Meglio tardi che mai… mah, ne siamo sicuri?

 

Finalmente, con più di un mese di ritardo, dalla sospensione delle lezioni, i soldi per la didattica online ci sono.

Meglio tardi che mai, dirà qualcuno.

Troppo tardi, diciamo noi di betapress.

Perché, nel frattempo, alunni e famiglie, hanno già dovuto agire e reagire al caos di questi giorni, in cui, l’emergenza coronavirus, applicata al mondo della scuola, ha smascherato l’inefficienza del sistema e l’inadeguatezza della didattica a distanza.

In questo mese di sospensione delle lezioni frontali, sostituite, malamente, da quelle digitali, è successo di tutto e di più.

Pochi alunni, passata la fase di rodaggio, si sono abituati a seguire le lezioni on line e si sono organizzati nell’esecuzione di compiti digitali.

Insomma, pochi alunni si sono più o meno adeguati al cambiamento.

Molti altri, invece, si sono trovati spiazzati, sia per mancanza di strumenti idonei, che per carenza o assenza di competenze digitali adeguate.

Per esempio, c’è chi ha dovuto comprare un altro computer su Amazon, e configurarselo da solo, senza assistenza tecnica.

C’è chi ha finito i giga, chi ha avuto problemi di connessione e chi, quando finalmente è riuscito a connettersi, ha sbagliato il giorno e l’ora, perché non ha controllato l’orario sul registro elettronico, o si è confuso tra jitsi, classroom, skype, hangout…

In altre famiglie, il pc era pure d’avanguardia, ma era uno solo, da condividere con i familiari, e così, alcuni alunni, magari anche svegli, hanno tentato di accedere a una delle diverse piattaforme segnalate dal Miur, utilizzando il cellulare.

Ma a questo punto, hanno sperimentato che il cellulare, che prima sembrava così comodo ed efficace, ora non lo era più, o non lo era abbastanza.

Per non parlare poi degli alunni più fragili, sia italiani che stranieri.

Senza né tablet, né pc, senza un account per le mail, alunni che hanno addirittura perso la password del registro online, alunni che non hanno più nessun contatto con la scuola. Questi alunni, nel frattempo, si sono persi, sono rimasti indietro, finendo nelle retrovie di un sistema scolastico già fallace, divenuto ora un vortice digitale più che selettivo.

Perché, è evidente nei fatti, la didattica digitale non è inclusiva, anzi, è esclusiva…

Ma, “La scuola non si ferma” e per migliorare la didattica a distanza c’è bisogno di fondi, questo ha deciso la politica di questi giorni.

La ministra della Pubblica Istruzione, Lucia Azzolina, ha così firmato un decreto ministeriale, in attuazione del decreto legge del governo “Cura Italia”, per potenziare il lavoro fatto online da insegnanti e per garantire, a tutti gli studenti, il diritto allo studio, sancito dall’articolo 34 della Costituzione.

Dunque, come si legge nel comunicato emanato dal Miur, 85 milioni sono stati stanziati dal governo per aiutare la scuola.

Precisamente, 70 milioni saranno distribuiti alle scuole per aiutare gli studenti meno abbienti: tutti questi saranno dotati di dispositivi digitali, in comodato d’uso, per fruire della didattica a distanza. 

5 milioni serviranno a formare il personale scolastico ed i restanti 10 milioni serviranno per favorire l’utilizzo di piattaforme e-learning e dotarsi di strumenti digitali utili per continuare la didattica a distanza.

La ministra Azzolina ha spiegato che è stato scelto un criterio che consentirà al Miur di raggiungere al meglio le zone e le famiglie con maggiore necessità.

“Queste che distribuiamo sono risorse importanti per la scuola con cui oggi rispondiamo a un’emergenza, ma attraverso cui gettiamo anche le basi per il futuro.

Tutto quello che stiamo facendo in questo momento rappresenta un patrimonio che ci resterà e consentirà alla comunità scolastica di crescere e migliorarsi ancora”.

I criteri per la distribuzione dei 70 milioni per la didattica a distanza sono due.

Il primo, è il numero totale degli alunni di un Istituto (per il 30% del totale dell’importo).

Il secondo, è l’indicatore Ocse Escs (indicatore dello status socio-economico-culturale dello studente) per il 70% del totale dell’importo.
Tutti i dirigenti scolastici potranno usufruire dei fondi non appena arriveranno nelle casse dei loro istituti.

Peccato che, questa soluzione, non risolva il problema.

Sia per il ritardo con cui queste misure sono state varate e saranno effettive.

Sia perché, non tutti gli alunni in difficoltà saranno davvero aiutati.

Infatti, non è previsto alcun rimborso per famiglie che, nonostante comprovati disagi economico-sociali, hanno già comprato un computer o un tablet al figlio.

O per famiglie, poco abbienti che hanno dovuto ricorrere a ripetizioni on line, perché non sanno come seguire il figlio nelle nuove richieste della scuola digitale.

Inoltre, facciamo due conti.

Ogni scuola avrà a disposizione circa 10.000 euro, e dunque potrà comprare giusto una cinquantina di tablet, essenziali, che tempo due anni saranno già superati.

Senza contare che, dati in comodato d’uso agli alunni, verranno restituiti da riparare e da resettare ad ogni prestito.

Basta vedere che rispetto hanno gli alunni per il materiale della scuola e per gli ambienti scolastici!

Con il nuovo provvedimento, inoltre, saranno ripartiti fra le scuole del primo ciclo, 1000 assistenti tecnici informatici previsti dal decreto “Cura Italia”.

Perché, altra verifica sul campo, sono i docenti della materna e dell’infanzia, i più spiazzati dalla didattica on line.

Infine, 43,5 milioni sono stati stanziati per fare pulizie straordinarie e acquistare gel e prodotti per l’igiene.

Ci fa molto piacere tutta questa attenzione alla pulizia delle scuole.

Del resto, fino a febbraio, le bidelle, come facevano a pulire le scuole, senza né candeggina, né ammoniaca neanche per i bagni, per il rischio di allergie?!?

Ma io dico, emergenza, per emergenza, non si potevano indirizzare questi 85 milioni per gli ospedali, anziché per la scuola?

In questo momento, la priorità assoluta è il materiale sanitario, mascherine, camici, bombole d’ossigeno, respiratori, altro che tablet in comodato d’ uso.…

Ma, si sa, io sono solo un’insegnante, madre di famiglia, non un Ministro.

Infatti, Il Ministero dell’Istruzione, ciliegina sulla torta, ha comunicato che per fronteggiare l’emergenza coronavirus sul piano della didattica saranno utilizzati anche 2 milioni del Fondo per le emergenze educative del Ministero.

 

Eh vai !…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sdidatticamente parlando e non solo

Coronavirus, italiano addio, etica addio, riprendiamoci il paese, Avanti Savoia!

La scuola ai tempi del coronavirus

 

 




Il virus non si trasmette ai feti

Il RCOG, in collaborazione con il Royal College of Midwives, Royal College of Paediatrics and Child Health, Royal College of Anaesthetists, e l’Obstetric Anaesthetists’ Association, ha appena pubblicato il quarto aggiornamento del documento su infezione da COVID-19 e gravidanza.

La principale novità è la sezione completamente dedicata all’assistenza delle donne in gravidanza, sia dopo un periodo di isolamento per sintomi sospetti, sia dopo la guarigione da una infezione confermata da SARS-CoV-2.

 

A fronte di un case report cinese, in cui la sospetta trasmissione verticale dell’infezione non è stata confermata a causa dell’esecuzione tardiva del tampone effettuato sul neonato dopo 36 ore dalla nascita, continuano ad accumularsi evidenze a sostegno della mancata trasmissione verticale del virus SARS-CoV-2 da madre a neonato.

Un’analisi retrospettiva della documentazione clinica di 9 donne con diagnosi confermata di polmonite COVID-19 sottoposte a taglio cesareo in Cina non ha riscontrato alcuna trasmissione verticale dell’infezione da madre a neonato.

La ricerca del virus su liquido amniotico, sangue del cordone ombelicale e tampone naso-faringeo dei neonati è risultata sempre negativa.

 

Un capitolo emergente nella letteratura sul nuovo Coronavirus riguarda il ruolo e i bisogni dei professionisti sanitari coinvolti nell’emergenza della pandemia.

Infatti, sono soprattutto le donne che lavorano in ospedale, le più esposte, professionalmente parlando, al rischio di contrarre la malattia durante la gravidanza.

 

Viceversa, in considerazione dell’alta contagiosità del virus e dell’elevata probabilità di trasmissione dell’infezione da parte del personale medico a stretto contatto con i pazienti, un lavoro pubblicato in lingua cinese, raccomanda l’adozione di rigorose misure di protezione facendo riferimento al setting operatorio in caso di cesareo d’emergenza.

 

Attraverso una revisione retrospettiva delle cartelle cliniche di 17 donne cinesi positive al SARS CoV-2 e sottoposte a taglio cesareo, Chen, medico anestesista cinese, e collaboratori descrivono l’anestesia epidurale e generale come sicure ed efficaci per le pazienti e i neonati.

 

Un recente lavoro italiano (Moro F, Buonsenso D, Moruzzi MC, Inchingolo R, Smargiassi A, Demi L, Larici AR, Scambia G, Lanzone A, Testa AC. How to perform lung ultrasound in pregnant women with suspected COVID-19 infection. Ultrasound Obstet Gynecol.) del 24 marzo, studia l’utilizzo dell’ecografia polmonare come tecnica diagnostica per donne affette da SARS CoV-2 con complicazioni respiratorie.

 

Un altro lavoro riassume le raccomandazioni cliniche finora raccolte, sia per la prevenzione che per la gestione delle infezioni COVID-19 in gravidanza, sottolineando la necessità e l’urgenza di raccogliere e diffondere dati epidemiologici sull’infezione in gravidanza durante la corrente pandemia.

 

Finora, è stata pubblicata una prima revisione sistematica di letteratura sulle infezioni COVID-19 nei neonati e bambini che ha selezionato 45 articoli e lettere pertinenti.

Sul totale delle infezioni COVID-19 diagnosticate l’1-5% riguarda i bambini che presentano un decorso clinico meno grave rispetto a quello della popolazione adulta.

I sintomi più frequenti sono febbre e difficoltà respiratorie che raramente si convertono in polmonite.

Rispetto agli adulti anche i marker infiammatori risultano alterati.

Gli autori concludono che l’infezione COVID-19 nei bambini ha un decorso e una prognosi migliore rispetto agli adulti e che i decessi sono estremamente rari.

 

Come dicevamo, ad oggi, sempre più studi dimostrano l’assenza della trasmissione verticale madre-bambino durante la gravidanza o in allattamento.

Sono stati raccolti campioni di siero materno, sangue cordonale, tessuto placentare, liquido amniotico, tampone vaginale, latte materno e tampone orofaringeo da madre e neonato.

Ad eccezione del tampone orofaringeo delle madri risultato positivo, gli altri elementi analizzati sono risultati tutti negativi.

Per precauzione, i neonati sono stati separati dalle madri infette, immediatamente dopo la nascita ed è stato scoraggiato il loro allattamento per evitare il contatto ravvicinato.

 

Attenzione, però, l’allattamento durante l’infezione materna COVID-19 non è più controindicato al 100%, considerata la presenza di anticorpi nel latte materno, certo, dovrebbero essere adottate le misure igieniche idonee.

Raccomandano inoltre, nei casi in cui la separazione madre-bambino risulti necessaria, la spremitura del latte.

 

L’interim guidance dell’Inter-Agency Standing Committee (IASC) sull’epidemia da COVID-19 e le situazioni di emergenza più in generale, indica per le donne malate di continuare l’allattamento perché il bambino che è già stato esposto al virus dalla madre e/o dalla famiglia trarrà maggiori benefici dall’allattamento diretto.

Pertanto, paradossalmente, qualsiasi interruzione dell’allattamento può effettivamente aumentare il rischio del bambino di ammalarsi.

 

Rispetto al post partum, l’OMS raccomanda che “madri e bambini dovrebbero essere messi in grado di rimanere insieme e fare il contatto pelle-a-pelle, soprattutto immediatamente dopo il parto e durante l’avvio dell’allattamento.

I Royal Colleges indicano che le donne e i loro bambini sani, che non richiedano altrimenti cure neonatali, siano tenuti insieme nell’immediato periodo post partum”.

 

Nell’ultima versione delle proprie indicazioni, la Società Italiana di Neonatologia suggerisce ogni qualvolta possibile di gestire in modo congiunto madre e bambino, ai fini di facilitare l’interazione e l’avvio dell’allattamento; qualora la madre sia sintomatica e con un quadro clinico compromesso, madre e bambino vengono transitoriamente separati. La decisione se separare o meno madre e bambino va comunque presa per ogni singola coppia, tenendo conto “del consenso informato della madre, della situazione logistica dell’ospedale ed eventualmente anche della situazione epidemiologica locale relativa alla diffusione del SARS-CoV-2.”.

 

Diverse testate italiane riportano casi di neonati di madri SARS-COV-2 positive nati sani e allattati direttamente al seno.

Le Regioni stanno elaborando le proprie indicazioni e percorsi per gravide e puerpere con infezione da SARS-COV-2.

Si rilevano differenze, in particolare nella gestione dell’immediato post partum.

Tali differenze possono essere legate a fattori locali, logistici e organizzativi, oltre che al quadro epidemiologico delle diverse aree interessate.

Un’altra componente dell’assistenza al percorso nascita sono i servizi territoriali e la rete di supporto alle donne, che hanno un ruolo di rilevanza sempre maggiore nel corso dell’epidemia da COVID-19.

Tra le strategie volte a ridurre l’accesso alle strutture ospedaliere e il rischio di contagio per le donne in gravidanza, le società scientifiche ostetriche SYRIO e SISOGN raccomandano il rinforzo delle strategie di dimissione protetta di madre e bambino dopo il parto e attività cliniche di sostegno a domicilio per l’area ostetrica-neonatale. Raccomandano, inoltre, il rinforzo dei servizi di teleassistenza (idealmente con videochiamata) anche per assicurare occasioni di counselling in relazione a specifici bisogni informativi e di sostegno.

Sono numerose le Aziende Sanitarie ad aver attivato servizi di assistenza e supporto nel percorso nascita attraverso videochiamata e visite domiciliari.

Ci sono, inoltre, gruppi di sostegno tra pari che, nel caso delle Comunità Amiche dei Bambini riconosciute da UNICEF, sono parte integrante dell’offerta di supporto nel territorio.

Sul sito del Movimento Allattamento Materno Italiano è disponibile la mappa dei gruppi.

Il sito Saperidoc ha pubblicato una ricca pagina di approfondimento sul tema COVID-19 in gravidanza, parto e puerperio. La pagina offre materiali di approfondimento rivolti ai professionisti sanitari e, come d’abitudine, materiali divulgativi destinati alle donne.

Uno dei temi è “stare a casa con i bambini” con suggerimenti e indicazioni del Centro per la Salute del Bambino di Trieste; una sezione di giochi, letture e musica sviluppata in collaborazione con l’Associazione Culturale Pediatri e una sezione dedicata a consigli per genitori e futuri genitori dal titolo: “Il tempo (prezioso) del coronavirus”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Italexit?

I Conte non tornano… sapevamo già tutto dal 2006.

 




Dimmi cosa compri e ti dirò chi sei …

Nuovo identikit del consumatore medio ai tempi del Covid 19

Da più di un mese è scattata l’emergenza coronavirus.

E così, giorno dopo giorno, passo dopo passo, decreto dopo decreto, ci siamo trovati a percorrere un tunnel.

Nostro malgrado, sempre più coinvolti e sconvolti, abbiamo dovuto agire e reagire.

Perdere abitudini personali, ritmi sociali e profili comportamentali.

Prova ne è, tra l’altro, la nascita di un nuovo modo di fare la spesa, la definizione di un nuovo identikit di consumatore, completamente diverso da quello precedente, a suo tempo studiato e manipolato da strategie di marketing decennali.

Questo nuovo prototipo di cliente, dai tratti compulsivi e dalle pulsioni schizofreniche, sta mettendo in tilt tutti gli studi di marketing, a suo tempo collaudati da studi di mercato, e comprovati da anni di consumismo sfrenato.

Consumismo che è sempre stato compulsivo per il consumatore, ma calcolato, diciamo così pianificato, previsto dal produttore.

Ma, tutto questo, fino all’altro ieri, ora non più.

Prima, ciascuno di noi, chi più, chi meno, era un consumatore indotto da bisogni fittizi, un acquirente pilotato da leggi di mercato, una pedina manovrata da profitti globali.

Ora, non più, basta vedere, quanto è avvenuto in Italia, ed ora all’estero.

Prima fase, l’assalto ai supermercati.

Non appena è scattata l’emergenza, nelle zone rosse, solo in quelle coinvolte nel maggior rischio di diffusione del virus, i consumatori hanno letteralmente preso d’ assalto i supermercati.

Ma comprando solo determinati articoli.

Alcool, amuchina e pasta, sono andati subito esauriti.

Il meccanismo inconscio che ha pilotato questi primi acquisti, è stata la paura, la paura di morire di malattia o di fame.

Due bisogni primari, legati all’istinto di sopravvivenza, vale a dire il neutralizzare il virus ed il riempire la pancia, hanno dominato e vinto ogni strategia di marchio pubblicitario o di fidelizzazione del cliente.

Sono andati esaurite tutte le marche di pasta, dalla Barilla a quella del discount, indipendentemente dalla pubblicità della famigliola del Mulino Bianco.

Una reazione impulsiva, quella dell’accaparramento, in particolare di cibi a lunga scadenza, che ha fatto saltare tutte le previsioni di vendita in vigore fino al giorno prima.

Parola chiave di questa prima fase, è stata fare la scorta.

Basta considerare l’incremento esponenziale della vendita di riso (28,8%), pasta (+ 29,6%), conserve animali (+19,9%) e conserve di pomodoro (+ 32,7%) verificatosi nella prima settimana di marzo.

Sono saltate le previsioni di consumo medio sia di quantità che di qualità pro capite.

Il ragionamento dei consumatori è stato chiaro, ma solo dopo che era già avvenuto.

Il consumatore non ha seguito un percorso previsto, ma l’ha ribaltato con il suo comportamento fuori ogni schema.

Nel timore di restare costretto a casa per lungo tempo, il consumatore tipo ha pensato che era meglio stipare il più possibile la dispensa.

Come minimo 5 kg di pasta a testa, anche se in famiglia, di solito, non se ne mangia più di un etto al giorno, perché non si sa mai!…

Al bando la dieta!

Ed in effetti la paura di morire di fame ha dominato il rischio di ingrassare.

Così, il consumatore medio ai tempi del covid19, ha invertito la tendenza salutista e dietetica precedente.

Niente più calcolo delle calorie, dieta proteica per mantenere il peso.

Il nuovo consumatore ha scelto di fare l’esatto contrario, di ingrassare, a forza di mangiare carboidrati senza poter più fare attività fisica.

E poi, al bando la gestione dello spazio! Altro che mania dello space cleaning!

Anche se si abita in un bilocale, dove manca lo spazio materiale per tutte queste scorte, il nuovo consumatore, rinuncia allo spazio vitale, pur di accumulare, perché, adesso, siamo in tempo di guerra!

Un altro effetto imprevisto delle vendite di quest’ultimo mese, è stata la brusca riduzione di prodotti freschi, vuoi per il rischio di trasmissione del virus sui banchi del mercato, vuoi perché si esce sempre meno per fare la spesa.

Così, per esempio, adesso, si preferisce il latte a lunga scadenza o la frutta sciroppata rispetto a quella fresca.

Poi, però, basta che scatti la news degli indubbi benefici della vitamina C per aumentare le difese immunitarie, che, dall’oggi al domani, va esaurito il Cebion o il Vivinc in farmacia, e ritorna la richiesta di agrumi e di succo d’arancia al supermercato.

Poi, con le restrizioni per raggiungere l’ipermercato fuori comune, ecco che, di necessità in virtù, si riscoprono i negozi sotto casa, i sapori locali, i prodotti a km zero.

Cavalca l’onda, anche la Confagricoltura, che, in tal senso promuove i prodotti italiani. «Gli agricoltori italiani –dice Massimiliano Giansanti, presidente dell’organizzazione – nel rispetto delle prescrizioni di sicurezza per i lavoratori, stanno lavorando e continueranno a farlo per il Paese, per produrre e fornire, con regolarità, prodotti freschi e materie prime, indispensabili per l’industria agroalimentare».

Altro nuovo effetto dello stare tutti a casa, è la riscoperta della buona cucina casalinga.

Un po’ per passione, un po’per passatempo, molti consumatori si dedicano alla preparazione delle pietanze. Basta dare un’occhiata a Instagram dove si susseguono immagini di torte, lasagne e pizze con una gara culinaria che attraversa tutta l’Italia.

In questa fase, avviene così, un incremento esponenziale degli ingredienti base per cucinare. Farina, uova, zucchero, ma, soprattutto lievito, diventato, all’improvviso, prezioso come l’oro.

Un simpatico post virale di questi tempi, è infatti quello di uno scambio di droga tra due loschi individui incappucciati, con il sottotitolo “Dammi due panetti…di lievito!”

Altro boom delle vendite è stato quello degli integratori.

Dimenticati quelli per rallentare il metabolismo e per tonificare la massa muscolare, il consumatore medio ai tempi del covid 19 ha fatto scorta solo di quelli per aumentare le difese immunitarie.

Altra idiosincrasia, dettata dal timore di contrarre il virus.

Nonostante la crisi economica, il consumatore medio è disposto a spendere.

E per di più in modo irrazionale, scegliendo un prodotto chimico, costoso ed artificiale, piuttosto che un prodotto fresco, frutta e verdura di stagione, di sicuro molto più sane ed economiche.

Questo perché attribuisce al prodotto creato in laboratorio un potere miracoloso di vittoria sul virus.

Infine, altro exploit: le salviettine umidificate, diventate dall’oggi al domani un bene di lusso.

Fino all’altro ieri, le salviettine umidificate erano destinate a pulire il culetto di un bimbo in viaggio o a struccare il volto di sua mamma alla sera.

Nell’ultima settimana, le vendite di tutte le salviettine, detergenti, disinfettanti, emollienti, e chi più ne ha, più ne metta, sono aumentate del 216%.

Ma perché comperare le salviette quando, in concreto, si resta quasi sempre a casa?!? Meglio optare per il sapone per le mani (liquido o solido), il cui prezzo è, peraltro, mediamente inferiore rispetto a quello delle salviette.

Ma questo è un altro mistero occulto di questo periodo…

Infine, la vendita di detergenti per le superfici domestiche. Anche qui un balzo in avanti (+ 37,8%).

Ma, attenzione, a differenza di quanto avveniva prima, il consumatore medio seleziona prodotti disinfettanti. Lysoform, candeggina, alcool…

Insomma, in questo momento, la profumazione passa in secondo piano, l’importante è l’efficacia.

E, dulcis in fundo, la carta igienica.

Avete fatto caso che, neanche qui si riesce a resistere alla tentazione della scorta?

Però, sono andate subito esaurite le confezioni salvaspazio, perché l’abbiamo detto prima, lo spazio in casa, è quello che è, però, male che vada, c’ è sempre la cantina ed il garage!…

 




Se lo dice Lui …

Si ritorna tutti a scuola! Parola di Renzi…

Matteo Renzi, il leader di Italia Viva, nella sua newsletter Enews e in una diretta Facebook, ha annunciato il ritorno a scuola.

Riportiamo direttamente le sue parole, lasciando a voi lettori, il piacere o il dispiacere di tale lettura.

Se conteniamo l’onda di piena di queste ore e aumentiamo la forza negli ospedali, avremo vinto una battaglia contro il Covid 19 Ma non la guerra. Perché per vincere la guerra occorre il vaccino. E il vaccino purtroppo ha bisogno di tempo. Quindi ci sarà un periodo di convivenza. Un anno? Due? Non lo sappiamo, dobbiamo seguire la scienza. È chiaro che non possiamo stare chiusi in casa per tutto questo tempo. Dobbiamo ripartire. Piano piano ma ripartire “, ha detto Renzi.

C’è chi mi critica senza neanche avermi letto ma bisogna programmare d’accordo con la comunità scientifica una graduale ripartenza. Bisogna gradualmente iniziare a pensare a ripartire: questo dico. Gradualmente, a macchia di leopardo. Ma siccome non avremo la normalità di prima per due anni, dovremo inventarci una nuova normalità. Servono test a tutti, innanzitutto. Dovremo abituarci a fare i controlli della febbre per andare al supermercato e a scuola o – un domani – al cinema e a teatro. Dovremo gestire con cura la tecnologia e la privacy. Dovremo cambiare la vita nelle fabbriche e negli uffici “.

I giovani potranno uscire prima degli anziani. Brutto dirlo ma è così. Il Covid 19 uccide molto più gli anziani che i giovani. Ci sono alcuni settori che oggi possono partire. Si pensi a tutto il settore dei lavori pubblici e degli investimenti con il Piano Shock. Le scuole sono chiuse? Bene, autorizziamo lavori in emergenza per metterle in sicurezza. Adesso. Con procedure super semplificate. Nel mese di aprile possiamo spendere centinaia di milioni per rimettere a posto le nostre scuole consentendo ai ragazzi di vivere in posti più sicuri. Poi pensiamo che piano piano bisogna riaprire anche le scuole. Bisogna fare l’esame del sangue a tutti i nostri studenti o almeno il test sierologico. Potremmo scoprire che molti dei nostri figli hanno già contratto il virus Covid 19 che nei ragazzi sotto i 20 anni nella quasi totalità dei casi non dà sintomi. Fatti gli esami medici, dobbiamo pensare di riaprire gradualmente le scuole magari iniziando da chi deve fare la maturità o l’esame di terza media. Naturalmente con tutte le verifiche sanitarie del caso”. 

Da qui la proposta del rientro a scuola per il 4 maggio

Infatti, nel corso di un’intervista al quotidiano Avvenire, Renzi ha addirittura proposto di ritornare a scuola il 4 maggio.

Peccato, che tale idea, non sia piaciuta per niente affatto, né agli addetti ai lavori del mondo scolastico, né, soprattutto, agli esperti del mondo medico.

Del resto, già in passato, in altre occasioni, Renzi era stato paragonato al Pinocchio della politica italiana, vista la sua proverbiale abitudine a promettere qualcosa che, immancabilmente, poi non manteneva.

Come dicevamo, Per Luigi Lopalco, epidemiologo dell’Università di Pisa e coordinatore scientifico della task force pugliese per l’emergenza coronavirus, ha subito definito folle ed illusorio tale proposito, dichiarando che “Pensare di riaprire le scuole il 4 maggio è una follia e fare proclami in questo momento è sbagliato. Dobbiamo essere cauti come facciamo a riaprire le scuole se non abbiamo dati né certezze? Non diamo false illusioni e speranze

Anche il virologo Roberto Burioni ha spiegato su Twitter: “Dobbiamo cominciare a pensare a una ripresa delle nostre vite: non possiamo pensare di stare in casa al fine di rimanere in casa per sempre. Però in questo momento la situazione è ancora talmente grave da rendere irrealistico qualunque progetto di riapertura a breve “.

Infine, anche il virologo Fabrizio Pregliasco, ha sottolineato che è prematuro e rischioso promettere il ritorno a scuola con una data precisa.

Pensare di riaprire le scuole è prematuro. E’giusto pensare al futuro ma serve molta attenzione”.

Per ultimo, altrettanto duro contro Renzi anche Calenda, leader di Azione: “Caro Matteo Renzi, la tua dichiarazione è poco seria. Potremo riaprire quando la curva inizierà a flettere seriamente. Altrimenti il lockdown sarà stato inutile e dovremo riapplicarlo al primo riaccendersi di un focolaio “.

L’unica osservazione che ci permettiamo di aggiungere è che, mai come in questo periodo di emergenza sanitaria e di stress collettivo, i nostri cari politici, dovrebbero soppesare le dichiarazioni e misurare le parole, anche solo per non peggiorare ulteriormente il disagio personale di ognuno di noi, nonché la fatica di vivere del nostro Paese, già, visibilmente, provato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sdidatticamente parlando… ovviamente a distanza.

 

I Conte non tornano… sapevamo già tutto dal 2006.




A letto con il nemico.

 

Le restrizioni decise dai vari paesi per contenere il coronavirus stanno provocando un incremento delle tensioni familiari, con episodi quotidiani di violenza domestica, soprattutto sulle donne.

Per questo movimenti femministi, varie associazioni di tutela della donna e persino alcuni governi si stanno organizzando per monitorare il problema e cercare di arginarlo con la diffusione di informazioni utili.

Secondo le Nazioni Unite, la pandemia avrà un doppio effetto sulle donne.

Lo stop forzato delle scuole e dei centri diurni per gli anziani o per le persone non autosufficienti, soprattutto disabili psico-fisici, sta incrementando il carico di lavoro domestico e di cura alla persona, evidentemente non retribuito.

Come ben sappiamo, il peso di tutto questo, da sempre, e ancor più adesso, ricade principalmente sulle donne.

Inoltre, anche fuori casa, i settori di lavoro con la maggiore esposizione al virus sono principalmente femminili: le donne rappresentano il 70% del personale nel settore sanitario e sociale a livello globale.

Come se non bastasse, esiste un divario retributivo medio di genere del 28%, che si può aggravare in tempi di crisi con anche conseguenze future.

Infine, ciliegina sulla torta della questione femminile, ci sono i rischi di una maggiore esposizione alla violenza domestica e la sospensione del servizio di salute sessuale e riproduttiva.

In questa situazione, la coesistenza obbligatoria può diventare, ancor più, un pericolo per le donne che sono vittime di violenza di genere.

Restare a casa e condividere costantemente lo spazio con il proprio aggressore, per molte donne, potrebbe, non solo non essere più sicuro, ma, addirittura, creare l’occasione per compromettere ulteriormente la propria incolumità.

Prova ne è la Cina in cui, questi effetti domino delle restrizioni imposte per il coronavirus, si sono già verificati.

Dal 6 marzo, secondo un’organizzazione non governativa cinese che lavora con le donne, il numero totale di casi di violenza domestica nella prefettura di Jingzhou, nella provincia di Hubei, è salito a oltre 300, e a febbraio 2020 il numero di casi è raddoppiato rispetto al febbraio 2019.

Secondo uno degli attivisti che ha fondato l’ong, «l’epidemia ha avuto un impatto enorme sulla violenza domestica».

Nel Regno Unito, Claire Barnett, responsabile di UN Women, l’Organizzazione delle Nazioni Unite dedicata alla parità di genere e all’emancipazione delle donne, ha spiegato che esistono «prove evidenti» che in tempi di incertezza economica e di instabilità sociale, l’abuso domestico aumenta. «Quando le comunità subiscono ulteriori stress, i tassi di violenza aumentano».

Anche, Marise Payne, ministra delle Donne australiane, ha affermato che garantire la sicurezza delle donne e dei bambini dalla violenza è «fondamentale ogni singolo giorno» e che questo «non cambia nell’attuale contesto».

«È fondamentale in questo momento difficile che le persone che hanno bisogno di servizi di sostegno per violenza familiare sappiano che tali servizi sono presenti e sono in grado di sostenerle».

Anche in Spagna, il ministero della Giustizia, ha incluso i tribunali che si occupano di violenza di genere tra quelli che continueranno a essere operativi, per «garantire l’emanazione di ordini di protezione e di eventuali misure precauzionali in materia di violenza contro donne e minori».

L’isolamento è una delle caratteristiche più comuni delle relazioni abusanti, ed è già dimostrato come la violenza domestica aumenti durante le ferie.

E’ evidente come, per tante donne andare al lavoro o accompagnare i bambini a scuola significa poter sfuggire, anche solo per poco, alle dinamiche di violenza domestica.

Spesso, per le vittime, queste sono occasioni per sottrarsi al potere ricattatorio, colpevolizzante, umiliante del loro carnefice.

In tempi normali, pur consapevoli della violenza in cui vivono ogni giorno, le donne trovano la forza per andare avanti così, con una “boccata d’aria” quotidiana.

Al momento questo non è possibile.

L’incubo implode ed esplode tra le quattro mura. L’imposizione ed il protrarsi dell’isolamento amplifica il rischio a cui queste donne sono esposte, trovandosi a dover condividere per tutto il giorno lo stesso spazio con l’aggressore.

Non solo: una donna vittima di violenza domestica, chiusa in casa h/24 con il suo aggressore, come fa a chiedere aiuto?!?

Strutture di accoglienza per donne vittime di violenza chiuse o fortemente limitate nella loro attività.

Difficoltà di accesso ai vari servizi di supporto e ai luoghi di rifugio.

Queste sono le circostanze attuali che scoraggiano del tutto le donne dal fare segnalazioni.

E, spesso, il rimandare la richiesta di aiuto può essere fatale.

Qualche giorno fa la magistrata della procura di Milano, Maria Letizia Mannella, ha spiegato che da quando è iniziata l’emergenza coronavirus c’è stato anche un apparente calo nelle denunce per maltrattamenti.

Ma, attenzione, «Ci basiamo solamente sull’esperienza perché è ancora presto per avere dei dati certi, ma possiamo dire che le convivenze forzate di questo periodo, scoraggiano le donne dal telefonare o recarsi personalmente dalle forze dell’ordine».

In Italia – dove l’81,2 per cento dei femminicidi, nel 2019, è avvenuto all’interno della famiglia – è nostro dovere segnalare che si stanno attivando i movimenti femministi come Non Una di Meno con lo sloganNon sei sola” per rilanciare il numero antiviolenza e stalking 1522, che è attivo anche in questi giorni 24 ore su 24 e che è gratuito.

Dal sito è inoltre possibile chattare direttamente con un’operatrice.

La rete dei centri antiviolenza sta poi segnalando le possibilità rimaste attive sul territorio italiano, e in alcuni spazi femministi sono stati aperti dei canali diretti via chat, perché chiuse in casa non sempre sarà possibile telefonare.

Infine la piattaforma “Obiezione Respinta” – partendo dal presupposto che in Italia non sempre è facile accedere a un’interruzione di gravidanza e che l’emergenza sanitaria in corso ha aggravato la situazione, poiché alcuni ospedali hanno dovuto ridurre gli accessi o trasferire il servizio di IVG – ha creato una rete di solidarietà per monitorare lo stato del servizio di interruzione volontaria di gravidanza, fornendo punti di riferimento e aiuto a chi ha bisogno di abortire. È stato dunque aperto un canale Telegram a cui fare riferimento.

Purtroppo, in Italia, il ministero delle Pari opportunità non è per ora intervenuto in modo specifico sulla questione della violenza domestica, ma sta rilanciando soprattutto le misure economiche speciali approvate «per le famiglie».

Speriamo, che passata l’emergenza coronavirus, non si faccia il conto delle vittime, non solo per covid 19, ma anche per violenza domestica!

 

 




Digiscuola negata.

Era già tutto previsto, anche quello che, come Betapress, vi avevamo già anticipato nei nostri recenti articoli sulla didattica a distanza, cioè, luci ed ombre della scuola italiana emerse in questi giorni di emergenza.

Continuano ad arrivare, in redazione, segnalazioni da diverse scuole di tutta Italia che confermano come la didattica digitale è un falso ideologico, cioè non esiste.

O se esiste, è schizofrenica.

La didattica digitale dà la prova, nei fatti, che il sistema scolastico italiano non è stato preparato in modo adeguato, o, per lo meno, in modo uniforme.

Dunque, anche adesso, la scuola sta rispondendo in modo contradditorio.

Primo, le infrastrutture.

Non sempre sono all’altezza, in alcuni territori non esiste fibra ottica, le connessioni non reggono, il wifi è scarso, le linee telefoniche sono inadeguate, in altre zone invece tutto funziona bene.

Secondo, gli strumenti.

Ci sono scuole che, da anni, hanno acquistato strumenti e sistemi di didattica digitale, ed altre in cui mancano persino i computer.

Terzo, le competenze.

Per esperienza diretta, vi dico che ci sono professori competenti, aggiornati e professionali che si destreggiano tra piattaforme digitali ottimizzandone i risultati, ed insegnanti che manco sanno di che stiamo parlando, che è già bello se sanno usare il registro elettronico.

Anche se, per onestà intellettuale, devo dire che, nessuno, dal Miur, ha mai imposto un’adeguata formazione sulla didattica digitale e sull’utilizzo delle piattaforme collegate, nessuno, dal Miur ha mai impostato un serio progetto nazionale di trasformazione della didattica verso un impianto digitale.

E la prova, sta nel far west di questi giorni.

Quarto, i soldi.

E qui viene il bello!

Alcune scuole hanno avuto i soldi per potersi adeguare altre no, in alcune regioni o provincie si sono fatti investimenti, in altre si sono “mangiati” i soldi.

Perché le scuole non hanno avuto, negli anni, i soldi per poter avviare dei progetti digitali?

O, per lo meno, perché poche, davvero poche, sì, e la maggioranza no?

A tal proposito, che fine hanno fatto i soldi dei PON? Chi ha controllato il loro utilizzo?

Anche qui, si sono utilizzati i soldi per i progetti più disparati, ma a pioggia, regione per regione, provincia per provincia, ognun per sé e Dio per tutti, senza un impianto nazionale.

La stessa idea del bonus docenti, un altro fallimento.

Perché era l’occasione buona per un progetto serio di didattica innovativa, dando i soldi alle scuole con indicazioni chiare e, soprattutto, facendo controlli precisi sui singoli.

All’inizio, 500 euro in busta paga, solo per gli insegnanti di ruolo, e si doveva documentare con lo scontrino dove, come e quando li avevi spesi, altrimenti erano persi.

L’anno dopo c’era invece la carta docente, da attivare, e qui già il sistema si è impallato, con docenti che hanno speso tempo ed energie per lo spid e, alla fine, hanno persino, loro malgrado, dovuto rinunciare per i disservizi.

In seguito, il sistema è ripartito, con le modalità, “fatta la legge, trovato l’inganno”.

Il principio della buona scuola era formare ed informare gli addetti ai lavori, affinché, finalmente, si aggiornassero.

Ma cosa è successo?

Gli onesti, hanno acquistato computer, hanno seguito corsi sulla formazione digitale, hanno partecipato a seminari di enti accreditati…

I disonesti, hanno comprato computer a non finire, regalandoli a destra e a manca, addirittura li hanno rivenduti o li hanno barattati con una lavatrice, con la compiacenza del rivenditore.

Per non parlare della” formazione trasversale interdisciplinare”.

Cinema, teatro, musei…Ognuno è andato a vedere quel cavolo che voleva, senza nessun controllo.

Io non sono un politico, sono però una cittadina, addetta ai lavori, insegno da più di 30 anni, non ce la faccio a stare zitta!

Possibile che, al Miur, non abbiano ancora capito poche cose chiare?

Quelle che, ogni giorno, in classe applichiamo con in nostri alunni?

Si lavora per tutti, meglio poco, e bene, ma per tutti, ed insieme.

E, soprattutto, si controlla e si dà il buon esempio.

Invece, la scuola di questi giorni, conferma che il Miur non ha mai proposto e/o imposto un progetto nazionale di didattica a distanza serio, visto che manco è stabilita una piattaforma di riferimento unica (assurdamente il ministero ne ha consigliate tre o quattro).

Non esiste un processo organizzativo uguale per tutti (oggi i professori sono tutti volontari, magari protagonisti, magari parassiti).

La formazione dei docenti sulle tecnologie è lasciata allo scrupolo o alla volontà dei singoli.

La conversione dei contenuti didattici tradizionali in formato digitale non si improvvisa (la didattica digitale non è il clone di quella frontale)

Sono io per prima che riconosco i miei limiti…

La didattica digitale non è mandare i pdf via skype o fare la lezione frontale tradizionale in video conferenza…

Questi sono soluzioni di emergenza, che ben vengano, pur di mantenere un contatto con gli alunni.

Perché, mai come in questi giorni, emerge la dimensione relazionale ed emotiva della scuola!

Ma proprio perché la Scuola contiene moltitudini, comportamenti, autonomie, responsabilità, immediatezza, praticità, contatto, che nessun mondo virtuale può sostituire, a maggior ragione, non possiamo fare finta che la didattica, frontale o digitale che sia, si possa improvvisare.

Se la didattica a distanza oggi è l’unica soluzione per cercare di mantenere legati gli alunni alla scuola, ammettiamo che non sta funzionando benissimo, ammettiamo che alcuni alunni si sono persi, altri sono sostituiti dai loro genitori (finiti insieme ai loro figli nel casino digitale di questi giorni) ed altri ancora annaspano, come i loro prof.

Ammettiamo che abbiamo scuole e didattiche a strati, chi riesce benissimo, chi riesce benino, chi non ci riesce, chi attua forme di trasferimento pdf, chi invia compiti via sms.

Questa è la tragedia vera come Stato, non stiamo dando a tutti i ragazzi le stesse opportunità.

Situazione che inevitabilmente sta allontanando i genitori dalla scuola.

Perché, giustamente, i genitori non fanno il mestiere di professori.

Sono a casa, devono seguire i loro ragazzi, vero. Ma magari devono pure loro lavorare, oltre pensare a tutto il traffico domestico di questi giorni, e gestire una situazione che spaventa un poco tutti.

Infine, ultimo punto, la valutazione.

I sistemi on line che si stanno utilizzando non possono permettere una valutazione effettiva dei risultati in quanto non sono certificati, quindi quest’anno sarà rocambolesco valutare gli alunni sull’ultimo quadrimestre, forse è opportuno pensare di confermare i risultati del primo quadrimestre, salvare il salvabile, ed organizzare dei corsi intensivi a settembre.

E per quanto riguarda gli esami, non c’è da invidiare chi, anche stavolta, dovrà fare da cavia, sia come docente che come discente.

Già, perché, non bastava quello che, stava succedendo da diversi anni a questa parte.

Cioè che, ogni anno, più o meno sotto Pasqua, il Miur ci faceva il regalo di un nuovo tipo di esame.

Quest’ anno la sorpresa sarà speciale!

Voglio proprio vedere cosa inventerà stavolta.

Ma il problema sarà ancora nostro, di chi è alle prese con quest’ ennesima farsa della didattica digitale.

Perché, per gli altri, per quelli del Ministero intendo, il 6 politico è assicurato e pure la poltrona attaccata al di dietro, per non usare un francesismo, proprio io che insegno francese!

 

 




Andrà tutto bene … parte terza

Il protrarsi dell’emergenza sanitaria sta generando un blocco dell’economia che porterà ad un forte ridimensionamento delle attività produttive in tutti i settori. Stiamo assistendo al calo delle vendite, all’annullamento di contratti commerciali e incarichi professionali, alla cancellazione diffusa di eventi, manifestazioni, ordini e prenotazioni sia in ambito turistico che business nonché alla mancata o ritardata consegna di merce al cliente.

È evidente che uno dei settori su cui l’epidemia sta impattando maggiormente è il settore turismo.

In Italia, il segmento del turismo vale in totale 146 miliardi di euro: una cifra pari a circa il 13% del Pil, generata da una filiera di 216 mila esercizi ricettivi e 12mila agenzie di viaggio. 

 

La proliferazione del Coronavirus ha spinto diversi governi a considerare l’Italia tra i Paesi da sconsigliare, se non vietare, per i viaggi e le trasferte di lavoro. 

L’impatto si fa sentire pesantemente sul turismo italiano, con la proiezione di un tracollo senza precedenti nella stagione pasquale, il comparto ha subito cancellazioni pari a circa l’80% per le città e fino al 95% in montagna. Questo fenomeno non riguarda solo le zone colpite direttamente, ma tutto il Paese.

Gli operatori del settore sono molto preoccupati rispetto al calo delle prenotazioni per le settimane bianche e per la Pasqua e si teme anche per la stagione estiva che risulta già essere compromessa.

Solo il settore delle gite scolastiche – che sono state vietate – muove un business da 316 milioni di euro, ormai perso, anche alla luce del provvedimento di chiusura di tutte le scuole di ordine e grado almeno fino al 3 aprile p.v. A questo si aggiunge la cancellazione di eventi e manifestazioni pubbliche importanti come il Carnevale di Venezia, solo per citare la prima più eclatante, o il Salone del Mobile e altri importanti eventi fieristici intorno ai quali gravitano ingenti interessi economici.

Durante i mesi di febbraio e marzo, gli esercizi ricettivi italiani generalmente ospitano 14,5 milioni di turisti italiani e stranieri, per quasi 40 milioni di pernottamenti, questo è un periodo di intensa attività per alcune aree del Paese.

Bene, alla luce dei fatti, si è rallentato prima e si è fermato tutto adesso.

Napoli ha perso 15mila visitatori e si prevede una perdita del 30% per Pasqua; 

Venezia perde il 40%

Riviera Romagnola disdette di massa (teme ricadute anche per l’estate)

Lazio crollo delle prenotazioni del 60-70% relative anche ai mesi dopo la Pasqua. 

Milano debooking all’ 80%

Ritornando ai dati inerenti l’incoming, secondo uno studio condotto dell’Istituto Demoskopika, che ha tracciato una mappa dei possibili effetti sul turismo italiano a seguito dell’allerta coronavirus, nel 2020, l’emergenza coronavirus potrebbe generare un segno negativo per l’incoming turistico italiano, con una contrazione della spesa turistica di ben 4,5 miliardi di euro, pari a circa il 5% del P.I.L. di cui il 70% in Veneto, Toscana, Lazio e Lombardia. 

Inoltre, l’ipotesi di base è che i viaggiatori che risiedono in paesi dove ci sono stati casi di coronavirus, spinti da sentimenti di paura e timore, continueranno a cancellare prenotazioni e limitare gli spostamenti anche dopo l’emergenza.

La sindrome da contagio, alimentata anche da scarsa e inadeguata informazione, rischia di produrre ricadute devastanti su gran parte dei sistemi turistici regionali.

Le pandemie nell’era dei social hanno pesanti effetti mediatici sull’immagine e la attrattività di un Paese.

Basta poco e crolla la domanda.

Territorialmente, subiranno le principali ricadute le destinazioni turistiche strutturalmente più apprezzate dai turisti internazionali, primi fra tutti cinesi, americani, tedeschi e inglesi.

L’impatto di questo scenario economico sul Made in Italy potrebbe essere difficilmente superabile dalle imprese italiane, soprattutto le più piccole, che costituiscono oltre il 95% del nostro tessuto produttivo, con ricadute pesanti non solo sui fatturati, ma sulla stessa occupazione in termini strutturali.

Siamo in una situazione emergenziale e servono, per questo, misure emergenziali.

Prima di addentrarci nella formulazione di proposte, bisogna sottolineare che, per reperire i fondi necessari a coprirne i costi, si dovrebbe utilizzare canali di finanziamento alternativi a quelli solitamente sfruttati, per esempio, risorse europee, relative alla programmazione 2014-2020, che ad oggi non risultano ancora spese, in tal senso urge un monitoraggio immediato.

Inoltre, sempre nell’ottica di un migliore utilizzo di risorse già esistenti, bisogna che il Governo riveda la nuova Programmazione 2021-2027, pianificando, almeno per il biennio 2021-2023, interventi specifici destinati a sostenere il sistema produttivo italiano, con un particolare focus sui settori Turismo e Cultura, con una rinnovata attenzione alle piccole e medie imprese che da sempre hanno difficoltà ad accedere a questa tipologia di risorse e che, invece, rischiano di pagare il prezzo più alto della crisi economica.

Infine, il covid 19 è l’occasione per modificare Accordi di partenariato e regolamenti comunitari, che ingessano la spesa dei Fondi UE assegnati ad ogni singolo Paese.

Non si tratta di poter fare più deficit, che comunque genera debito per le generazioni future, ma avere l’adeguata flessibilità di risorse già programmate in contesti ordinari. 

Federterziario e Federterziario Turismo, propongono pertanto le seguenti misure:

  • la sospensione i pagamenti di tasse, contributi, Iva e tutte le cartelle esattoriali almeno per i prossimi 3 mesi con recupero a partire dal 1° gennaio 2021;
  • il temporaneo azzeramento delle sanzioni per i ritardati pagamenti di cartelle erariali;
  • sospensione dell’utilizzo degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) per il 2020, in considerazione dell’impatto negativo dell’emergenza sui bilanci d’impresa;
  • l’estensione della Cassa Integrazione in deroga a tutte le aziende, anche quelle con un solo dipendente;
  • il rinvio dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa;
  • lo slittamento dei pagamenti di mutui e finanziamenti, con contestuale attivazione di un dialogo con il sistema bancario che porti all’adozione di misure in grado di concedere liquidità e prospettive alle imprese del settore turismo;
  • sospensione segnalazione automatica nella banca dati Crif;
  • la riduzione delle tasse di ancoraggio nei porti; 
  • azioni di promozione e rilancio del Made in Italy e dell’offerta turistica e culturale, anche attraverso iniziative di sostegno della domanda interna, quali il riconoscimento di detrazioni fiscali per le spese sostenute per viaggi e soggiorni presso strutture ricettive italiane.

Con la proposta della Commissione europea di sospendere di fatto l’applicazione del patto di stabilità con gli impegni di consolidamento di bilancio relativi per fronteggiare la crisi del coronavirus e la recessione ormai in arrivo, viene fatto un passo del tutto inedito: finora era stata usata solo la flessibilità sugli obiettivi di bilancio caso per caso.

Ora tocca ai ministri finanziari dare il via libera.

E, soprattutto agire di conseguenza, e qui inizieranno un mare di problemi…

 




Il primo bene di un popolo è la sua dignità

“Per manipolare efficacemente il popolo, è necessario convincere tutti che nessuno li sta manipolando.” J.K. Galbraith

 

Come milioni di italiani, inchiodati davanti alla tele, ho appena ascoltato le ultime, ennesime, restrizioni alla nostra libertà, in nome del rispetto e della tutela del bene più prezioso, la vita, la vita di ognuno di noi.

Sempre più avanza la morsa del controllo e della punizione.

Tutto giusto, quasi lecito sul piano etico e legale sul piano giuridico, anche considerando che chi fa le leggi oggi sono loro.

Io, però, non ci credo più che andrà tutto bene.

E men che meno, da domani, canterò l’inno d’Italia.

Perché non solo sta andando sempre più tutto peggio, ma perché insieme ai morti, stiamo portando via la verità.

Le file di camion militari piene di salme dei miei concittadini bergamaschi, ci sfilano davanti agli occhi e gridano, nel silenzio attonito di una città in ginocchio, gridano vendetta.

Ma urlano anche, dentro ognuno di noi, se ancora abbiamo una coscienza personale e collettiva.

Ogni nuovo morto ci obbliga a prendere atto che stiamo morendo tutti, indistintamente, diventando, sempre più, un popolo bue.

Non posso sopportare che quegli uomini e donne che hanno fatto da cavia in questa emergenza, finiscano in un pugno di cenere.

Quel pugno di cenere, che giorno dopo giorno, ci viene lanciato negli occhi, attraverso i media per avanzare a tentoni.

E per scatenarci, l’uno contro l’altro, nella caccia alle streghe o nella guerra agli untori.

La strategia applicata è quella di colpevolizzarci per dominarci.

Anche adesso, ci dicono “il problema lo stai provocando tu, sempre di più, ogni volta che non rispetti le regole”.

É una strategia che sta funzionando anche in questo periodo, nella fase più critica dell’epidemia prodotta dal coronavirus.

L’epidemia ha un’unica verità: questi morti sono sì deceduti per covid 19, ma la loro vera condanna a morte risale a tutti gli inganni della dottrina liberista.

Un esempio per tutti? Il nostro sistema sanitario.

Un sistema sanitario come quello italiano, fino a un decennio fa, era tra i migliori al mondo.

Poi è stato fatto precipitare sull’altare del patto di stabilità: tagli da 37 miliardi complessivi e una drastica riduzione del personale (-46.500 fra medici e infermieri), con il brillante risultato di aver perso più di 70.000 posti letto.

Solo per quanto riguarda la terapia intensiva, così drammaticamente attuale, siamo passati dai 922 posti letto, ogni 100mila abitanti nel 1980, ai 275 nel 2015.

Tutto questo dentro un sistema sanitario progressivamente privatizzato e, quando anche pubblico, sottoposto ad una torsione aziendalista con l’ossessione del pareggio di bilancio.

La prova inconfutabile è data dalla Lombardia, considerata l’eccellenza sanitaria italiana e ora crocifissa da un’epidemia che, nella drammaticità di queste settimane, ha dimostrato l’intrinseca fragilità di un modello economico-sociale interamente fondato sulla priorità dei profitti d’impresa e sulla preminenza dell’iniziativa privata.

Può un popolo mettere in discussione questo modello, con il rischio che, con effetto domino, l’intero sistema della dottrina liberista crolli?

Dal punto di vista dei poteri forti, è inaccettabile.

Meglio che il popolo resti bue e vada nella direzione voluta dal potere e dai media.

Ed ecco scattare la fase della colpevolizzazione dei cittadini.

Sono i cittadini che sbagliano, che non rispettano le regole, che propagano il contagio.

Forza, facciamo scendere in campo l’esercito, puniamo con pene esemplari.

A nessuno viene il dubbio che le pene esemplari dovrebbero essere inflisse a chi ci ha portato a questo sfacelo?!?

Perché, di sicuro, i primi untori, sono stati coloro che hanno voluto questo nostro sistema sanitario italiano.

Questa nostra sanità, de-finanziata e privatizzata, che non può funzionare senza risorse umane e mezzi tecnici adeguati.

E cosa dire di quei folli decreti che, fino a stasera hanno tenute aperte le fabbriche (e addirittura hanno incentivato la produzione con un bonus per la presenza sul lavoro), ma, al contempo, hanno ridotto i trasporti congestionando di più le presenze fisiche sugli stessi?!?

Così, per settimane, le aziende ed i trasporti hanno continuato a fare propagare il virus.

Ma evidentemente, la colpa è del cittadino irresponsabile che si comporta male, uscendo a passeggiare o a fare una corsa al parco.

Ogni giorno il messaggio che passa è LA COLPA E’ TUA .

Sei tu, cittadino vergognoso che continui a boicottare un sistema di per sé efficiente.

Questo attuale, ma antichissimo, meccanismo di colpevolizzazione è molto potente.

Paradossalmente, c’è da sperare che funzioni, almeno quello!

E dovrebbe funzionare perché si intreccia con il bisogno di ognuno di noi di dare un volto ad un nemico invisibile.

Ecco perché indicare un colpevole, L’IRRESPONSABILE, costruendogli intorno una campagna mediatica che non risponde ad alcuna realtà evidente, almeno nei numeri.

Anche se c’è stata la fuga dalla Lombardia, ma chi è stato il folle che ha diffuso la bozza del decreto, come è possibile che una superficialità del genere in un momento del genere sia avvenuta?????

Non era ovvio che dopo un bombardamento mediatico così aggressivo e terrorizzante potesse succedere una fuga dall’epidemia???

Scarichiamo proprio tutte le responsabilità sul popolo, perché così, il popolo bue non si ribella, o per lo meno, scarica sull’untore la rabbia crescente per il prolungamento delle misure di restrizione.

Un popolo libero, intelligente e consapevole potrebbe davvero rivoltarsi sul piano politico.

Potrebbe davvero scatenarsi con una rabbia furiosa contro quel modello che ci ha costretto a competere fino allo sfinimento senza garantire protezione ad alcuno di noi.

Ed allora io resto a casa.

E mi comporto bene.

Ma se lo faccio è solo per onorare la morte di chi ha dato la vita, e per rispettare chi è in prima linea.

Andrà tutto bene non esiste, continuerà comunque ad andare tutto peggio.

A meno che, non guardiamo in faccia la realtà.

E pur continuando a seppellire i morti, prendiamo coscienza di quello che sta succedendo, di quello che ci hanno fatto e che ci stanno ancora facendo.

E quando avremo toccato il fondo, teniamocelo ben stampato in fronte e marchiato nel cuore.

MAI PIU’ POPOLO BUE, e nemmeno complice…

“I popoli non dovrebbero avere paura dei propri governi, ma sono i governi che devono aver paura dei propri popoli.” T. Jefferson

 




Sdidatticamente parlando… ovviamente a distanza.

Didattica a distanza?!? Ma, per favore, non prendiamo in giro…

Premesso che sono nella scuola da 30 anni e che sono pure bergamasca, aggravante di questi tempi, lasciatemi dire perché la didattica a distanza non funziona, e men che meno, non funzionano le prime indicazioni operative del Miur.

Sul piano normativo, i sindacati (tutti, incredibilmente concordi) chiedono l’immediato ritiro della circolare, sottolineando che in questo momento straordinario in cui il Governo ha decretato la sospensione delle attività didattiche, l’attivazione della didattica a distanza non può limitarsi a replicare contenuti e modalità tipiche di una situazione di normalità”.

Io, mi limito a dire che non è menzionato, nel contratto nazionale, il fatto che io debba firmare il registro elettronico, men che meno, se non entro, materialmente, in classe.
Non tutti i miei alunni sono provvisti di connessione valida per la didattica a distanza.
L’adesione degli alunni è volontaria, il loro patto formativo non prevede attività a distanza e valutazioni a distanza obbligatorie.

Le valutazioni fatte al di fuori dall’aula scolastica ed in orari in cui non è prevista didattica sono illegali, come lo certificano innumerevoli sentenze del TAR.

E poi, la privacy, dove la mettiamo? L’impiego di video lezioni o comunque di strumenti che facciano uso dell’immagine fisica del docente e dei suoi studenti, non rispettano la privacy.

Se gli studenti, attraverso i genitori, possono fornire delle liberatorie in merito all’uso di immagini e filmati, come fa, invece, un docente a garantire la propria privacy? Come fa un docente ad essere certo che, mentre sta svolgendo una video lezione, non venga filmato da qualcuno e che questo video non finisca pure su you tube?

E poi, lasciando fare ai sindacati la loro parte, sul piano dell’esperienza, la didattica a distanza esaspera due mali della scuola italiana: il protagonismo ed il parassitismo.

Dal momento in cui hanno sospeso le lezioni, alcuni di noi si sono fiondati in una gara di competenze tecnologiche digitali trascinando con sé gli alunni e le loro famiglie in un vortice infernale di link, password, piattaforme digitali ed allegati virtuali.

Altri, dall’oggi al domani, sono spariti, su quel treno che li ha riportati a casa, oppure si sono defilati con la scusa dei problemi di connessione, o, magari, si sono dimenticati di essere gli animatori digitali tanto invocati dalla scuola che si fingeva d’avanguardia…

Ma, c’è anche chi, come la sottoscritta, in coscienza, sa di non appartenere a nessuna delle due categorie precedenti. Non mi sento né protagonista, né parassita.

Non mi sento più niente. Questa scuola non mi appartiene.
Per me, la didattica a distanza è una fatica immane.

Io da sempre vivo (e non semplicemente faccio) una didattica in presenza, una didattica di relazione e non di prestazione.

Io non offro un prodotto, ma stimolo un processo.

Io, quando entro in classe, scendo in campo. E la lezione reale è un gioco di squadra, per tutti.

La didattica digitale non è così, è altamente esclusiva. Sia per i docenti che per i discenti.
Lo sperimento ogni giorno.

Più il tempo passa più ci stiamo perdendo, tra di noi, docenti, ma, soprattutto perdiamo i nostri studenti.

È una catastrofe.

Non parlo della mancata presa visione dei compiti da parte delle famiglie.

Non parlo delle difficoltà nell’invio degli elaborati agli insegnanti.

Ci può stare…
Parlo dell’assurda pretesa di valutare i risultati dei nostri alunni, perché, ditemi voi, che senso ha valutare dei compiti svolti a distanza, senza nessun controllo?!?

Che senso ha chiedere loro delle competenze strumentali da nativi digitali che primo non esistono, e qualora ci fossero, confermano la mancanza di giudizio critico, di capacità di riflessione, di formulazione di ipotesi?

(Manco sanno costruirti una mappa concettuale in presenza, figurati on line?!?)

Lasciamo stare poi, i programmi, o meglio la programmazione didattica, come dicono loro, quelli del Miur.

La programmazione didattica va rimodulata, ci suggeriscono…

Bene, la programmazione didattica è saltata in aria, vi dico io, come le nostre vite.

Se mai, per grazia di Dio, dovessimo ritornare a scuola, giusto in tempo per fare gli esami, non penso proprio che chiederò ai miei alunni di parlarmi di un argomento di civiltà…

Perché la scuola è altro.

È il luogo dello stare.

Dove devono stare i ragazzi per imparare.

E’ il luogo dell’emozione e della relazione.

Dove si apprende insieme, costruendo la lezione non per gli alunni, ma con gli alunni.

La scuola è cura, è luogo di accoglienza, di incontro, di costruzione del sapere.

È un luogo pubblico in più. Gratuito o quasi.

È il LUOGO per eccellenza a fronte di tanti NON LUOGHI.

E poi, come se non bastasse tutto questo, guardiamo i fatti.

Cosa sta succedendo in questi giorni di lezioni on line e di classroom?

Spariscono gli alunni.

La didattica a distanza uccide la scuola, perché incrementa il suo abbandono.

Con le lezioni virtuali perdiamo gli studenti più fragili, quelli meno motivati, spesso già trascurati in famiglia.

Da che non sono più entrata in classe, di almeno 20, anche 25 studenti, io ho perso traccia.

E non parlo solo di stranieri, anche di ragazzi seguiti dai servizi sociali, di ragazzi borderline per gli addetti ai lavori… 25 alunni persi, scomparsi.

Il 10- 15% sul totale delle mie classi.
E mi direte voi… chi se ne frega!

E no! È il mio mandato istituzionale tenerli a scuola!

Non funziona così!

Ti mando i compiti.

Magari! Non funziona.
Non si tratta di compiti, fosse solo quello il problema!

E comunque chi ho perso: fra i tanti deboli, quelli ancora più deboli, per mille motivi; famiglia assente, nessun controllo, nessun strumento digitale, niente soldi per i giga, niente supporto di educatori comunali…

DSA, BES, stranieri, tutti quelli che arrancavano ora si sono persi.

Ed io con loro.

Ed allora, alla sera, quando non dormo, penso all’immunità di gregge, quella della scuola italiana del 2020, quella che vogliono quelli del ministero, quando ci parlano di didattica a distanza.

A loro, proprio a loro, vorrei dire “non vantatevi più tanto delle vostre scuole super tecnologiche, che tanto in Italia, non esistono.

Non inventate dei sondaggi docimologici per farci credere che siamo tutti bravi.

Voi che pensate di aprire le danze e di trovare noi che balliamo a tempo…

Io non ci sto, io continuo a pensare a chi resta indietro. A chi arranca, a chi brancola nel buio”.

Forse perché, mai come in questi giorni, mi sento una di loro…

 




Coronavirus: andrà tutto bene, parte seconda.

Andrà tutto bene? Ciak, si gira…

Altro giro, altro regalo…

Continuiamo il nostro viaggio nell’ universo lavorativo italiano,alla ricerca dell’effetto domino provocato dal covid 19 nell’economia del nostro paese.

Come detto ieri, noi di beta press, vogliamo sondare il disagio collettivo (senza filtri) delle diverse categorie di lavoratori coinvolti (e sconvolti!) dall’ impatto del coronavirussull’economia.

Oggi, passiamo al mondo dell’edilizia e dell’architettura. In particolare in due regioni, Piemonte e Lombardia.

Le stesse domande di ieri, le abbiamo poste ad un notoimpresario edile novarese.

E poi ad un altrettanto noto architetto libero professionistabergamasco.

In entrambi i casi, non mettiamo i loro nomi, perché, giustamente, in un momento in cui tutti fanno a gara ad apparire, i professionisti da noi intervistati, preferiscono parlare a nome della loro categoria, sapendo di farsi portavoce di opinioni condivise.

Betapress-Criticità specifiche del proprio lavoro in generale e, soprattutto adesso.

Impatto economico e problemi fiscali.

Decreto di marzo efficace o inadeguato?

Cosa è impellente in questo momento e nei prossimi mesi?

Soluzioni possibili o propaganda elettorale?

Focus sul mondo dell’edilizia.

“Le imprese edili come la mia, hanno a che fare con i privati che,chiaramente, al momento, preferiscono sospendere i lavori. E’tutto bloccato, non possiamo svolgere nessun lavoro, non solo all’interno, per legge è vietato, ma anche all’esterno, perché i clienti preferiscono non avere operai che transitano nel cortile.

Dunque, l’impatto economico è rilevante, se non lavori, nonporti a casa i soldi, non guadagni.

Stanno prorogando i pagamenti, buona cosa, ma poi dovranno essere effettuati, anzi, sappiamo benissimo che dovremo pagare a prescindere dai guadagni, questo è il vero problema.

Il decreto di marzo è parziale, perché in una società come la mia, agli impresari non danno nulla.

Danno ai liberi professionisti, cioè architetti, ingegneri…

Alle società non danno nulla, l’unico aspetto positivo è l’aver riconosciuto la cassa integrazione agli operai, ma ripeto, a noi impresari non danno nulla.

Capisco che a livello politico si stiano cercando delle soluzioni, sinceramente, non penso che sia propaganda politica, in questo momento non c’è tempo per quella, ma la situazione è davvero grave…”

Beta press- In che tempi prevedete una ripresa della vs attività?

L’accesso al credito e quindi un ulteriore indebitamento potrebbe risolvere?

E nel medio lungo periodo? Un finanziamento in quota capitale da parte dello stato potrebbe essere utile?

“Speriamo di riprendere l’attività entro una quindicina di giorni, un mese al massimo.

Tutto dipende dall’emergenza, fino a che la curva del contagio non inizia a decrescere è impensabile una ripresa delle attivitàedilizie.

Accesso al credito?!? No, non ho mai voluto dipendere dalle banche, ho sempre lavorato con i soldi della mia impresa. Non ho mai voluto indebitarmi con le banche e chiedere dei finanziamenti, dei prestiti proprio adesso sarebbe ancora più pericoloso, vorrebbe dire rischiare di chiudere del tutto.

E poi, non è solo un problema di soldi, ma di atteggiamento delle persone. Le imprese hanno il problema della committenza, dunque, bisognerà vedere, concretamente, come e quanto le persone risentiranno di tutta questa emergenza.

Bisognerà confrontarsi con la ricaduta economica, ma ancor piùcon il contraccolpo psicologico del coronavirus, bisognerà vedere se le persone avranno i soldi, ma ancor più la voglia di costruire,di restaurare, di progettare.

Focus sul mondo degli architetti, liberi professionistibergamaschi.

“È un decreto di emergenza che risolve la contingenza immediata, ma non propone soluzioni a medio ed a lungo termine.

Perché non è solo quando, ma anche come riprenderanno le attività. Chi ha già dei cantieri aperti, potrebbe anche riprendere, tra un mese. Ma, tutt’altra situazione si prospetta per chi è alla ricerca di nuovi clienti…

La crisi, la vera crisi economica, sarà visibile nei prossimi mesie allora sì che bisognerà investire su misure che possano dare carburante al paese.

Ci sarà una selezione naturale, un’immunità di gregge economica, dopo quella virale.

Le piccole imprese ed i liberi professionisti sono, come sempre,i più penalizzati e senza garanzie di liquidità a fine mese, saranno destinati a soccombere.

Non ci sentiamo tutelati, ci troviamo di fronte ad enormi difficoltà.

L’accesso al credito non è un problema ma, paradossalmente,andrebbe ad aumentare i costi già molto alti che un detentore di P.IVA deve adempiere …

Così come un finanziamento in quota capitale sarebbe sicuramente una soluzione tampone per un breve periodo di inattività.

Una soluzione concreta sarebbe, finalmente, valorizzare il made in Italy, rallentare (se non sospendere) la delocalizzazione spaziale della produzione all’estero, riportare in Italia la filiera produttiva dei nostri migliori marchi, incentivare le nostre esportazioni, e, viceversa, disincentivare le importazioni.

Tenere in casa i nostri talenti, tutelare i nostri giovani, altro che obbligarli a fuggire all’ estero per avere un po’ di riconoscimento del loro lavoro.

E poi, me lo lasci dire, dov’è la salvaguardia del merito se, in Italia, un clandestino vale 39 euro al giorno, un nullafacente 26 ed un libero professionista 19?!?”

Che dire? Pragmatismo, competenza e consapevolezza della propria forza lavoro, ma anche della miopia politica.

Noi di betapress non aggiungiamo altro, se non, ironicamente, chi vivrà, vedrà!