Privacy e azienda: la chimera della non applicabilità.

Nonostante l’opinione comune che vuole che le aziende ricadano fuori dall’ambito di applicazione del Regolamento Europeo, salvo il caso in cui il nome della società identifichi una persona fisica o se il “dato di contatto” della persona giuridica rappresenti un nome e un cognome di una persona fisica ed allora le informazioni inerenti persone giuridiche possono considerarsi “concernenti” persone fisiche e in tal caso possono ricadere comunque nell’ambito di applicazione, occorre fermarsi a considerare che la raccolta di dati societari in cui sono presenti dati di persone fisiche (soci consiglieri, etc.) fa invece rientrare completamente l’azienda nell’ambito della gestione completa del GDPR.

L’excursus che porta a queste considerazioni è presto illustrato:

l’ambito di applicazione del Regolamento europeo è chiaramente espresso:

all’articolo 1 che “stabilisce norme relative alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali…….. protegge i diritti e le libertà fondamentali delle persone fisiche in particolare il diritto alla protezione dei dati personali”;

all’art. 4 definisce dato personale come “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile (interessato). Si considera identificabile la persona fisica…”;

al considerando 14, ove si afferma “È opportuno che la protezione prevista dal presente regolamento si applichi alle persone fisiche, a prescindere dalla nazionalità o dal luogo di residenza, in relazione al trattamento dei loro dati personali. Il presente regolamento non disciplina il trattamento dei dati personali relativi a persone giuridiche, in particolare imprese dotate di personalità giuridica, compresi il nome e la forma della persona giuridica e i suoi dati di contatto”.

Le prime indicazioni ci vengono già dal Working Party art.29, parere 4/2007 dove nel definire il concetto e la portata di dato personale, si fanno alcune ipotesi e si giunge a considerazioni molto più cautelative nei confronti della tutela dei dati personali riferibili a persone giuridiche. Testualmente“…. le informazioni sulle persone giuridiche non sono in linea di principio disciplinate dalla direttiva, e quindi non godono della protezione da questa disposta. Ciò nondimeno, alcune norme di protezione dei dati possono, in certe circostanze, applicarsi indirettamente alle informazioni concernenti imprese o persone giuridiche”.

E, più in particolare, il medesimo Working Party, nel suddetto parere aveva esplicitamente affermato che le informazioni sulle persone giuridiche possono considerarsi “concernenti” persone fisiche in virtù della loro situazione specifica “È quel che accade quando il nome di una persona giuridica deriva dal nome di una persona fisica, oppure nel caso dell’indirizzo e-mail di un’impresa di norma usato da un dato dipendente, o delle informazioni su una piccola impresa (giuridicamente un “oggetto” piuttosto che una persona giuridica) che possono descrivere il comportamento del suo titolare. In tutti questi casi, in cui i criteri di “contenuto”, “finalità” o “risultato” fan sì che le informazioni su una persona giuridica o su un’impresa possano considerarsi come “concernenti” una persona fisica, è opportuno considerare tali informazioni come dati personali e si applicano le norme di protezione dei dati.” (WP29, dal Parere 4/2007 sul concetto di dati personali del WP29).

Sul tema il Garante era già intervenuto subito dopo l’entrata in vigore dell´art. 40, secondo comma, del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011 che aveva determinato l’esclusione del trattamento dei dati relativo alle persone giuridiche, enti ed associazioni dall’ambito di applicazione del Codice privacy.

In quel provvedimento il Garante argomentava il permanere della tutela in capo alle imprese facendo leva su concetto di “contraente” cui fa riferimento il Codice delle comunicazioni elettroniche nulla distinguendo dal fatto che siano o no essi persone fisiche o giuridiche. Pertanto, questi ultimi soggetti “continueranno a fruire della tutela prevista dal titolo X del codice della privacy per gli abbonati a servizi di comunicazione elettronica”.

Dubbi eventualmente venuti meno con l´art. 1, comma 7, lett. a), n. 3 del d.lgs. 69/2012 che sostituendo il termine “interessato”, con quello di “contraente o utente” ha reso applicabili quelle previsioni anche alle persone giuridiche.

Da ultimo l’intervento del decreto legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito con modificazioni, in legge 14 giugno 2019, n. 55 che all’art.1, lettera a), che al di là di ogni ragionevole dubbio, definitivamente riformula la definizione di contraente qualificandolo come la “persona fisica o giuridica che sia parte di un contratto con il fornitore di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, per la fornitura di tali servizi”.

Detto quanto sopra che illumina su come sia labile il detto il GDPR non coinvolge le aziende, in ogni caso osserviamo che le aziende devono comunque rispettare alcune regole di ingaggio che, per brevità, si sintetizzano nei seguenti sei punti:

  • Registro dei Trattamenti
  • Informative
  • Lettere di Designazione
  • Procedure
  • Registro Data Breach
  • DPIA Data Protection Impact Assessment

A maggior ragione l’impianto su esposto è necessario qual ora un’azienda acquisisca dati di altre aziende (bilanci, visure, conti correnti del sistema bancario, etc.) per fare analisi e clusterizzazioni.

Anche perché solitamente in queste acquisizioni troviamo anche i dati dei soci, del management, delle persone affini, identificando in questo caso la necessità di rispettare completamente il codice.

Ma il problema è poi anche la conservazione ed archiviazione di quei dati che richiede importanti misure tecnologiche e di impianto.

Oggi il problema è che nella convinzione che il GDPR non si applica alle aziende le stesse stiano prendendo delle gran cantonate trascurando invece l’applicazione corretta del GDPR ai loro processi.

Facciamo un esempio:

l’azienda A prende i dati camerali dell’azienda B e li utilizza per fare dei sistemi di analisi incrociata di mercato per poter personalizzare il prodotto che A offre a B.

Per far ciò A usa un outsourcer esterno C a cui passa i dati di B.

Ovviamente per personalizzare al meglio i prodotti A chiede anche i dati dei dipendenti e dei soci di B.

L’azienda A è tranquilla perché ritiene di non essere nel GDPR lavorando con l’azienda B (quindi azienda su azienda) e che i dati camerali essendo pubblici non rientrano nel GDPR.

Questo è un tipico errore di valutazione in quanto si incorre nelle seguenti problematiche:

mancata compilazione del registro dei trattamenti da parte di A.

I dati aziendali di B devono poi essere conservati e tale conservazione ricade su A con tutti i requisiti di sicurezza del caso, inoltre essendo passati a C occorre comunque garantire che i dati siano utilizzati per la finalità per cui vengono acquisiti e conservati a norma (dpia?).

Ed ancora è necessario chiarire bene tutti i flussi organizzativi ai fini della corretta informativa e probabilmente, nel caso citato, è anche necessario svolgere una dpia da parte del titolare del trattamento.

Ma ancora peggio sono poi i dati dei soci e dei dipendenti che vengono acquisiti al fine della personalizzazione del prodotto di A per B, questi dati non rientrano nel considerando 14 succitato perché la persona fisica che rientra nei dati di contatto non può comunque essere utilizzata per altre finalità se non quelle di contatto e comunque le stesse possono essere al limite due o tre ma non certo tutti i soci, che peraltro spesso non hanno nemmeno la rappresentanza legale della società e quindi non possono essere considerate persone di contatto.

Occorre considerare che anche i dati dell’azienda, sopratutto se riferiscono ai soggetti fisici dell’azienda, quali ad esempio i debiti verso soci o lo scoring creditizio legato ai soggetti societari, identificando un comportamento, anche se solo finanziario, rientrano nei dati da tutelare.

In questo banale esempio l’azienda A si troverebbe ad essere in palese violazione di tutto l’impianto del GDPR.

E’ bene infatti cristallizzare che i dati identificativi della persona giuridica ex se, sono distinti dai dati identificativi delle persone fisiche in ogni modo afferenti la persona giuridica (soci, addetti, et similia).

Se, pertanto, alcun limite – se non quello, comunque, afferenti il più generale diritto alla personalità ed all’identità, riconosciuto anche in favore degli Enti – incontrerà il trattamento dei dati propri delle persone giuridiche (es. denominazione, sede, dati fiscali) dovranno invece osservarsi le disposizioni del regolamento UE con riferimento ai dati delle persone fisiche collegate all’Ente.

In ultimo l’errore finale quasi decisivo è la nomina di un DPO interno da parte dell’azienda.

La figura del D.P.O. introdotta dal GDPR 679/2016 ha una funzione complessa a metà tra il consulente ed il controllore.

Il DPO svolge principalmente un ruolo di informazione e sorveglianza  che è sostanzialmente affine alle attività tipiche della consulenza specialistica.

Nel mondo delle aziende questo tipo di figura è abbastanza poco conosciuta, forse solo l’R.SP.P. ha una qualche similitudine per chi opera, ma a differenza di quest’ultimo il DPO ha anche un ruolo di garanzia nei confronti dell’organismo di controllo nazionale, ovvero il garante della Privacy.

La scelta del DPO da parte delle aziende diviene quindi un elemento di particolare complessità perché non è meramente legato al “prezzo”, ma bensì ad una serie di considerazioni che lo rendono particolarmente difficile da identificare  in modo semplice.

Il GDPR vuole il DPO indipendente dall’organizzazione che deve vigilare, competente sulla materia normativa, esperto dell’azienda che deve servire.

La scelta di un DPO interno già non può garantire il primo punto ovvero quello dell’indipendenza, ma nemmeno molto il secondo, pertanto risponderebbe solo al terzo punto.

Questo brevissimo punto di osservazione dovrebbe consigliare a tutte le azienda una scelta esterna, che in realtà non viene fatta per una motivazione meramente economica.

Anche questa ultima valutazione è comunque facilmente smontabile solo con il considerare il costo di un eventuale errore in tema di protezione di dati personali.

Non importa quanto sia strutturata un’azienda: il Regolamento Europeo coinvolge tutti, senza distinzione.

La media delle sanzioni erogate a livello europeo si attesta sulle 30.000 euro, in alcuni casi arrivando a importi singoli di oltre 500.000 euro.

Facciamo alcuni esempi:

Il Garante austriaco ha condannato un imprenditore al pagamento di un’ammenda pari a €4.800 per aver installato le telecamere di videosorveglianza fuori dal suo esercizio commerciale, riprendendo parte del marciapiede. La palese violazione del principio di liceità, correttezza e trasparenza giustifica l’intervento del Garante. I casi riportati confermano il valore prescrittivo della normativa e la doverosa compliance al contenuto.

Il Garante privacy italiano invece è stato chiamato in causa per multare un medico, a causa di un trattamento illecito di dati personali. Sono stati utilizzati gli indirizzi di 3.500 pazienti per inviare lettere a sostegno di un candidato alle elezioni del 4 marzo del 2018, senza che gli interessati avessero espresso il consenso. 16.000€

Il Garante privacy danese ha sanzionato la società produttrice di mobili IDdesign per €200.850, corrispondenti a 1,5 milioni di corone danesi, per aver conservato i dati di un elevato numero di clienti per un periodo superiore al necessario

Il Garante privacy rumeno ha multato Unicredit Bank S.A, con un’ammenda di €130.000, per non aver adottato le giuste misure tecniche e di sicurezza in seguito all’entrata in vigore del GDPR.

L’Autorità italiana ha segnalato l’iscrizione a ruolo di 779 contravventori che porterà ad una riscossione complessiva di circa 11 milioni di euro.

Ma il Garante si mantiene attivo: a breve si concluderà l’iter per l’iscrizione di altri 500 trasgressori.

Un DPO esterno oggi costa da 10.000 euro a 80.000 euro in base alla complessità dell’azienda.

Senza contare che affidare all’esterno il ruolo di DPO è anche segno di trasparenza e qualità, mentre ricevere una multa da Garante potrebbe distruggere l’intera credibilità dell’azienda sul mercato.

 

Il Team Privacy

controllerprivacy.it

Corrado Faletti, Roberto De Duro, Andrea Caristi




La vera Guerra inizia adesso

L’orribile pandemia ha seminato morte e sofferenza ma anche cambiato il nostro dizionario quotidiano, forse, per sempre.

La “Fase Uno” e la “Fase due” ci tormentano da mesi: la prima con il suo carico di ansia e terrore, la seconda con trame intrise di speranza.

La speranza di un ritorno alla normalità, al lavoro, agli aperitivi con gli amici dove trovare il tempo perfino di annoiarsi.

Il Mondo è tornato a vivere, nei parchi e negli spazi pubblici si gioca e si corre forse per dimenticare il confino quella realtà aliena vissuta sin dal giorno della pubblicazione del decreto di marzo sul distanziamento e l’isolamento sociale.

Eppure non stiamo sognando.

La fase due ci permette di pensare che sia tutto finito, ma non è cosi.

Il Virus ancora circola liberamente e nessun vaccino è stato ancora messo a punto nei centri di ricerca.

Cosi’, accanto ai morti, balzano ai nostri occhi i danni economici.

Molti esercizi commerciali, quelli dove per anni abbiamo preso il caffè o mangiato il gelato, non riapriranno più.

Si è perso tempo.

L’emergenza è stata gestita con il ricorso ad un “management by necessity” culminato con decisioni non condivise e nomine di consiglieri economici e staff tecnici senza prestare attenzione alle indicazioni esistenti, si pensi al “Piano Nazionale di risposta a una pandemia influenzale”, operativo già dal 2008.

La debolezza del paese, unita alla opacità degli intenti messi in campo dalla sua classe dirigente, hanno trovato la massima forma espressiva in sede europea.

Cosi’ il tema degli aiuti all’emergenza sanitaria diretti e indiretti ed il sostegno ai sistemi economici sono diventati merce di scambio per l’unica cosa che interessa all’Unione a trazione tedesca:

l’attivazione delle condizionalità previste dal Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) e che consentiranno di imporre ai paesi aderenti in difficoltà “ricette” di politica economica draconiane per ricondurre in equilibrio i conti pubblici. (Art.7 Reg 472/2013).

Una vera e propria usurpazione di sovranità già tristemente sperimentata dalla Grecia per la quale, nella crisi nel 2010, i programmi di aggiustamento macroeconomico imposti dalla Troika (Commissione

europea, Fondo Monetario Internazionale e Banca Europea degli Investimenti) hanno portato a forti riduzioni della spesa pubblica e tasse fino al taglio dei crediti detenuti dal settore privato nella misura di oltre il 50%.

D’altronde i fatti sono sotto gli occhi di tutti.

Dal picco dell’epidemia l’Unione europea si è chiusa intorno alle analisi sugli effetti delle asimmetrie finanziarie piuttosto che sulle cause e sulle misure di sostegno dividendo cosi popoli e paesi.

Il Consiglio d’Europa del 23 aprile scorso alla presenza dei capi di stato e di governo, convocato per superare l’impasse nella quale erano finiti i lavori dell’eurogruppo ha soltanto puntualizzato i termini del dibattito.

Il varo dei Recovery Fund (collegati al bilancio della Unione 2021-2027), la concessione di 540 miliardi euro suddivisi tra il fondo Sure (Support to mitigate Unemployment risck in an emergency),

una sorta di cassa integrazione europea, per 100 md, Mes fino a 240 miliardi per spese sanitarie dirette ed indirette ed un pacchetto di aiuti per 200 miliardi destinati a piccole e medie imprese con l’intervento diretto della Banca Europea degli Investimenti (BEI).

Non c’era bisogno di ribadire, nella riunione, il rifiuto alla proposta italiana incentrata sulla emissione di euro bond (coronabond) o l’intento di spedire in soffitta le condizionalità del Fondo Mes.

A quest’ultimi, infatti, si erano già date ampie risposte con la votazione del parlamento europeo del 17 aprile che sulla “risoluzione sulla azione coordinata della UE per lottare contro

la pandemia del covid19” ha escluso il varo dei coronabond ed esortato i paesi aderenti all’uso del Mes con un’ampia maggioranza.

E’ evidente che la Germania ed i paesi del blocco nordico abbiano fatto diventare il Mes un’autentica “Linea Gotica”.

Negli ultimi mesi la politica italiana si è dovuta confrontare con un forte fuoco di sbarramento sui meccanismi condizionati voluti dall’Unione provenienti dalle opposizioni ma anche da gruppi del Movimento 5 stelle, dentro e fuori del parlamento.

La votazione sull’ordine del giorno presentato dalla formazione politica Fratelli d’Italia il 24 aprile contro l’adozione del Meccanismo Europeo di Stabilità in forma originaria o “light” ha fatto definitivamente chiarezza anche in casa nostra.

Con il voto contrario il governo italiano ha ribadito, questa volta senza alchimie comunicative, la propria disponibilità all’adozione del Mes.

 

La Germania, tuttavia, nonostante la formale adesione dell’Italia ai meccanismi di sostegno evocati, teme uno scollamento del paese reale una volta che le politiche di controllo macroeconomico imposte al paese produrranno i loro effetti.

Timori resi più forti dalla tenuta nei sondaggi di opinione delle opposizioni, Lega e Fratelli d’Italia che rappresentano ancora una problema per la tenuta del governo e potrebbero far esplodere fermenti nazionalisti ed anti europeisti di eccezionale portata.

Non è quindi un caso se dopo tanto parlare le misure di sostegno da varare in sede europea, siano state diluite all’interno di appelli alla solidarietà e molteplici riunioni al momento soltanto convocate creando di fatto uno slittamento progressivo delle decisioni.

Cosi, il 6 maggio si riunirà la Commissione europea per formulare una proposta di funzionamento del Recovery Fund.

Seguirà la riunione dell’Eurogruppo dell’8 maggio per un’ulteriore analisi dei Recovery Fund e l’adozione di nuove misure di credito per i paesi che richiederanno l’attivazione del Mes.

La riunione riprenderà molto probabilmente in seduta comune con l’Ecofin (organismo che racchiude i Ministri delle finanze degli stati membri) il 18 maggio per esaminare le proposte della Commissione europea.

Poi sarà il turno del Consiglio europeo convocato per il 1° giugno per regolare l’erogazione dei 540 miliardi di aiuti discussi lo scorso 23 aprile.

L’11 giugno sarà ancora la volta dell’Eurogruppo e dell’Eurofin per attivare il progetto dei Recovery Fund.

Il 18 e 19 giugno il Consiglio europeo si riunirà per dare il via, ma non prima del 1° luglio, ai fondi di sostegno messi a punto nelle riunioni precedenti ed assistiti, finalmente,

dall’adesione incondizionata dell’italia alla tecnicalità giuridica inserita nelle norme fondative del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes).

Potrebbe sembrare tutto facile oppure la partita non è stata ancora vinta ed i fautori del nuovo ordine europeo si riservano di continuare ad usare a loro vantaggio  la leva degli eventi sfavorevoli, circostanze o casualità che siano.

La situazione economica, del resto, è disastrosa.

Il crollo della produzione industriale, del prodotto interno lordo e dell’occupazione, l’aumento del deficit e del debito pubblico sono ormai dati a tutti noti.

Circostanze gravi ma che non sono sufficienti per sopraffare definitivamente l’opinione pubblica e assicurare un cammino senza ostacoli alla politica rigorista che i paesi del blocco nordico vorrebbero imporre.

In quest’ottica, la recentissima sentenza della corte costituzionale tedesca che ha accolto “parzialmente” i ricorsi contro il Quantitative Easing,

a suo tempo messo in opera dalla BCE guidata da Mario Draghi

e che arriva proprio a ridosso delle prossime riunioni di Commissione ed Eurogruppo non servirà di certo a placare gli animi degli scettici alimentando il sentimento di abbandono delle economie periferiche.

 

Sulla stessa lunghezza d’onda potrebbe essere colto il declassamento del debito pubblico italiano ad opera di Fitch previsto dal calendario ufficiale per il 10 luglio 2020 ma anticipato al 23 aprile scorso

(lo stesso giorno in cui si è tenuta la seduta del Consiglio europeo).

La Commissione europea, il prossimo 7 maggio, si riunirà per fare il punto sulla stima attesa dell’impatto del virus sui paesi dell’unione mentre per il prossimo  8 maggio sono previsti gli aggiornamenti dei rating di DBRS  e Moody’s.

Vale la pena di ricordare che per quest’ultima società di rating il merito di credito del nostro paese è già considerato prossimo al livello speculativo.

Casualità o meno sono ormai diverse le circostanze che irrompono, con cadenza quasi simbolica, nel dibattito di una comunità in lotta con sé stessa e che lasciano presagire un finale senza sorprese.

 

Sun-tzu nell’”Arte della Guerra” afferma che il vero stratega sconfigge il nemico prima ancora di impegnarlo nel combattimento.

In altri momenti dell’opera il generale vissuto nella Cina tra il V ed il IV secolo A.C., ricorda come non sia necessario che i soldati conoscano i fondamenti della strategia preferendo l’ignoranza delle truppe alla condivisione delle informazioni e fa, dell’astuzia e della flessibilità, armi letali.

Alla fine del capitolo II si legge “un comandante intelligente si sforza di sottrarre i viveri al nemico” e ancora “…chi uccide il nemico prova rancore. Chi invece lo prende prigioniero, trae vantaggio dalle risorse dell’avversario”.

Il dubbio è che il dibattito in sede comunitaria si sia cinto delle vesti del generale cinese e che la politica italiana abbia mostrato la debolezza di quei soldati per i quali l’ignoranza è preferita alla conoscenza ed alla partecipazione.

La lotta contro il virus non è ancora vinta.

Ci attende ancora una lunga battaglia ma la comunità sociale ed economica sarà ricostruita con audacia e passione.

Cosi hanno fatto i nostri nonni ed i nostri genitori.

Cosi faremo noi ed i nostri figli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Marshall oggi più che mai!!

Europa: cronaca di una morte annunciata…

Conte ed i fantastici 17

Eurexit

CORONABOND e ITALEXIT: FALSI PROBLEMI

 




La sottomissione di Gregge

Ormai credo non sia più discutibile: ci sono cose che palesemente non vanno.

Ci sono dati che palesemente sono falsi e siparietti che sembrano costruiti ad hoc.

Eppure se ci si pensa bene siamo arrivati qui da un lungo cammino pre costruito:

sanità azzerata da folli rincorse a pareggi di bilancio senza scopi definiti, scuola distrutta negli anni da mancanza di fondi ed incompetenza, politica sempre più dei cani arrabbiati e non dei signori, industrie e posti di lavoro persi, ricerca inesistente, università ridotte alla stregua di licei, profondità di pensiero del paese lasciate in mano ad orde di ignoranti dichiarati.

Un popolo che non sa né leggere né scrivere, è un popolo facile da ingannare.”
CHE GUEVARA

Eccoci qua, popolo ignorante, senza ossatura industriale, in mano ai titanici sforzi della nostra PMI che più di tanto non può fare, sotto il controllo di uno stato di polizia fiscale perché altro non gli rimane.

Ed ecco che ingannarci è uno scherzo da bambini, basta dire quattro cavolate davanti ad un microfono et voilà il gioco è fatto.

Siamo lì, pronti a berci tutto purché sia una cosa momentaneamente rassicurante e che ci dica che siamo al sicuro, che tutto è a posto, che andrà tutto bene.

“Le masse sono abbagliate più facilmente da una grande bugia, che da una piccola.”
ADOLF HITLER

Eppure nonostante anni di storia non impariamo mai.

Bugie enormi, raccontate perché ormai non abbiamo più la memoria storica, bugie infinite che si perdono in rivoli di fake news, abbaglio di menti povere.

Siamo solo l’ombra di un popolo, appendiamo le bandiere alle finestre per coprire con la loro ombra le nostre mancanze.

Ci danniamo per capire chi ha inventato il MES ma non ci preoccupiamo del perché c’è.

Ci lamentiamo che il nostro paese dovrebbe ricevere quintali di miliardi di euro per parare il colpo della pandemia, ma non ci rendiamo conto che la pauperizzazione del nostro paese, perpetrata negli ultimi decenni, ci ha resi inermi di fronte a qualsiasi crisi.

Siamo una famiglia senza risparmi e con debiti con gli strozzini sia europei che mondiali.

Non avendo più un tessuto industriale in grado di reggere i colpi di un mercato asfittico e paranoico cadiamo come il colosso dai piedi d’argilla.

Ma ancora non ce ne stiamo accorgendo, ancora siamo stati messi in un bozzolo di sicurezza a suon di DCPM.

Il Popolo stava forse rendendosi troppo conto dell’imbecillità del suo governo ed allora ha giocato facile la paura, la pandemia, che forse poteva essere affrontata prima e meglio, ma magari farlo prima non era utile.

“Al popolo non resta che un monosillabo per affermare e obbedire. La sovranità gli viene lasciata solo quando è innocua o è reputata tale, cioè nei momenti di ordinaria amministrazione.”
BENITO MUSSOLINI

Cosa governa le masse? la Paura, la paura del diverso, dell’immigrato, della crisi, della pandemia.

No, certo che non sono uguali, è uguale solo il modo in cui vengono usate, puntualmente e spregiudicatamente.

Oggi non c’è più un governo italiano, oggi c’è un governo ombra che non ha interesse verso il popolo, ma cura altri interessi, che accetta la distruzione sistematica del tessuto produttivo a favore di potenze che non hanno a cuore il nostro paese e la nostra gente.

I fatti di quello che vi dico sono davanti a tutti voi, sono nella perdita della grande impresa italiana, nella distruzione dei marchi italiani, nella distruzione della scuola italiana, che oggi più che mai ha dimostrato la sua inadeguatezza (si difende solo perché il personale della scuola ha ancora una sua dignità), nei 2400 miliardi di debito pubblico, nella sanità mancata.

Sono nella banale mistificazione dei fatti: prendete subito 600 euro ma per farlo dovete richiedere il codice inps per accedere alla domanda, codice che vi viene dato se vi va bene dopo un mese (?!?!?! ma che c…o).

E nemmeno è più rimasta la dignità perché un governo per prendere decisioni nomina task force ad minchiam di gente che di certo voti non ne ha presi, perché per affrontare quelle problematiche noi abbiamo messo al governo delle persone, abbiamo votato delle persone che devono loro risolvere le cose, non affidare ad altri la responsabilità di risolverle.

Ma la piantiamo di passar sopra la sovranità del popolo????

Certo che un popolo gregge…

“Il popolo non è organizzato; perciò l’espressione della sua volontà è una mistificazione, perché i suoi organizzatori, i suoi mediatori – i partiti – hanno perso il contatto con il popolo.”
ADRIANO OLIVETTI

Io vedo un percorso pericoloso verso la sottomissione di gregge, utilizzando la paura e la preventiva distruzione di ogni risorsa dello stato.

L’uso criminale dei mezzi d’informazione, la mancanza assoluta di onestà intellettuale, non aver dato al popolo la possibilità e gli strumenti per leggere correttamente anche i media è l’atto criminoso più vigliacco dell’ultimo secolo.

“La nuova fonte di potere non è il denaro nelle mani di pochi, ma l’informazione nelle mani di molti.”
JOHN NAISBITT

Il fumo negli occhi, le risse tra politici, le continue polemiche, i battibecchi che portano molto lontano dalla verità, la facilità con cui la nostra attenzione ormai vaga su mille argomenti senza approfondirne nemmeno uno, l’iracondia che leggiamo in tutte le comunicazioni.

 

“Si dominano più facilmente i popoli eccitandone le passioni che occupandosi dei loro interessi.”
GUSTAVE LE BON

Da questo periodo usciremo forse avendo sconfitto il covid (ma a caro prezzo e poi non ne sono così sicuro), ma pagando un tributo altissimo sull’altare della nostra sovranità nazionale… infatti il duro colpo che è stato dato alla PMI è forse l’attacco peggiore al nostro paese degli ultimi anni.

Per ora aiuti non ce ne sono!

La cassa integrazione non è un aiuto è solo un palliativo, perché la produzione è ferma immobile, posticipare i pagamenti delle imposte non serve ad una mazza di niente perché le aziende prima o poi le dovranno pagare ed ora che non guadagnano nulla non possono certo accantonare.

La possibilità di ricevere prestiti agevolati è solo un modo per mettere ulteriori cappi al collo degli imprenditori, non dico nulla del contributo dei 600 euro perché è offensivo.

lo stato riceverà mille e mille miliardi dalla CE (balle) e comunque anche se fosse mica li regalano, li rivogliono (giustamente direi), quindi cosa abbiamo risolto?

Forse dobbiamo pensare a nuovi modi di supporto alle imprese, ricapitalizzazione con partecipazione dello stato, ti metto dei soldi ma poi parteciperò ai tuoi utili, utilizziamo il patrimonio artistico che possediamo per creare fondi di investimento per finanziare il capitale delle imprese.

Oppure facciamo cose strepitose, usciamo dell’europa che non ci ha aiutato manco per scherzo e creiamo una nuova unione italia-cina, la comunità Italina o Cinaliana.

Ma no, continuiamo a lamentarci dei governi, di conte, di salvini, di zingaretti, della meloni, di grillo, di dimaio, ma si dai andiamo avanti così!

Ma io vi esorto amici italiani, incominciamo a lamentarci di chi ha votato in tutti questi anni, incominciamo a lamentarci di noi, della nostra dignità, della dignità del nostro Paese.

“Il primo bene di un popolo è la sua dignità.”
CAMILLO BENSO, CONTE DI CAVOUR

Questa credo che un poco l’abbiamo persa, primo passo verso la sottomissione di gregge.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Conte ed i fantastici 17

Coronavirus, italiano addio, etica addio, riprendiamoci il paese, Avanti Savoia!

 




Il futuro è ibrido

L’emergenza Covid-19, ha costretto tutti ha obbligato ferocemente ad essere e  diventare finalmente digitali,  non doversi recare in comune per richiedere un certificato, non dover andare all’Agenzia delle Entrate per avere il PIN, ma comunque per non farti perdere l’abitudine l’Agenzia ti lascia la tua bella coda virtuale infatti lo ricevi dopo almeno 20 giorni, e eviti pure di andare dal medico di base per ritirare  la solita ricetta con le solite medicine.

Dai primi di Marzo, in comune si accede solo da remoto, l’Agenzia delle Entrate ha chiuso gli uffici e non risponde neanche più al telefono, mica che prendono il coronavirus, ma ci sono solo per e-mail o dal portale.

Le ricette on-line erano un tabù, se non per qualche medico eretico, oggi arrivano in pochi secondi nella tua casella di posta.

Ed ancora le assemblee regionali, i consigli comunali ed i consigli di amministrazione delle aziende che per regolamento possono essere svolte in presenza altrimenti sei assente, in pochi giorni sono stati modificati senza le solite sterili discussioni, l’emergenza ha costretto tutti quanti a cambiare approccio, o da remoto o  nessuna alternativa.

In queste settimane la richiesta di servizi di video conferencing e unified communication sono aumentati a dismisura, in realtà l’utilizzo è aumentato, i servizi esistevano da anni.

Anche l’e-learning che negli ultimi anni aveva perso il suo slancio, in quest’ultimo mese ha ripreso vigore e fioriscono ovunque offerte per l’apprendimento online, dovuto soprattutto alle tante persone bloccate in casa senza più palestra e corsetta al parco.

Per anni aziende pubbliche hanno sperimentato lo strano strumento, a loro dire, dello smart working, provando a far lavorare alcuni dipendenti un giorno alla settimana da casa, mi raccomando non di più potrebbe essere dannoso, ed immediatamente con la Pandemia si può lavorare tutti da casa, e non è più pericoloso, anzi è diventata una grande opportunità e sembrerebbe anche con un notevole aumento della produttività.

Certo, come tutte le cose, ha le sue controindicazioni, infatti se sei in smart working allora il tuo capo o i tuoi clienti, visto che sei a casa, ti chiamano alle 21:00 perché hanno un’emergenza che non può essere assolutamente demandata al giorno dopo, e se non rispondi sei pure cafone o poco dedito al lavoro.

Ma anche in futuro, terminata l’emergenza, continueremo ad utilizzare queste nuove modalità lavorative o ritorneremo alle vecchie abitudini ?

Molto probabilmente, viste le tante richieste che aziende grandi e piccole e la stessa Pubblica Amministrazione stanno ponendo ai player di connettività e di servizi online, il futuro sarà ibrido.

Si ibrido come le macchine un po’ elettrica ed un po’ termico, anche i nuovi strumenti digitali dovranno essere pensati per la modalità remota e on-site, oggi nessuno strumento digitale è stato pensato per essere ibrido, o tutti da remoto o tutti in un luogo fisico, è la prossima sfida tecnologica, una nuova generazione di servizi.

 

Roberto De Duro

 

IL DIGITALE potrà contribuire ad una Italia migliore

 

Do Androids Dream of Electric Sheep?




Andrà tutto bene … parte terza

Il protrarsi dell’emergenza sanitaria sta generando un blocco dell’economia che porterà ad un forte ridimensionamento delle attività produttive in tutti i settori. Stiamo assistendo al calo delle vendite, all’annullamento di contratti commerciali e incarichi professionali, alla cancellazione diffusa di eventi, manifestazioni, ordini e prenotazioni sia in ambito turistico che business nonché alla mancata o ritardata consegna di merce al cliente.

È evidente che uno dei settori su cui l’epidemia sta impattando maggiormente è il settore turismo.

In Italia, il segmento del turismo vale in totale 146 miliardi di euro: una cifra pari a circa il 13% del Pil, generata da una filiera di 216 mila esercizi ricettivi e 12mila agenzie di viaggio. 

 

La proliferazione del Coronavirus ha spinto diversi governi a considerare l’Italia tra i Paesi da sconsigliare, se non vietare, per i viaggi e le trasferte di lavoro. 

L’impatto si fa sentire pesantemente sul turismo italiano, con la proiezione di un tracollo senza precedenti nella stagione pasquale, il comparto ha subito cancellazioni pari a circa l’80% per le città e fino al 95% in montagna. Questo fenomeno non riguarda solo le zone colpite direttamente, ma tutto il Paese.

Gli operatori del settore sono molto preoccupati rispetto al calo delle prenotazioni per le settimane bianche e per la Pasqua e si teme anche per la stagione estiva che risulta già essere compromessa.

Solo il settore delle gite scolastiche – che sono state vietate – muove un business da 316 milioni di euro, ormai perso, anche alla luce del provvedimento di chiusura di tutte le scuole di ordine e grado almeno fino al 3 aprile p.v. A questo si aggiunge la cancellazione di eventi e manifestazioni pubbliche importanti come il Carnevale di Venezia, solo per citare la prima più eclatante, o il Salone del Mobile e altri importanti eventi fieristici intorno ai quali gravitano ingenti interessi economici.

Durante i mesi di febbraio e marzo, gli esercizi ricettivi italiani generalmente ospitano 14,5 milioni di turisti italiani e stranieri, per quasi 40 milioni di pernottamenti, questo è un periodo di intensa attività per alcune aree del Paese.

Bene, alla luce dei fatti, si è rallentato prima e si è fermato tutto adesso.

Napoli ha perso 15mila visitatori e si prevede una perdita del 30% per Pasqua; 

Venezia perde il 40%

Riviera Romagnola disdette di massa (teme ricadute anche per l’estate)

Lazio crollo delle prenotazioni del 60-70% relative anche ai mesi dopo la Pasqua. 

Milano debooking all’ 80%

Ritornando ai dati inerenti l’incoming, secondo uno studio condotto dell’Istituto Demoskopika, che ha tracciato una mappa dei possibili effetti sul turismo italiano a seguito dell’allerta coronavirus, nel 2020, l’emergenza coronavirus potrebbe generare un segno negativo per l’incoming turistico italiano, con una contrazione della spesa turistica di ben 4,5 miliardi di euro, pari a circa il 5% del P.I.L. di cui il 70% in Veneto, Toscana, Lazio e Lombardia. 

Inoltre, l’ipotesi di base è che i viaggiatori che risiedono in paesi dove ci sono stati casi di coronavirus, spinti da sentimenti di paura e timore, continueranno a cancellare prenotazioni e limitare gli spostamenti anche dopo l’emergenza.

La sindrome da contagio, alimentata anche da scarsa e inadeguata informazione, rischia di produrre ricadute devastanti su gran parte dei sistemi turistici regionali.

Le pandemie nell’era dei social hanno pesanti effetti mediatici sull’immagine e la attrattività di un Paese.

Basta poco e crolla la domanda.

Territorialmente, subiranno le principali ricadute le destinazioni turistiche strutturalmente più apprezzate dai turisti internazionali, primi fra tutti cinesi, americani, tedeschi e inglesi.

L’impatto di questo scenario economico sul Made in Italy potrebbe essere difficilmente superabile dalle imprese italiane, soprattutto le più piccole, che costituiscono oltre il 95% del nostro tessuto produttivo, con ricadute pesanti non solo sui fatturati, ma sulla stessa occupazione in termini strutturali.

Siamo in una situazione emergenziale e servono, per questo, misure emergenziali.

Prima di addentrarci nella formulazione di proposte, bisogna sottolineare che, per reperire i fondi necessari a coprirne i costi, si dovrebbe utilizzare canali di finanziamento alternativi a quelli solitamente sfruttati, per esempio, risorse europee, relative alla programmazione 2014-2020, che ad oggi non risultano ancora spese, in tal senso urge un monitoraggio immediato.

Inoltre, sempre nell’ottica di un migliore utilizzo di risorse già esistenti, bisogna che il Governo riveda la nuova Programmazione 2021-2027, pianificando, almeno per il biennio 2021-2023, interventi specifici destinati a sostenere il sistema produttivo italiano, con un particolare focus sui settori Turismo e Cultura, con una rinnovata attenzione alle piccole e medie imprese che da sempre hanno difficoltà ad accedere a questa tipologia di risorse e che, invece, rischiano di pagare il prezzo più alto della crisi economica.

Infine, il covid 19 è l’occasione per modificare Accordi di partenariato e regolamenti comunitari, che ingessano la spesa dei Fondi UE assegnati ad ogni singolo Paese.

Non si tratta di poter fare più deficit, che comunque genera debito per le generazioni future, ma avere l’adeguata flessibilità di risorse già programmate in contesti ordinari. 

Federterziario e Federterziario Turismo, propongono pertanto le seguenti misure:

  • la sospensione i pagamenti di tasse, contributi, Iva e tutte le cartelle esattoriali almeno per i prossimi 3 mesi con recupero a partire dal 1° gennaio 2021;
  • il temporaneo azzeramento delle sanzioni per i ritardati pagamenti di cartelle erariali;
  • sospensione dell’utilizzo degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) per il 2020, in considerazione dell’impatto negativo dell’emergenza sui bilanci d’impresa;
  • l’estensione della Cassa Integrazione in deroga a tutte le aziende, anche quelle con un solo dipendente;
  • il rinvio dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa;
  • lo slittamento dei pagamenti di mutui e finanziamenti, con contestuale attivazione di un dialogo con il sistema bancario che porti all’adozione di misure in grado di concedere liquidità e prospettive alle imprese del settore turismo;
  • sospensione segnalazione automatica nella banca dati Crif;
  • la riduzione delle tasse di ancoraggio nei porti; 
  • azioni di promozione e rilancio del Made in Italy e dell’offerta turistica e culturale, anche attraverso iniziative di sostegno della domanda interna, quali il riconoscimento di detrazioni fiscali per le spese sostenute per viaggi e soggiorni presso strutture ricettive italiane.

Con la proposta della Commissione europea di sospendere di fatto l’applicazione del patto di stabilità con gli impegni di consolidamento di bilancio relativi per fronteggiare la crisi del coronavirus e la recessione ormai in arrivo, viene fatto un passo del tutto inedito: finora era stata usata solo la flessibilità sugli obiettivi di bilancio caso per caso.

Ora tocca ai ministri finanziari dare il via libera.

E, soprattutto agire di conseguenza, e qui inizieranno un mare di problemi…

 




I Conte non tornano… sapevamo già tutto dal 2006.

Facile criticare, in questo momento è fin troppo facile muovere critiche al governo ed a chi lo presiede, sono d’accordo, ma sarebbe anche un momento pericolosamente antidemocratico non farlo.

Facile adesso fare dietrologia, ma è difficile dimenticare la grave sottovalutazione fatta dal governo del fenomeno covid19, e la spavalderia con cui si sono dichiarate eccellenze sanitarie e preparazioni intoccabili giusto solo a fine gennaio 2020.

Difficile dimenticare come questo governo nei sui vertici bollava come semplice malattia, meno pericolosa dell’influenza, questa ormai pandemia mondiale, difficile in ogni caso non valutare come tutti i governi abbiano distrutto la sanità negli ultimi anni, sull’altare del pareggio di bilancio europeo.

Giusto? sbagliato? ad oggi sembrerebbe sbagliato!

Certo chi immaginava una pandemia mondiale?

Ebbene meraviglia delle meraviglie, Noi!

Proprio così, Noi avevamo, abbiamo, un piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale, già dal lontano 2006.

Infatti nel 2006 a pagina 6 si diceva:

L’obbiettivo del piano e rafforzare la preparazione alla pandemia a livello nazionale e locale, in modo da:
1. identificare, confermare e descrivere rapidamente casi di influenza causati da nuovi sottotipi virali, in modo da riconoscere tempestivamente l’inizio della pandemia.
2. Minimizzare il rischio di trasmissione e limitare la morbosità e la mortalità dovute alla pandemia.
3. Ridurre l’impatto della pandemia sui servizi sanitari e sociali e assicurare il mantenimento dei servizi essenziali.
4. Assicurare una adeguata formazione del personale coinvolto nella risposta alla pandemia.
5. Garantire informazioni aggiornate e tempestive per i decisori, gli operatori sanitari, i media e il pubblico.
6. Monitorare l’efficienza degli interventi intrapresi.
Le azioni chiave per raggiungere gli obiettivi del Piano sono:
1. migliorare la sorveglianza epidemiologica e virologica.
2. Attuare misure di prevenzione e controllo dell’infezione (misure di sanità pubblica, profilassi con antivirali, vaccinazione).
3. Garantire il trattamento e l’assistenza dei casi.
4. Mettere a punto piani di emergenza per mantenere la funzionalità dei servizi sanitari e altri servizi essenziali.
5. Mettere a punto un piano di formazione.
6. Mettere a punto adeguate strategie di comunicazione.
7. Monitorare l’attuazione delle azioni pianificate per fase di rischio, le capacità/risorse esistenti per la risposta, le risorse aggiuntive necessarie, l’efficacia degli interventi intrapresi; il  monitoraggio deve avvenire in maniera continuativa e trasversale, integrando e analizzando i dati provenienti dai diversi sistemi informativi.
L’operatività del Piano sarà valutata con esercitazioni nazionali e regionali, cui parteciperanno tutte le istituzioni coinvolte in caso di pandemia.
Il presente Piano è suscettibile di periodiche revisioni, al cambiamento della situazione epidemiologica.

Quindi lo sapevamo benissimo che poteva succedere!!!

ed addirittura dicevamo:

1] Attuare misure di prevenzione e controllo dell’infezione

Per contenere gli iniziali focolai nazionali attribuibili a virus pandemico e ridurre il rischio di trasmissione vanno adottate:
– misure di sanità pubblica quali la limitazione degli spostamenti, l’isolamento e la quarantena dei casi e dei contatti
– strategie di utilizzo di farmaci antivirali sia come profilassi che come terapia
– strategie di vaccinazione.

 

2] Misure di sanità pubblica

Gli interventi di sanità pubblica che possono risultare efficaci per limitare e/o ritardare la diffusione dell’infezione sono basati sulla riduzione dei contatti tra persone infette e persone non infette, e/o sulla minimizzazione della probabilità di trasmissione dell’infezione in caso di contatto attraverso comuni norme igieniche e misure di barriera (per esempio dispositivi di protezione individuale, DPI).

Fasi interpandemiche (fasi 1-2) ovvero non appena si viene a conoscenza dell’individuazione di casi infetti:
1) informazione sanitaria della popolazione per promuovere l’adozione delle comuni norme igieniche, che includono:
lavarsi spesso le mani
pulire le superfici domestiche con
normali prodotti detergenti
coprirsi la bocca e il naso quando si
tossisce o starnutisce
2) adozione di misure per limitare la trasmissione delle infezioni in comunità (scuole, case di riposo, luoghi di ritrovo), quali evitare l’eccessivo affollamento e dotare gli ambienti di adeguati sistemi di ventilazione
3) preparazione di appropriate misure di controllo della trasmissione dell’influenza pandemica in ambito ospedaliero:

a) approvvigionamento dei DPI per il personale sanitario

b) controllo del funzionamento dei sistemi di sanificazione e disinfezione
c) individuazione di appropriati percorsi per i malati o sospetti tali

d)censimento delle disponibilità di posti letto in isolamento e di stanze in pressione negativa (terapia intensiva, camere ad ossigeno etc.)
e) censimento delle disponibilità di dispositivi meccanici per l’assistenza ai pazienti (respiratori).

Quindi, pur sapendo già cosa e come sarebbe successo, non abbiamo limitato subito gli spostamenti, non abbiamo innalzato i controlli alle frontiere, non abbiamo dotato le strutture di dispositivi di protezione individuali (mascherine, guanti, camici) non abbiamo ampliato le terapie intensive, non abbiamo predisposto opportuni piani per l’acquisizione di strumenti per l’assistenza ai pazienti, ma in compenso dal 2006 ad oggi abbiamo tolto più di 40.000 tra medici ed infermieri e fatto tagli per oltre trenta miliardi alla sanità pubblica.

Certo tutto questo non è colpa dell’attuale governo ma di tutte le forze politiche che si sono succedute in quel posto, e di cui oggi Conte eredita tutte le colpe.

Certo tutto questo è frutto dell’ottuso modo di essere in Europa che abbiamo tenuto negli anni.

Per cui sicuramente non per dolo ma per ruolo il nostro premier deve essere criticato.

Una critica che ci deve far riflettere su tutti gli errori del passato che oggi sono palesi, e non dobbiamo cantar vittoria perchè sono stati tolti i limiti del patto di stabilità, perchè questo ci permetterà solo di far sprofondare il paese in un rosso finanziario ancora più profondo, inoltre il tutto avrà un qualche valore solo se la BCE interverrà acquistando titoli di stato.

Si salverà forse qualche impresa, ma non certo l’Italia.

Oggi più che mai i Conte europei non tornano, ma davvero pensiamo che la Germania non ha i suoi piccoli falsi in bilancio che le cambiano i ratios? Ma tutti i finanziamenti alle imprese tedesche non “dichiarati” in bilancio all’europa?

E di fronte ad una Pandemia mondiale perchè l’Europa ha così paura ad esporsi? forse che salteranno fuori altarini che hanno coperto altri piani? forse che l’Italia si è svegliata dal quel sogno da principessa e si accorge pian pianino che in realtà era la cenerentola senza principe azzurro, o comunque il principe azzuro promesso in realtà era il cacciatore che doveva ucciderla strappandole il cuore?

Non è che tutto questo rincorrere un pareggio di bilancio con inflazione sotto il 2% altro non era che il modo di gestire masse di capitali a favore dei soliti ignoti?

Stiamo esagerando, pensando male? forse si ma a pensar male si pecca, ma la si azzecca.

 

 

 

 

 

 

Alleghiamo per una vostra lettura il piano pandemico, ad oggi molto attuale.

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2020/03/pianopandemico.pdf”]

 

Covid19, un nuovo futuro.

Piano Marshall oggi più che mai!!

Pandemia Finanziaria, cui prodest?

Coronavirus: andrà tutto bene?

 




sdidatticamente parlando e non solo

Prendo spunto dall’articolo che abbiamo pubblicato qualche giorno fa, sdidatticamente parlando… ovviamente a distanza, della nostra cronista Antonella Ferrari professoressa in una secondaria di primo grado per fare alcune riflessioni con la calma necessaria.

La didattica digitale ha dimostrato chiaramente che non eravamo preparati, inutile alzare muri di orgoglio nazionale o locale, non lo eravamo ed ancora non lo siamo.

Il Paese non era preparato, le infrastrutture sono comunque non all’altezza, in alcuni territori non esiste fibra ottica, le connessioni non reggono, il wifi è scarso, le linee telefoniche sono inadeguate, in altre zone invece tutto bene tutto funziona.

In alcune zone esistono scuole che da anni hanno sperimentato sistemi di didattica digitale in altre è già bello se ci sono i computer o i tablet, alcune scuole hanno avuto i soldi per potersi adeguare altre no, in alcune zone i comuni e le regioni o provincie hanno fatto investimenti in altre no.

Ci sono professori che sanno di cosa parlano altri no, ci sono i maghetti superfighi e quelli che “ma manco se me pagano”, ci sono professori che sanno cos’è edmondo e professori che pensano che sia un attore argentino (che peraltro è un nome di origine anglosassone).

Non fraintendetemi, hanno ragione i professori, nessuno gli aveva detto prima che dovevano imparare perfettamente la didattica digitale  e le piattaforme collegate, nessuno ha impostato un progetto nazionale di trasformazione della didattica verso un impianto digitale.

Non mi dite che non è vero perché altrimenti non saremmo in questa situazione, al limite se c’era è clamorosamente fallito, alla prova dei fatti.

Nemmeno le scuole hanno avuto negli anni i soldi per poter avviare progetti in tal senso (alcune si ma molto poche) e non parlatemi dei PON, perché con quelli si sono utilizzati soldi per i progetti più disparati ma a pioggia e senza costrutto nazionale.

Un progetto di didattica nazionale a distanza, non la giungla che troviamo adesso, richiede alcuni elementi minimi:

la scelta di una piattaforma di riferimento (assurdamente il ministero ne ha consigliate tre o quattro)

un processo organizzativo uguale per tutti (oggi i professori sono tutti volontari)

la formazione dei docenti sulle tecnologie (mai avvenuta se non per volontà del singolo)

la riscrittura del patrimonio didattico in chiave digitale (i set informativi digitali non sono la stessa cosa di quelli utilizzati per la didattica frontale)

Nessuno di questi punti è presente oggi.

La didattica digitale non è mandare i pdf via skype o fare la lezione frontale tradizionale in video conferenza, queste sono grandi falsi ideologici, al limite strumenti dell’emergenza, ma non servono nemmeno come palliativo alla mancanza della scuola intesa come dimensione educante.

La Scuola è una dimensione insostituibile perché contiene un elemento che il virtuale non può sostituire contiene la gestione relazionale uno a molti, dimensione che non può essere demandata ad uno switch di videocamera.

Non solo, la Scuola contiene moltitudini, comportamenti, autonomie, responsabilità, immediatezza, praticità, contatto, che nessun mondo virtuale può sostituire.

Ma anche comprendendo l’emergenza, non possiamo perdere questo punto di vista, che riporta la scuola oggi al centro più che mai nella formazione delle nuove generazioni.

Nonostante tutto la didattica a distanza oggi è l’unica soluzione per cercare di mantenere legati gli alunni alla scuola.

Ma non ha funzionato benissimo, molti alunni sono persi e molti altri sono avatar del loro genitori, che sono stati buttati nel pozzo del digitale.

Quindi abbiamo scuole e didattiche a strati, chi riesce benissimo, chi riesce benino, chi non ci riesce, chi attua forme di trasferimento pdf, chi invia compiti via sms.

Questa è la tragedia vera come Stato, non stiamo dando a tutti i ragazzi le stesse opportunità.

Chi ha il professore maghetto o la scuola attrezzata usa piattaforme fantascientifiche, chi invece no deve stampare i compiti pdf che riceve, fotografarli e mandarli via telegram al docente.

Non è colpa di nessuno (magari invece sì), ma la situazione è questa.

La stessa idea del bonus docenti, che si e rivelata anch’essa fallimentare, poteva essere veicolata verso un progetto serio di didattica innovativa dando i soldi alle scuole con indicazioni chiare.

Situazione che inevitabilmente sta allontanando i genitori dalla scuola, perché cari professori, i genitori non fanno il mestiere di professori, sono a casa e devono seguire i loro ragazzi, vero, ma magari devono anche lavorare al computer, fare la cena ed il pranzo, gestire una situazione che spaventa un poco tutti.

Non pensate che il vostro mestiere sia mandare quintali di compiti o di videolezioni con l’idea che tanto sono a casa, probabilmente oggi serve più un contatto umano, qualche domanda simpatica in video, di certo non è utile esasperare i genitori, perché alla fine temo che l’esame di fine anno lo dovrete fare a loro.

Ritengo che questo momento del paese abbia alcune considerazioni fondamentali da tenere come punti fermi:

abbiamo bloccato in casa famiglie intere che prima si vedevano tre, quattro ore al giorno.

c’è una pressione psicologica dei mass media, giustificata dall’emergenza, ma che non può essere sottovalutata.

stiamo costringendo gli individui a vivere in pochi metri quadri, la frase leone in gabbia dovrebbe farci pensare.

la paura è un compagno continuo del popolo, ed un popolo che ha paura non sempre è razionale.

Tutto questo è dentro nella rabbia dei genitori che ulteriormente esplode quando non riescono a capire cosa fare per i loro figli.

Analizziamo inoltre un pochino il fine anno.

I sistemi on line che si stanno utilizzando non possono permettere una valutazione effettiva dei risultati in quanto non sono certificati, quindi quest’anno sarà impossibile valutare gli alunni sull’ultimo quadrimestre, forse è opportuno pensare di cristallizzare i risultati al primo ed avviare corsi intensivi a settembre per tutti.

Sarà obbligatorio il sei politico, perché qualsiasi bravo avvocato in questa situazione sarà in grado di far riammettere qualsiasi bocciato.

Ma soprattutto a settembre, speriamo, la scuola dovrà riaccogliere i suoi pulcini spaventati, sbandati e sicuramente un poco più ignoranti di prima e ridare la sensazione di essere parte di un paese vero, non virtuale, sicuro non infetto, dovrà garantire alle famiglie che ci sarà ancora un futuro per tutti.

La scuola avrà, come sempre, un ruolo importantissimo.

E forse finalmente avremo capito che dobbiamo cambiare come popolo, dobbiamo capire meglio chi siamo e con chi siamo, gli errori fatti nel passato, le quantità pazzesche di soldi buttati dalla finestra e riavviare progetti in linea con il futuro, che, come abbiamo visto, non è mai certo.

Quando usciremo da questa crisi non saremo più gli stessi, non avremo più lo stesso benessere, non avremo più la stessa fiducia, quasi spavalda, dei nostri mezzi, ma certamente saremo più italiani di prima, e questo è sicuramente un grande vantaggio.

 

 




MERCATO DIGITALE A CONFRONTO

La crescita economica passa attraverso l’analisi dei vari settori .

Un posto d’onore spetta al «digitale», inteso come l’insieme delle tecnologie e informazioni su supporti elettronici utilizzate per trasferire informazioni e conoscenze.

 

MERCATO DIGITALE NEL MONDO

In Miliardi di  dollari

  

 

MERCATO DIGITALE IN EUROPA

Investimento nel digitale rispetto al PIL

 valore in % Settore pubblico e privato    

 

 

 

MERCATO DIGITALE IN ITALIA

Investimento nel digitale

 in milioni di euro

 

 

SERVIZI IN CLOUD IN ITALIA

Investimento  in milioni di euro     

 

 

 

 

PRINCIPALI AREE DI INVESTIMENTO

 – IN ORDINE DI MAGGIORE INVESTIMENTO

 

 

 Da una attenta lettura dei grafici è evidente l’impatto e la potenzialità della Digital Economy per il Sistema Paese e Tutela della Privacy  sia in Italia che in Europa.

 




Impresa 4.0

IMPRESA 4.0,

ovvero Industria 4.0, più in generale mi riferisco alla quarta rivoluzione industriale  con l’insieme di nuove tecnologie impiegate lungo l’intera filiera produttiva: la definizione di processi aziendali che rappresentano anche la base di ricerca e sviluppo.

Mentre gli altri paesi si sono già inseriti in questo contesto, l’Italia deve ancora attivarsi tant’è che occupa l’undicesimo posto dopo la Germania, seguita da Svezia, Irlanda, Lussemburgo, Finlandia, Danimarca, Regno Uniti, Francia, Austria, Paesi Bassi.

Dalla piccola azienda a quella di grandi dimensioni l’innovazione tecnologica offre la possibilità di potenziare il proprio business grazie al supporto di nuove competenze ma soprattutto permette un riposizionamento sul mercato a favore di una maggiore capacità competitiva.

L’innovazione implica un confine sempre meno netto tra i processi e i servizi, il costo non sarà più la discriminante,  la differenza la  faranno altri valori come la personalizzazione,la qualità e la capacità di innovarsi costantemente, oltre al ruolo strategico  che la digitalizzazione può avere in termini di sostenibilità ambientale.

Una serie di tecnologie digitali sono arrivate a maturazione : Internet, Cloud, nuove interfacce uomo-macchina, robot collaborativi più facili da gestire, la possibilità di poter collegare in maniera molto più semplice di prima le risorse produttive, macchine con macchine. La connettività diffusa  a basso costo, la capacità di memorizzare enormi quantità di dati ( Big Data) a costi ragionevoli, costituiscono quella che è stata definita la “ Rivoluzione Digitale  4.0”.

Le tecnologie arrivate oggi  a maturazione consentono di avere fabbriche e aziende molto più efficienti, basta pensare all’impatto sul rapporto con il cliente e quindi l’incidenza su tutto il ciclo produttivo, progettazione,produzione, commercializzazione.

L’apertura di nuovi scenari di business, come ad esempio la capacità  di generare profitti da servizi “continuativi” più che dalla vendita “one shot”.

Per quanto fin qui descritto è positivo che il governo italiano ha varato un piano sostanzioso pari a 13 miliardi di investimento pubblico attraverso benefici fiscali che agiscono nel breve periodo per consentire alle imprese di cominciare a investire dal 1° gennaio 2017, a medio e lungo periodo  con azioni riguardanti la formazione e la ricerca.

L’industria 4.0  si prepara ad un momento epocale e la sfida alla quale è chiamata consiste nell’integrazione  tra le differenti tecnologie delle quali le aziende sono in realtà già in pieno possesso .

Chi non perderà il “ treno della rivoluzione digitale”  intesa come riorganizzazione dei processi produttivi e formulazione di nuove strategie di business, sarà in grado di far fronte alle richieste  del mercato globale. 

La rivoluzione in atto sicuramente sfocerà in un fenomeno dalla forza d’urto analoga alle precedenti  rivoluzioni industriali succedutesi negli ultimi secoli a livello mondiale. 

Non si tratta di una singola tecnologia ma un intreccio sistemistico  che attraversa la rete internet ove ciascuna di esse sfrutta la piattaforma di lancio per innovazioni differenti a secondo dell’interesse emergente. 

Senza dubbio la questione è anche culturale e oserei dire che oggi le aziende  hanno il dovere  di assimilare  una mentalità nuova  e iniziare a considerare la produzione come un flusso integrato anziché  una sequenza di fasi separate tra di loro, maggiore  è la dimensione della azienda , più lento e progressivo sarà  il passaggio al modello di industria  4.0.

 

Qual è  il grado di conoscenza  dell’innovazione 4.0 delle piccole e medie imprese?

Una indagine  del Politecnico di Milano  riporta che più di un terzo delle imprese italiane  dichiara di non conoscere  il tema  “Industry 4.0” ( in dettaglio il 32% delle grandi imprese e il 48% delle  Pmi), ma vi è comunque quasi il 30% delle oltre 300 imprese analizzate che ha all’attivo tre o più applicazioni di nuove tecnologie .

Considerando l’innovatività delle tecnologie  e la complessità di implementazione, oltre alla crisi economica degli ultimi anni, il quadro italiano  può avere una lettura positiva , però per accelerare  la crescita è necessario uscire dalla fase sperimentale che caratterizza la maggior parte dei progetti per passare all’applicazione diffusa ed estendere i progetti anche a settori oggi meno attivi  e soprattutto alle imprese medio-piccole  che rappresentano la ricchezza reale  del tessuto industriale italiano.

4.0 – Curiosità  nel mondo

Siamo a Lisbona all’evento più importante per chi lavora  nella tecnologia e nel digitale. La città portoghese ha accolto  in tre giorni oltre 53mila partecipanti, 15mila aziende e start-up, oltre 7mila CEO provenienti  da 166 paesi.

Girando tra gli stand c’erano colossi come Facebook,Google,Twitter e Microsoft ma anche start-up emergenti con  idee innovative e sorprendenti. Settori dall’ecommerce, fitness,musica, salute, data analytics. L’era del desktop e del web mobile  sembrano ormai tramontare  per lasciare spazio ad ogni sorta di applicazione , sempre più innovativa ,user friendly.

Sono state presentate alcune innovazioni come: assistenti robot, sensori contapassi, tecnologia Key-tracking.

Una startup ha sviluppato un  personal trainer digitale che analizza l’esercizio quotidiano e fornisce un feedback su misura. Altra novità consiste in un dispositivo bluetooth che può essere collegato a chiavi,  portafogli e passaporto. Tale applicazione emette un segnale acustico quando ci si avvicina agli oggetti smarriti.

Sono stati presentati robot in grado di dialogare come umani e con gli umani  e sostituirli in molte mansioni ordinarie, dall’assistenza  telefonica ai clienti alla guida di un veicolo, si tratta di aiutanti concepiti per aiutare  persone con mobilità ridotte.

Nell’era del 4.0 è possibile proteggere le mail aziendali?

La mail è diventato lo strumento di lavoro più utilizzato  sia dalle piccole che dalle grandi aziende che proprio attraverso  la posta elettronica  veicolano un enorme quantitativo di informazioni per contatti con altre realtà per progetti da sviluppare  o per cercare di valorizzare nel business il proprio know how.  

La  mail o la PEC( Posta Elettronica Certificata) ormai rientrano, per il loro contenuto, nella valutazione dei rischi  nel trattamento dei dati aziendali   e quindi rientrano nei processi di tutela delle informazioni e dei dati personali. 

Di recente  è stato reso applicabile il regolamento Ue  che riguarda la violazione dei dati personali e aziendali  e che prevede l’adeguamento alla normativa  da parte delle aziende che devono innanzitutto far dialogare meglio le funzioni interne e soprattutto chi avrà un ruolo chiave nell’organizzazione deve essere consapevole  ed  identificare  le aree di maggiore  sensibilità in termini di know how , business e rapporto con i clienti, fare una analisi dei rischi  al fine di valutare  l’adeguamento del livello di sicurezza.  

 Non dimentichiamo che le aziende non avranno le capacità necessarie (e indispensabili) per avere successo nell’era digitale se non prenderanno in seria considerazione la trasformazione dei propri dipendenti.

 La trasformazione digitale sta rimodellando mercati e settori produttivi e compito del management è di conseguenza quello di intercettare le forze innovatrici e “distruttive” che si dirigono verso il centro del ciclone e scaricarne a terra i benefici a vantaggio di tutta l’organizzazione.  

 

salvatore salvo esposito




IL DIGITALE potrà contribuire ad una Italia migliore

Carissimi lettori,

benvenuti  a questo primo numero  della rubrica dig@ITALIA, l’Italia Digitale,  che affronterà in ottica giuridica, dottrinale e tecnica il mondo complesso della digitalizzazione e degli obiettivi che con essa si intendono raggiungere.

Questa rubrica si pone anche un obiettivo interattivo col lettore affrontando anche argomenti suggeriti da Voi che arriveranno alla nostra redazione.

Il mondo sta cambiando con una velocità “digitale” tutti ostentiamo scenari diversi, si affacciano nuove professionalità e alcune delle quali potranno essere l’arma vincente per affrontare le complessità che si insinuano nel mondo digitale.

Perché nasce questa rubrica.

Perché la digitalizzazione del documento e tutti i processi connessi richiedono conoscenza e professionalità e un confronto costante col mercato e le istituzioni.

Spero, anche col Vostro aiuto, di poter contribuire ad una maggiore conoscenza di questo nuovo mondo e ottenere la convinzione che il digitale non è un mostro da combattere ma una ottima opportunità per migliorare la comunicazione tra Pubblica amministrazione e cittadini, tra fornitori di servizi e utenti, tra una Europa sempre più unita.

Dialogare in questo ampio raggio presuppone anche una conoscenza dei rischi relativi alla protezione dei nostri dati personali  e quelli che costituiscono “il bene aziendale”.

Un messaggio forte in tal senso  arriva anche dall’Unione europea ,grazie alla riforma della protezione dei dati, nel quale viene sancito il diritto fondamentale circa la protezione dei dati. Intanto gli accadimenti recenti sulla violazione dei dati ha diffuso qualche sconcerto ed ha aumentato la sensibilità circa la questione della sicurezza e privacy anche per il fatto che la dematerializzazione dei dati e la conseguente digitalizzazione si sta sempre più diffondendo.

La diffusione dei servizi in outsourcing obbliga le imprese ad alzare il livello di sicurezza per garantire ai propri utenti una risposta adeguata ai loro timori e nell’immediato futuro la sicurezza delle informazioni creerà competizione tra le aziende e la sicurezza delle informazioni sarà sempre di più un argomento che farà la differenza nell’ambito del business.

La normativa  in materia di sicurezza e privacy dei dati oggi è sempre più uno strumento prezioso per consentirci di muoverci nell’era digitale.

La richiesta di servizi digitali in outsourcing obbligano le aziende a rendere sempre più accessibile alle applicazioni interne ai clienti o utilizzatori esterni su soluzioni web.

E’ sempre più in crescita la digitalizzazione  delle informazioni ed a esternalizzare servizi che esulano dal core business aziendale, con la conseguente scelta da parte delle aziende che erogano servizi di investire in sicurezza e mentre da una parte assistiamo ad un incremento di Data Center dedicati dall’altro si tende a prediligere sistemi con tecnologia modulare e virtuale.

Internet  ormai costituisce uno strumento friendly  a livello mondiale che consente  l’accesso a tutti ed è per questo motivo che la trasmissione dei dati è rischiosa soprattutto quando sono particolarmente sensibili.

Nonostante le misure di sicurezza siano elevate, sussiste  sempre la possibilità che i dati vadano persi o vengano intercettati, manipolati da persone non autorizzate o addirittura da delinquenti che si appropriano della nostra identità o delle informazioni di natura personale.

Le problematiche da affrontare sono tante e questo sarà l’obiettivo dei prossimi articoli.

 

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