Luci ed ombre sul nuovo assetto della storia

Nella riunione dell’eurogruppo, durata appena tre ore, il problema dell’adesione al Mes, che pure aveva rappresentato un fardello ai lavori della Commissione europea negli ultimi mesi, si è risolto agevolmente.

L’oggetto della discordia, il Mes, ha diviso l’europa tra paesi del blocco nordico, fautori della frugalità e del rigore dei conti pubblici, da quelli dell’area mediterranea, alle prese con la recessione economica già da prima che la pandemia divampasse.

Eppure il Meccanismo Europeo di Stabilità ha rappresentato un principio, un articolato normativo, una Linea Gotica, per e della Germania, più che una reale misura di sostegno per i paesi aderenti in difficoltà.

Dopo la riunione di ieri, infatti, grazie al Mes, sarà operativa una nuova linea di credito disponibile dal 1° giugno che potrà essere utilizzata per le spese sanitarie dirette ed indirette a concorrenza del 2% del Prodotto interno lordo.

Per il nostro paese la manovra non dovrebbe superare i 36 miliardi di euro.

Una cifra inadeguata alle esigenze sanitarie del paese.

Perché tanta importanza, allora, a questo strumento il cui dibattito in sede comunitaria era stato inizialmente calendarizzato per il mese di luglio e poi  anticipato bruscamente a fine gennaio scorso e, cioè, al palesarsi dei primi sintomi del Covid 19 in Italia?

Non è facile capirci molto anche perché il gergo della maggioranza  e dei capi di Stato e di Governo dell’Unione è sempre stato smussato dai consulenti della comunicazione per i quali tra verità reali e presunte spesso non c’è soluzione di continuità.

Il regolamento 473/2013 relativo alle “disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro

si occupa della complessa vicenda richiamando nell’articolo 1 che il trattato sul funzionamento dell’Unione europea prevede che gli Stati membri considerino le loro politiche economiche una questione di interesse comune, che le loro politiche di bilancio siano guidate dalla necessità di finanze pubbliche sane che non rischino di compromettere il buon funzionamento dell’Unione economica e monetaria.

L’articolo 1 è già di per sé esaustivo.

I principi richiamati non sono la solidarietà e la promozione sociale economica ed umana dei cittadini soprattutto in contesti di gravi crisi asimmetriche, come qualcuno avrebbe pensato, ma l’equilibrio dei conti pubblici, costi quel che costi.

E’ tuttavia la lettura del regolamento 472/2013, al titolo

sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati Membri nella zona euro che si trovino o rischino di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria” che ci permette una visione più chiara di cosa stia accadendo.

Nel dettato normativo, in sostanza, si attribuisce alla Commissione (art 2) la facoltà di sottoporre a sorveglianza rafforzata uno Stato membro che si trovi o rischi di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la sua stabilità finanziaria.

Il rafforzamento della sorveglianza economica scatta per i paesi che abbiano accettato di beneficiare di assistenza finanziaria a titolo precauzionale da uno o più stati membri o terzi, dal Mes …

o da altre istituzioni finanziarie, come il Fondo Monetario Internazionale, l’FMI (art 3).

Nei casi più gravi il Consiglio, a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, puo’ raccomandare misure correttive precauzionali o predisporre un progetto di aggiustamento macroeconomico  che avrà come obiettivi:

la riduzione del debito pubblico, il contenimento di pensioni e salari e la riforma dello Stato (art. 7).

Lo Stato membro soggetto al richiamato programma di aggiustamento macroeconomico che non avesse la capacità amministrativa di guidare la transizione verso gli equilibri di bilancio potrebbe essere assistito da personale tecnico messo a disposizione dalle istituzioni europee (art 8).

La lettura dei regolamenti citati dissipa ogni dubbio.

Attraverso il Mes, che è un “trigger”, un tecnicismo giuridico, non una vera e propria misura di sostegno economico, l’Unione monetaria può imporre politiche economiche rigoriste ai paesi che abbiano fatto richiesta di misure di sostegno fino a limitarne la sovranità economica e politica.

Il paese aderente, una volta richiesto l’intervento del Meccanismo europeo di stabilità, si vedrà costretto a siglare un’accordo di intesa

(MOU Memorandum of understanding) con la Commissione europea, la Bce ed il Fondo Monetario Internazionale (Troika) che daranno via al monitoraggio ed alla probabile imposizione di politiche economiche come previsto dai trattati e dai regolamenti citati.

Il caso della Grecia durante la crisi del 2010 ci torna in mente in modo prepotente.

Il programma di aggiustamento macroeconomico messo in opera dalla Troika ha prodotto, in quella occasione, tagli verticali a salari e pensioni, nuove forme di imposizione fiscale e tagliato il debito pubblico di oltre il 50%.

La cattiva notizia è che non esiste un “Mes light”.

Non esistono condizionalità attenuate a meno che non si metta mano alla modifica dei regolamenti richiamati.

Coloro che sostengono il contrario sono come quel banchiere che nel prendere le firme sulla pratica di mutuo al momento di presentare  le clausole di garanzia ed i provvedimenti in caso di morosità ci dicesse di non preoccuparci perché tanto la banca non li userà…!

Il tentativo del Commissario Gentiloni di presentare il Mes come un’iniziativa diretta al finanziamento delle spese sanitarie la cui condizionalità opererà soltanto su l’uso coerente dei fondi, non è credibile e fa il coro con le dichiarazioni dei numerosi politici e dirigenti  che nelle prossime ore cercheranno di presentare agli italiani come vittoria quella che invece è, e resterà, una sconfitta.

Né convinceranno le prese di distanza che anime della maggioranza di governo in italia porranno in essere, con lo scopo di rendere meno pesanti le ricadute di consenso delle politiche sostenute.

Del resto il paese è duramente colpito e le proiezioni su prodotto interno lordo, deficit, reddito ed occupazione non potranno che confermare l’impoverimento del nostro tessuto sociale ed economico.

Le misure di sostegno promesse dal Consiglio europeo, una volta accettato il Mes,  riposano, inoltre, sul bilancio dell’Unione 2021/2027 e prevedono finanziamenti importanti per l’economia comunitaria da spalmare in più esercizi ma senza un’unione fiscale:

lo scontro sulla mutualizzazione del debito dei paesi più in difficoltà non si risolverà facilmente e la parola d’ordine continuerà a rimare con rigore, tagli alla spesa, tasse patrimoniali e riduzione del debito pubblico esistente.

La Germania ha fatto del Mes la sua Linea Gotica, la linea difensiva fortificata lunga oltre 300 chilometri costruita dai soldati tedeschi nell’Italia centro settentrionale alla fine della seconda guerra mondiale con il fine di proteggere la madre patria germanica da una ipotetica controffensiva.

Linee fortificate di ieri fatte di montagne e costruzioni che rivivono oggi nelle parole, nelle normative e negli  atti di indirizzo politico ma la sostanza non cambia.

Sullo sfondo rimangono le macerie di un continente  europeo ancora alla ricerca di una propria identità.

In questi mesi, le riunioni delle assemblee decisionali dell’Unione sono state accompagnate, spesso precedute, da eventi negativi annunciati o temuti:

downgrade del debito pubblico

revisioni al ribasso delle stime economiche

sentenze avverse da parte di tribunali costituzionali ad interventi di sostegno economico già assunti da anni

(i.e. Quantitative Easing).

Campanelli d’allarme che ai malpensanti possono richiamare echi di complottismo ed ai miti  semplici casualità.

Non sorprenda, tuttavia ad entrambi, che la società Moody’s abbia lasciato inalterato il merito creditizio del paese nella riunione, anch’essa svoltasi nella giornata di ieri.

Non si dispiaceranno i miti lettori, se alle coincidenze, i maligni, dai quali ci  dissociamo, ne aggiungeranno un’altra: una data.

Quella dell’8 maggio.

Il Mes è adottato da ieri, 8 maggio 2020 e consegna alla Germania un primato sugli altri paesi.

Settantacinque anni fa un’altro 8 maggio regalava al mondo una speranza di pace: la resa senza condizioni della Germania nazista alle truppe alleate.

Fatti che s’inseguono quasi per caso e che parlano più di mille parole.

Se gli eventi conservano un’anima, se un filo lega i corsi storici, dovremo ricordare, a questo punto, che dopo la capitolazione della Germania

nazista e la fine della guerra, il Mondo dei “giusti” avvio’ un percorso di pacificazione che ebbe inizio con un Processo:

quello di Norimberga.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Marshall oggi più che mai!!

Pandemia Finanziaria, cui prodest?

 




La creatività come compensazione positiva nei momenti di crisi

In un momento di crisi dovuto allo sconvolgimento creato da un virus aggressivo che può non lasciare scampo a chi non rispetta le regole, diviene sempre più impellente la ricerca di una strategia per gestire i vissuti di criticità che accompagnano le persone.

Il termine crisi è legato ai nostri spazi vitali che possono essere compromessi proprio dall’arrivo di un qualcosa che separa.

“Crisi” tradotto dal greco κρίσις indica proprio la separazione che implica anche una scelta.

La crisi inizialmente è vissuta con disagio perché collegata ad una situazione di malessere.

Sono in crisi perché ho perso degli affetti, sono in crisi perché non lavoro, sono in crisi perché ho fatto investimenti  sbagliati.

Una crisi non risolta può sviluppare effetti di grave disagio psichico ma nel  momento in cui si supera ci troviamo di fronte alla rinascita.

La crisi diviene quindi tappa di un processo evolutivo perché è un momento decisivo per attivare il cambiamento.

Nel termine essere in crisi è proprio insito il senso di mutamento e di trasformazione che permette di passare da un’accezione negativa ad una positiva.

La crisi è dunque qualcosa di perturbante che entra nell’esistenza di una persona producendo effetti più o meno gravi, si tratta di un turbamento profondo spesso anche della collettività e della società.

La crisi può altresì riguardare specifici  settori e si parla infatti di crisi dei valori, crisi dell’arte, crisi della letteratura e più in generale crisi esistenziale.

Entrare in crisi significa anche porre termine ad una situazione problematica e avviare un processo di risoluzione che passa attraverso  strategie di problem solving.

Oggi il virus ha creato l’improvviso passaggio da una situazione di  discreto benessere economico ad uno stato di depressione economica che crea nell’uomo stati emotivi quali la paura, l’inquietudine, l’ansia e l’angoscia nei casi più gravi.

La negata libertà di proiettarsi attraverso una progettualità nel futuro ci paralizza. La crisi può però rappresentare anche un’opportunità in quanto strumento necessario ed efficace per promuovere un cambiamento.

Albert Einstein nel suo testo “Il mondo come lo vedo io” dedica molte riflessioni al tema della crisi e la vede come occasione necessaria per il cambiamento. Si ritiene infatti che la creatività sia più  attiva  nei momenti di  elevata difficoltà.

Come afferma Einstein: “La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorgono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato”.

In quest’ottica l’attività creativa può essere considerata life skills, indispensabile per un buon equilibrio psicofisico e per un positivo adattamento all’ambiente.

Per life skills si intendono tutte le abilità di carattere cognitivo, emotivo, sociale che supportano le persone  nel  fare fronte in maniera efficace ed utile ai bisogni ed alle sfide della vita di tutti i giorni.

La creatività viene dunque oggi riconosciuta come un’abilità cognitiva, che può servire alla persona per cambiare il suo punto di vista su una certa situazione e per trovare dunque soluzioni creative ai problemi che gli si  presentano nella vita.

Reagire alla distruzione causata dal Covid-19 significa promuovere un cambiamento dove il processo creativo assume un ruolo di primo piano.

Si tratta di reinventarsi in nuovi ruoli spesso trascurati o sconosciuti.

La “sindrome della capanna” che ci ha accomunato in questi  mesi ci ha permesso di esprimere la nostra creatività in ambiti diversi quali: l’arte culinaria, la pittura, la scultura, il gioco, la scrittura, il  collezionismo e tanto altro.

Non solo i giovani già predisposti in quanto nativi  digitali ma anche gli anziani hanno scoperto che è possibile socializzare creando  eventi con l’aiuto della tecnologia.

L’incontro con l’altro diviene in quest’ottica un processo creativo che ci permette di visitare l’amico e il parente con un semplice collegamento telematico.

L’abbraccio è virtuale ma nel nostro immaginario, se vogliamo, ne possiamo sentire il  calore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sperimentiamo! Dirigente Professori ed alunni per scrivere in modo creativo.

 




Maestra mi manchi…..

“Maestra mi manchi”

“Guarda la mia foto maestra ,mi sono caduti tre denti!”

“Mi scusi maestra, volevamo salutarla, Mattia in questi giorni di quarantena, ha iniziato a mangiare
tutto!”

… e via così.

Viviamo la nostra vita a distanza, maestre, genitori e alunni, ma ci manchiamo.

Il Coronavirus ci ha divisi e, anche se, dal giorno successivo alle parole del Presidente del Consiglio, noi insegnanti della Scuola dell’Infanzia di Castiglione in Teverina, ci siamo attivate per stringerci in un cerchio virtuale e affettivo, con le famiglie, per rimanere uniti, alla Scuola, quella con la S maiuscola manca la sua anima.

Ci manca l’essenza dell’ insegnamento : la presenza.

Ci mancano le bocche “cioccolatose”, gli occhi felici per le grandi conquiste, i disegni bellissimi, gli abbracci altezza ginocchio, le impronte di quelle piccole mani. Ci mancano i sorrisi giganti, per le caramelle, o gli esulti per andare in giardino. Ci manca sfogliare insieme un bel libro.

“Prendete asciugamano e bicchiere, oggi è venerdì e domani non c’è scuola!”, è un po’ che non
pronunciamo questa frase.

Ulisse nel suo viaggio e nel nostro progetto è rimasto all’isola delle Sirene o poco più in là e per
noi, la sveglia non suona più da quasi due mesi, ma stranamente, non siamo tranquilli.

Spesso mi chiedo come si possano sentire chiusi in casa, mi dispiace saperli tristi, ma poi, arriva la foto.

Arrivano le foto della vita quotidiana, dei loro lavori meravigliosi, frutto del grande impegno dei
genitori che, ci seguono e si dedicano a loro con amore.

Si lavora da casa tutti, maestre, genitori e bambini, per portare a compimento la progettazione
annuale, alla quale in questo, seppur, breve anno scolastico, ci siamo tanto dedicati……
dobbiamo ritornare a Itaca!

I nostri telefoni e computer sono incandescenti la sera, perché è così che ci siamo organizzati,
inviando attività didattiche, messaggi vocali, registrazioni video di storie lette da noi.

Abbiamo rivisitato e ridimensionato la nostra progettazione, per permettere alle famiglie di gestirla al meglio.

Siamo entrati nelle loro case, principalmente, per trasmettere vicinanza, non è importante
essere al pari con tutte le attività inviate, ma è importante che esse ci siano, che in un momento
così difficile, la Scuola sia l’ancora a cui aggrapparsi per non mollare.

Sembrava di vivere un film la sera del blocco, cercavamo certezze in famiglia, gli uni negli occhi
degli altri, ma non c’ erano.

Quelle che avevamo si sono dissolte nel nulla, come gli esami di maturità di mia figlia o quelli
all’Università del maggiore.

Metabolizzare i rimi delle nuove giornate e conciliare le proprie esigenze di studio con le circostanze attuali, non è semplice, neanche per loro anche se ormai, sono grandi.

Dopo colazione, ognuno nelle proprie stanze, la nostra vita scandita dai pasti, dai
collegamenti online con la scuola, con i colleghi, con amici o familiari.

Le grandi abilità tecnologiche dei nostri giovani, verso le quali, talvolta, abbiamo espresso criticità,
ci stanno salvando dall’isolamento, permettendoci, di mantenere i rapporti con il mondo e di
continuare a lavorare per non farlo fermare.

Da inguaribile ottimista, voglio pensare che, presto tutto questo finirà e torneremo tra i banchi a
pitturare, nel salone a ballare e a recitare, a cantarci gli auguri per i compleanni, a tornare a casa
senza voce e a desiderare il silenzio, a progettare cose belle da insegnare per entusiasmare coloro
che saranno il nostro futuro.

” Se v’è per l’umanità una speranza di salvezza e di aiuto, questo
aiuto non potrà venire che dal bambino, perché in lui si costruisce l’uomo”.

M. Montessori

 


Anna Lisa Lattanzi
Insegnante Scuola dell’Infanzia-Castiglione in Teverina
IST.OMNICOMPRENSIVO F.LLI AGOSTI BAGNOREGIO

 

 

 

 

 

 

Esame sì, esame no, esame boom…

Educare la Mente, il Corpo e lo Spirito, oggi qualcuno ne è ancora capace?

 




MES, nuova linea gotica tedesca.

Nella riunione dell’eurogruppo, durata appena tre ore, il problema dell’adesione al Mes, che pure aveva rappresentato un fardello ai lavori della Commissione europea negli ultimi mesi, si è risolto agevolmente.

L’oggetto della discordia, il Mes, ha diviso l’europa tra paesi del blocco nordico, fautori della frugalità e del rigore dei conti pubblici, da quelli dell’area mediterranea, alle prese con la recessione economica già da prima che la pandemia divampasse.

Eppure il Meccanismo Europeo di Stabilità ha rappresentato un principio, un articolato normativo, una Linea Gotica, per e della Germania, più che una reale misura di sostegno per i paesi aderenti in difficoltà.

Dopo la riunione di ieri, infatti, grazie al Mes, sarà operativa una nuova linea di credito disponibile dal 1° giugno che potrà essere utilizzata per le spese sanitarie dirette ed indirette a concorrenza del 2% del Prodotto interno lordo.

Per il nostro paese la manovra non dovrebbe superare i 36 miliardi di euro.

Una cifra inadeguata alle esigenze sanitarie del paese.

Perché tanta importanza, allora, a questo strumento il cui dibattito in sede comunitaria era stato inizialmente calendarizzato per il mese di luglio e poi  anticipato bruscamente a fine gennaio scorso e, cioè, al palesarsi dei primi sintomi del Covid 19 in Italia?

Non è facile capirci molto anche perché il gergo della maggioranza  e dei capi di Stato e di Governo dell’Unione è sempre stato smussato dai consulenti della comunicazione per i quali tra verità reali e presunte spesso non c’è soluzione di continuità.

Il regolamento 473/2013 relativo alle “disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro

si occupa della complessa vicenda richiamando nell’articolo 1 che il trattato sul funzionamento dell’Unione europea prevede che gli Stati membri considerino le loro politiche economiche una questione di interesse comune, che le loro politiche di bilancio siano guidate dalla necessità di finanze pubbliche sane che non rischino di compromettere il buon funzionamento dell’Unione economica e monetaria.

L’articolo 1 è già di per sé esaustivo.

I principi richiamati non sono la solidarietà e la promozione sociale economica ed umana dei cittadini soprattutto in contesti di gravi crisi asimmetriche, come qualcuno avrebbe pensato, ma l’equilibrio dei conti pubblici, costi quel che costi.

E’ tuttavia la lettura del regolamento 472/2013, al titolo

sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati Membri nella zona euro che si trovino o rischino di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria” che ci permette una visione più chiara di cosa stia accadendo.

Nel dettato normativo, in sostanza, si attribuisce alla Commissione (art 2) la facoltà di sottoporre a sorveglianza rafforzata uno Stato membro che si trovi o rischi di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la sua stabilità finanziaria.

Il rafforzamento della sorveglianza economica scatta per i paesi che abbiano accettato di beneficiare di assistenza finanziaria a titolo precauzionale da uno o più stati membri o terzi, dal Mes …

o da altre istituzioni finanziarie, come il Fondo Monetario Internazionale, l’FMI (art 3).

Nei casi più gravi il Consiglio, a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, puo’ raccomandare misure correttive precauzionali o predisporre un progetto di aggiustamento macroeconomico  che avrà come obiettivi:

la riduzione del debito pubblico, il contenimento di pensioni e salari e la riforma dello Stato (art. 7).

Lo Stato membro soggetto al richiamato programma di aggiustamento macroeconomico che non avesse la capacità amministrativa di guidare la transizione verso gli equilibri di bilancio potrebbe essere assistito da personale tecnico messo a disposizione dalle istituzioni europee (art 8).

La lettura dei regolamenti citati dissipa ogni dubbio.

Attraverso il Mes, che è un “trigger”, un tecnicismo giuridico, non una vera e propria misura di sostegno economico, l’Unione monetaria può imporre politiche economiche rigoriste ai paesi che abbiano fatto richiesta di misure di sostegno fino a limitarne la sovranità economica e politica.

Il paese aderente, una volta richiesto l’intervento del Meccanismo europeo di stabilità, si vedrà costretto a siglare un’accordo di intesa

(MOU Memorandum of understanding) con la Commissione europea, la Bce ed il Fondo Monetario Internazionale (Troika) che daranno via al monitoraggio ed alla probabile imposizione di politiche economiche come previsto dai trattati e dai regolamenti citati.

Il caso della Grecia durante la crisi del 2010 ci torna in mente in modo prepotente.

Il programma di aggiustamento macroeconomico messo in opera dalla Troika ha prodotto, in quella occasione, tagli verticali a salari e pensioni, nuove forme di imposizione fiscale e tagliato il debito pubblico di oltre il 50%.

La cattiva notizia è che non esiste un “Mes light”.

Non esistono condizionalità attenuate a meno che non si metta mano alla modifica dei regolamenti richiamati.

Coloro che sostengono il contrario sono come quel banchiere che nel prendere le firme sulla pratica di mutuo al momento di presentare  le clausole di garanzia ed i provvedimenti in caso di morosità ci dicesse di non preoccuparci perché tanto la banca non li userà…!

Il tentativo del Commissario Gentiloni di presentare il Mes come un’iniziativa diretta al finanziamento delle spese sanitarie la cui condizionalità opererà soltanto su l’uso coerente dei fondi, non è credibile e fa il coro con le dichiarazioni dei numerosi politici e dirigenti  che nelle prossime ore cercheranno di presentare agli italiani come vittoria quella che invece è, e resterà, una sconfitta.

Né convinceranno le prese di distanza che anime della maggioranza di governo in italia porranno in essere, con lo scopo di rendere meno pesanti le ricadute di consenso delle politiche sostenute.

Del resto il paese è duramente colpito e le proiezioni su prodotto interno lordo, deficit, reddito ed occupazione non potranno che confermare l’impoverimento del nostro tessuto sociale ed economico.

Le misure di sostegno promesse dal Consiglio europeo, una volta accettato il Mes,  riposano, inoltre, sul bilancio dell’Unione 2021/2027 e prevedono finanziamenti importanti per l’economia comunitaria da spalmare in più esercizi ma senza un’unione fiscale:

lo scontro sulla mutualizzazione del debito dei paesi più in difficoltà non si risolverà facilmente e la parola d’ordine continuerà a rimare con rigore, tagli alla spesa, tasse patrimoniali e riduzione del debito pubblico esistente.

La Germania ha fatto del Mes la sua Linea Gotica, la linea difensiva fortificata lunga oltre 300 chilometri costruita dai soldati tedeschi nell’Italia centro settentrionale alla fine della seconda guerra mondiale con il fine di proteggere la madre patria germanica da una ipotetica controffensiva.

Linee fortificate di ieri fatte di montagne e costruzioni che rivivono oggi nelle parole, nelle normative e negli  atti di indirizzo politico ma la sostanza non cambia.

Sullo sfondo rimangono le macerie di un continente  europeo ancora alla ricerca di una propria identità.

In questi mesi, le riunioni delle assemblee decisionali dell’Unione sono state accompagnate, spesso precedute, da eventi negativi annunciati o temuti:

downgrade del debito pubblico

revisioni al ribasso delle stime economiche

sentenze avverse da parte di tribunali costituzionali ad interventi di sostegno economico già assunti da anni

(i.e. Quantitative Easing).

Campanelli d’allarme che ai malpensanti possono richiamare echi di complottismo ed ai miti  semplici casualità.

Non sorprenda, tuttavia ad entrambi, che la società Moody’s abbia lasciato inalterato il merito creditizio del paese nella riunione, anch’essa svoltasi nella giornata di ieri.

Non si dispiaceranno i miti lettori, se alle coincidenze, i maligni, dai quali ci  dissociamo, ne aggiungeranno un’altra: una data.

Quella dell’8 maggio.

Il Mes è adottato da ieri, 8 maggio 2020 e consegna alla Germania un primato sugli altri paesi.

Settantacinque anni fa un’altro 8 maggio regalava al mondo una speranza di pace: la resa senza condizioni della Germania nazista alle truppe alleate.

Fatti che s’inseguono quasi per caso e che parlano più di mille parole.

Se gli eventi conservano un’anima, se un filo lega i corsi storici, dovremo ricordare, a questo punto, che dopo la capitolazione della Germania

nazista e la fine della guerra, il Mondo dei “giusti” avvio’ un percorso di pacificazione che ebbe inizio con un Processo:

quello di Norimberga.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Marshall oggi più che mai!!

Pandemia Finanziaria, cui prodest?

 




Complottismo, o mio complottismo…

Complotto sì o complotto no?

Benché ci muoviamo ancora nel campo delle ipotesi, più o meno comprovate a seconda dell’autorevolezza degli analisti, credo sia opportuno porsi questa domanda, perché è strettamente legata a quello che ci accadrà dopo, ossia dopo la fine dell’emergenza, sia sul piano economico che politico.

Infatti, sulla base dei dati e dell’analisi di cui siamo conoscenza, a mio parere, è urgente comprendere se, dietro tutto questo, c’è un disegno, e di quale disegno si tratta, oppure, se gli sviluppi del capitalismo degli ultimi decenni, lasciati per così dire a briglia sciolta, siano responsabili di quanto sta accadendo. 

In entrambi i casi, ci viene data l’opportunità di mostrare, anche dinanzi a chi è più chiuso nel suo piccolo mondo antico, sperando illusoriamente di salvarsi, che questo sistema non regge, è foriero di morte e di distruzione per l’umanità tutta intera e per la natura stessa, dal cui grembo siamo stati partoriti.

Prima di andare avanti nella direzione tracciata, vorrei soffermarmi brevemente sulla cosiddetta teoria del complotto.

Come è noto, di complotti, è seminata la storia, basta pensare alle attività di Catilina contro il Senato romano, o all’assassinio di Giulio Cesare da parte di un gruppo di congiurati, tra cui il figlio adottivo Bruto.

Chi ha un po’ di sensibilità storica, sa benissimo che le grandi trasformazioni storiche non si realizzano per le scelte politiche episodiche di gruppi più o meno agguerriti; il complotto, se effettivamente viene orchestrato nel segreto, non è che l’ultimo atto di una strategia politica elaborata da una certa forza sociale, forza sociale a cui corrispondono, in termini marxisti, ben precise classi o alleanze tra classi.

Per esempio, il colpo di Stato del Termidoro, termine poi divenuto paradigmatico, con cui furono arrestati e giustiziati RobespierreSaint JustCouthon, rappresentanti della sinistra giacobina, fu attuato da un’altra fazione del Comitato di Salute pubblica che, benché avesse partecipato al Terrore, si opponeva all’estremismo dei sanculotti e faceva gli interessi della nuova borghesia.

Ma torniamo al caso nostro, ossia all’ormai tanto famoso coronavirus, il cui tasso di letalità secondo calcoli sbagliati, forniti dall’Istituto superiore di sanità, è stato individuato nel 5,8% dei contagiati. 

Notizia che inevitabilmente (e volutamente?) ha terrorizzato la popolazione.

In questi giorni, siamo stati inondati dai pareri più disparati, di esperti veri e falsi, di personaggi noti al grande pubblico, di analisti politici, di propagandisti, che ci elargiscono tesi, ci dispensano consigli (vorrei sapere quanto paghiamo gli spot televisivi), e ci invitano ad essere un tutt’uno contro la pandemia, come se fossimo in guerra, contro un nemico comune.

 Ma non è così!

Altro che bandiere italiane ed inno di Mameli, il vero nemico è interno all’Italia ed è rappresentato da individui ben precisi e dagli interessi che essi rappresentano.

Come, per esempio, chi ha emanato lo stato di emergenza nella Gazzetta ufficiale, il primo febbraio per 6 mesi, in seguito alla presa di posizione dell’Organizzazione mondiale della sanità, senza mettere in risalto questa notizia e facendola seguire da misure a singhiozzo e spesso contraddittorie, come ha dimostrato il persistere di attività lavorative in settori non essenziali (armi), la mancata disponibilità di strumenti protettivi che lo Stato stesso avrebbe dovuto distribuire alla popolazione.

Oppure, chi in nome del privato che è più efficiente (in realtà più redditizio), ha chiuso ospedali, strutture sanitarie e dato agevolazioni fiscali a privati.

O ancora, chi ha tagliato i fondi alla ricerca e all’università, facendo sì che – secondo la stessa OMS – oggi ci manchino 50.000 infermieri e probabilmente 45.000 medici, creando così un buco stratosferico che cerchiamo di riempire con aiuti provenienti da “odiati” paesi (Cuba, Cina, Venezuela), che, evidentemente, di fronte alle emergenze, funzionano meglio della “democratica” Italia.

Ma torniamo al nocciolo della questione, cioè al tema principale dell’articolo.

Esistono due tesi fondamentali:

1) “la distruzione sempre più veloce degli habitat”;

2) la costruzione in laboratorio del coronavirus che ha generato l’attuale pandemia, o la sua diffusione voluta o casuale, indipendentemente dalla sua origine.

Questi due tesi, che non credo si escludano reciprocamente, sono sostenute da vari studiosi, esperti, analisti internazionali.

In un articolo uscito su Le Monde diplomatique (Contro le pandemie, l’ecologia, marzo 2020) la giornalista statunitense, di origini indiane, Sonia Shah, scrive: “Dal 1940, centinaia di microbi patogeni sono comparsi o riapparsi in aree in cui in alcuni casi non si erano mai visti prima.

È il caso dell’immunodeficienza umana (Hiv), dell’Ebola nell’Africa occidentale e della Zika nel continente americano.

La maggior parte di essi (60%) è di origine animale.

Alcuni provengono da animali domestici o da allevamento; più di due terzi da animali selvatici”.

Come altri studiosi, la giornalista statunitense ritiene che: “la maggior parte di questi microbi vive al loro interno [degli animali] senza far loro alcun male.

Il problema è un altro: con il dilagare della deforestazione, dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione, abbiamo dato a questi microbi i mezzi per arrivare fino al corpo umano e adattarsi”.

Altri studiosi convergono su questo tipo di riflessione, sottolineando che alcune zone della Cina sono state caratterizzate da questi processi come rapida urbanizzazione, industrializzazione dell’attività agropecuaria, integrazione alle nuove catene del valore sviluppati in maniera accelerata, dai quali sono scaturite le condizioni per la rapida mutazione del virus e per il cosiddetto “passaggio di specie”.

Come scrive il periodico on line Scienzainrete, questo fenomeno “sempre avvenuto, da quando esiste la vita, è favorito principalmente da due fattori”: i ricettori cellulari sono simili in specie diverse e la prolungata vicinanza fra uomini e animali.

Da queste considerazioni, si evince la ragione per la quale la Lombardia costituisce il centro dell’infezione, proprio per il semplice fatto che probabilmente, per la sua intensità industriale, costituisce la regione più inquinata d’Europa.

Si tenga inoltre presente che il contesto descritto negli ultimi decenni ha dato vita ad epidemie che si sono susseguite con maggiore frequenza, come la SARS (2002-03), influenza suina H1N1 (2009), il MERS Covid (2012), l’Ebola (2014-16), lo zika (2015) e il dengue (2016).

Epidemie di cui dobbiamo attribuire tutta responsabilità al capitalismo e alle sue dinamiche distruttive e perverse.

A questo punto, vorrei rispondere alla seconda domanda: il SARS-COVID-2 (Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2), noto più semplicemente come COVID-19, è stato prodotto in un laboratorio, innescandone la mutazione, e poi involontariamente o volontariamente diffuso o disperso, anche nel caso in cui costituisca un organismo non manipolato?

L’ipotesi della diffusione involontaria dei virus non è del tutto scartata dal Bulletin of Atomic Scientists, nel quale si può leggere la descrizione del laboratorio di Plum Island, situato alla foce del Long Island Sound vicino a New York, il cui obiettivo è quello di operare nel campo della bio-sicurezza, altamente sviluppatasi dopo l’11 settembre.

Secondo questo studio, è affare dato che “nessun laboratorio è perfetto”, e dunque che è possibile che gli agenti patogeni delle malattie lì studiate possano in qualche modo sfuggire e colpire gli abitanti circostanti per poi espandersi ulteriormente.

Passiamo invece alla tesi assai discussa della diffusione volontaria del virus.

Come è noto, il presidente Trump insiste nel chiamare il Covid-19 il “virus cinese”, in questo seguito da settori filoamericani, che intendono cogliere ancora una volta l’occasione di demonizzare la Cina, considerando addirittura gli aiuti pervenutici da questo paese una sorta di cavallo di Troia.

Ovviamente tale associazione (Cina/virus) è fortemente respinta dal governo cinese, che nella persona del portavoce del Ministero degli Esteri, Lijan Zhao, in un tweet del 12 marzo, ha accusato gli Stati Uniti di non aver informato il mondo sulle numerose morti lì avvenute, sulla data del ritrovamento del cosiddetto paziente zero, insinuando che sia stato lo stesso esercito statunitense ad aver introdotto il virus a Wuhan in occasione dei giochi sportivi militari tenutosi a in questa città nell’ottobre del 2019.

L’ipotesi formulata dai cinesi è sposata dal giornalista brasiliano Pepe Escobar, il quale scrive che, essendo la Cina oggi il centro dell’economia mondiale, essendo diventata il socio commerciale di circa 130 paesi e avendo firmato solo nel 2019 contratti per la costruzione di infrastrutture per 128 miliardi di dollari, costituisce effettivamente – come ha affermato Trump – la più grande minaccia economica e militare per gli Stati Uniti.

Come si può ben capire, ci troviamo costretti a questo punto a parlare di guerra batteriologica o biologica, ossia di qualcosa di cui, nei tempi della cosiddetta guerra ibrida, bene o male tutti noi abbiamo sentito parlare o visto rappresentare magari in qualche film commerciale.

Ma che dati abbiamo su questo aspetto della questione?

Inevitabilmente ne menzionerò solo alcuni che mi sembrano importanti disposta ad accettare ulteriori informazioni da chi vorrà fornirmele.

La storia ci ricorda vari episodi di guerra batteriologica/biologica, di cui si resero responsabili gli antichi greci, i cartaginesi, gli spagnoli e gli inglesi nel Nuovo Mondo; infatti, sappiamo con certezza che questi due ultimi gruppi scientemente regalarono ad esponenti delle nazioni originarie indumenti appartenuti ad individui infettatati dal vaiolo, che – come è noto – fu una delle più rilevanti cause dello sterminio degli indo-americani.

Ernesto Burgio, medico pediatra, esperto di epigenetico e medicina molecolare, presidente del Comitato scientifico della Società italiana di Medicina ambientale (SIMA), fa notare che vi sono ragioni economiche (rapporto costi/benefici) che fanno delle armi biologiche un utile strumento: “Secondo stime un po’ semplicistiche, ma attendibili, la potenzialità bio-distruttiva di un grammo di spore di antrace è pari a quella di 700 grammi di plutonio da fissione, di 70 chilogrammi di gas nervino, di tre tonnellate di bombe al cluster”.

Detto in soldoni, ciò significa che con un po’ di spore di antrace si fanno fuori milioni di esseri umani a bassissimo costo (V. Armi biologiche e guerra (infinita) al pianeta).

Purtroppo per chi ha intenzione di far uso di tali strumenti di morte, scrive sempre Burgio, le armi biologiche “sono praticamente incontrollabili”, giacché “ogni volta che un microrganismo patogeno comincia a circolare all’interno della biosfera, la durata della sua permanenza in essa e il suo percorso sono assolutamente imprevedibili” (Ibidem).

E quindi è del tutto possibile che il diffusore stesso rischi di infettarsi e di infettare i suoi compatrioti.

Secondo la costituzionalista venezuelana M. Alejandra Díaz, intervistata da Telesur, vi sono delle ricerche, per esempio, quella di uno studioso venezuelano di nanotecnologie che ha tracciato la mappa genetica del virus, arrivando alla conclusione che esso sarebbe il risultato della combinazione di vari virus; mentre dalla ricerca di uno studioso cinese si ricaverebbe che il Covid-19 scaturisce dall’unione di segmenti tratti dall’HIV e dalla SARS.

La Signora Díaz, membro dell’Assemblea nazionale costituente del Venezuela, è convinta – come il già citato giornalista brasiliano – che il virus responsabile dell’epidemia in Cina sia uscito dai laboratori statunitensi, in effetti numerosi a partire dal secondo dopoguerra e moltiplicatisi dopo l’11 settembre.

La costituzionalista latino-americana sostiene che gli Stati Uniti stanno distruggendo il sistema di ordine internazionale da loro stessi creato dopo la Seconda guerra mondiale, e che stanno imponendo uno stato di eccezione mondiale, in cui il diritto viene sospeso e conta solo la forza.

In particolare, secondo questa ipotesi il Covid-19 sarebbe stato creato per colpire la Cina, facendone rallentare l’economia e danneggiando così anche quei paesi, come la Russia e l’Iran, che riforniscono l’ex impero celeste di petrolio e di gas.

Con questo atto, gli Stati Uniti avrebbero attaccato contemporaneamente i loro più acerrimi nemici: la Russia che li sfida sul piano tecnologico-militare e la Cina che li sta surclassando sul piano economico.

D’altra parte, fonti autorevoli, come il giornale Nature Medicine, considerano improbabile che il nostro virus sia il prodotto di una manipolazione fatta in un laboratorio di virus dello stesso tipo, perché tali cambiamenti possono anche avvenire per via naturale.

Inoltre, diversi esperti ci spiegano che è possibile distinguere tra le mutazioni dei virus prodotte in laboratorio attraverso l’inserimento nel genoma di un virus di pezzi del RNA di altri agenti patogeni, e quelle prodotte secondo il principio della selezione naturale, che avvengono in maniera graduale e uniforme.

Da parte sua, il biologo Paolo Massucci, ritiene che l’origine naturale o artificiale di un virus si può desumere, su basi probabilistiche, dallo studio delle sequenze variate di materiale genetico.

L’eventuale presenza, ad esempio, in un nuovo virus, di sequenze provenienti dai virus normalmente utilizzati nei laboratori a scopi di ingegneria genetica, fa propendere per l’ipotesi di una manipolazione umana.

Ma si tratta di un’indagine complessa che non sempre fornisce risultati certi e definitivi.

In ultima istanza, quindi sembrerebbe che, nonostante il dibattito sia acceso, gli epidemiologi e altri studiosi del settore sembrano escludere la produzione artificiale del COVID-19, mentre considerazioni di carattere geopolitico potrebbero suffragare una diversa ipotesi non necessariamente fondata sulla manipolazione del virus, ma più probabilmente sull’idea della diffusione casuale e/o volontaria del virus.

Richiamandomi un’altra volta al Burgio, vorrei aggiungere qualche altra rapida riflessione sulla storia della guerra biologica / batteriologica.

L’eminente studioso ricorda che durante la Seconda guerra mondiale giapponesi e tedeschi sperimentarono gli effetti di agenti patogeni su cavie umane, e che molti di loro furono assoldati successivamente dagli Stati Uniti, con la mediazione di Henry Kissinger e Allen Dulles, per lavorare nei laboratori di quel paese.

Scrive Burgio: “il programma americano per la guerra biologica, partito con un certo ritardo nel 1942, fu in grado di recuperare il tempo perduto nell’immediato dopoguerra, anche grazie alla preziosa collaborazione degli scienziati giapponesi della famigerata Unità 731, che avevano disseminato la Cina di pulci portatrici del bacillo della peste”.

Nel periodo della Guerra fredda entrambe le parti in lotta portarono avanti queste ricerche sviluppando “batteri, virus e tossine sempre più micidiali”, fino al momento in cui Stati Uniti ed Inghilterra presero la decisione di vietare le cosiddette armi dei “poveri” e sviluppare sempre più la guerra tecnologicamente più costosa, promuovendo la Biological Weapons Convention del 1972, per tenere a freno i paesi più litigiosi.

La Convenzione fu poi osteggiata da Clinton e da Bush, osserva Burgio, perché – riassumendo -: “proprio in quegli anni e proprio nei laboratori americani, si stava realizzando la rivoluzione tecnologica che avrebbe sconvolto il mondo della genetica e fornito agli scienziati gli strumenti necessari a trasformare innocui microrganismi in microscopiche bombe intelligenti, più potenti di qualsiasi arma mai costruita”.

Con questa rivoluzione gli scienziati, dotati o no di una sensibilità etica, si trovarono in mano i mezzi forniti dall’ingegneria genetica, con i quali è possibile “modificare e manipolare con una certa precisione il codice stesso della vita”.

Ovviamente queste scoperte trovarono immediatamente applicazioni che garantivano a imprese come la Geniatech, fondata dal premio Nobel Paul Berg, immensi profitti e mostrarono l’impossibilità di opporre ostacoli al proliferare di ricerche in questo campo, in cui per di più non è facile distinguere tra il loro uso difensivo e quello offensivo.

Quali sono le conclusioni che traggo da queste informazioni?

Molto rapidamente vorrei osservare che nessuno nega che il tardo capitalismo sta vivendo una crisi letale, dalla quale si può uscire solo trasformando dalle fondamenta il sistema attuale basato su micidiali conflitti e su strategie distruttive.

Purtroppo, l’unica via di uscita che immaginano i decisori mondiali, è quella di far pagare, ancora una volta, la terribile crisi alle masse popolari, attraverso politiche di austerità draconiana e con l’uso dello stato di eccezione mondiale, come suggeriva la Signora Díaz.

Dunque, il panico suscitato dalla diffusione volontaria o involontaria del COVID-19 sembra risultare assai utile a farci tacere e sottomettere ancora una volta, senza scartare l’ipotesi della guerra ibrida tra potenze.

Almeno avessimo imparato dalla storia…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Italexit?

Trump Presidente: l’america segue Clint Eastwood

Coronavirus, stare dall’altra parte!

 




Esame sì, esame no, esame boom…

Ragazzi, avete il cervello elastico? Usatelo. E soprattutto divertitevi…

Sembra il gioco delle tre carte.

Prendi l’esame, togli l’esame, rimetti l’esame.

Tutti in presenza, Tutti a distanza, ognuno a casa sua.

Noi a scuola, voi a casa, i genitori lì a suggerire.

Voi a casa, noi a scuola” che è giusto così, con quello che paghiamo i prof per stare a casa, almeno li facciamo un po’lavorare “

Tesina scritta, tesina parlata, tesina consegnata, tesina spiegata.

In formato cartaceo, in formato digitale, in formato “Andate tutti a c ….e.

Che intanto chi mi boccia più?!?”

Sorpresa: l’esame di terza media, come già detto è saltato, ma la tesina, almeno quella, potrà (e dovrà) essere discussa con i propri prof, anche se in modalità telematica.

Pensa che ti ripensa, quelli del Miur, si sono detti “Ma vogliamo far vedere che ci pensiamo noi ad affrontare e risolvere i problemi reali di un Paese allo sbando?!?”

Ecco a voi, un piccolo brivido, per mezzo milione di quattordicenni italiani e per le loro famiglie.

Fino a ieri, poveri alunni, tutti convinti – perché così lasciava intendere il decreto scuola emanato il mese scorso – che bastasse consegnare la tesina ai prof, come un qualunque altro compito fatto da casa, e ciao.

E invece no.

Mai dire mai, nella scuola, come nella vita.

Non ci sarà il tema, né i due scritti di matematica e di lingue, perché, quello, oramai, l’avevamo detto e non si può più tornare indietro.

Ma almeno una specie di orale si farà.

E lo si farà prima dello scrutinio finale, non in presenza, ma lo si farà.

Sarà una specie di simulazione dell’orale saltato, che d’altronde anche in tempi normali si fa sempre e solo con i propri prof (in terza media, a differenza della Maturità, non ci sono mai stati i commissari esterni).

Per i ragazzi sarà un modo per mettersi alla prova, ma anche un’ultima occasione per salutare i propri insegnanti, che dall’anno prossimo non vedranno più.

Ma attenzione, quest’idea, vincente, è stata partorita dal basso, non dall’ alto, è nata direttamente dagli addetti al lavoro, che nella scuola ci vivono e ci lavorano, sul serio.

L’istituto Manin di Roma, infatti, aveva già deliberato qualche giorno fa, di far fare comunque l’esame orale a distanza ai propri alunni per non privarli di questo rito di passaggio.

Sin dall’inizio, i professori e la dirigente di questa scuola, hanno detto no alla sola tesina consegnata, ma non discussa, scegliendo, contro corrente, di prevedere, anche per gli studenti più giovani che si preparano alle scuole superiori, un rito di passaggio un po’più formale.

Così, la tesina è diventata una sorta di mini-maturità per dare, anche ai ragazzi più giovani, come a quelli più grandi, l’idea di superare un «reale» ostacolo, forse un po’ più difficile della «semplice» tesina, ma che faccia provare davvero quell’emozione e quel pizzico di sana paura, tipica della notte prima degli esami.

L’idea è stata avanzata direttamente dai professori.

«Sono loro – racconta fiera la dirigente dell’Istituto Manuela Manferlotti – a fare la differenza, a garantire una marcia in più alla nostra scuola, dove la didattica a distanza, pur con tutti i limiti strumentali del caso, sta funzionando».

«Ho accolto di buon grado la proposta dei miei insegnanti perché trovo giusto non far defluire troppo in fretta questo momento di crescita importante, questa emozione – spiega la Manferlotti –

E’un modo per dare maggior concretezza e dignità ad un esame che altrimenti si prospetta completamente anonimo e a distanza».

Applaude l’iniziativa il presidente dei presidi del Lazio Mario Rusconi:

«Mi sembra particolarmente interessante che, pur nel rispetto di tutte le disposizioni normative, durante il periodo della didattica a distanza, si dia impulso a questa sorta di simulazione dell’interrogazione orale, un modo professionale e innovativo di accogliere le giuste aspettative di alunni e famiglie».

Per fortuna che qualcuno l’ha capito ed ha agito di testa propria, dando un input al ministero!

Ma attenzione!

Quanto peserà la discussione della tesina nel voto finale?

Come ha spiegato ieri nell’incontro con i sindacati il nuovo uomo forte del ministero Max Bruschi, già consulente della ministra Gelmini scelto da Azzolina per guidare il Dipartimento del sistema educativo di istruzione e formazione, la tesina sarà il tassello finale di un processo di valutazione «olistica», in cui il consiglio di classe prenderà in considerazione l’intero percorso svolto dagli alunni nel corso dei tre anni.

Ma davvero?!?

Soppesando insieme alle competenze acquisite (leggi: i voti nelle singole materie) anche la maturazione raggiunta (leggi: il giudizio sulla condotta).

Il voto finale, come sempre, sarà in decimi, con anche la lode per i più bravi (e responsabili).

Ma guarda, non ci avevamo pensato, per fortuna che quelli del Miur, ce lo dicono loro, dall’alto…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buona Notte, cara Ministra, vada a dormire, che è meglio…

Riaprire la Scuola

 




La vera Guerra inizia adesso

L’orribile pandemia ha seminato morte e sofferenza ma anche cambiato il nostro dizionario quotidiano, forse, per sempre.

La “Fase Uno” e la “Fase due” ci tormentano da mesi: la prima con il suo carico di ansia e terrore, la seconda con trame intrise di speranza.

La speranza di un ritorno alla normalità, al lavoro, agli aperitivi con gli amici dove trovare il tempo perfino di annoiarsi.

Il Mondo è tornato a vivere, nei parchi e negli spazi pubblici si gioca e si corre forse per dimenticare il confino quella realtà aliena vissuta sin dal giorno della pubblicazione del decreto di marzo sul distanziamento e l’isolamento sociale.

Eppure non stiamo sognando.

La fase due ci permette di pensare che sia tutto finito, ma non è cosi.

Il Virus ancora circola liberamente e nessun vaccino è stato ancora messo a punto nei centri di ricerca.

Cosi’, accanto ai morti, balzano ai nostri occhi i danni economici.

Molti esercizi commerciali, quelli dove per anni abbiamo preso il caffè o mangiato il gelato, non riapriranno più.

Si è perso tempo.

L’emergenza è stata gestita con il ricorso ad un “management by necessity” culminato con decisioni non condivise e nomine di consiglieri economici e staff tecnici senza prestare attenzione alle indicazioni esistenti, si pensi al “Piano Nazionale di risposta a una pandemia influenzale”, operativo già dal 2008.

La debolezza del paese, unita alla opacità degli intenti messi in campo dalla sua classe dirigente, hanno trovato la massima forma espressiva in sede europea.

Cosi’ il tema degli aiuti all’emergenza sanitaria diretti e indiretti ed il sostegno ai sistemi economici sono diventati merce di scambio per l’unica cosa che interessa all’Unione a trazione tedesca:

l’attivazione delle condizionalità previste dal Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) e che consentiranno di imporre ai paesi aderenti in difficoltà “ricette” di politica economica draconiane per ricondurre in equilibrio i conti pubblici. (Art.7 Reg 472/2013).

Una vera e propria usurpazione di sovranità già tristemente sperimentata dalla Grecia per la quale, nella crisi nel 2010, i programmi di aggiustamento macroeconomico imposti dalla Troika (Commissione

europea, Fondo Monetario Internazionale e Banca Europea degli Investimenti) hanno portato a forti riduzioni della spesa pubblica e tasse fino al taglio dei crediti detenuti dal settore privato nella misura di oltre il 50%.

D’altronde i fatti sono sotto gli occhi di tutti.

Dal picco dell’epidemia l’Unione europea si è chiusa intorno alle analisi sugli effetti delle asimmetrie finanziarie piuttosto che sulle cause e sulle misure di sostegno dividendo cosi popoli e paesi.

Il Consiglio d’Europa del 23 aprile scorso alla presenza dei capi di stato e di governo, convocato per superare l’impasse nella quale erano finiti i lavori dell’eurogruppo ha soltanto puntualizzato i termini del dibattito.

Il varo dei Recovery Fund (collegati al bilancio della Unione 2021-2027), la concessione di 540 miliardi euro suddivisi tra il fondo Sure (Support to mitigate Unemployment risck in an emergency),

una sorta di cassa integrazione europea, per 100 md, Mes fino a 240 miliardi per spese sanitarie dirette ed indirette ed un pacchetto di aiuti per 200 miliardi destinati a piccole e medie imprese con l’intervento diretto della Banca Europea degli Investimenti (BEI).

Non c’era bisogno di ribadire, nella riunione, il rifiuto alla proposta italiana incentrata sulla emissione di euro bond (coronabond) o l’intento di spedire in soffitta le condizionalità del Fondo Mes.

A quest’ultimi, infatti, si erano già date ampie risposte con la votazione del parlamento europeo del 17 aprile che sulla “risoluzione sulla azione coordinata della UE per lottare contro

la pandemia del covid19” ha escluso il varo dei coronabond ed esortato i paesi aderenti all’uso del Mes con un’ampia maggioranza.

E’ evidente che la Germania ed i paesi del blocco nordico abbiano fatto diventare il Mes un’autentica “Linea Gotica”.

Negli ultimi mesi la politica italiana si è dovuta confrontare con un forte fuoco di sbarramento sui meccanismi condizionati voluti dall’Unione provenienti dalle opposizioni ma anche da gruppi del Movimento 5 stelle, dentro e fuori del parlamento.

La votazione sull’ordine del giorno presentato dalla formazione politica Fratelli d’Italia il 24 aprile contro l’adozione del Meccanismo Europeo di Stabilità in forma originaria o “light” ha fatto definitivamente chiarezza anche in casa nostra.

Con il voto contrario il governo italiano ha ribadito, questa volta senza alchimie comunicative, la propria disponibilità all’adozione del Mes.

 

La Germania, tuttavia, nonostante la formale adesione dell’Italia ai meccanismi di sostegno evocati, teme uno scollamento del paese reale una volta che le politiche di controllo macroeconomico imposte al paese produrranno i loro effetti.

Timori resi più forti dalla tenuta nei sondaggi di opinione delle opposizioni, Lega e Fratelli d’Italia che rappresentano ancora una problema per la tenuta del governo e potrebbero far esplodere fermenti nazionalisti ed anti europeisti di eccezionale portata.

Non è quindi un caso se dopo tanto parlare le misure di sostegno da varare in sede europea, siano state diluite all’interno di appelli alla solidarietà e molteplici riunioni al momento soltanto convocate creando di fatto uno slittamento progressivo delle decisioni.

Cosi, il 6 maggio si riunirà la Commissione europea per formulare una proposta di funzionamento del Recovery Fund.

Seguirà la riunione dell’Eurogruppo dell’8 maggio per un’ulteriore analisi dei Recovery Fund e l’adozione di nuove misure di credito per i paesi che richiederanno l’attivazione del Mes.

La riunione riprenderà molto probabilmente in seduta comune con l’Ecofin (organismo che racchiude i Ministri delle finanze degli stati membri) il 18 maggio per esaminare le proposte della Commissione europea.

Poi sarà il turno del Consiglio europeo convocato per il 1° giugno per regolare l’erogazione dei 540 miliardi di aiuti discussi lo scorso 23 aprile.

L’11 giugno sarà ancora la volta dell’Eurogruppo e dell’Eurofin per attivare il progetto dei Recovery Fund.

Il 18 e 19 giugno il Consiglio europeo si riunirà per dare il via, ma non prima del 1° luglio, ai fondi di sostegno messi a punto nelle riunioni precedenti ed assistiti, finalmente,

dall’adesione incondizionata dell’italia alla tecnicalità giuridica inserita nelle norme fondative del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes).

Potrebbe sembrare tutto facile oppure la partita non è stata ancora vinta ed i fautori del nuovo ordine europeo si riservano di continuare ad usare a loro vantaggio  la leva degli eventi sfavorevoli, circostanze o casualità che siano.

La situazione economica, del resto, è disastrosa.

Il crollo della produzione industriale, del prodotto interno lordo e dell’occupazione, l’aumento del deficit e del debito pubblico sono ormai dati a tutti noti.

Circostanze gravi ma che non sono sufficienti per sopraffare definitivamente l’opinione pubblica e assicurare un cammino senza ostacoli alla politica rigorista che i paesi del blocco nordico vorrebbero imporre.

In quest’ottica, la recentissima sentenza della corte costituzionale tedesca che ha accolto “parzialmente” i ricorsi contro il Quantitative Easing,

a suo tempo messo in opera dalla BCE guidata da Mario Draghi

e che arriva proprio a ridosso delle prossime riunioni di Commissione ed Eurogruppo non servirà di certo a placare gli animi degli scettici alimentando il sentimento di abbandono delle economie periferiche.

 

Sulla stessa lunghezza d’onda potrebbe essere colto il declassamento del debito pubblico italiano ad opera di Fitch previsto dal calendario ufficiale per il 10 luglio 2020 ma anticipato al 23 aprile scorso

(lo stesso giorno in cui si è tenuta la seduta del Consiglio europeo).

La Commissione europea, il prossimo 7 maggio, si riunirà per fare il punto sulla stima attesa dell’impatto del virus sui paesi dell’unione mentre per il prossimo  8 maggio sono previsti gli aggiornamenti dei rating di DBRS  e Moody’s.

Vale la pena di ricordare che per quest’ultima società di rating il merito di credito del nostro paese è già considerato prossimo al livello speculativo.

Casualità o meno sono ormai diverse le circostanze che irrompono, con cadenza quasi simbolica, nel dibattito di una comunità in lotta con sé stessa e che lasciano presagire un finale senza sorprese.

 

Sun-tzu nell’”Arte della Guerra” afferma che il vero stratega sconfigge il nemico prima ancora di impegnarlo nel combattimento.

In altri momenti dell’opera il generale vissuto nella Cina tra il V ed il IV secolo A.C., ricorda come non sia necessario che i soldati conoscano i fondamenti della strategia preferendo l’ignoranza delle truppe alla condivisione delle informazioni e fa, dell’astuzia e della flessibilità, armi letali.

Alla fine del capitolo II si legge “un comandante intelligente si sforza di sottrarre i viveri al nemico” e ancora “…chi uccide il nemico prova rancore. Chi invece lo prende prigioniero, trae vantaggio dalle risorse dell’avversario”.

Il dubbio è che il dibattito in sede comunitaria si sia cinto delle vesti del generale cinese e che la politica italiana abbia mostrato la debolezza di quei soldati per i quali l’ignoranza è preferita alla conoscenza ed alla partecipazione.

La lotta contro il virus non è ancora vinta.

Ci attende ancora una lunga battaglia ma la comunità sociale ed economica sarà ricostruita con audacia e passione.

Cosi hanno fatto i nostri nonni ed i nostri genitori.

Cosi faremo noi ed i nostri figli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Marshall oggi più che mai!!

Europa: cronaca di una morte annunciata…

Conte ed i fantastici 17

Eurexit

CORONABOND e ITALEXIT: FALSI PROBLEMI

 




SERGENTMAGIÙ, GHE RIVAREM A BAITA?

Vinto il covid 19.

Utopia? No realtà

Gli sforzi degli scienziati di tutto il mondo sono rivolti a trovare una cura per debellare il Coronavirus.

L’Italia partecipa a pieno titolo alla gara e le notizie che arrivano dagli Ospedali di Pavia e Mantova sono più che incoraggianti.

Alcuni pazienti affetti da Covid-19 sono guariti, completamente guariti, in sole 48 ore.

La SORPRENDENTE tecnica che è stata messa a punto in questi ospedali lombardi rimanda alla sperimentazione sull’utilizzo del plasma convalescente nei pazienti critici affetti da Covid-19.

Lo studio, condotto congiuntamente al Policlinico San Matteo di Pavia a partire da marzo, ha visto il coinvolgimento di varie strutture dell’ospedale di Mantova: Immunoematologia e Medicina Trasfusionale, diretta da Massimo Franchini; Pneumologia, diretta da Giuseppe De Donno; Medicina di Laboratorio, diretta da Beatrice Caruso; Malattie Infettive, diretta da Salvatore Casari.

Attualmente è in corso l’analisi de dati raccolti dagli specialisti nell’ambito del progetto e la successiva pubblicazione.

Al servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale del Carlo Poma sta intanto procedendo a pieno regime la raccolta del plasma da pazienti guariti, con un ritmo di 6-7 prelievi al giorno. 

Una gara di solidarietà da parte dei donatori, ormai oltre 60, che si propongono anche da fuori provincia e da altre regioni italiane per offrire il prezioso emocomponente.

Ma anche una proficua collaborazione nella ricerca, infatti, i professionisti dell’ASST ringraziano ufficialmente i colleghi di Pavia, con particolare riferimento al direttore del Servizio Immunoematologia e Medicina Trasfusionale Cesare Perotti e al responsabile del Laboratorio di Virologia Molecolare Fausto Baldanti.
 

La terapia sperimentale, messa a punto al Policlinico San Matteo di Pavia e all’ospedale Carlo Poma di Mantova, consiste nella trasfusione di plasma iperimmune, donato dai pazienti guariti dal Covid-19, e infuso direttamente nelle vene dei pazienti ricoverati.

“I risultati visti nei casi singoli sono stati sorprendenti”, ha detto all’AdnKronos Massimo Franchini, responsabile dell’Immunoematologia e Medicina trasfusionale del Poma.

La terapia risulta però impegnativa, fin dalla selezione dei donatori: “Da 100 potenziali candidati non ne ricaviamo più di 30 adatti – spiega Franchini – Questo perché dobbiamo avere pazienti guariti da almeno 2 settimane e con tamponi negativi, che non abbiamo co-morbidità e siano idonei a donare il plasma.

Insomma, devono essere persone sane, che hanno contratto Covid-19 e sono guarite”.

Per trarre conclusioni certe servirà ancora tempo e un monitoraggio approfondito, ma le notizie sono incoraggianti.

A breve partiranno nuove sperimentazioni multicentriche, alle quali ASST di Mantova intende aderire per potere continuare a utilizzare questa importante terapia antivirale contro il coronavirus. 

Quindi la cura esisterebbe, e avrebbe quasi costo zero.

Ma allora, perché non se ne parla ogni giorno in televisione?

Quali sono i limiti?

Unico limite è che servono donatori, ma con la rete dell’Avis questo è possibile grazie anche all’opera di sensibilizzazione (a Mantova chi esce guarito dall’ospedale dona il sangue con piacere).

Cosa dicono gli “esperti”?

Il noto virologo Burioni, quello che diceva che in Italia il pericolo era zero, ora va in tv (profumatamente pagato) a dire che il plasma ha un limite, e che sarebbe meglio un farmaco sintetizzato.

Chissà perché, ci chiediamo noi di beta press…

Ecco la risposta del Dottor De Donno (pneumologo di Mantova):

“Il Signor scienziato, quello che nonostante avesse detto che il Coronavirus non sarebbe arrivato in Italia, si è accorto in ritardo del plasma iperimmune.

Forse il Prof. non sa cosa è il test di neutralizzazione.

Forse non conosce le metodiche di controllo del plasma.

Visto che noi abbiamo il supporto di AVIS.

Glielo perdono.

Io piccolo pneumologo di periferia.

Io che non sono mai stato invitato da Fazio o da Vespa.

Ora, ci andrà lui a parlare di plasma iperimmune.

Ed io e Franchini alzeremo le spalle, perché….

IMPORTANTE è salvare vite!

Buona vita, quindi, Prof. Burioni.

Le abbiamo dato modo di discutere un altro po’.

I miei pazienti ringraziano”

Ed in ultimo, aggiungiamo noi di betapress, non sarà che, ancora una volta bisognerà speculare su questa scoperta e trasformare una donazione democratica e gratuita in un farmaco sintetizzato da una casa farmaceutica?!?

Ai posteri, l’ardua sentenza.

Una buona notizia, certa, che è arrivata ufficialmente dall’ospedale di Mantova, è che i morti per Covid-19 sono azzerati da quasi un mese.

E viviamo in Lombardia, epicentro dell’epidemia.

Ripeto AZZERATI.

Anche soggetti quasi dati per spacciati, trasportati a Mantova sono guariti.

Nessun miracolo, semplicemente a Mantova come ripetiamo (e a Pavia) hanno utilizzato e testato il plasma iperimmune (ricavato dal sangue dei guariti).

La fase di test è ultimata e la relazione che uscirà a breve sarà sorprendente e, noi di beta press, ve l’abbiamo detto per tempo, senza andare in televisione…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Calo dei contagi???

 




COVID-19 – cronologia di una pandemia

Mentre ci apprestiamo a vivere la fase 2, proviamo a riprendere le fila si questi due mesi scarsi di quarantena proponendo un diario cronologico di questo periodo senza precedenti.

Prima della quarantena

Tutto inizia a Wuhan, una cittadina cinese, il 31 dicembre 2019.

Il 1 gennaio 2020 viene chiuso il mercato di Wuan e i contagiati vengono messi in quarantena.

Il virus viene riconosciuto subito come molto pericoloso e contagioso.

In Italia, nello stesso periodo, si sono verificati molti casi molto aggressivi di polmonite.

Il 7 gennaio 2020 il virus ha un nome: “2019-nCOV” per noi Covid-19.

Il 9 gennaio 2020 viene comunicato il primo caso ufficiale di decesso e l’Organizzazione Mondiale della Sanità conferma lo stato di epidemia.

Noi intanto stiamo a guardare e sentiamo che ci dicono che in Italia non sarebbe arrivato.

Il 17 gennaio il Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) dice che bisogna stare attenti perché il virus potrebbe arrivare presto in Europa.

Intanto in Cina aumentano i numeri di casi ma fino ad oggi è impossibile capire l’ammontare della differenza tra i numeri dichiarati e quelli reali.

Covid nel resto del mondo

Il 21 gennaio arriva il primo caso di contagiato negli Stati Uniti d’America.

Ma ancora noi in Italia non ci sentiamo in pericolo: i numeri parlano di 316 casi nel mondo e 6 decessi confermati.

Chiusura du Wuahn

Il 22 gennaio il governo cinese chiude Wuahn e mette in quarantena i suoi undicimila abitanti e a seguire viene chiusa quasi tutta la provincia di Hubei (siamo a circa 60 milioni di persone), pare che il virus abbia un periodo di incubazione durante il quale può essere asintomatico ma infettivo.

Arriva l’obbligo in Cina di indossare le mascherine.

In tv noi vediamo immagini di persone con le mascherine e dentro tute di plastica ma ci sembrano realtà lontane, in più i media ci rassicurano.

Il 23 gennaio si viene a sapere che il capodanno Cinese a Pechino non verrà festeggiato e che in Cina chiudono gli aeroporti.

lo stesso giorno viene posata la prima pietra dell’ospedale Ospedale Huoshenshan  dedicato ai malati di Coronavirus che verrà ultimato in 11 giorni.

In Italia guardiamo questa cosa con stupore e pensiamo con ironia che noi in Italia non saremmo in grado e invece ad aprile dimostreremo il contrario: Milano, Bergamo e Napoli dimostrano l’eccellenza.
Ad Aprile, a Napoli, il reparto Covid viene costruito in 30 ore.

L’OSM espande il livello di allerta

Nei giorni seguenti il virus dilaga in Cina, i numeri sono sempre falsati ma il 26 gennaio l’OSM espande il livello di pericolosità “molto alto” del virus al resto del mondo.

Il mondo chiude i confini con la Cina.

I casi in tutto il mondo crescono.

Il 30 gennaio l’organizzazione mondiale della sanità dichiara il Covid-19 un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale.

Il primo febbraio la Cina ammette di aver affrontato la gestione dell’epidemia in modo inadeguato, intanto arriva il primo caso di decesso Covid riconosciuto fuori dalla Cina, nelle Filippine.

Il contagio dilaga.

Il 5 febbraio arriva la notizia della Diamond Princess: una nave da crociera con a bordo 35.000 persone tra cui una trentina di italiani, la nave è in quarantena per via di alcuni casi di Covid.

L’8 febbraio pare che i contagiati a bordo della Diamond Princess siano una sessantina.

Il 12 febbraio il virus viene battezzato Covid-19,  e fa paura.
La fiera internazionale di telefonia Mobile World Congress e il Gran Premio di Cina di Formula1 e il salone del mobile di Pechino non si terranno.

Intanto il governo cinese accetta di annoverare tra i contagiati Covid-19 che gli asintomatici in coerenza con i criteri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Seguire i numeri non è facile.

Nel mondo dilagano i contagi.

Il Covid-19 arriva in Italia

La notte tra il 21 e il 22 febbraio (ma questo verrà fuori dopo) ad Alzano Lombardo muore una donna ricoverata per scompenso cardiaco una decina di giorni prima che potrebbe aver contratto il Covid in ospedale.

Il 21 febbraio viene riconosciuto ufficialmente il paziente uno, è della provincia di Lodi.

Covid-19 è arrivato in Italia.
Il focolaio si ingrossa in pochissimo tempo: la provincia di Lodi è in isolamento.

Il 22 febbraio il governo cinese ammette di aver barato sui numeri .

La psicosi degli assembramenti

L’Italia si mette in allerta: la prima cosa da fare è “evitare gli assembramenti”; a nord vengono chiuse le università e le scuole, vengono annullate le manifestazioni legate al carnevale ed eventi sportivi.

In Giappone si guardano le Olimpiadi di Tokyo 2020 e se ne valuta l’annullamento.

Il 28 febbraio viene pubblicato il Report of the WHO-China Joint Mission on Coronavirus Disease che annuncia che il virus ha origini animali.

La situazione peggiora sempre più, nel nord Italia i casi di Covid-19 aumentano; il 3 marzo il governo italiano annuncia che, per contenere il virus, potrebbe istituire zone rosse.

Detto fatto, l’8 marzo l’Italia intera è zona rossa.

La stessa notte avviene la grande fuga dal nord Italia verso il sud.

Le regioni sono in allerta.

Il resto del mondo inizia ad adottare le misure italiane.

Inizia così la Fase 1

L’11 marzo viene dichiarata la pandemia.

I canali di comunicazione danno indicazioni chiare e continue sulle misura da adottare:

  • si deve stare a casa,
  • bisogna lavare bene le mani,
  • bisogna mantenere la distanza di sicurezza di almeno un metro tra le persone.

Tv e giornali non parlano di altro.

In Europa si pratica crudo ostruzionismo nei confronti dell’Italia, l’America de l’Inghilterra criticano l’Italia e poi la apprezzano.

Le notizie false si mescolano a quelle vere, le notizie vere vengono modificate da un giorno all’altro.

Il morale delle persone cambia da un giorno all’altro.

L’Italia è frammentata: ogni comune ha la propria storia del coronavirus, c’è chi ha visto portar via per sempre cari e conoscenti e chi lamenta di non potersi godere le giornate di sole.

Le aziende chiudono, altre si convertono, nessuno ha idea di cosa sarà il futuro.

Il mondo si ferma.

Tutti sono angosciati per qualcosa che non conoscono.

Regole della fase 1

Chiusura di tutti gli esercizi commerciali non di prima necessità

Chiusura di tutte le attività non legate alla gestione dell’emergenza 

Impossibilità agli spostamenti inter-regionali e intra-regionali salvo per motivi inderogabili.

Arriva l’autocertificazione a giustificare gli spostamenti.

Sospensione di tutti gli eventi e le competizioni sportive

L’Italia scopre lo smart working e le lezioni on line.

Sono sospese le celebrazioni religiose e tutti i tipi di ritualità di gruppo.

Gradualmente chiudono gli esercizi ristorativi 

Gradualmente chiudono tutte le attività salvo quelle di prima necessità come alimentari, edicole, tabaccherie, farmacie e parafarmacie

È consentito il trasporto delle merci ma sospeso il trasporto di persone

Il mancato adeguamento alle dette indicazioni comporta sanzioni.

 

La risposta degli italiani.

 

Gli Italiani, intanto attraversano diverse fasi.

Immediatamente vengono organizzati fash mob dai balconi: si canta e si balla per sentirsi più vicini, è il book di conferenze on line e di attività di aggregazione attraverso la rete.

Nascono gruppi facebook e canali telegram.

I super mercati non fanno in tempo a ripristinare le forniture di farina, lievito e carta igienica.

Gli imprenditori entrano in sofferenza mentre il governo adotta una serie di azioni in sostegno della categoria ma nulla può veramente sostituire l’esercizio lavorativo.

Chi vive nelle zone tartassate dalla pandemia ha paura ad uscir di casa e piange gli affetti falciati dal virus.

Chi ha la fortuna di vivere nelle zone meno colpite, in parte rispetta il dolore dei connazionali più colpiti un po’ non crede che il pericolo sia reale.

Inizia una gara di solidarietà per sostenere chi combatte il virus e chi è stato penalizzato da questo.

C’è chi vorrebbe far competere nord e sud in una gara di efficenza e mortalità ma di questo non parleremo perché siamo tutti italiani e rimandiamo ad un articolo del nostro direttore.

La giostra dell’informazione

Intanto circolano le notizie più disparate e si fatica a star dietro alla verità:

  • il virus può essere o non può essere propagato dagli animali domestici
  • il virus è uno o sono tanti
  • la cura esiste o non esiste
  • negli ospedali salvano i più giovani a favore dei più anziani o no
  • il virus è stato creato in laboratorio o viene da salto di specie
  • la vitamina C previene il contagio o lascia il virus indifferente
  • bere bevande calde protegge o non protegge

Insomma, non sono stati giorni facili neppure per l’informazione.

Il DPCM del 26 aprile 2020

E così il 26 aprile siamo arrivati al DMPC 26 aprile 2020 con cui il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha annunciato l’inizio della fase 2 a partire da oggi 4 maggio 2020.

La redazione di betapress vi augura una fase con più libertà e rispetto e meno invasione delle idee e degli spazi degli altri, con più affetto e meno indifferenza; con un po’ più distanza fisica rispetto a prima della pandemia ma molta più vicinanza affettiva.

 

Fonti

OSM Report del Covid-19 

Wikipedia

Piano Nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale

Misure del Governo sul tema di Covid-19

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus, stare dall’altra parte!

Cura a Casa il covid 19, forse sì!