca, è risultato che “Il 65% delle madri ritiene che la didattica a distanza non sia compatibile con il lavoro”.

Inoltre, alla domanda diretta se abbiano valutato di lasciare l’occupazione nel caso che i bambini non ritornino in aula al completo a settembre “oltre il 30%ha risposto chiaramente di sì”. 

Secondo Pastori, pur comprendendo la difficoltà dei provvedimenti presi in emergenza Covid, “si è ragionato troppo poco sull’importanza dell’apertura delle scuole dal punto di vista della tenuta sociale e del lavoro femminile” e si rischia di fare lo stesso errore in vista del nuovo anno scolastico e nel caso di una seconda ondata. 

Durante il lockdown, infatti, le mamme hanno dedicato in media “4 ore al giorno ad aiutare i figli: praticamente un secondo lavoro part-time che si è aggiunto a quello vero e alla cura della casa”.

A rispondere alla ricerca sono state donne, il 98% di nazionalità italiana, con almeno un diploma superiore (41%), oppure una laurea (38%), o anche un master post laurea (13%).

Da considerare che le intervistate si trovano mediamente in condizioni di relativo benessere ed abitano soprattutto al Nord.

Il 67% di loro ha continuato a lavorare dall’8 marzo in modalità smart-working, il 62% lo ha fatto avendo un lavoro dipendente (il 18% erano partite Iva e il 4% circa ha anche affrontato la cassa integrazione).

Si tratta di madri mediamente di 42 anni che hanno 1.4 figli, in linea con il dato nazionale: per la maggioranza bambini da scuola elementare: 2855 su 7mila.

Quello che irrita, leggendo questi dati, è la facilità, la noncuranza, la superficialità, con cui si è agito.

Cioè, è evidente, che, con la DAD è stato dato per scontato che la donna, quasi per ordine divino, dovesse rinunciare alla sua indipendenza, abdicando, nel contempo, ad ogni idea di emancipazione, non solo economica, ma soprattutto civile.

E’ ovvio dunque che, sempre nel sondaggio le mamme abbiano definito la DAD, brutta, inefficace, difficile, demotivante, spiacevole, impossibile.

Del resto, cosa ci si poteva aspettare da chi ha fatto, acrobazie quotidiane nella gestione della famiglia con lo smart-working, annullando i confini tra la vita privata e quella lavorativa e non concedendosi mai riposo né recupero?!?

La difficoltà di tutte è stata tenere insieme i pezzi dell’angelo del focolare!

E adesso, avvertono: la chiusura della scuola non può essere l’unica soluzione anche in caso di seconda ondata o ne va della tenuta delle famiglie e del Paese”.

La situazione italiana – commenta inoltre Pastori – “non ha paragoni col resto d’Europa: solo in Italia la chiusura è stata completa, per tutti gli istituti e fino a fine anno scolastico. Questo dovrebbe farci riflettere”.

Per il nuovo anno la prima preoccupazione delle mamme sono le strutture e le infrastrutture: non tutte sono convinte che nei plessi dei figli ci siano gli spazi adeguati o si riesca a ricavarli, per mantenere il distanziamento sociale.

Subito dopo c’è il protocollo di igiene e la propensione dei figli a seguirlo.

Infine “la preparazione tecnologica delle scuole e la formazione degli insegnanti”.

Anche in questo non siamo messi bene al confronto con il resto d’Europa: “Le strutture sono ridotte all’osso, e questo porta con sé una concezione didattica e pedagogica vecchia.

Il grande assente nel periodo del lockdown secondo la ricercatrice – che ha lavorato con una squadra di psicologi del lavoro e dell’educazione – è stato il malessere dei bambini, ma soprattutto dei ragazzi: si pensa che soprattutto quelli del liceo abbiano affrontato meglio la situazione, ma in realtà proprio loro soffrono l’assenza di vita sociale, perché sono in una fase della vita in cui hanno voglia di immergersi nel mondo”.

“Durante il confinamento sono aumentati nei ragazzi la scarsa concentrazione e la noia, i sentimenti malinconici, di solitudine e di rabbia”.

Ancora una volta a farne le spese sono state le madri, improvvisate psicologhe oltre che insegnanti, e in difficoltà a gestire i figli a casa per tante ore al giorno: “La frustrazione è dilagata anche in loro, mentre parallelamente nei figli aumentavano la dipendenza e il bisogno d’aiuto”.

Mi si dirà che non si potevano fare miracoli, che è stata solo una misura temporanea.

Va bene, ma visto che il tema è stato stato derubricato a mero incidente di percorso, anzi ad una vecchia pretesa del Novecento, adesso, BASTA, non c’è più il silenzio sottomesso ed accudente dell’angelo del focolare.

Le mamme adesso gridano. “Ministra Azzolina, visto che è donna anche lei, non pensi di cavarsela con il bonus parentale!

Ormai siamo a settembre.

Che non le venga in mente di ripartire con la favolosa didattica a distanza”

“Rinforzate la scuola. La chiusura sia ‘l’extrema ratio”.

Non cerchiamo di risolvere tutto gettando il peso sulle spalle delle famiglie e soprattutto delle donne” questo è dunque l’appello finale che emerge dall’indagine.

E speriamo tanto che venga ascoltato…
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonti:

gi.it/cronaca/news/2020-08-11/mamme-lasciano-lavoro-se-continua-didattica-distanza-9391897/

Sdidatticamente parlando… ovviamente a distanza.

Ritorno a Scuola!!! Ovvero ritorno ai problemi di sempre…