L’Immobiliare trema, terremoto covid…

TANTA PAURA SULLE SORTI DEL MERCATO IMMOBILIARE.

QUESTA VOLTA SAPPIAMO COSA FARE

 

In molti si stanno chiedendo se e come cambierà il mercato immobiliare ed il terrore inizia ad impadronirsi di molti investitori e di molte persone che lavorano nel settore.

I dati però parlano chiaro: l’italiano è proprietario della casa in cui abita, quando non lo è fa di tutto perché ciò si realizzi.

Circa l’80% nelle aree a media e bassa densità, il dato statistico scende al 70% nelle città metropolitane.

Questo dato è lampante, può succedere di tutto nel nostro Paese, ma l’italiano vuole tutta per sé la sua casa.

 

Giovanni Pascoli così esprimeva questo concetto ne Il Focolare “non li scalda il fuoco, ma quel loro soave essere insieme”

La famiglia, mura e tetto solidi, il focolare, sono tutte immagini made in Italy che ci rassicurano.

Il mercato immobiliare subisce dei cambiamenti poiché tutto risponde all’economia globale.

Il fallimento della Lehman Brothers nel settembre del 2008 ci ha insegnato tanto, stravolgendo il vecchio sistema che vedeva prima un’inarrestabile crescita della richiesta e dei prezzi.

Da lì, la grande sofferenza del mercato immobiliare nelle modalità conosciute.

Il denaro non è stato più concesso con superficialità e la frenata della richiesta n’è stata l’immediata conseguenza.

Qual è la verità?

A distanza di anni la risposta è semplice, il mercato era drogato e gonfiato.

Eppure, nonostante il tracollo e la chiusura di tante aziende del settore, in molti hanno costruito la loro ricchezza sulle macerie dello scoppio della bolla immobiliare (negli USA già dal 2006!) facendo affari d’oro.

Il perché è presto detto: hanno capito che dal quel momento avrebbero dovuto fare i conti con una nuova realtà senza invece attendere una ripresa così come loro la desideravano.

Nulla sarebbe stato come prima!

Oggi siamo nella stessa condizione, non sappiamo quel che accadrà nel post COVID-19 ma sappiamo, appunto, che nulla più sarà come prima.

Per vendere e comprare case si dovrà saper leggere la scena, ossia osservare il mercato, le tendenze, le esigenze.

Centrare questi elementi sarà fondamentale.

Certo non credo si possa vendere tutto quel che si compra.

Le regole ci sono e sbagliare la ricetta potrà portare molti a rovinose cadute.

Le case però continueranno anche dopo questo nuovo grande “terremoto” ad essere un bene richiesto e oggetto di un business molto interessante.

L’italiano saprà starci dentro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Marshall oggi più che mai!!

 

Andrà tutto bene! Parte quarta

 




Il 3D del Covid

La fase del primum vivere non si è ancora consumata a giudicare dalle migliaia di vittime che la pandemia ci ha costretto a contare ma tutti i paesi pensano alla Fase II, al ritorno alla normalità.

Una normalità, purtroppo, divenuta concettuale.

Una proiezione nel futuro di un mondo che conoscevamo prima che il virus colpisse l’umanità intera.

Il problema è che finora l’approccio della comunità scientifica e politica è apparso lento ed imbrigliato nelle maglie della burocrazia pre Covid.

La ricerca di un vaccino che dovrebbe essere la principale soluzione alla pandemia sconta la complessità dei protocolli sanitari non più attuali in tempo di guerra.

Eppure, la ricerca ed il buon senso di ricercatori e medici hanno già delineato trattamenti che potrebbero sopraffare il virus e restituirci la normalità.

Il punto non è di secondaria importanza perché, senza la messa a punto di una cura e di terapie preventive che possano impedire il rischio di contagio, la Fase II potrebbe scontare paurose miopie  concettuali.

La sensazione, infatti, è che si guardi alla riorganizzazione del sistema con le cifre interpretative del mondo pre Covid ma senza un vaccino efficace si dovranno ridisegnare le modalità di convivenza sociale ed economica.

In questi giorni si sta affrontando la questione della riapertura delle attività, dei servizi pubblici e dei lavori divisi sulla base:

del più o meno elevato livello di contatto fisico

dell’esposizione al rischio di contagio.

Pensiamo ad esempio ai trasporti pubblici.

Ipotizzare di aggiornare la rete attuale ed i modelli di servizio esistenti scaricando i costi della prevenzione sui gestori o sugli utenti renderà il trasporto collettivo non più sostenibile.

Le società gerenti dovranno diluire il costo della prevenzione nei propri bilanci spesso già dissestati o scaricarlo sul costo del biglietto:

il che renderebbe privo di senso il principio di economicità alla base dei mezzi di trasporto collettivo.

La situazione non cambia per il trasporto aereo per il quale i costi operativi e conseguentemente il prezzo delle tariffe lieviteranno notevolmente cancellando dal dizionario la parola “low cost”.

Un ragionamento analogo riguarda il mondo della sport, della formazione e del tempo libero a cui si guarda con soluzioni vittime della stessa miopia.

Se si tratta di un complotto o di incidenti sfuggiti alla macchina del controllo potremmo pensare che il gioco è andato al di là di ogni limite e tra non molto si tornerà alle nostre abitudini.

Se così non è, se il virus, invece, esiste si dovrà accettare l’idea di un regime di convivenza reso più precario dai focolai di ritorno e dall’esistenza di pazienti asintomatici.

In questa situazione occorre immaginare scenari nuovi, forse visionari.

Non  sarà sufficiente, infatti, aggiornare leggi e regolamenti ai paradigmi del distanziamento sociale o del corretto uso dei dispositivi individuali di protezione.

Il modello economico post moderno si è evoluto attraverso transizioni economiche che hanno innescato dinamiche sociali.

Dall’agricoltura, all’industria e poi al terziario fino all’avvento dell’era digitale intere categorie di lavoratori hanno abbandonato le campagne e le periferie,

creando centri urbanizzati e polarizzati nei quali sono stati concentrati servizi e centri di convivenza sociale.

Il pianeta è divenuto globale ed ha offerto ad ognuno di noi la chance di vivere come cittadino del mondo.

Il Covid19 ha cancellato ogni certezza, aprendo per milioni di persone le porte alla paura della morte ed all’isolamento sociale.

Il paradigma del mondo post pandemico dovrebbe essere letto con le cifre delle “3 D”:

destrutturazione, de-globalizzazione e digitalizzazione all’interno di una rappresentazione grafica circolare che unisca i tre vettori in modo continuo ed aperto.


Il distanziamento sociale dovrà diventare la conseguenza di una ridefinizione dei modelli di produzione ed offerta piuttosto che il risultato di limitazioni alla libertà individuale
.

La destrutturazione dovrebbe riguardare la definizione organizzativa della convivenza civile ed il sistema dei servizi amministrativi a disposizione di cittadini ed imprese.

In questa direzione giocherà un ruolo fondamentale  la capacità dei governi di  rendere più sicura la mobilità dei fattori della produzione

(merci, capitale e lavoro) agendo sulle leve della flessibilità e della minore burocrazia.

Cittadinanza digitale e open government, temi già inseriti nei programmi di riforma della Pubblica  Amministrazione, rappresenteranno la stella polare di un progressivo processo di destrutturazione.

 La de-globalizzazione è un processo complesso.

Non è facile, infatti, convertire al localismo l’immaginario di diverse generazioni di individui.

Eppure il modello civile ed economico dell’era del post Covid dovrà basarsi sulla valorizzazione delle  periferie e ridisegnare  il profilo urbano,

economico e produttivo su basi di dispersione piuttosto che di concentrazione.

Nuovi presidi amministrativi decentrati e servizi commerciali di prossimità  vedranno rifiorire gli ambiti distributivi che i grandi centri commerciali hanno costretto a chiudere.

Chi è cresciuto negli anni settanta e ottanta (..quando non esistevano internet e gli smartphone ed il sogno di molti giovani era la carta inter-rail delle Ferrovie dello Stato)  troverà l’approccio visionario …

più sopportabile e forse anche più credibile.

Del resto nulla potrà essere immaginato come prima.

L’ultimo paradigma, la terza “D”, riguarda la transizione digitale, la digitalizzazione.

Un processo in atto che la pandemia ha accelerato creando una discontinuità per imprese private e la pubblica amministrazione.

Non si tornerà indietro su questo.

Le giovani generazioni viaggeranno forse di meno ma saranno protagoniste di un’era nella quale l’innovazione tecnologica  diventerà il

collante ed il fluidificatore di un sistema meno globale e strutturato che continuerà a comunicare ed a socializzare.

La destrutturazione e la de-globalizzazione, del resto, non potrebbero affermarsi al di fuori di un mondo digitale e connesso

perché il distanziamento sociale unito alla rottura di una coscienza collettiva globale, riporterebbero l’umanità all’età della pietra

La transizione digitale non si limiterà allo smart-working o alla formazione ed al commercio “on line” che trovano un formidabile campo di applicazione in questi mesi.

Le innovazioni si estenderanno alle applicazioni scaricate sui nostri telefonini  che semplificheranno le nostre giornate fino alla gestione dei processi relativi allo sviluppo dei “Big Data “ e della “Computer Vision”

che renderanno possibile il controllo di veicoli autonomi, la video sorveglianza anche nell’ambito della medicina preventiva oltre ad una sempre maggiore interazione tra uomo informazioni complesse e computer.

Il virus, se non sarà vinto da un vaccino, imporrà nuovi stili di vita ma anche nuove speranze.

L’unica cosa da fare è continuare a vivere accettando i  cambiamenti che inevitabilmente definiranno le nostre vite ma senza  rinunciare alla nostra umanità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus: andrà tutto bene?

Conte ed i fantastici 17

 




La sottomissione di Gregge

Ormai credo non sia più discutibile: ci sono cose che palesemente non vanno.

Ci sono dati che palesemente sono falsi e siparietti che sembrano costruiti ad hoc.

Eppure se ci si pensa bene siamo arrivati qui da un lungo cammino pre costruito:

sanità azzerata da folli rincorse a pareggi di bilancio senza scopi definiti, scuola distrutta negli anni da mancanza di fondi ed incompetenza, politica sempre più dei cani arrabbiati e non dei signori, industrie e posti di lavoro persi, ricerca inesistente, università ridotte alla stregua di licei, profondità di pensiero del paese lasciate in mano ad orde di ignoranti dichiarati.

Un popolo che non sa né leggere né scrivere, è un popolo facile da ingannare.”
CHE GUEVARA

Eccoci qua, popolo ignorante, senza ossatura industriale, in mano ai titanici sforzi della nostra PMI che più di tanto non può fare, sotto il controllo di uno stato di polizia fiscale perché altro non gli rimane.

Ed ecco che ingannarci è uno scherzo da bambini, basta dire quattro cavolate davanti ad un microfono et voilà il gioco è fatto.

Siamo lì, pronti a berci tutto purché sia una cosa momentaneamente rassicurante e che ci dica che siamo al sicuro, che tutto è a posto, che andrà tutto bene.

“Le masse sono abbagliate più facilmente da una grande bugia, che da una piccola.”
ADOLF HITLER

Eppure nonostante anni di storia non impariamo mai.

Bugie enormi, raccontate perché ormai non abbiamo più la memoria storica, bugie infinite che si perdono in rivoli di fake news, abbaglio di menti povere.

Siamo solo l’ombra di un popolo, appendiamo le bandiere alle finestre per coprire con la loro ombra le nostre mancanze.

Ci danniamo per capire chi ha inventato il MES ma non ci preoccupiamo del perché c’è.

Ci lamentiamo che il nostro paese dovrebbe ricevere quintali di miliardi di euro per parare il colpo della pandemia, ma non ci rendiamo conto che la pauperizzazione del nostro paese, perpetrata negli ultimi decenni, ci ha resi inermi di fronte a qualsiasi crisi.

Siamo una famiglia senza risparmi e con debiti con gli strozzini sia europei che mondiali.

Non avendo più un tessuto industriale in grado di reggere i colpi di un mercato asfittico e paranoico cadiamo come il colosso dai piedi d’argilla.

Ma ancora non ce ne stiamo accorgendo, ancora siamo stati messi in un bozzolo di sicurezza a suon di DCPM.

Il Popolo stava forse rendendosi troppo conto dell’imbecillità del suo governo ed allora ha giocato facile la paura, la pandemia, che forse poteva essere affrontata prima e meglio, ma magari farlo prima non era utile.

“Al popolo non resta che un monosillabo per affermare e obbedire. La sovranità gli viene lasciata solo quando è innocua o è reputata tale, cioè nei momenti di ordinaria amministrazione.”
BENITO MUSSOLINI

Cosa governa le masse? la Paura, la paura del diverso, dell’immigrato, della crisi, della pandemia.

No, certo che non sono uguali, è uguale solo il modo in cui vengono usate, puntualmente e spregiudicatamente.

Oggi non c’è più un governo italiano, oggi c’è un governo ombra che non ha interesse verso il popolo, ma cura altri interessi, che accetta la distruzione sistematica del tessuto produttivo a favore di potenze che non hanno a cuore il nostro paese e la nostra gente.

I fatti di quello che vi dico sono davanti a tutti voi, sono nella perdita della grande impresa italiana, nella distruzione dei marchi italiani, nella distruzione della scuola italiana, che oggi più che mai ha dimostrato la sua inadeguatezza (si difende solo perché il personale della scuola ha ancora una sua dignità), nei 2400 miliardi di debito pubblico, nella sanità mancata.

Sono nella banale mistificazione dei fatti: prendete subito 600 euro ma per farlo dovete richiedere il codice inps per accedere alla domanda, codice che vi viene dato se vi va bene dopo un mese (?!?!?! ma che c…o).

E nemmeno è più rimasta la dignità perché un governo per prendere decisioni nomina task force ad minchiam di gente che di certo voti non ne ha presi, perché per affrontare quelle problematiche noi abbiamo messo al governo delle persone, abbiamo votato delle persone che devono loro risolvere le cose, non affidare ad altri la responsabilità di risolverle.

Ma la piantiamo di passar sopra la sovranità del popolo????

Certo che un popolo gregge…

“Il popolo non è organizzato; perciò l’espressione della sua volontà è una mistificazione, perché i suoi organizzatori, i suoi mediatori – i partiti – hanno perso il contatto con il popolo.”
ADRIANO OLIVETTI

Io vedo un percorso pericoloso verso la sottomissione di gregge, utilizzando la paura e la preventiva distruzione di ogni risorsa dello stato.

L’uso criminale dei mezzi d’informazione, la mancanza assoluta di onestà intellettuale, non aver dato al popolo la possibilità e gli strumenti per leggere correttamente anche i media è l’atto criminoso più vigliacco dell’ultimo secolo.

“La nuova fonte di potere non è il denaro nelle mani di pochi, ma l’informazione nelle mani di molti.”
JOHN NAISBITT

Il fumo negli occhi, le risse tra politici, le continue polemiche, i battibecchi che portano molto lontano dalla verità, la facilità con cui la nostra attenzione ormai vaga su mille argomenti senza approfondirne nemmeno uno, l’iracondia che leggiamo in tutte le comunicazioni.

 

“Si dominano più facilmente i popoli eccitandone le passioni che occupandosi dei loro interessi.”
GUSTAVE LE BON

Da questo periodo usciremo forse avendo sconfitto il covid (ma a caro prezzo e poi non ne sono così sicuro), ma pagando un tributo altissimo sull’altare della nostra sovranità nazionale… infatti il duro colpo che è stato dato alla PMI è forse l’attacco peggiore al nostro paese degli ultimi anni.

Per ora aiuti non ce ne sono!

La cassa integrazione non è un aiuto è solo un palliativo, perché la produzione è ferma immobile, posticipare i pagamenti delle imposte non serve ad una mazza di niente perché le aziende prima o poi le dovranno pagare ed ora che non guadagnano nulla non possono certo accantonare.

La possibilità di ricevere prestiti agevolati è solo un modo per mettere ulteriori cappi al collo degli imprenditori, non dico nulla del contributo dei 600 euro perché è offensivo.

lo stato riceverà mille e mille miliardi dalla CE (balle) e comunque anche se fosse mica li regalano, li rivogliono (giustamente direi), quindi cosa abbiamo risolto?

Forse dobbiamo pensare a nuovi modi di supporto alle imprese, ricapitalizzazione con partecipazione dello stato, ti metto dei soldi ma poi parteciperò ai tuoi utili, utilizziamo il patrimonio artistico che possediamo per creare fondi di investimento per finanziare il capitale delle imprese.

Oppure facciamo cose strepitose, usciamo dell’europa che non ci ha aiutato manco per scherzo e creiamo una nuova unione italia-cina, la comunità Italina o Cinaliana.

Ma no, continuiamo a lamentarci dei governi, di conte, di salvini, di zingaretti, della meloni, di grillo, di dimaio, ma si dai andiamo avanti così!

Ma io vi esorto amici italiani, incominciamo a lamentarci di chi ha votato in tutti questi anni, incominciamo a lamentarci di noi, della nostra dignità, della dignità del nostro Paese.

“Il primo bene di un popolo è la sua dignità.”
CAMILLO BENSO, CONTE DI CAVOUR

Questa credo che un poco l’abbiamo persa, primo passo verso la sottomissione di gregge.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Conte ed i fantastici 17

Coronavirus, italiano addio, etica addio, riprendiamoci il paese, Avanti Savoia!

 




il silenzio degli innocenti … e dei colpevoli.

La strage degli innocenti, anziani, però…

Anziani, spesso con diverse patologie e non autosufficienti, ricoverati in strutture al massimo della loro capienza, con familiari e visitatori che entrano ed escono dall’edificio tutti i giorni.

Gli elementi per rendere le Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) dei moltiplicatori del contagio c’erano tutti.

Ora, un’ indagine nazionale sul contagio COVID-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie realizzata dall’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, fotografa la situazione all’interno delle strutture.

Su un totale di 4629 Rsa in Italia, di cui 2166 contattate dall’Iss, 577 hanno risposto alle domande, il 24% sul totale delle strutture nel Paese.

Secondo la ricerca, su 44.457 residenti (in 572 strutture, al 1° febbraio 2020) fino alla data di compilazione del questionario (tra il 26 marzo e il 6 aprile) i morti sono 3.859, l’8,4% (nel calcolo del tasso di mortalità sono stati compresi i nuovi ingressi dall’uno di marzo).

La Lombardia, con 1.822 decessi calcolati da febbraio, è in assoluto la regione che ha registrato più morti nelle residenze, a grande distanza da tutte le altre regioni.

Il Veneto è seconda per numero di morti (760).

La Lombardia è anche la regione che in Italia presenta la maggiore concentrazione di case di cura per anziani (677), seguita sempre dal Veneto, che ne ha 521.

La percentuale di decessi sugli ospiti delle strutture in Lombardia è del 47.2%, quella del Veneto del 19.7%.

A livello nazionale, dei 3.859 soggetti deceduti, 133 erano risultati positivi al tampone e 1.310 presentavano sintomi simil-influenzali.

 Il 37.4% dei morti aveva i sintomi del Covid-19.

Il tasso di mortalità fra i residenti, considerando i decessi legati al Covid-19, è del 3.1% a livello nazionale, ma sale fino al 6.8% in Lombardia.

«Da un ulteriore approfondimento, risulta che in Lombardia e in Liguria circa un quarto delle strutture (rispettivamente il 23% e il 25%), presenta un tasso di mortalità maggiore o uguale al 10%», spiega il rapporto.

 

Il caso Lombardia 

In Lombardia, il 51.3% di coloro che erano positivi al Covid-19 e che presentavano sintomi, è morto.

Al 6 aprile, in Lombardia risultano ancora 163 positivi al Covid-19 (risultati da tampone) nelle strutture del territorio.

Nella regione, il 49,7% dei deceduti è morto tra il 16 e il 31 marzo.

L’assessore alla Sanità della Regione Lombardia, Giulio Gallera, in conferenza stampa ha dichiarato di aver diffuso un primo documento di linee guida destinate alle Rsa del territorio il 23 febbraio, indicando alle strutture di limitare fortemente gli accessi dei visitatori esterni.

Una seconda comunicazione l’8 marzo, per bloccare totalmente le visite dei parenti e prescrivere che tutti coloro che avevano una sindrome simil-influenzale fossero isolati, a prescindere dal tampone.

In alcune strutture la chiusura però è arrivata tardi: il quotidiano di Pavia La Provincia Pavese scriveva il 21 marzo «chiuse da oggi le Rsa Pertusati e Santa Croce».

A Milano sta facendo discutere il caso del Pio Albergo Trivulzio, la più grande residenza sanitaria assistenziale d’Italia, dove secondo un’inchiesta di Repubblica si è registrato un numero di morti anomale e i contagi non sono stati comunicati.

Il Trivulzio in una nota si è giustificato dicendo che su un totale di 1.012 persone all’interno della struttura, a marzo si sono registrati 70 decessi, in linea con quelli dell’anno precedente.

La procura di Milano ha aperto un’inchiesta mentre il viceministro alla Sanità Pierpaolo Sileri ha annunciato di avere mandato gli ispettori.

Anche la direzione regionale ha voluto istituire una commissione esterna di controllo, annunciata all’inizio di questa settimana.

 

Tamponi e mascherine: le Rsa senza protezioni 

Secondo l’Istituto superiore di sanità, le Residenze sanitarie assistenziali «sono strutture importanti e fragili nella dinamica di questa epidemia. Oltre alle misure in essere è molto importante adottare una speciale attenzione nella prevenzione e controllo».

Ma i problemi sono molti, in Lombardia e non solo.

Secondo la ricerca dell’Iss, a livello nazionale (547 Rsa rispondenti) l’85.9% delle strutture ha riportato la mancanza di Dispositivi di Protezione Individuale, mentre il 17.7% ha riportato una scarsità di informazioni ricevute circa le procedure da svolgere per contenere l’infezione.

L’11.9% segnala una carenza di farmaci, il 35.1% l’assenza di personale sanitario e l’11.3% difficoltà nel trasferire i residenti affetti da COVID-19 in strutture ospedaliere.

E’ evidente che le Rsa non erano preparate a gestire l’emergenza, le Rsa sono luoghi dove si accolgono persone anziane non autosufficienti e pluripatologiche, non sono ospedali.

Pensare che il Covid-19 non potesse entrare lì è stato l’errore più grave. Bisognava cominciare a preparare molto prima i gestori su cosa fare quando il contagio sarebbe arrivato.

Ma fino a due settimane fa, lo sguardo di Regione Lombardia, è andato solo in direzione degli ospedali, dopo quasi un mese e mezzo che il contagio era avviato», dice Valeria Negrini, presidente di Confcooperative-Federsolidarietà, l’ente che unisce 1200 cooperative che svolgono servizi nel terzo settore, tra cui l’ambito delle Rsa, nel territorio lombardo.

Nelle Rsa della cerchia di Confcooperative-Federsolidarietà, i problemi ricalcano quelli sollevati dall’Istituto superiore di sanità.

«Le consegne di mascherine e dispositivi di protezione stanno migliorando, ma non in maniera sufficiente. I tamponi sono ancora limitati, ci si è concentrati sui casi sintomatici e non c’è stato tracciamento dei potenziali positivi.

Solo dieci giorni fa si è iniziato con le ATS che hanno iniziato a chiedere alle strutture quanti tamponi avessero bisogno per avviare un primo screening di casi sintomatici, paucisintomatici e di contatti a rischio di queste persone», spiega Negrini.

Anche per il personale sanitario si riscontrano problemi simili a quelli degli ospedali.

«Non è così chiaro se il test sia estendibile a tutti gli operatori», dice Negrini.

«Le ATS chiedono la lista dei paucisintomatici da tamponare, ma ufficialmente solo il personale che rientra dalla quarantena va tamponato per essere sicuri che non sia più contagioso».

Secondo il sondaggio Iss, su 560 strutture sul territorio nazionale, il 17,3% ha dichiarato una positività per SARS-CoV-2 del personale della struttura. In Lombardia questa percentuale sale al 34.6%.

Anche l’isolamento costituisce un problema per molte strutture:

se a livello nazionale il 47% delle Rsa dichiara di poter disporre di una stanza singola per i residenti con infezione confermata o sospetta, o stanze dove poter mettere più di una persona (30%), il 24.9% dichiara di avere difficoltà nell’isolamento dei residenti affetti da Covid-19.

L’operazione è difficile soprattutto per le strutture più piccole (a livello nazionale, la media è di 80 posti letto a struttura).

«Nelle strutture con 40 o 50 posti spesso non ci sono gli spazi per riorganizzare», spiega Negrini.

Negrini denuncia inoltre come non sia stato fornito il personale medico adeguato a trattare i casi di Covid.

«Pneumologi e infettivologi sono figure fondamentali.

La Regione deve dire alle ASST (Aziende socio sanitarie territoriali, ndr) di fornire consulenza specialistica e personale specifico alle Rsa, e deve stabilire che vada fatta per tutto il territorio lombardo».

Nell’indagine dell’Iss, su 568 strutture che hanno risposto alla domanda, il 63.9% dice di non aver ricevuto una consulenza ad hoc per la gestione clinica e/o di prevenzione e controllo per COVID 19.

 

Negrini: «La Regione ha sbagliato a usare le Rsa per i pazienti Covid»

Negrini definisce inaccettabile la richiesta da parte di Regione Lombardia alle Rsa di accogliere pazienti Covid-19 per alleggerire la pressione sugli ospedali:

una questione sollevata anche dal vicepresidente del consiglio regionale lombardo Carlo Borghetti e dal capo delegazione Pd in commissione sanità Gian Antonio Girelli.

L’assessore Gallera, in conferenza stampa il 7 aprile, ha detto:

il numero di pazienti Covid positivi trasferiti in Rsa è stato «limitatissimo», 150 pazienti spostati in 15 strutture

le persone sono state collocate in palazzine e padiglioni separati, con personale dedicato e solo su disponibilità delle singole Rsa

questa scelta «ha salvato delle vite».

Ma per Negrini «la richiesta in sé aveva una logica sbagliata.

Qualche Rsa si è contagiata per aver accolto pazienti Covid».

Regione Lombardia, peraltro, ha chiesto disponibilità alle Rsa ad accogliere pazienti non classificati come Covid (ma potenzialmente positivi, provenendo dall’ospedale), il che potrebbe rappresentare un’ulteriore fonte di contagio all’interno delle strutture.

La situazione è ancora critica.

«Il tampone viene fatto solo in alcuni casi.

Le morti sono attribuite al coronavirus solo se risulta un tampone positivo.

Che ci sia una sottostima nel numero di morti è indubbio», ha detto Giovanni Rezza dell’Iss.

G.V., un infermiere di una residenza privata convenzionata a Cinisello Balsamo, racconta che un intero piano della Rsa in cui lavora è diventato un reparto Covid.

Ci lavorano 6 infermieri, un medico e operatori assistenziali (OSS e ASA), per 109 ospiti ed hanno cominciato a fare i tamponi ai pazienti soltanto a partire da questa settimana.

Per il momento ne sono stati selezionati 8, nonostante il numero dei sospetti sia molto superiore.

Tutti sono risultati positivi, e quattro di questi sono già morti.

I dpi inizialmente erano «inesistenti», dice G.V.

Avevano solo mascherine chirurgiche usa e getta che hanno tenuto per due giorni di fila.

Ogni settimana muoiono 3-4 persone, ma nessuno è ancora stato portato in ospedale, in parte perché i familiari si sono opposti, in parte perché la direzione sanitaria ha ritenuto che intubarli fosse inutile.

Lo stesso G.V. ha probabilmente contratto il Covid una decina di giorni fa. Con la febbre a 37,5, è stato mandato a casa e messo in isolamento fiduciario per 14 giorni.

Nel frattempo, un’altra sua collega si è ammalata.

Facevano già turni da 12 ore.

Lui dovrebbe tornare al lavoro alla fine di questa settimana: sarà tra i primi a cui viene fatto il tampone.

Nel frattempo, la struttura è stata segnalata all’ATS.

«A questo punto, al rientro mi aspetto di tutto», dice.

E noi di betapress con lui, perché la strage degli innocenti, anziani, continua, ora dopo ora, giorno dopo giorno…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Calo dei contagi???

I Conte non tornano… sapevamo già tutto dal 2006.




Conte ed i fantastici 17

A pensar male si fa peccato ma spesso  ci s’indovina.

Lo diceva uno che di politica e accordi di palazzo se ne intendeva.

Giulio Andreotti, un politico che ha attraversato oltre mezzo secolo di attività parlamentare ed istituzionale nei momenti più difficili della storia contemporanea del nostro paese, deve aver pensato male molte volte a giudicare dalla longevità della sua carriera.

E pensare male, oggi, purtroppo, è facile perché non mancano paradossi ed incompetenze a tutti i livelli amministrativi e di governo.

Così la decisione di dotare l’apparato politico di un team per la fase II costituito da 17 tecnici guidato dal manager Vincenzo Colao suscita qualche lecita perplessità.

È evidente che il mondo post covid sarà diverso da quello che abbiamo lasciato e che la società dovrà convivere con il distanziamento sociale, lo smart working e la de-globalizzazione.

È altresì facile da immaginare che via via che l’epidemia rallenterà la sua devastante corsa la riapertura delle attività diventi un soggetto di attualità che presupponga competenze e capacità manageriali non di poco conto.

Questo spiega gli intenti nobili alla base del gruppo tecnico che annovera:

top manager, economisti, sociologi, una psicologa ed uno psichiatra, un fisico, uno specialista del lavoro, un’avvocato, un commercialista ed un esperto di disabilità.

Perché pensare male, allora?

Il Governo fino ad oggi ha operato nel quadro dell’emergenza con lo strumento dei decreti legge che hanno  limitato la dialettica parlamentare.

Il Premier Conte ha esercitato con abilità le leve della comunicazione e la difficile partita in Europa con la consapevolezza che non sarà, tuttavia, possibile procrastinare all’infinito la chiusura delle piazze e le decisioni politiche fondamentali.

Le misure di sostegno all’economia  ed il nodo degli aiuti comunitari che è stato rinviato al Consiglio Europeo convocato per fine aprile sono ancora allo stato iniziale ben coperti da una sorta di segreto istruttorio.

La nomina di un super manager ed un team di esperti nasconde, per questi motivi, obiettivi ben più ampi del miglioramento dell’azione dell’esecutivo.

Vi sono almeno due strategie che possono riposare nell’intento di cementare il governo mettendolo al riparo dai giudizi dell’opinione pubblica, dai conflitti interni e dall’opposizione parlamentare.

La prima riguarda la tenuta e la popolarità dell’esecutivo di fronte all’agenda delle prossime scadenze.

L’emergenza virale è divampata in un quadro economico mondiale già in buona parte recessivo.

Le misure di sostegno verranno alla fine prese con o senza adesione al Meccanismo Europeo di Stabilità.

Il paese vedrà venire alla luce nuove tasse, una patrimoniale e tagli alla spesa pubblica ed alle pensioni.

Si tratterà di decisioni impopolari che colpiranno un sistema economico indebolito ed un quadro sociale instabile generando conflitti e vuoti di consenso che potrebbe essere più conveniente scaricare su una squadra di tecnici piuttosto che sul premier ed i suoi uomini.

Conte andrà al prossimo Consiglio d’Europa con le spalle più forti e sarà facile pretendere dal super manager Colao ed i suoi economisti una “moral suasion” sull’ineluttabilità delle decisioni da prendere in sede comunitaria, anche se assistite da ipotesi rigoriste.

Un modus operandi che troverà applicazione per tutte le manovre che si abbatteranno sui risparmi di famiglie ed imprese e che dovranno comunque essere assunte.

Si può pensare ad un modo politically correct di togliere le patate dal fuoco ad un governo segnato dall’insicurezza e travolto dalle emergenze delle ultime settimane.

C’è poi un secondo obiettivo non meno importante.

La necessità di portare a termine la legislatura con un governo “politico” e procedere all’elezione del Presidente della Repubblica in un quadro di maggiore stabilità.

Negli ultimi tempi, infatti, l’ipotesi di un ribaltamento di Conte in favore di un governo tecnico stava prendendo piede.

L’idea era quella di riconciliare l’azione politica intorno ad una figura di ampio respiro internazionale in grado di far contare di più l’italia in europa e sui mercati internazionali.

Una scelte dovuta alla luce del degenerare della situazione economica e delle scelte necessarie per il rilancio dell’economia.

È evidente che un governo tecnico avrebbe ri attualizzato le dinamiche politiche già in atto nel paese ed evidenziato lacune e ritardi nelle azioni assunte negli ultimi mesi.

Non è chiaro di chi sia stata la decisione di nominare una squadra di specialisti guidata da un manager già noto al mondo della finanza internazionale da affiancare al governo in carica, né i ruoli che verranno distribuiti per dotare il nascente team di poteri e ovviamente di centri di decisione e responsabilità.

Alcuni hanno già immaginato ad una polizza assicurativa offerta a Conte dal Quirinale.

Non è altre sì da escludere che l’iniziativa abbia messo d’accordo Partito Democratico e renziani   molto più disponibili ad una manovra economica a guida europea e certamente più spaventati di un ritorno di consenso negativo durante la Fase II.

Per capirci, quella, cioè, che dovrà misurarsi obbligatoriamente con le nuove regole della vita sociale ed economica ma anche con le maggiori tasse ed imposte.

La cosa certa è questa:

il Premier dovrà fare, ancora una volta, buon viso a cattivo gioco e confrontarsi con un un corpo tecnico che potrebbe rivelarsi utile per appannare la responsabilità delle scelte impopolari, ma anche fornire il profilo del prossimo Presidente del Consiglio e la lista dei nuovi ministri.

La politica è l’arte del possibile, ma le risposte non mancheranno ad arrivare e, come spesso accade, anche le sorprese.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus, italiano addio, etica addio, riprendiamoci il paese, Avanti Savoia!

Coronavirus: l’Italietta, come al solito…

CORONABOND e ITALEXIT: FALSI PROBLEMI




Parma? of course…

 

Parma è da sempre un punto di riferimento per la politica nazionale ed in questo momento possiamo davvero ben sperare. Facciamo un passo indietro: abbiamo avuto qualche problema giudiziario finito per la gran parte nel nulla, un commissario prefettizio paragonabile al governo tecnico nazionale e poi la prima esperienza dei 5Stelle al governo di un capoluogo di Provincia, gli stessi che sono finiti al Governo dell’Italia.

A Parma l’esperienza è durata ben poco perché si sono dissociati da soli dal MoVimento formando una lista civica e ripresentandosi, vincendole, alle elezioni, in Italia vedremo…

 

Oggi però vorrei parlare di calcio perché negli ultimi anni il Parma, che a cavallo degli anni ’90 era uno dei club più forti in Italia ed in Europa, era arrivato fino al baratro della serie D per poi compiere uno straordinario percorso che lo ha riportato, con quattro promozioni in quattro anni, a giocarsi un posto in Europa. 

 

Venerdì il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha fatto una conferenza stampa dove prolungava le misure restrittive al 3 maggio, poi ha parlato di MES:

un tema molto dibattuto e attaccando alcuni esponenti dell’opposizione e, visto il modo, se n’è attirato, inevitabilmente, le critiche. 

 

Per fare chiarezza il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) non è altro che un fondo europeo al quale possono attingere gli stati che si trovano in situazioni di difficoltà.

Esiste dal 2011/2012!

Giusto per fare chiarezza sulle date:

è stato approvato dal Parlamento Europeo nel marzo 2011 – con relatore il nostro attuale Ministro dell’Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri, che allora era Parlamentare Europeo – poi approvato dal Consiglio Europeo (l’insieme dei capi di Stato e di Governo) due giorni dopo (Governo Berlusconi IV).

Nel dicembre 2011 lo stesso Consiglio Europeo (Governo Monti) ha deciso di anticiparne l’entrata in funzione da metà 2013 ad inizio 2012.

Infine è stato ratificato dai singoli stati, in Italia nel 2012, (Governo Monti), con l’astensione o il voto contrario di quasi tutto il centro-destra.

Senza addentrarsi nei tecnicismi che ci allontanerebbero dal cuore del discorso, un conto è permettere alla banca di prestare soldi, un altro è andare a stipulare il prestito.

Ad oggi il Governo italiano non ha chiesto alcunché. 

 

Ma torniamo alla conferenza stampa dove il Presidente del Consiglio ha “invitato a verificare” come erano andate le cose sul MES, lasciando spazio alla confusione tra istituzione e richiesta di soldi, e poi la domanda più semplice quella sulla “potenza di fuoco”:

i soldi che dovrebbero arrivare che ha trovato una risposta indefinita e tutta al futuro.

Ma io questa scena l’ho già vista!

 

E come un lampo diventa tutto più chiaro: ve lo ricordate quel signore, comparso dal nulla, che comprò il Parma Calcio con un Euro?

Quello che convocava conferenze stampa un po’ a caso, invitava i giornalisti ad andare a verificare circa le sue attività e dei soldi che avrebbe dovuto dare a calciatori e dipendenti non c’era traccia?

Il Presidente Conte non era certamente un esponente di spicco della politica prima della nomina, sui ritardi in conferenza Facebook (ehm stampa) ormai ci abbiamo fatto l’abitudine…

l’invito a verificare i propri dati c’è e dei soldi, dai 600 euro ai 400 miliardi, non c’è traccia.

Nessuno vuole naturalmente paragonare Mapi Group a SACE se non per il fatto che tutto ciò ci fa ben sperare…

se l’Italia seguirà ancora una volta l’esempio di Parma, o meglio in questo caso “del” Parma, può essere che tra qualche anno saremo nuovamente tra i grandi della terra! 

 




Eurexit

Alla fine il nemico ha svelato il suo vero volto.

Come i migliori film dell’orrore, quegli che ci tengono incollati alle poltrone fino alla fine, anche il conflitto comunitario sembra avere trovato il suo epilogo.

Le ultime riunioni dell’Eurogruppo,  chiamato ad intervenire sull’emergenza sanitaria ed i rischi economici diretti, sembrano voler assumere posizioni condizionate all’adozione del Meccanismo Europeo di Stabilità, il MES.

Lo strumento, cioè, al quale il Regolamento Europeo n. 472/2013 affida le regole per rinforzare le modalità di sorveglianza sul bilancio pubblico dei paesi membri alle prese con difficoltà nel rispetto dei parametri di stabilità.

Infatti l’adozione del Mes impone ai paesi aderenti che ne facciano richiesta, con parametri di bilancio non in ordine, di adottare  il “Programma di Aggiustamento Macroeconomico”.

Programma messo a punto dalla Commissione Europea dalla Bce e dal FMI per il ripristino dell’equilibrio nei conti pubblici

Un intervento regolato da intenti rigoristi e che privano il paese assistito di ogni residua sovranità economica e quindi anche politica.

È accaduto alla Grecia nel 2009 che ha visto adottare nel triennio successivo tagli verticali alla spesa pubblica e nuove imposte fino alla rinegoziazione del debito con un taglio di oltre il 53% al crediti detenuti dal settore privato (Haircut).

Il Premier Conte tranquillizza il paese sostenendo che sarà il Consiglio Europeo a sigillare le decisioni definitive.

Eppure, un senso di amarezza affiora e le parole non convincono più.

Non è questa l’europa che abbiamo studiato da ragazzi nei libri di scuola.

 

Non è questa neanche l’europa sognata dai padri nobili di un progetto così importante.

 

L’Unione Europea nasce da lontano ed ha radici profonde nei valori della pace, della libertà e della cooperazione.

Valori che grandi uomini politici hanno immaginato e realizzato con dedizione ed impegno:

Altiero Spinelli, Alcide De Gasperi, il francese Jean Monnet, il tedesco Konrad Adenauer, il lussemburghese Joseph Beck ed il belga Paul H. Spaak, tra i più citati.

Uomini che hanno condiviso paure prima che sogni di grandezza.

La Guerra ha segnato molti di loro unendoli in una visione di pace e di libertà .

La paura dei conflitti bellici e della distruzione non è l’unica pietra angolare delle motivazioni  dei padri fondatori.

Beck e Spaak comprendono il senso  di vulnerabilità dei loro rispettivi paesi chiusi tra potenze militari, la perenne condizione di soggiogamento e l’importanza dei principi di sostegno reciproco.

L’europa non nasce su progetti complessi ma su sentimenti reali, pietre d’inciampo dell’umanità uscita dalla guerra:

pace, libertà, cooperazione e tutela di tutti i paesi soprattutto di quelli più esposti al rischio d’invasioni e soprusi.

Queste sono le fondamenta.

Nella riunione dell’Eurogruppo, l’Unione Europea ha toccato il suo punto di minimo ed il suo cuore ha cessato di battere.

Le contraddizioni, per anni nascoste da una diplomazia astuta e da un’opinione pubblica distratta, sono esplose all’improvviso come la Pandemia che ne ha fornito la base d’innesco.

Capire nel profondo come si è arrivati a questo punto è importante.

L’Unione Europea è rimasto un progetto incompiuto e nomade.

 

È stata realizzata l’Unione Monetaria e con essa ci si è dotati di istituzioni farraginose e regolamenti  complicati.

L’Unione politica, intesa come sovranità condivisa, non è, forse, mai entrata nelle agende dei paesi aderenti.

Un punto non secondario perché il dibattito sull’unione “politica” dell’Europa avrebbe dovuto risolvere nodi centrali.

Ad esempio la condivisione di sovranità nelle sue espressioni rilevanti, un progetto unico di finanza pubblica, un’idea comune di politica estera e di sicurezza esterna.

Questioni irrisolte che hanno caricato l’unione monetaria di effetti collaterali di cui, oggi, alcuni paesi mostrano di volersi avvantaggiare.

Un’Europa a sovranità ridotta, senza un bilancio ed un sistema di finanza pubblica comune con un sistema di cambi fissi, ha lasciato che fossero i singoli paesi a reagire alle fasi recessive facendo ricorso all’unico strumento rimasto:

l’innalzamento dei livelli di indebitamento pubblico.

Il collocamento del debito nazionale sul mercato europeo ed internazionale a tassi via via più elevati se da un lato ha reso più agevole la provvista per i paesi finanziariamente più fragili dall’altro ha fornito

ad alcune economie, Germania in testa, un formidabile strumento di crescita e di cooptazione progressiva di sovranità a danno dei sistemi periferici.

È evidente che la necessità di completare l’obiettivo di un’europa politica, in questo contesto, ha perso di portanza.

Le politiche espansive della Bce dal 2008 in risposta alla grave recessione mondiale sono state utilizzate in modo abile dai paesi del blocco nordico.

Paesi che ne hanno usufruito per proteggere industrie e banche nazionali lasciando che fossero le economie periferiche ad assumerne oneri e  responsabilità.

Il Mes nasce, in questo contesto, con il peccato originale di perseguire un sistema di aiuti asservito al controllo economico e politico di alcuni stati a danno di altri.

Un controllo di natura immediata posto in essere attraverso automatismi giuridici maturati all’interno di situazioni di emergenza asimmetriche e gravi per le popolazioni coinvolte che richiederebbero, al contrario, una visione condivisa, uno slancio solidale.

L’europa è caduta ma ora occorre rifondarne i contenuti e l’impianto fiduciario anche con l’avvio di una fase costituente che aggiorni e semplifichi istituzioni e meccanismi di funzionamento.

L’italia può dare impulso ad un confronto politico ampio che sul piano nazionale sia in grado di rimettere in moto l’economia e di riportare nei confini del paese la titolarità del debito pubblico.

Sterilizzando, altresì, la dipendenza dallo “spread” (differenziale di rendimento tra il titolo di stato italiano con scadenza decennale ed il suo corrispondente tedesco) vera arma in mano alla speculazione estera.

Cosa ci attende adesso?

L’europa continentale ha bisogno di una struttura istituzionale e di politiche condivise capaci di resistere alle pressioni geopolitiche in atto e mantenere pace e stabilità.

Per questo sarà importante non lasciarsi sedurre da intenti secessionisti privi di progettualità.

L’idea di un’Unione europea nella quale si specula su sistemi impositivi ingiusti e s’impongono sacrifici ai più deboli, potrebbe finire per sempre.

Certamente dalle sue ceneri dovrà costruirsi un soggetto politico capace di riscrivere i contenuti del quadro costituente aggiornandoli ai bisogni delle comunità locali.

Helmut Kohl, cancelliere tedesco fino al 1998, nel dibattito finale relativo all’adozione della valuta unica, non esitò a sostenere che il

“Futuro” avrebbe visto nascere una “Germania europea e non un’Europa germanica”.

Son passati oltre 20 anni, ma le decisioni dell’eurogruppo  avrebbero deluso anche lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pandemia Finanziaria, cui prodest?

Piano Marshall oggi più che mai!!

 




Buona Notte, cara Ministra, vada a dormire, che è meglio…

 

Un mio caro amico, che mi conosce molto bene, quando la sera straparlo, non mi asseconda, anzi, mi dice: “Vai a dormire che è meglio…”

Stasera, mentre Lei stava parlando in diretta, sulla gestione della scuola, in questo periodo di emergenza, avrei voluto gridarle in faccia anch’io lo stesso consiglio, vagamente perentorio.

“MINISTRA, VADA A DORMIRE CHE E’MEGLIO”.

Perché, mi creda, Lei stasera non stava parlando, ma stava straparlando!

Certo, che avrebbe detto di tutto e di più, ce lo potevamo pure immaginare… 

Perché, del resto, Lei stessa, aveva già deciso di perdere credibilità, davanti al Paese, quando, ieri sera, ha scelto di andare da Fazio a “Che tempo fa”, per parlare delle novità della scuola, prima ancora che il decreto fosse firmato.

E lo ha pure anticipato su fb, annunciando che di esami di Stato, valutazione, didattica a distanza e del nuovo decreto Scuola ne avrebbe parlato in un salotto televisivo.

Salotto televisivo, non aula di Parlamento, perché è proprio quello che le importa, apparire, non agire.

Dunque, ancora una volta, ha scelto la tv prima del Parlamento, per trattare documenti non definitivi, assecondando il solito strascico di polemiche.

Polemiche esaltate ancor più dalle sue dichiarazioni di stasera.

Infatti, come dicevo, Lei, stasera ha superato sé stessa, e pure ogni altro limite politico di questi giorni.

E le spiego pure il perché.

DIDATTICA A DISTANZA

In diretta, non ha mai avuto il coraggio di pronunciare la parola “obbligatoria” riferito alla DAD.
La chiama “chiave di volta”, “non opzionale” e quindi???

Altre polemiche ed incomprensioni.

La FORMAZIONE A DISTANZA OBBLIGATORIA, o vivamente proposta, se non imposta, è nettamente incongrua rispetto ai tempi che stiamo vivendo.

Siamo di fronte ad una delle pagine più tristi della nostra storia.

Siamo impegnati, almeno noi cittadini (voi politici non so…) in una riflessione personale e sociale che richiede tempi di elaborazione lunghi per poter fare scelte di senso.

Di fronte al cambiamento non si può agire in modo precipitoso.

Le risposte devono essere giuste.

Una scuola giusta richiede un tempo lungo, fatto di confronto e di dialogo significativo, teso a valutare vantaggi e svantaggi di ogni scelta.

Scelte, che comunque, devono essere utili a preservare la tutela dei diritti per tutti.
Non mi sembra questo il momento di compiere scelte precipitose e di vantare competenze inesistenti.

Questo è il tempo del dolore e della solidarietà sociale.

 

Bene, Lei e tutto il suo entourage, per tutto rispetto, avete sparato fuori un missile LA DIDATTICA DIGITALE, una sorta di panacea di tutti i mali, con una leggerezza vergognosa, uno strumento palesemente anticostituzionale, antidemocratico nella scuola italiana dei nostri giorni.

Ma lo vuole capire che La DIDATTICA A DISTANZA NON E’ PER TUTTI?!?
Chi come ROSOLINO CICERO, Segretario di Ancodis, ha curato il rilevamento dei dati relativi al possesso di dispositivi adeguati per svolgere la DaD, ha fatto un’amara scoperta, peraltro prevedibile, ma ora certificata in un report al Miur.

La maggior parte degli alunni è privo di dispositivi digitali, o se li ha, essi non sono adeguati, oppure non ha una connessione efficace alla DaD.

La rilevazione nazionale la deve fare riflettere su una triste realtà: quanti alunni rischiamo di avere in dispersione digitale?

Alunni che, invece, eravamo riusciti a tenere – con grande fatica e professionalità – dentro le aule quasi TUTTI i giorni.

Credo che questi alunni – che hanno soltanto la sfortuna di nascere in certi contesti sociali e familiari – sono le VITTIME innocenti della scuola di questo momento.

E questa la sento come una “sconfitta” per tutta la scuola italiana.

Altro che compiaciuto orgoglio!

Viceversa, per gli altri, per gli eletti, per i maghetti informatici, credo che si stia agendo in modo INCOSCIENTE.

Molti docenti, responsabili e competenti si stanno facendo in quattro per portare la lezione ai propri alunni su un piatto d’argento, fin dentro casa.

Viene però ignorato un altro aspetto della questione, ovvero il disimpegno e la negligenza di molti alunni che, pur avendo supporti notevoli, non riconoscono il sacrificio e la dedizione dei docenti.

Perché, non dimentichiamolo, altri alunni, non in fascia debole sul piano informatico, purtroppo, nonostante l’aiuto che ricevono, stanno mostrando un atteggiamento di disimpegno assoluto, convinti che tanto la scuola è finita.

Per cui, quello che mi chiedo è proprio questo: a noi docenti vengono fatte richieste assurde, ci chiedono di lavorare ancora di più, ma i ragazzi?!?

Mi sembra che si stia assistendo ad una sorta di paradosso, per cui ci sia da una parte un iper investimento sui compiti che dovrebbe svolgere l’insegnante e allo stesso tempo una totale deresponsabilizzazione degli alunni, per cui ormai è già assicurata la promozione.

Inoltre, noi docenti, abbiamo valutato i rischi, di fare tutto e subito, magari anche male, pur di non essere criticati?

Siamo noi docenti consapevoli di fare il gioco del Miur per paura di finire, ancora più, nel mirino di famiglie polemiche, caricate dai mass media?

Quanti di noi docenti ha valutato che, quest’azione della DaD, imposta dal Miur, non è a tutela dei propri interessi?!?

La didattica digitale è un BOOMERANG anche per i prof, non solo per gli alunni.

Lo si capirà dopo. Forse tardi.

Finito il momento del” giudizio universale”, quando tutto sarà rientrato, e la categoria dei prof si renderà conto di essersi data ” in pasto” alle famiglie, mai state troppo clementi nei nostri confronti.

Del resto, lo si vede già adesso, quando, comunque vada è colpa della scuola, sia per la piattaforma scelta, che non è istituzionale, sia per la registrazione che viola la privacy, sia per il registro on line che non permette di caricare gli allegati, sia per la email impiegata che è quella del genitore, sia per Whats App che non si dovrebbe usare…

La vorrei proprio vedere la Ministra alle prese con Jitsi, Hangout, Classroom…

Spieghi? Salta la connessione.

Interroghi? Non si Può, non è legale.

Assegni compiti? Non solo, non li fanno, manco mettono la presa visione sul registro elettronico.

Fai leva sull’ esame? Prof, l’esame non c’è più.

Punti sul recupero del debito? La Ministra ha detto che c’è il 6 politico per tutti.

Richiami la serietà di un esame di stato?

Loro, gli alunni, intendo, ti hanno già girato l’ultimo post sarcastico, in cui, un MINIONS, scoppia in una fragorosa serie di pernacchie in faccia al prof che minaccia la Maturità.

E poi, Tutti a scuola dal 1° settembre per recuperare le lacune.

Ma chi ci crede più, quando ogni anno, a settembre, ci sono cattedre scoperte per  titolari assenti, supplenti nominati a tempo fino all’avente diritto, graduatorie esaurite, carosello delle MaD ( messe a disposizione dei dirigenti )…

Ma come si fa a far recuperare gli alunni, se mancano i prof, se non sistema la decennale questione dei precari, i contenziosi storici tra le diverse fasce…

Ma Lei, cara Ministra, in che scuola vive?!?

Oppure, vada a dormire, che è meglio!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sdidatticamente parlando e non solo

 

Meglio tardi che mai… mah, ne siamo sicuri?




Andrà tutto bene! Parte quarta

 

Andrà tutto bene o andrà tutto a puttane?!?

Scusate la volgarità, capisco di non essere molto professionale ad impiegare un simile linguaggio…

L’intento, però, è stare dalla parte dei cittadini, soprattutto dalla parte di quei lavoratori che hanno perso tutto, lavoro, guadagni, tutela politica e speranza nel futuro…

Infatti, continuando come betapress, nella nostra ricerca sui lavoratori autonomi, commercianti, artigiani e liberi professionisti nell’emergenza coronavirus, abbiamo proposto sempre le stesse domande, focalizzandoci, questa volta, sulle problematiche specifiche del mondo degli artigiani.

Criticità specifiche del proprio lavoro in generale e, soprattutto adesso.

Impatto economico e problemi fiscali.

Decreto di marzo efficace o inadeguato?

Cosa è impellente in questo momento e nei prossimi mesi?

Quali sono le soluzioni possibili e quali sono pura propaganda elettorale?

“ALTRO CHE PIANO MARSHALL, QUI E’ UN PIANO AL MACERO!”

Questa è stata una risposta diretta, da chi vanta mezzo secolo di lavoro nel settore.

Chi parla è una nota parrucchiera di Novara, prestigiosa e competente.

Ha passato la sua vita in negozio (“Ancora un po’, e partorivo in negozio! Allattavo mia figlia tra un taglio e l’altro, senza far aspettare la cliente…”).

Una di quelle che ha dedicato la sua vita al lavoro, sempre impegnata a formare nuovi specialisti del mestiere.

Tanto che, parecchi suoi allievi, imparata l’arte, hanno aperto, a loro volta, dei saloni di acconciatura e di estetica.

Una di quelle che ci sa fare, sempre pronta a rimettersi in gioco, ad aggiornarsi.

Per chi è del settore, basta dire che ha vinto diverse volte il prestigioso premio nazionale “Il pettine d’oro”

Vi assicuro che esiste, non dico il nome perché non ha bisogno di pubblicità, non cerca fama, ma ascolto.

Bene, mi ha detto “Non fare il mio nome, ma, scrivi che stavolta è proprio finita!”

Sua figlia, che buon sangue non mente, anche lei ha un’attività in proprio, un salone estetico, in particolare è specializzata nei tatuaggi estetici e ricostruttivi, (su cicatrici post interventi di mastectomia), mi ha detto così.

“Io sono un’artigiana, lavoro da sola, inutile ribadire quanto pesano le tasse e quindi, quanto, normalmente, è già pesante mandare avanti l’attività.

Prova ad immaginare adesso, con tutto quello che sta succedendo!

Quando non puoi aprire il negozio, per ciò che sta accadendo, non c’è introito e non c’è la cassa integrazione che tutela i lavoratori dipendenti.

C’è “una tantum” forse, che nel mio caso mi paga solo la metà delle spese fisse di un mese (cioè affitto, luce, telefono eccetera) non mi dà i soldi per fare la spesa, per mantenere i miei figli o pagare le bollette di casa.

Me la devo cavare da sola, oppure, indebitarmi con la banca.

Come se, indebitarsi, fosse una soluzione, ancora peggio!

Bisognerebbe poter non pagare almeno l’affitto del locale.

Locale, in cui, per legge, non posso lavorare, locale che è una spesa viva.

Il negozio adeguato e la clientela fedele, sono fondamentali per avere una cassa dignitosa per noi autonomi.

Dunque, come possiamo pagare le tasse se non lavoriamo?

Noi artigiani non abbiamo bisogno di prestiti dalle banche, abbiamo bisogno di liquidità.

Non ho previsioni attendibili per il futuro, ma ho solo una speranza.

Spero che a maggio si possa ricominciare e, a quel punto, vedere se vale la pena tenere aperta l’attività o chiudere.

Certo che, più permane questo blocco, più peggiora la situazione.

Temo proprio che, nonostante tutti i sacrifici fatti per mettermi in proprio, dovrò regredire, e tornare a lavorare come dipendente.

Di sicuro, dovrò cercare altre soluzioni, perché, con che soldi do da mangiare ai miei figli?

Con che soldi li faccio studiare?!?”

Le sue parole, mi lasciano spiazzata.

Questa volta, però, vi faccio il suo nome. Silvia Berto, tatuatrice “Lady Tatoo”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus: andrà tutto bene?

Coronavirus: andrà tutto bene, parte seconda.

Andrà tutto bene … parte terza

 




CORONABOND e ITALEXIT: FALSI PROBLEMI

L’impasse politica con la quale le istituzioni d’europa sono chiamate a fare i conti ha un nome, ormai, noto a tutti: Coronavirus bond.

Si tratta di obbligazioni  emesse dai singoli paesi, con la garanzia dell’europa o emesse dalla Banca Europea degli Investimenti (BEI) per far fronte alle emergenze sanitarie dei paesi dell’area mediterranea senza clausole di priorità nel rimborso.

Una proposta che mira risolvere il problema rapidamente e sottrarre le emissioni di Bond dal rischio della speculazione finanziaria.

Infatti il funding di simili strumenti, da parte dei singoli paesi con merito di credito differente, porterebbe a speculazioni finanziarie anche significative.

La richiesta, tuttavia, non sembra trovare il favore della Germania che sostiene la necessità di un utilizzo del Meccanismo Europeo di Stabilità.
A favore dei Corona bond si sono espressi oltre a Italia, Spagna, Francia che un’ampia rappresentanza dei paesi facenti parte dell’unione monetaria come riportato nell’infografica sopra riportata (paesi in giallo).

Le due posizioni in realtà sono distanti non tanto per questioni di aritmetica.

Infatti, l’importo dei Bond da emettere che dovrebbe aggirarsi intorno ai 500md non sembra essere la causa delle divisioni.

A maggiore riprova di quanto osservato, l’ambizioso Quantitative Easing (PEPP Pandemic Emergencies Purchase Program) varato dalla BCE nei giorni scorsi e  consistente nell’acquisto di titoli di stato detenuti dalle banche per un importo di 750 miliardi di euro, è stato assunto senza conflitti o pause di riflessione.

Il punto di frizione sembrerebbe, quindi, essere implicito nella richiesta di varare ulteriori misure di sostegno prive di clausole di “condizionalità” il cui contenitore giuridico è, per l’appunto, il Mes.

Le clausole di condizionalità sono quelle  per le quali il sostegno ai paesi aderenti, non in regola con i parametri di stabilità, verrebbe concesso a fronte di precisi impegni di politica economica,

Impegni che si rivelerebbero vere e proprie limitqzioni del welfare come tagli alla spesa pubblica, ai salari alle pensioni e l’aumento dell’imposizione diretta e indiretta.

Clausule che potrebbero essere  rese più dure, in un secondo momento in modo unilaterale attraverso un voto preso a maggioranza qualificata del Consiglio ( art 7(5) Reg. EU 472/2013).

Del resto uno sguardo al funzionamento del Mes spiega molte cose.

Il Mes è un Fondo Intergovernativo costituito da tutti i paesi dell’Unione Monetaria che ne hanno sottoscritto un Capitale Sociale  soltanto in minima parte versato.

Dalla tabella sotto riportata (Fonte ESM) è facile comprendere che il capitale sottoscritto è pari a 704 miliardi di euro ma il capitale versato (paid in) è soltanto di 80,55 md.


La rimanente parte è infatti richiamabile (callable) in caso di necessità (letteralmente the ESM Members commit to provide the corresponding funding at short notice).

Il Mes ha già erogato presti a lunga scadenza a Grecia, Spagna e Cipro per circa 295 md.

 

Una soluzione, pertanto, non rapida ed immediata.

È evidente, a questo punto, che il confronto in atto tra i due blocchi in europa evidenzia profonde fratture politiche che nulla hanno a che vedere con la crisi dell’euro.

Nemmeno comunque con la tanto temuta Italexit e nemmeno con gli strumenti di sostegno da adottare siano essi Corona Bond o altro.

Per questo motivo non possiamo dire di assistere all’agonia dell’Unione Monetaria.

È l’Unione Politica che sta mostrando cenni di cedimento.

La volontà di utilizzare strumenti giuridici, per imporre deleghe di sovranità ai paesi periferici, potrebbe mettere in evidenza il vero progetto tedesco.

Un progetto che persegue il tentativo di costruire, alle spalle e sulle spalle delle regioni mediterranee dell’Unione, una nuova Deutsche Mark Zone più ricca e competitiva

Le misure di sostegno, sono diventate, in altri termini, strumenti di condizionamento e sottomissione di alcuni paesi a danno di altri ed asservite, forse, ad un disegno più ampio.

Alla fine prevarrà il buon senso ( e su questo dubbi ce ne sono N.d.D.) ma questa rimarrà una delle pagine più brutte della storia europea.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Marshall oggi più che mai!!

Pandemia Finanziaria, cui prodest?