Il made in Italy che piace al mondo

Un sogno in bella vista sulla scrivania …

Il video di quest’oggi riassume la Storia di un Progetto di Coraggio.
 
Il Diario di Viaggio di chi un giorno ha deciso di lasciare la sua terra e quel che aveva fino a quel momento costruito, per reinventarsi la vita.
Come chi cambia vita, anche quest’uomo impara ad assumersi dei rischi e si impegna a rendere concreti i suoi sogni.

… diventa tangibile Realtà.

Così, da piccolo imprenditore nell’ambito della ristorazione, Stefano Versace si dedica al mondo del gelato aprendo dei punti vendita in America.
 
Ancora una volta in ogni settore, dal Food alla Moda, dall’Arte al Design, il “Made in Italy” si riconferma Brand sinonimo di Qualità Eccellente, in ogni parte del mondo.
 

“Rialzati, Italia!”

Stefano porta avanti il Progetto “Rialzati Italia”: Progetto dedicato alle micro, piccole e medie imprese italiane che, a seguito del delicatissimo periodo appena trascorso, hanno esuberanti scorte di magazzino di prodotti di altissima qualità.
 
Grazie a “Rialzati Italia” le micro, piccole e medie Aziende italiane possono, mediante un ricco supermarket digitale aperto a buyers internazionali, far conoscere al mondo intero l’eccellenza dei loro prodotti:
l’eccellenza del “Made in Italy”.
 
Per informazioni su questa bellissima iniziativa e per entrare attivamente a far parte del Progetto, clicca sul link:
https://progettorialzatitalia.it/
 
Se ti fossi perso la diretta di ieri sera, clicca qui.
Auguri di cuore Stefano, visionario realizzatore di Sogni!
Sono certa che anche questo tuo Progetto, attuato assieme ad altri “Angeli” come te, sarà un grande successo.
LOve,
Ondina Wavelet – Jasmine Laurenti



Qualunquemente …

Siamo tornati a passeggiare sulle spiagge, a farci un aperitivo in piazza, ad uscire senza mascherina…

Sembra passata un’epoca, da quando il covid ci ha messo in ginocchio.

Eppure, non è passato molto tempo da quando è iniziato l’incubo.

Forse l’emergenza sanitaria ha fatto il suo corso, almeno in Italia, sembra…

Ma quella economica è in pieno sviluppo, dentro e fuori i confini nazionali.

Da febbraio, le economie mondiali hanno cominciato a fermare la produzione a causa della pandemia.

All’inizio della crisi, la maggior parte delle persone aveva previsto una ripresa veloce, immaginando che l’economia avesse solo bisogno di una pausa.

Con due mesi di cure, un bel po’ di denaro ed un balletto di decreti legislativi e di strategie economiche, si pensava, avrebbe ripreso da dove si era fermata.

Ma ormai siamo a luglio e la ripresa veloce è un’illusione (nonché una bugia sparata ad arte N.d.D).

L’economia del dopo pandemia sarà probabilmente debole, non solo nei paesi che non sono riusciti a gestire il contagio (come gli Stati Uniti), ma anche in quelli che si sono difesi bene.

Il Fondo monetario internazionale prevede che, entro la fine del 2021 l’economia globale sarà appena più ricca di quanto era alla fine del 2019, e che le economie di Stati Uniti ed Europa saranno del 4 per cento più povere.

Le attuali prospettive economiche possono essere esaminate su due livelli.

Il primo si manifesta nei comportamenti macroeconomici.

Infatti, la macroeconomia ci dice che i consumi diminuiranno, perché famiglie e aziende hanno meno soldi a causa dei fallimenti e del comportamento prudente indotto dall’incertezza sul futuro.

Il secondo è evidente nelle scelte dei singoli.

Infatti, la microeconomia ci dice che il virus agisce come una tassa sulle attività che prevedono un contatto umano ravvicinato e continuerà a cambiare gli andamenti dei consumi e della produzione, che a loro volta porteranno a una trasformazione sociale.

La storia cosa ci insegna?

La teoria economica e la storia c’insegnano che i mercati, da soli, fanno fatica a gestire un simile cambiamento, considerando soprattutto quanto è stato improvviso.

Non è facile trasformare dei dipendenti di compagnie aeree in tecnici di Zoom, o gli insegnanti vecchio stampo in maghetti della DAD…

E anche se potessimo, i settori oggi in espansione richiedono meno manodopera e più competenze rispetto a quelli che stanno sparendo.

Sappiamo anche che le trasformazioni strutturali creano un tradizionale problema keynesiano, quello che gli economisti chiamano effetto di reddito e sostituzione.

Anche se i settori che non prevedono il contatto umano si stanno espandendo, l’aumento dei consumi che generano sarà controbilanciato dalla diminuzione della spesa causata dal calo del reddito di chi lavora nei settori in crisi.

Inoltre ci sarà un terzo effetto: l’aumento delle disuguaglianze.

Visto che le macchine non possono essere infettate dal virus, diventeranno una soluzione più attraente per i datori di lavoro.

E poiché le persone a basso reddito devono spendere una parte più consistente dei loro guadagni per i beni essenziali, ogni aumento delle disuguaglianze prodotto dall’automazione determinerà una contrazione.
Ci sono altri due motivi per essere pessimisti.

Il primo motivo è dato dai limiti della politica monetaria in sé.

Infatti, la politica monetaria può aiutare alcune aziende a fronteggiare la scarsa liquidità, come è avvenuto nella recessione del 2008, ma non può risolvere i problemi di solvibilità, né stimolare l’economia quando i tassi d’interesse sono già vicini allo zero.

Inoltre, negli Stati Uniti e in alcuni altri paesi, le obiezioni dei “conservatori” all’aumento del disavanzo e del debito ostacoleranno le azioni di stimolo.

Le stesse persone erano felici di tagliare le tasse a miliardari e grandi aziende nel 2017, di salvare Wall street nel 2008, e di dare una mano alle multinazionali quest’anno.

Ma i sussidi di disoccupazione e la copertura sanitaria sono un’altra storia.

In pratica, è tutto questione di priorità.

Le priorità a breve termine sono state chiare fin dall’inizio.

La più evidente è che bisogna affrontare l’emergenza sanitaria, perché non può esserci ripresa economica finché il virus non sarà contenuto.

Dunque chi salvare?

Bisogna proteggere le persone più bisognose, fornire liquidità per evitare fallimenti evitabili, e mantenere i legami tra i lavoratori e le aziende.

Ma ci sono anche scelte dolorose da fare.

E dunque cosa eliminare?

Non dovremmo salvare le aziende che erano già in declino prima della crisi.

Questo creerebbe degli “zombi”, con il risultato di limitare la crescita.

Né dovremmo salvare aziende che erano già troppo indebitate.

Il covid-19 rimarrà tra noi a lungo, quindi abbiamo tempo per fare in modo che i consumi e gli investimenti riflettano le nostre priorità.

Quando è arrivata la pandemia, la società statunitense era segnata da disuguaglianze razziali ed economiche, dal deterioramento degli standard sanitari, e dalla dipendenza dai combustibili fossili.

Ora che la spesa pubblica è stata enormemente aumentata, i cittadini hanno il diritto di esigere che le aziende che ricevono aiuti contribuiscano alla giustizia sociale, alla salute pubblica e a un’economia più verde.

Una spesa pubblica mirata, che investa nella transizione verde, può essere utile, può coinvolgere una consistente forza lavoro (contribuendo così a combattere la disoccupazione) e può rivelarsi uno stimolo per l’economia.

Non ci sono ragioni economiche che impediscono agli Stati Uniti di adottare programmi di ripresa in grado di farli somigliare alla società che dichiarano di essere.

Viceversa, la nostra povera Italia, a un’unica estrema ragione, economica, politica e sociale.

Quella di sopravvivere.

Forse noi Italiani, in primis, dobbiamo rivendicare aiuti finalizzati alla giustizia sociale, alla tutela della salute dei cittadini, all’incremento di un’economia ecologica.

Altrimenti, altro che sogno americano, a noi, resta solo l’incubo italiano!

 

Fonti:

Joseph Stiglitz

https://www.internazionale.it/sommario/1366

BLOG di FRANCESCO MACRI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus: andrà tutto bene?

 




Lo scollamento

Si parla con la gente, noi giornalisti, e si ascoltano molte cose, e magari le si capiscono, certo se si ascolta.

Ma noi giornalisti siamo una razza particolare, ormai siamo diventati preda dei click e dei clack, dei social e delle visualizzazioni.

Tanti anni fa quando collaboravo con le redazioni di giornali, quelli di una volta, quelli che gli articoli li dovevi scrivere entro le ventuno perché poi si andava in stampa, quelli che un articolo lo valutavi se per strada la gente si fermava e lo commentava, o se ti arrivavano le lettere pro o contro, oggi un articolo vale per le sue visualizzazioni, ovvero se te lo leggono.

E va bene ce ne faremo una ragione, ma questo ha cambiato la faccia del giornalismo, quantomeno lo ha trasformato in una orrenda meretrice che volge la sua attenzione a ben altri valori che quelli della verità, della coerenza o, utopia delle utopie, della giustizia.

Se fa notizia, se arrivano click, bene è da pubblicare, altrimenti chissene…

Proprio per questo motivo, il dio soldo, i giornali non sono più tali da tempo.

Correndo dietro alla velocità richiesta dai nuovi strumenti di oggi abbiamo perso il valore che un giornalista vero può dare alla notizia, la credibilità.

Siamo infatti nel mondo delle fake news, dove solo facendo il giornalista vero puoi combatterle.

Ma dovresti perdere tempo su una notizia, verificarla, aspettare i risultati di certe indagini, sentire più fonti… impossibile, se perdi il momento perdi la notizia e quindi i click clack.

Quindi oggi anche le notizie più importanti vengono buttate in pasto alla folla senza nulla, così, alla spera in dio.

Questo ha generato lo scollamento, una nuova forma sociale di dissociazione del cittadino che qualsiasi cosa legge o sente scuote la testa e dice “tutte cazzate, tutte fake news, ma questi qui dove vivono”.

Visto che i giornali, le tv ed internet sono diventati gli strilloni dei politici, il fenomeno dello scollamento è diventato seriale.

Il paese è da una parte, chi lo deve raccontare da un’altra, chi lo deve governare è in viaggio per chissà dove.

Scollamento triplo con avvitamento seriale inarrestabile.

Lo scollamento crea un grave elemento, nasconde la verità, nasconde quello che succede.

In realtà lo scollamento ha anche una grande componente involontaria legata ad un altro fenomeno dei giorni nostri, ovvero al fenomeno del commentatore laureato.

Eh già, ormai chiunque si sente opinionista, editorialista, tutti scrivono i quartini di prima pagina, basta scrivere tre fesserie sul Facebook di turno ed ecco nato il commentatore laureato, unico detentore della verità, certo di questo fatto perché ha pubblicato un qualcosa su un qualcosa.

Se non fosse tragico ci sarebbe da morir dal ridere.

Eppure la gente vera, quella che deve pagare le bollette e le tasse, quella che deve dar da mangiare ai propri figli, quella gente lì lo sa dove sta il paese reale, quella gente lì è ben consapevole di cosa sta succedendo.

E sono proprio loro che quando leggono scuotono la testa si incazzano e poi corrono a lavorare per non essere lasciati a casa, sempre più con delle scuse stupide, sempre più stringendo i denti ed accettando quattro lire, ops, euro pur di far mangiare i propri figli.

Eppure una volta i giornalisti ascoltavano la gente e riportavano quello che diceva, ma non dei trafiletti per far passare una linea o l’altra, ma il pensiero della gente, quello vero.

Lo scollamento usato ad hoc, per far pensare che le cose stiano in un certo modo, furbi!

Ho visto di recente una serie di filmati dove alcuni imprenditori si alzavano all’inno di Mameli, ahahahah nessuna delle loro aziende aveva più la sede legale in Italia.

“Ma che cxxxo ti alzi ci prendi per il cxlo” questo avranno detto tutti gli italiani che hanno visto il filmato, questo avranno riportato tutti i giornali, però io non ho visto nulla di tutto questo.

Scollamento.

Ma forse anche questo mio articolo è inutile, perché forse a quegli italiani che non basta lo stipendio è venuta la rassegnazione del cristiano al colosseo, forse speriamo troppo in un miracolo.

Io no, io sono per difendere il paese anche dallo scollamento; come posso fare? forse anche scrivendo questi articoli, facendo in modo che almeno su queste pagine venga detto cosa pensa le gente, sperando che ai politici interessi ancora qualcosa, visto che ormai hanno trovato il modo di fregarsene anche del nostro voto, dato che in modo sempre più colluso tra le funzioni del potere si eleggono quasi da soli.

Ma io mi ricordo di quando ero piccolo ed annusavo la colla, mi piaceva, perché mi piaceva pensare che tutto si può sistemare, magari anche solo con un poco di coccoina .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’indipendenza di Stampa

 




Original Blues Brothers Band e Blues4people band in aiuto ai banchi alimentari

 

 

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=J2JJT1lIsoo?feature=oembed&w=640&h=360]

 

 

 

In Europa la crisi Covid-19 negli ultimi 3 mesi non ha solo portato lutti e sofferenza ma anche una nuova emergenza alimentare.

La richiesta di cibo è aumentata anche del 50% in più rispetto ai mesi pre-covid19 e per i prossimi mesi le prospettive non sono di certo migliori.

Nel 2018 Eurostat ha stimato 36 milioni di cittadini europei in povertà materiale ma a questi ora si sono aggiunti altri milioni di persone che per la prima volta si trovano a dover chiedere aiuto per mettere qualcosa da mangiare a tavola.

 

“I 430 Banchi Alimentari che operano in Europa hanno fatto il possibile, pur con mille difficoltà, per continuare la distribuzione di alimenti alle associazioni che ogni giorno accolgono il grido di aiuto di padri, madri, anziani e giovani che a loro si rivolgono.

Allo stesso tempo molte altre persone sono venute in nostro aiuto: cittadini, aziende e amministrazioni pubbliche.

Purtroppo, il fiume di povertà continua ad ingrossarsi e il rischio che tracimi è alto.

Per questo abbiamo accolto con gratitudine la proposta della Blues4people band e della Original Blues Brothers Band di realizzare un video con loro.

La canzone e le immagini non vogliono farci dimenticare quanto sta accadendo, anzi dicono un messaggio molto chiare: è possibile lavorare e faticare anche in situazioni difficili (vedi l’esempio dei medici e degli infermieri) ma tutto il nostro lavoro non basta.

Occorre che sempre più persone ci diano una mano, immediatamente.

Fare una donazione non è il premio al nostro sforzo ma il sostegno a chi può confidare nell’impegno per la solidarietà. Non possiamo farcela da soli.”

afferma Jacques Vandenschrik, Presidente della European Food Banks Federation.

 

Oltre a tutti componenti della Blues4people band, la European Food Banks Federation ringrazia Lou Marini e i fantastici musicisti della Original Blues Brothers Band, i volontari dei Banchi Alimentari che lavorano in 29 paesi europei, Carlo Cottarelli, Francesco Moser, Giacomo Poretti, Nadia Puma.

Un ringraziamento speciale a Riccardo Denaro e Giulia Reali che, con i colleghi di Areastream, hanno prodotto il video gratuitamente.

 

Per aiutare la European Food Banks Federation e i suoi 430 Banchi Alimentari che nel 2019 hanno distribuito 768.000 tonnellate di alimenti a 45.283 associazioni caritatevoli aiutando

9.5 milioni di persone povere in Europa.

 

Perth

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

BLUES4PEOPLE




Recovery found, il paese che dice ed il paese che c’è.

La proposta relativa al Recovery Fund, il principale strumento di intervento elaborato dei paesi dell’Unione durante l’intera fase pandemica, alle fine è arrivata.

L’iniziativa verrebbe assunta per un ammontare di fondi rilevante: circa 750 miliardi di cui 500 a fondo perduto e 250  sotto forma di prestiti.

 

Al nostro paese andrebbero circa 170 miliardi di cui 81 a fondo perduto e circa 90 miliardi sotto forma di prestiti a lunga scadenza.

Gli aiuti, nella modalità del finanziamento, verranno concessi prevalentemente ad Italia, Spagna  Grecia, Polonia e Portogallo, per gli altri, i “paesi virtuosi”, Germania in testa, ci saranno solo finanziamenti a fondo perduto (grants).

Le misure di sostegno per i paesi membri dell’Europa si articoleranno su un asse principale di aiuti, il Recovery and Resilience Facility, ed altre misure per sostenere le politiche di coesione, la transizione ecologica, le economie rurali, la ricapitalizzazione delle imprese in difficoltà, la sanità e la ricerca.

 

 

Le modalità per accedere alle misure di sostegno dovranno assumere la forma di Piani di recupero e Resilienza (Recovery and Resilience Plans) che gli Stati membri dovranno presentare annualmente per avere accesso alle tranche di contributi messi a disposizione.

I Piani annuali dovranno contenere riferimenti precisi alle riforme che ogni paese dovrà avviare per rinforzare il potenziale di crescita dell’economia attraverso riforme ed investimenti, rinsaldare la coesione dell’Unione ed accelerare la transizione green e digitale.

La Commissione per i  prossimi quattro anni verificherà la coerenza dei Piani di rilancio nazionali con gli obiettivi del bilancio europeo.

Il Recovery fund o meglio il Recovery and Resilience Facility verrà discusso dai paesi aderenti nel prossimo Consiglio del 18 giugno ma non è chiaro quando diventerà operativo.

Si temono gli agguati dei paesi del blocco nordico (Svezia, Finlandia Danimarca, Belgio) ed eventuali impasse amministrative che potrebbero far slittare le decisioni finali dopo la pausa estiva.

Si tratta di un pacchetto di aiuti ridondante che nasconde tuttavia insidie e parziali verità che separano, da mesi, il paese legale da quello reale.

Un gioco delle parti al quale, purtroppo, la comunità civile ha finito per abituarsi.

Il rituale, del resto, è sempre lo stesso: da un lato il problema da gestire, dall’altro la soluzione che arriva sulle ali della ribalta e usa moduli comunicativi da “social media”, quanto più celebrativi tanto meno credibili.

Un rituale andato in scena nei giorni più difficili della pandemia con il varo delle prime misure di contrasto al virus e improntate alla gestione della necessità da un governo goffo che non conosceva minimamente l’esistenza di un Piano nazionale pandemia già operativo dal 2002 la cui attuazione avrebbe evitato inganni ed errori molto gravi.

Un rituale riproposto nei decreti inadeguati emanati a sostegno del nostro paese stretto da una crisi pandemica e da uno shock di liquidità finanziaria senza precedenti che ha investito famiglie, lavoratori ed imprese seminando terrore e povertà.

Un rituale, infine, che i politici al governo hanno rappresentato per mesi in ordine al reale  funzionamento degli aiuti europei attraverso il Meccanismo Europeo di Stabilità “senza condizioni” e più in generale sulle iniziative politiche avviate in ambito comunitario senza  l’ampio coinvolgimento delle assemblee legislative del nostro paese.

Ci troviamo di fronte ad una fase molto complessa del funzionamento democratico delle nostre istituzioni rappresentative perché lo stato d’emergenza

 ha sdoganato definitivamente il valore morale e politico della comunicazione  dando legittimità alle verità confuse, alle ritrattazioni più o meno pubbliche, agli annunci plateali e smentiti il giorno seguente, alluso dell’informazione mediatica per esclusive finalità di bottega.

In questa direzione non ha più importanza affermare chiaramente che il Meccanismo Europeo di Stabilità prevede programmi di aggiustamento economico imposti ai paesi in difficoltà o che il rifinanziamento delle imprese, garantito con i soldi pubblici, sarà principalmente a beneficio dei grandi gruppi con le sedi legali nei paradisi fiscali piuttosto che delle piccole imprese artigiane ed industriali in avanzate condizioni di epossia finanziaria.

Non servirà molto parlare delle complesse misure presentate il 27 maggio scorso dalla Commissione con un titolo ambizioso che evoca un’immagine d’Europa forte e resiliente da consegnare alle prossime generazioni, Next Generation EU, ma che dimenticano di dire che gli interventi non avranno effetti immediati e che non ci sarà un Piano Marshall per imprese e privati in difficoltà.

La stessa idea di un’Italexit brandita come una risposta populista alla crisi delle istituzioni comunitarie e per la quale è in corso la presentazione di un progetto di legge costituzionale d’iniziativa popolare  da parte del Movimento Italia Libera, potrebbe macchiarsi delle stesse asimmetrie comunicative in voga nei salotti del potere rendendo più impervio un percorso di rilancio delle economie periferiche.

La sensazione è che la Politica stia tradendo la sua stessa natura e che dietro ogni parola si annidino duplici obiettivi lasciati volutamente aperti al malinteso ed alle interpretazioni parziali.

Il Piano Recovery and Recilience Facility presentato, così come il Mes, sarà accompagnato da condizioni e da programmi di condizionamento e di indirizzo delle riforme dei paesi membri che dovranno essere in linea con le ipotesi e le proiezioni della Commissione e delle istituzioni europee, Consiglio e Parlamento.

L’immagine di un Europa a doppia velocità, diversa da quella raccontata e rappresentata, ritorna prepotente e questa volta porta con sé la complicità della classe dirigente e di parte dell’opinione pubblica.

Del resto la società civile è distratta dalla complessità della fase 2 dove la paura dei nuovi focolai infettivi, le bollette da pagare, gli avvisi bonari di Equitalia, la macchinosità delle riaperture, il grave shock di liquidità e  l’assenza di politiche concrete di sostegno agiscono da potente narcotico civile e sociale.

La gente non ha più tempo per arrabbiarsi e protestare, non ha più voglia di decifrare il politichese ed il senso recondito dei twitter che hanno sostituito l’informazione politica ufficiale e democratica.

Non stupisca in questo contesto che la frattura tra lo Stato di diritto ed il paese reale diventi sempre più profonda.

Non stupisca che in questa dimensione “sospesa” la democrazia lasci scoperto il fianco liberale a rigurgiti di un populismo estremo che porterà alla nascita di nuovi movimenti di contestazione o peggio ad iniziative politiche inopportune e premature.

La pandemia ha dato risalto alle contraddizioni da tempo esistenti nella società parallela, evidenziando i limiti della Politica, dei Partiti Politici, del sistema pubblico e  dello Stato.

E’ in crisi l’apparato pubblico con le sue istituzioni prese d’assalto e saccheggiate per anni dalle classi al potere.

Per questo motivo prima di pensare ad un nuovo assetto politico in Italia ed in Europa è   necessario riscoprire le costituenti di una coscienza individuale e collettiva per dare vita ad un Nuovo Contratto Sociale che aggiorni i diritti ed i doveri del principio di cittadinanza nella società, nell’economia, nell’amministrazione pubblica, nel mondo del lavoro e della formazione, nella sanità e nella giustizia.

La “next generation”, in italia in Europa e nel Mondo,  non può nascere con il peccato originale dell’inganno: merita decisamente di più.

Per questa responsabilità collettiva, al di là delle divisioni, si dovrà ricominciare a dare senso e contenuti alle “parole”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La sottomissione di Gregge

 

Luci ed ombre sul nuovo assetto della storia

 

 

Mes o Italexit inutili senza un Nuovo Contratto Sociale

 

Pandemia Finanziaria, cui prodest?

 

 

 

 

 

 

 

 

 




FASE DUE: LA PAROLA AI COMMERCIANTI

 

 

All’approssimarsi della riapertura degli spostamenti fra Regioni, la situazione del commercio, specie nei grandi centri, si presenta come una variegata galassia di realtà fra di loro discordanti

Abbiamo cosi’ deciso di raccogliere alcune interviste a campione, presso esercenti rappresentativi di di vari settori merceologici-chiave, tutti siti in Milano centro, che hanno rivelato notevoli difformità di attività, soprattutto in ragione del settore merceologico.

Pensare di poter fare stime e numeri uniformi per tutti è impossibile: andiamo ad investigare cosa é realmente successo.

Cominciamo dai parrucchieri: Paola, titolare ci conferma che é tutto prenotato fino al 5/6 Giugno, quindi per tagliarsi i capelli bisogna mettersi in lista d’attesa, ma il settore ha ripreso bene.

Come ci spiega invece Elisa, titolare di un bar, le cose cambiano sostanzialmente se si possiede un dehors (tavoli all’aperto) oppure no: per chi non li possiede si va avanti a caffè e cappuccini, con il solito giro di clientela, specie anziani e persone di passaggio, ma fortemente contingentato, mentre chi ha la possibilità di far sedere fuori i clienti è in posizione di netto vantaggio, specie sui navigli.

Buono anche, secondo Jasel, di un take away nel centro, il settore asporto, che ha meno limiti di presenza fisica, grazie ai servizi di recapito a domicilio, che sgravano l’attesa al take away.

Bene anche le gelaterie, come ci conferma Serena, titolare di una grossa gelateria climatizzata e abbastanza spaziosa da ospitare clienti distanziati e tutti con mascherina. Anche nel settore gelati va forte l’asporto.

Stefano ed Antonio, rispettivamente responsabili di due supermarket del centro ci fanno notare che “…quando c’erano le file la gente comprava di più”…. ( forse perché non poteva recarsi altrove), mentre ora vi é stata una flessione del 20/25 % delle presenze, che sono invece andate a sorreggere il comparto dei piccoli negozi di alimentari e commestibili in genere, come ci conferma Salvatore, fruttivendolo, che rivive grazie agli anziani di quartiere, che preferiscono tornare al solito posto invece di dover ricorrere obbligatoriamente alla grande distribuzione. Viva gli anziani, dunque!

Bene le farmacie ( come sempre) ma con problemi di ingresso, come nel settore telefonia, (contratti e abbonamenti) con lunghe code di attesa, mentre il sotto-settore delle riparazioni di telefoni e computer sembra quasi crollato, come ci conferma Lin, titolare di un laboratorio di riparazione cellulari: i negozi coem il suo sono in crisi ed andrebbero aiutati.

Barbara, di una celebre agenzia immobiliare ci conferma un brusco calo delle telefonate in arrivo, mentre in provincia le cose vanno meglio, soprattutto nel comparto affitti, complici i litigi delle coppie durante il lockdown, che hanno portato a convivenze forzate scaturite poi in separazioni quasi liberatorie e conseguente ricerca di alloggi senza spedere molto.

Mauro, titolare di un negozio di abbigliamento e scarpe temeva il peggio ma la ripresa c’é stata e siamo solo ad un -20% rispetto all’anno scorso, segno di una forte richiesta nel settore del vestiario e degli accessori in genere.

Come vediamo tutto cambia a seconda del comparto che si va a toccare, nonostante la generalizzata tendenza alla progressiva crescita, procedendo verso le fasi più “tolleranti” dell’emergenza.

Nel complesso, la città riparte, anche se sui mezzi pubblici gli spazi sono esigui e quindi vi é il 60% di posti in meno, per fortuna con poca gente, visto che la maggior parte di chi può sceglie di muoversi in auto, generando un traffico crescente.

Unica nota dolente…...la pulizia delle strade nella metropoli di Milano: secondo noi é assurdo sollevare nuvole di polvere che forse contengono ancora le spore del Covid-19, specialmente di giorno e durante gli orari di punta: sarebbe meglio farlo di notte, con più sicurezza per tutti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’Immobiliare trema, terremoto covid…




Mes o Italexit inutili senza un Nuovo Contratto Sociale

La primavera sta passando via avvolta  nella distrazione e come ogni anno arriverà l’estate.

La gente torna nelle strade, nei negozi e nei ristoranti deserti per mesi.

Il tempo del corona-virus non è finito ma la normalità cerca disperatamente di recuperare un posto nelle nostre vite.

Un giorno si troveranno le parole per raccontare i mesi trascorsi tra paure ed incertezze.

Un giorno si riusciranno a spiegare meglio i limiti dello sviluppo sostenibile e la fragilità del pianeta e del consorzio umano.

Un giorno, ma non ora.

È troppo presto.

I contagi diminuiscono ed i reparti di rianimazione per la prima volta tornano a liberare qualche posto letto.

Eppure il virus è ancora tra noi, ci accompagna nelle nostre attività e frequenta probabilmente i nostri amici ed i nostri spazi di lavoro.

La scoperta di un vaccino risolverebbe parte dei problemi ma i protocolli di ricerca in Cina, Europa e Stati Uniti  non sono ancora in grado di presentare risultati definitivi.

La Pandemia ha soffiato via ogni certezza, attribuito poteri inediti alle classi di governo e messo in evidenza le criticità della politica e dei modelli di produzione e distribuzione della ricchezza in Italia e nel resto del mondo.

Il distacco, il “decoupling” tra paese reale e lo Stato dei pieni poteri è enorme e rischia di esplodere generando conflitti sociali profondi e permanenti.

La tempesta virale, infatti, ha colpito un mondo già alle prese con il rischio della recessione globale.

Il rallentamento dell’economia cinese con i suoi effetti di contagio globale  ha dominato l’agenda economica per tutto il 2019 pre covid.

Il blocco economico imposto dall’isolamento sociale per contrastare la diffusione del Virus si è abbattuto su una trama economica già indebolita con il risultato che molte attività produttive e commerciali non riapriranno le porte a lavoratori e clienti.

Il Fondo Monetario Internazionale è cauto e non sembra essere molto generoso con le previsioni macro economiche.

Gli economisti si limitano ad evocare il rischio evidente di un rallentamento di un 3% per l’economia globale ed un 9% per il nostro paese, con una ripresa incerta per il 2021 (Fonte FMI).

Il Word Economic Forum è andato oltre stimando un ribasso del pil mondiale del 20% ed il conseguente impatto sulle condizioni di vita nell’intero pianeta.

Il risultato è agghiacciante: la recessione mondiale potrebbe produrre oltre 500 milioni di nuove persone in condizioni di estrema  povertà.

 

Una previsione che, stando ai timori diffusi dalla Caritas, non risparmierà l’Italia.

Un immagine sbiadita che non sembra intimorire la politica italiana e neanche quella comunitaria che vivono in una realtà concettuale dominata da antichi totem e tabù.

Una tela di penelope riversa su sé stessa.

Del resto non potrebbe essere altrimenti se dopo mesi di isolamento sociale, migliaia di morti e fasce di popolazione alle prese con l’emergenza della povertà,  non sono ancora arrivate misure di sostegno economico concrete.

La situazione in ambito comunitario non sembra meno contraddittoria.

Il confronto, infatti, ha preso la direzione di un dibattito che vede l’Europa divisa non tanto sulla necessità di sostenere le comunità locali ma sulla declinazione giuridica degli interventi di supporto.

Si discute di Mes con o senza condizioni, di prestiti assistiti da garanzie o aiuti a fondo perduto, dimenticando che dietro sintassi e sostantivi c’è il dramma della sofferenza.

La paura ed il rischio della morte e della miseria non spaventano le “elites” di comando.

Il nemico pubblico diventa il timore evocato dalla ipotesi di parziale redistribuzione della ricchezza tra i paesi e le classi sociali della vecchia Europa.

I principi di unità e solidarietà alla base della mutualizzazione del debito non sono sufficienti a fare breccia nel cuore dei paesi rigoristi del blocco nordico e non c’è più molto tempo, ormai.

L’Unione europea, infatti, dovrà  finalizzare le misure già annunciate (Sure, Mes prestiti Bei e Recovery Fund)  in tempo utile con le ultime riunioni calendarizzate prima della lunga pausa estiva (18 e 19 giugno).

Sorge il dubbio che il termine del primo luglio, per la fase attuativa degli interventi delineati, potrebbe finire per non essere adeguato se si vorrà estendere il dibattito sui regolamenti attuativi e che il Recovery Fund potrebbe restare fuori dall’agenda delle prossime riunioni della Commissione essendo ancorato al bilancio pluriennale europeo per il quale  gli accordi tra gli stati membri e le regole di fiscalità comune sono ancora in alto mare.

In ambito domestico lo scenario politico si ripete e convive, con estrema disinvoltura, tra gli annunci trionfalistici delle conferenze stampa e l’inadeguatezza degli stimoli economici realizzati.

Il decreto “Rilancio” che il governo in carica ha adottato per sostenere il paese non aiuterà le imprese e le famiglie come sperato.

Ancora una volta il buon senso svela l’altra faccia della frattura tra paese reale e legale: quella della verità sommersa nei contenuti dell’informazione.

La percezione è che il nemico contro il quale misurarsi ogni giorno non sia più il Covid-19 ma la superficialità delle classi politiche al comando ferme alla gestione dei privilegi e dei maggiori poteri acquisiti nella fase dell’emergenza e più interessate alla forma che alla sostanza.

Una realtà che dovrebbe scuotere la coscienza popolare ed imporre un limite alla pazienza ed alla rassegnazione.

Le soluzioni per riappropriarsi dei sogni e alimentare la speranza di un futuro migliore ci obbligano ad una riflessione di ampio respiro.

La realtà economica e sociale post pandemica non sarà più quella di prima.

Un modello di crescita e di progresso sostenibile dovrà guardare ad un “Nuovo Contratto sociale” che ponga le premesse per una democrazia aggiornata alle sfide in atto ed ai ritmi della società digitale.

All’ordine del giorno dovranno porsi i principi di una nuova identità collettiva che riformi gli schemi ed i contenuti della rappresentanza istituzionale, della scuola, del lavoro, degli istituti di fiscalità ,

degli incentivi all’iniziativa economica, della lotta alle nuove povertà e alle moderne forme di criminalità.

I cardini portanti di un Contratto Sociale post covid dovranno trovare il migliore equilibrio tra una nuova carta dei diritti e dei doveri ed uno slancio altruista e solidale che valorizzi la promozione della “persona” in un pianeta sempre più digitale e connesso

In questa direzione occorre  dare vita ad “governo di solidarietà nazionale” che si occupi dell’emergenza e delle riforme indispensabili senza svendere i sogni e le speranze degli italiani.

Non abbiamo bisogno di inventarci nulla: sarà sufficiente recuperare la nostra storia ed i nostri valori.

 

 

 

 

 

 

 

 

Fabio Delibra

 

 

Pandemia Finanziaria, cui prodest?

Piano Marshall oggi più che mai!!

 




Luci ed ombre sul nuovo assetto della storia

Nella riunione dell’eurogruppo, durata appena tre ore, il problema dell’adesione al Mes, che pure aveva rappresentato un fardello ai lavori della Commissione europea negli ultimi mesi, si è risolto agevolmente.

L’oggetto della discordia, il Mes, ha diviso l’europa tra paesi del blocco nordico, fautori della frugalità e del rigore dei conti pubblici, da quelli dell’area mediterranea, alle prese con la recessione economica già da prima che la pandemia divampasse.

Eppure il Meccanismo Europeo di Stabilità ha rappresentato un principio, un articolato normativo, una Linea Gotica, per e della Germania, più che una reale misura di sostegno per i paesi aderenti in difficoltà.

Dopo la riunione di ieri, infatti, grazie al Mes, sarà operativa una nuova linea di credito disponibile dal 1° giugno che potrà essere utilizzata per le spese sanitarie dirette ed indirette a concorrenza del 2% del Prodotto interno lordo.

Per il nostro paese la manovra non dovrebbe superare i 36 miliardi di euro.

Una cifra inadeguata alle esigenze sanitarie del paese.

Perché tanta importanza, allora, a questo strumento il cui dibattito in sede comunitaria era stato inizialmente calendarizzato per il mese di luglio e poi  anticipato bruscamente a fine gennaio scorso e, cioè, al palesarsi dei primi sintomi del Covid 19 in Italia?

Non è facile capirci molto anche perché il gergo della maggioranza  e dei capi di Stato e di Governo dell’Unione è sempre stato smussato dai consulenti della comunicazione per i quali tra verità reali e presunte spesso non c’è soluzione di continuità.

Il regolamento 473/2013 relativo alle “disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro

si occupa della complessa vicenda richiamando nell’articolo 1 che il trattato sul funzionamento dell’Unione europea prevede che gli Stati membri considerino le loro politiche economiche una questione di interesse comune, che le loro politiche di bilancio siano guidate dalla necessità di finanze pubbliche sane che non rischino di compromettere il buon funzionamento dell’Unione economica e monetaria.

L’articolo 1 è già di per sé esaustivo.

I principi richiamati non sono la solidarietà e la promozione sociale economica ed umana dei cittadini soprattutto in contesti di gravi crisi asimmetriche, come qualcuno avrebbe pensato, ma l’equilibrio dei conti pubblici, costi quel che costi.

E’ tuttavia la lettura del regolamento 472/2013, al titolo

sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati Membri nella zona euro che si trovino o rischino di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria” che ci permette una visione più chiara di cosa stia accadendo.

Nel dettato normativo, in sostanza, si attribuisce alla Commissione (art 2) la facoltà di sottoporre a sorveglianza rafforzata uno Stato membro che si trovi o rischi di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la sua stabilità finanziaria.

Il rafforzamento della sorveglianza economica scatta per i paesi che abbiano accettato di beneficiare di assistenza finanziaria a titolo precauzionale da uno o più stati membri o terzi, dal Mes …

o da altre istituzioni finanziarie, come il Fondo Monetario Internazionale, l’FMI (art 3).

Nei casi più gravi il Consiglio, a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, puo’ raccomandare misure correttive precauzionali o predisporre un progetto di aggiustamento macroeconomico  che avrà come obiettivi:

la riduzione del debito pubblico, il contenimento di pensioni e salari e la riforma dello Stato (art. 7).

Lo Stato membro soggetto al richiamato programma di aggiustamento macroeconomico che non avesse la capacità amministrativa di guidare la transizione verso gli equilibri di bilancio potrebbe essere assistito da personale tecnico messo a disposizione dalle istituzioni europee (art 8).

La lettura dei regolamenti citati dissipa ogni dubbio.

Attraverso il Mes, che è un “trigger”, un tecnicismo giuridico, non una vera e propria misura di sostegno economico, l’Unione monetaria può imporre politiche economiche rigoriste ai paesi che abbiano fatto richiesta di misure di sostegno fino a limitarne la sovranità economica e politica.

Il paese aderente, una volta richiesto l’intervento del Meccanismo europeo di stabilità, si vedrà costretto a siglare un’accordo di intesa

(MOU Memorandum of understanding) con la Commissione europea, la Bce ed il Fondo Monetario Internazionale (Troika) che daranno via al monitoraggio ed alla probabile imposizione di politiche economiche come previsto dai trattati e dai regolamenti citati.

Il caso della Grecia durante la crisi del 2010 ci torna in mente in modo prepotente.

Il programma di aggiustamento macroeconomico messo in opera dalla Troika ha prodotto, in quella occasione, tagli verticali a salari e pensioni, nuove forme di imposizione fiscale e tagliato il debito pubblico di oltre il 50%.

La cattiva notizia è che non esiste un “Mes light”.

Non esistono condizionalità attenuate a meno che non si metta mano alla modifica dei regolamenti richiamati.

Coloro che sostengono il contrario sono come quel banchiere che nel prendere le firme sulla pratica di mutuo al momento di presentare  le clausole di garanzia ed i provvedimenti in caso di morosità ci dicesse di non preoccuparci perché tanto la banca non li userà…!

Il tentativo del Commissario Gentiloni di presentare il Mes come un’iniziativa diretta al finanziamento delle spese sanitarie la cui condizionalità opererà soltanto su l’uso coerente dei fondi, non è credibile e fa il coro con le dichiarazioni dei numerosi politici e dirigenti  che nelle prossime ore cercheranno di presentare agli italiani come vittoria quella che invece è, e resterà, una sconfitta.

Né convinceranno le prese di distanza che anime della maggioranza di governo in italia porranno in essere, con lo scopo di rendere meno pesanti le ricadute di consenso delle politiche sostenute.

Del resto il paese è duramente colpito e le proiezioni su prodotto interno lordo, deficit, reddito ed occupazione non potranno che confermare l’impoverimento del nostro tessuto sociale ed economico.

Le misure di sostegno promesse dal Consiglio europeo, una volta accettato il Mes,  riposano, inoltre, sul bilancio dell’Unione 2021/2027 e prevedono finanziamenti importanti per l’economia comunitaria da spalmare in più esercizi ma senza un’unione fiscale:

lo scontro sulla mutualizzazione del debito dei paesi più in difficoltà non si risolverà facilmente e la parola d’ordine continuerà a rimare con rigore, tagli alla spesa, tasse patrimoniali e riduzione del debito pubblico esistente.

La Germania ha fatto del Mes la sua Linea Gotica, la linea difensiva fortificata lunga oltre 300 chilometri costruita dai soldati tedeschi nell’Italia centro settentrionale alla fine della seconda guerra mondiale con il fine di proteggere la madre patria germanica da una ipotetica controffensiva.

Linee fortificate di ieri fatte di montagne e costruzioni che rivivono oggi nelle parole, nelle normative e negli  atti di indirizzo politico ma la sostanza non cambia.

Sullo sfondo rimangono le macerie di un continente  europeo ancora alla ricerca di una propria identità.

In questi mesi, le riunioni delle assemblee decisionali dell’Unione sono state accompagnate, spesso precedute, da eventi negativi annunciati o temuti:

downgrade del debito pubblico

revisioni al ribasso delle stime economiche

sentenze avverse da parte di tribunali costituzionali ad interventi di sostegno economico già assunti da anni

(i.e. Quantitative Easing).

Campanelli d’allarme che ai malpensanti possono richiamare echi di complottismo ed ai miti  semplici casualità.

Non sorprenda, tuttavia ad entrambi, che la società Moody’s abbia lasciato inalterato il merito creditizio del paese nella riunione, anch’essa svoltasi nella giornata di ieri.

Non si dispiaceranno i miti lettori, se alle coincidenze, i maligni, dai quali ci  dissociamo, ne aggiungeranno un’altra: una data.

Quella dell’8 maggio.

Il Mes è adottato da ieri, 8 maggio 2020 e consegna alla Germania un primato sugli altri paesi.

Settantacinque anni fa un’altro 8 maggio regalava al mondo una speranza di pace: la resa senza condizioni della Germania nazista alle truppe alleate.

Fatti che s’inseguono quasi per caso e che parlano più di mille parole.

Se gli eventi conservano un’anima, se un filo lega i corsi storici, dovremo ricordare, a questo punto, che dopo la capitolazione della Germania

nazista e la fine della guerra, il Mondo dei “giusti” avvio’ un percorso di pacificazione che ebbe inizio con un Processo:

quello di Norimberga.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Marshall oggi più che mai!!

Pandemia Finanziaria, cui prodest?

 




MES, nuova linea gotica tedesca.

Nella riunione dell’eurogruppo, durata appena tre ore, il problema dell’adesione al Mes, che pure aveva rappresentato un fardello ai lavori della Commissione europea negli ultimi mesi, si è risolto agevolmente.

L’oggetto della discordia, il Mes, ha diviso l’europa tra paesi del blocco nordico, fautori della frugalità e del rigore dei conti pubblici, da quelli dell’area mediterranea, alle prese con la recessione economica già da prima che la pandemia divampasse.

Eppure il Meccanismo Europeo di Stabilità ha rappresentato un principio, un articolato normativo, una Linea Gotica, per e della Germania, più che una reale misura di sostegno per i paesi aderenti in difficoltà.

Dopo la riunione di ieri, infatti, grazie al Mes, sarà operativa una nuova linea di credito disponibile dal 1° giugno che potrà essere utilizzata per le spese sanitarie dirette ed indirette a concorrenza del 2% del Prodotto interno lordo.

Per il nostro paese la manovra non dovrebbe superare i 36 miliardi di euro.

Una cifra inadeguata alle esigenze sanitarie del paese.

Perché tanta importanza, allora, a questo strumento il cui dibattito in sede comunitaria era stato inizialmente calendarizzato per il mese di luglio e poi  anticipato bruscamente a fine gennaio scorso e, cioè, al palesarsi dei primi sintomi del Covid 19 in Italia?

Non è facile capirci molto anche perché il gergo della maggioranza  e dei capi di Stato e di Governo dell’Unione è sempre stato smussato dai consulenti della comunicazione per i quali tra verità reali e presunte spesso non c’è soluzione di continuità.

Il regolamento 473/2013 relativo alle “disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro

si occupa della complessa vicenda richiamando nell’articolo 1 che il trattato sul funzionamento dell’Unione europea prevede che gli Stati membri considerino le loro politiche economiche una questione di interesse comune, che le loro politiche di bilancio siano guidate dalla necessità di finanze pubbliche sane che non rischino di compromettere il buon funzionamento dell’Unione economica e monetaria.

L’articolo 1 è già di per sé esaustivo.

I principi richiamati non sono la solidarietà e la promozione sociale economica ed umana dei cittadini soprattutto in contesti di gravi crisi asimmetriche, come qualcuno avrebbe pensato, ma l’equilibrio dei conti pubblici, costi quel che costi.

E’ tuttavia la lettura del regolamento 472/2013, al titolo

sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati Membri nella zona euro che si trovino o rischino di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria” che ci permette una visione più chiara di cosa stia accadendo.

Nel dettato normativo, in sostanza, si attribuisce alla Commissione (art 2) la facoltà di sottoporre a sorveglianza rafforzata uno Stato membro che si trovi o rischi di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la sua stabilità finanziaria.

Il rafforzamento della sorveglianza economica scatta per i paesi che abbiano accettato di beneficiare di assistenza finanziaria a titolo precauzionale da uno o più stati membri o terzi, dal Mes …

o da altre istituzioni finanziarie, come il Fondo Monetario Internazionale, l’FMI (art 3).

Nei casi più gravi il Consiglio, a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, puo’ raccomandare misure correttive precauzionali o predisporre un progetto di aggiustamento macroeconomico  che avrà come obiettivi:

la riduzione del debito pubblico, il contenimento di pensioni e salari e la riforma dello Stato (art. 7).

Lo Stato membro soggetto al richiamato programma di aggiustamento macroeconomico che non avesse la capacità amministrativa di guidare la transizione verso gli equilibri di bilancio potrebbe essere assistito da personale tecnico messo a disposizione dalle istituzioni europee (art 8).

La lettura dei regolamenti citati dissipa ogni dubbio.

Attraverso il Mes, che è un “trigger”, un tecnicismo giuridico, non una vera e propria misura di sostegno economico, l’Unione monetaria può imporre politiche economiche rigoriste ai paesi che abbiano fatto richiesta di misure di sostegno fino a limitarne la sovranità economica e politica.

Il paese aderente, una volta richiesto l’intervento del Meccanismo europeo di stabilità, si vedrà costretto a siglare un’accordo di intesa

(MOU Memorandum of understanding) con la Commissione europea, la Bce ed il Fondo Monetario Internazionale (Troika) che daranno via al monitoraggio ed alla probabile imposizione di politiche economiche come previsto dai trattati e dai regolamenti citati.

Il caso della Grecia durante la crisi del 2010 ci torna in mente in modo prepotente.

Il programma di aggiustamento macroeconomico messo in opera dalla Troika ha prodotto, in quella occasione, tagli verticali a salari e pensioni, nuove forme di imposizione fiscale e tagliato il debito pubblico di oltre il 50%.

La cattiva notizia è che non esiste un “Mes light”.

Non esistono condizionalità attenuate a meno che non si metta mano alla modifica dei regolamenti richiamati.

Coloro che sostengono il contrario sono come quel banchiere che nel prendere le firme sulla pratica di mutuo al momento di presentare  le clausole di garanzia ed i provvedimenti in caso di morosità ci dicesse di non preoccuparci perché tanto la banca non li userà…!

Il tentativo del Commissario Gentiloni di presentare il Mes come un’iniziativa diretta al finanziamento delle spese sanitarie la cui condizionalità opererà soltanto su l’uso coerente dei fondi, non è credibile e fa il coro con le dichiarazioni dei numerosi politici e dirigenti  che nelle prossime ore cercheranno di presentare agli italiani come vittoria quella che invece è, e resterà, una sconfitta.

Né convinceranno le prese di distanza che anime della maggioranza di governo in italia porranno in essere, con lo scopo di rendere meno pesanti le ricadute di consenso delle politiche sostenute.

Del resto il paese è duramente colpito e le proiezioni su prodotto interno lordo, deficit, reddito ed occupazione non potranno che confermare l’impoverimento del nostro tessuto sociale ed economico.

Le misure di sostegno promesse dal Consiglio europeo, una volta accettato il Mes,  riposano, inoltre, sul bilancio dell’Unione 2021/2027 e prevedono finanziamenti importanti per l’economia comunitaria da spalmare in più esercizi ma senza un’unione fiscale:

lo scontro sulla mutualizzazione del debito dei paesi più in difficoltà non si risolverà facilmente e la parola d’ordine continuerà a rimare con rigore, tagli alla spesa, tasse patrimoniali e riduzione del debito pubblico esistente.

La Germania ha fatto del Mes la sua Linea Gotica, la linea difensiva fortificata lunga oltre 300 chilometri costruita dai soldati tedeschi nell’Italia centro settentrionale alla fine della seconda guerra mondiale con il fine di proteggere la madre patria germanica da una ipotetica controffensiva.

Linee fortificate di ieri fatte di montagne e costruzioni che rivivono oggi nelle parole, nelle normative e negli  atti di indirizzo politico ma la sostanza non cambia.

Sullo sfondo rimangono le macerie di un continente  europeo ancora alla ricerca di una propria identità.

In questi mesi, le riunioni delle assemblee decisionali dell’Unione sono state accompagnate, spesso precedute, da eventi negativi annunciati o temuti:

downgrade del debito pubblico

revisioni al ribasso delle stime economiche

sentenze avverse da parte di tribunali costituzionali ad interventi di sostegno economico già assunti da anni

(i.e. Quantitative Easing).

Campanelli d’allarme che ai malpensanti possono richiamare echi di complottismo ed ai miti  semplici casualità.

Non sorprenda, tuttavia ad entrambi, che la società Moody’s abbia lasciato inalterato il merito creditizio del paese nella riunione, anch’essa svoltasi nella giornata di ieri.

Non si dispiaceranno i miti lettori, se alle coincidenze, i maligni, dai quali ci  dissociamo, ne aggiungeranno un’altra: una data.

Quella dell’8 maggio.

Il Mes è adottato da ieri, 8 maggio 2020 e consegna alla Germania un primato sugli altri paesi.

Settantacinque anni fa un’altro 8 maggio regalava al mondo una speranza di pace: la resa senza condizioni della Germania nazista alle truppe alleate.

Fatti che s’inseguono quasi per caso e che parlano più di mille parole.

Se gli eventi conservano un’anima, se un filo lega i corsi storici, dovremo ricordare, a questo punto, che dopo la capitolazione della Germania

nazista e la fine della guerra, il Mondo dei “giusti” avvio’ un percorso di pacificazione che ebbe inizio con un Processo:

quello di Norimberga.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Marshall oggi più che mai!!

Pandemia Finanziaria, cui prodest?

 




La vera Guerra inizia adesso

L’orribile pandemia ha seminato morte e sofferenza ma anche cambiato il nostro dizionario quotidiano, forse, per sempre.

La “Fase Uno” e la “Fase due” ci tormentano da mesi: la prima con il suo carico di ansia e terrore, la seconda con trame intrise di speranza.

La speranza di un ritorno alla normalità, al lavoro, agli aperitivi con gli amici dove trovare il tempo perfino di annoiarsi.

Il Mondo è tornato a vivere, nei parchi e negli spazi pubblici si gioca e si corre forse per dimenticare il confino quella realtà aliena vissuta sin dal giorno della pubblicazione del decreto di marzo sul distanziamento e l’isolamento sociale.

Eppure non stiamo sognando.

La fase due ci permette di pensare che sia tutto finito, ma non è cosi.

Il Virus ancora circola liberamente e nessun vaccino è stato ancora messo a punto nei centri di ricerca.

Cosi’, accanto ai morti, balzano ai nostri occhi i danni economici.

Molti esercizi commerciali, quelli dove per anni abbiamo preso il caffè o mangiato il gelato, non riapriranno più.

Si è perso tempo.

L’emergenza è stata gestita con il ricorso ad un “management by necessity” culminato con decisioni non condivise e nomine di consiglieri economici e staff tecnici senza prestare attenzione alle indicazioni esistenti, si pensi al “Piano Nazionale di risposta a una pandemia influenzale”, operativo già dal 2008.

La debolezza del paese, unita alla opacità degli intenti messi in campo dalla sua classe dirigente, hanno trovato la massima forma espressiva in sede europea.

Cosi’ il tema degli aiuti all’emergenza sanitaria diretti e indiretti ed il sostegno ai sistemi economici sono diventati merce di scambio per l’unica cosa che interessa all’Unione a trazione tedesca:

l’attivazione delle condizionalità previste dal Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) e che consentiranno di imporre ai paesi aderenti in difficoltà “ricette” di politica economica draconiane per ricondurre in equilibrio i conti pubblici. (Art.7 Reg 472/2013).

Una vera e propria usurpazione di sovranità già tristemente sperimentata dalla Grecia per la quale, nella crisi nel 2010, i programmi di aggiustamento macroeconomico imposti dalla Troika (Commissione

europea, Fondo Monetario Internazionale e Banca Europea degli Investimenti) hanno portato a forti riduzioni della spesa pubblica e tasse fino al taglio dei crediti detenuti dal settore privato nella misura di oltre il 50%.

D’altronde i fatti sono sotto gli occhi di tutti.

Dal picco dell’epidemia l’Unione europea si è chiusa intorno alle analisi sugli effetti delle asimmetrie finanziarie piuttosto che sulle cause e sulle misure di sostegno dividendo cosi popoli e paesi.

Il Consiglio d’Europa del 23 aprile scorso alla presenza dei capi di stato e di governo, convocato per superare l’impasse nella quale erano finiti i lavori dell’eurogruppo ha soltanto puntualizzato i termini del dibattito.

Il varo dei Recovery Fund (collegati al bilancio della Unione 2021-2027), la concessione di 540 miliardi euro suddivisi tra il fondo Sure (Support to mitigate Unemployment risck in an emergency),

una sorta di cassa integrazione europea, per 100 md, Mes fino a 240 miliardi per spese sanitarie dirette ed indirette ed un pacchetto di aiuti per 200 miliardi destinati a piccole e medie imprese con l’intervento diretto della Banca Europea degli Investimenti (BEI).

Non c’era bisogno di ribadire, nella riunione, il rifiuto alla proposta italiana incentrata sulla emissione di euro bond (coronabond) o l’intento di spedire in soffitta le condizionalità del Fondo Mes.

A quest’ultimi, infatti, si erano già date ampie risposte con la votazione del parlamento europeo del 17 aprile che sulla “risoluzione sulla azione coordinata della UE per lottare contro

la pandemia del covid19” ha escluso il varo dei coronabond ed esortato i paesi aderenti all’uso del Mes con un’ampia maggioranza.

E’ evidente che la Germania ed i paesi del blocco nordico abbiano fatto diventare il Mes un’autentica “Linea Gotica”.

Negli ultimi mesi la politica italiana si è dovuta confrontare con un forte fuoco di sbarramento sui meccanismi condizionati voluti dall’Unione provenienti dalle opposizioni ma anche da gruppi del Movimento 5 stelle, dentro e fuori del parlamento.

La votazione sull’ordine del giorno presentato dalla formazione politica Fratelli d’Italia il 24 aprile contro l’adozione del Meccanismo Europeo di Stabilità in forma originaria o “light” ha fatto definitivamente chiarezza anche in casa nostra.

Con il voto contrario il governo italiano ha ribadito, questa volta senza alchimie comunicative, la propria disponibilità all’adozione del Mes.

 

La Germania, tuttavia, nonostante la formale adesione dell’Italia ai meccanismi di sostegno evocati, teme uno scollamento del paese reale una volta che le politiche di controllo macroeconomico imposte al paese produrranno i loro effetti.

Timori resi più forti dalla tenuta nei sondaggi di opinione delle opposizioni, Lega e Fratelli d’Italia che rappresentano ancora una problema per la tenuta del governo e potrebbero far esplodere fermenti nazionalisti ed anti europeisti di eccezionale portata.

Non è quindi un caso se dopo tanto parlare le misure di sostegno da varare in sede europea, siano state diluite all’interno di appelli alla solidarietà e molteplici riunioni al momento soltanto convocate creando di fatto uno slittamento progressivo delle decisioni.

Cosi, il 6 maggio si riunirà la Commissione europea per formulare una proposta di funzionamento del Recovery Fund.

Seguirà la riunione dell’Eurogruppo dell’8 maggio per un’ulteriore analisi dei Recovery Fund e l’adozione di nuove misure di credito per i paesi che richiederanno l’attivazione del Mes.

La riunione riprenderà molto probabilmente in seduta comune con l’Ecofin (organismo che racchiude i Ministri delle finanze degli stati membri) il 18 maggio per esaminare le proposte della Commissione europea.

Poi sarà il turno del Consiglio europeo convocato per il 1° giugno per regolare l’erogazione dei 540 miliardi di aiuti discussi lo scorso 23 aprile.

L’11 giugno sarà ancora la volta dell’Eurogruppo e dell’Eurofin per attivare il progetto dei Recovery Fund.

Il 18 e 19 giugno il Consiglio europeo si riunirà per dare il via, ma non prima del 1° luglio, ai fondi di sostegno messi a punto nelle riunioni precedenti ed assistiti, finalmente,

dall’adesione incondizionata dell’italia alla tecnicalità giuridica inserita nelle norme fondative del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes).

Potrebbe sembrare tutto facile oppure la partita non è stata ancora vinta ed i fautori del nuovo ordine europeo si riservano di continuare ad usare a loro vantaggio  la leva degli eventi sfavorevoli, circostanze o casualità che siano.

La situazione economica, del resto, è disastrosa.

Il crollo della produzione industriale, del prodotto interno lordo e dell’occupazione, l’aumento del deficit e del debito pubblico sono ormai dati a tutti noti.

Circostanze gravi ma che non sono sufficienti per sopraffare definitivamente l’opinione pubblica e assicurare un cammino senza ostacoli alla politica rigorista che i paesi del blocco nordico vorrebbero imporre.

In quest’ottica, la recentissima sentenza della corte costituzionale tedesca che ha accolto “parzialmente” i ricorsi contro il Quantitative Easing,

a suo tempo messo in opera dalla BCE guidata da Mario Draghi

e che arriva proprio a ridosso delle prossime riunioni di Commissione ed Eurogruppo non servirà di certo a placare gli animi degli scettici alimentando il sentimento di abbandono delle economie periferiche.

 

Sulla stessa lunghezza d’onda potrebbe essere colto il declassamento del debito pubblico italiano ad opera di Fitch previsto dal calendario ufficiale per il 10 luglio 2020 ma anticipato al 23 aprile scorso

(lo stesso giorno in cui si è tenuta la seduta del Consiglio europeo).

La Commissione europea, il prossimo 7 maggio, si riunirà per fare il punto sulla stima attesa dell’impatto del virus sui paesi dell’unione mentre per il prossimo  8 maggio sono previsti gli aggiornamenti dei rating di DBRS  e Moody’s.

Vale la pena di ricordare che per quest’ultima società di rating il merito di credito del nostro paese è già considerato prossimo al livello speculativo.

Casualità o meno sono ormai diverse le circostanze che irrompono, con cadenza quasi simbolica, nel dibattito di una comunità in lotta con sé stessa e che lasciano presagire un finale senza sorprese.

 

Sun-tzu nell’”Arte della Guerra” afferma che il vero stratega sconfigge il nemico prima ancora di impegnarlo nel combattimento.

In altri momenti dell’opera il generale vissuto nella Cina tra il V ed il IV secolo A.C., ricorda come non sia necessario che i soldati conoscano i fondamenti della strategia preferendo l’ignoranza delle truppe alla condivisione delle informazioni e fa, dell’astuzia e della flessibilità, armi letali.

Alla fine del capitolo II si legge “un comandante intelligente si sforza di sottrarre i viveri al nemico” e ancora “…chi uccide il nemico prova rancore. Chi invece lo prende prigioniero, trae vantaggio dalle risorse dell’avversario”.

Il dubbio è che il dibattito in sede comunitaria si sia cinto delle vesti del generale cinese e che la politica italiana abbia mostrato la debolezza di quei soldati per i quali l’ignoranza è preferita alla conoscenza ed alla partecipazione.

La lotta contro il virus non è ancora vinta.

Ci attende ancora una lunga battaglia ma la comunità sociale ed economica sarà ricostruita con audacia e passione.

Cosi hanno fatto i nostri nonni ed i nostri genitori.

Cosi faremo noi ed i nostri figli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Marshall oggi più che mai!!

Europa: cronaca di una morte annunciata…

Conte ed i fantastici 17

Eurexit

CORONABOND e ITALEXIT: FALSI PROBLEMI