Basta armi Basta Guerre, il libro di Salvatore Mongiardo.

Portiamo all’attenzione dei nostri lettori un importante incontro sulla pace.

 

 

 

Salvatore Mongiardo

FONDATORE E SCOLARCA DELLA NUOVA SCUOLA PITAGORICA E DELL’ACCADEMIA MONDIALE ANTIVIOLENZA.

EGLI PROPONE LA CIVILTÀ’ SISSIZIALE: LA TERRA COME CASA COMUNE DI TUTTI I VIVENTI, UOMINI E ANIMALI, E LA FINE DI OGNI UCCISIONE.




La morte di un bambino, il dono dei genitori che autorizzano il trapianto ha tracciato un solco nella storia promuovendo la cultura del dono

 

30 anni  “insieme a Nicholas” –   La cultura del dono

La morte di un bambino, il dono dei genitori che autorizzano il trapianto ha tracciato un solco nella storia promuovendo la cultura del dono

 

Si avvicinano le date che ricordano l’uccisione del bimbo americano Nicholas Green, lungo l’autostrada Salerno Reggio Calabria.

Era la sera del 29 settembre 1994, quando l’auto sulla quale viaggiava la famiglia americana diretta in Sicilia è stata scambiata per quella di un porta valori e nel corso del tragitto è stata bersaglio di sparatoria che ha costretto Mister Reginald Green ad accelerare la velocità di guida  e grazie all’intervento della polizia, il piccolo Nicholas, colpito nel sonno, è stato portato all’ospedale di Messina.

Sono trascorsi 30 anni da quell’evento, quando, il primo ottobre, ai medici dell’ospedale che comunicavano ai genitori la morte cerebrale del piccolo, con consapevolezza e magnanimità i coniugi Green hanno detto: “trapiantate i suoi organi

Quel gesto ha commosso l’Italia e ha determinato un vero effetto Nicholas che ha segnato un forte sviluppo alla diffusione della cultura della donazione degli organi.

In Italia e nei 10 anni successivi all’uccisione di Nicholas i tassi di donazione di organi in Italia sono triplicati, come in nessun altro Paese al mondo.

Per i genitori e la sorellina Eleanor sono stati trent’anni “senza Nicholas”, e quest’anno ritorneranno a Messina per ringraziare l’Italia per essersi presa cura di lui così bene per tutti questi anni’ e parteciperanno ad un convegno scientifico promosso dall’Università.

Per la Sicilia e l’intera Nazione sono stati trent’anni “con Nicholas” e insieme abbiamo percorso un buon cammino lungo il sentiero della sensibilizzazione e la diffusione della “cultura del dono”.

Nel libro “Il dono di Nicholas – una testimonianza sul potere dell’Amore”, Reginald Green ha documentato quel che era Nicholas, quel che avrebbe potuto essere e quello che è ancora per la sua famiglia e suoi amici.

I genitori del piccolo Nicholas hanno dato una lezione di civiltà al mondo intero autorizzando l’espianto di ben sette organi che hanno dato vita a sette giovani italiani di Messina, Siracusa, Bari, Roma, i quali hanno beneficiato degli organi del piccolo Nicholas ed hanno così continuato a svolgere una vita normale.

I suoi organi sarebbero rimasti inerti e inattivi, invece hanno continuato a vivere e durare nel tempo; le cellule pancreatiche trapiantate a Silvia Ciampi, sono state attive per altri 15 anni ed il cuore di Nicholas, trapiantato ad Andrea Mongiardo, dopo 23 anni, ha cessato di battere nel 2017.

I cinque trapiantati che ancora portano e mantengono vivi i suoi organi sono in segno visibile e concreto della cultura della donazione degli organi che, grazie alle moderne tecnologie sanitarie e l’evoluzione della scienza medica, vengono trapiantati e danno vita e salute a tanti pazienti che soffrono.

Nel corso di questi 30 anni a Nicholas sono state intitolate aule, teatri, vie, scuole, fondazioni, sono stati banditi concorsi regionali e provinciali per stimolare tra gli studenti l’attenzione alla cultura della donazione degli organi e dei tessuti, grazie alla cooperazione dei volontari dell’Aido.

 

NELLA SCUOLA di MOTTA S. ANASTASIA

 

La prima visita in Sicilia dei coniugi Green, dopo la tragedia è stata nel marzo 1995 e dopo la visita a Siracusa e a Messina, partecipando alla solenne cerimonia di ringraziamento da parte dell’Amministrazione e della Fondazione Bonino Pulejo sono venuti a visitare la scuola “Gabriele D’Annunzio” di Motta. S. Anastasia, dove, accolti dalle Autorità provinciali, dall’Amministrazione comunale, dal “Sindaco dei ragazzi” e dal coro dell’Istituto è stata intitolata l’aula magna al piccolo Nicholas e nel corridoio è stato realizzata con un tronco raccolto in Calabria, dove è avvenuta la disgrazia, una scultura che abbiamo concepito come fosse un messaggio su un ipotetico diario di Nicholas, con la sua firma immaginata.

Lo slogan che abbiamo concepito per la scultura, ‘La mia vita è un dono per gli altri’, è diventato un progetto educativo per l’intera scuola. Queste sono parole nostre, non sue, ed è il nostro modo di onorarlo

 

Nicholas è divenuto un alunno della scuola ed il suo sorriso ha illuminato e guidato gli studenti ad essere attenti e solidali, attivi e responsabili nella ricerca del bene comune, dando vitalità operativa al Consiglio Comunale dei Ragazzi.

All’ingresso della scuola un pannello artistico in pietra bianca ospita quattro orologi che scandiscono in riferimento alle lingue europee studiate l’orario di Roma, Londra,  Parigi, ed è stato aggiunto l’orologio di Bodega Bay per ricordare e sentire vicino anche Nicholas.

La visita dei coniugi Green per me è particolarmente emozionante anche per il ricordo della morte della mia mamma, avvenuta il 9 marzo 1995 alla vigilia della loro visita.

Nel 1997, quando Nicholas avrebbe compiuto 10 anni, è stato iscritto nel registro della prima media della classe II A, che è diventata la classe di Nicholas e l’impegno di donazione e di servizio verso il prossimo che gli studenti hanno messo in atto, ha meritato all’intera classe il PREMIO DELLA BONTA’, ricevuto a Roma nella Basilica S. Maria di Ara Coeli al Campidoglio e coronato dalla gioia dell’Udienza pontificia nell’aula Nervi in Vaticano e  la foto di gruppo con il Papa Giovanni Paolo II

Nell’anno 2000 la classe di Nicholas ha completato il ciclo della scuola media e Nicholas “è stato promosso” alla scuola superiore.

Ogni anno del 1996 nella scuola di Motta S. Anastasia e all’Istituto Parini di Catania fino al 2013 tra i ragazzi meritevoli che hanno conseguito la licenza media con il massim

o dei voti è stata assegnata la BORSA DI STUDIO NICHOLAS GREEN.

Sulla collina di Bodega Bay piccolo centro della California, accanto alla tomba di Nicholas, l’artista e scultore Bruce Hasson con le tante campane raccolte in Italia, dono di amicizia e segno di perdono, ha realizzato la “Children’s Bell Tower” e al vento dell’oceano suonano e vibrano le campane raccolte durante le visite di Mister Green in Italia nel nome e nel segno di tutti bambini del mondo. C’è la campana della Pontifica Fonderia Marinelli di Agnone, benedetta da Papa Giovanni Paolo II e quella donata dai ragazzi di Motta S Anastasia.

 

 

 

GIORNATA REGIONALE DELLA DONAZIONE E “CONCORSO NICHOLAS”

 

Come “effetto” di quanto accaduto a Messina , è stata sollecitata l’Assemblea Regionale Siciliana e nel 1995 è stata istituita con  L.R. n.15 del 1 marzo 1995 la Giornata regionale della donazione da celebrare la prima domenica di ottobre nel ricordo del piccolo Nicholas ed insieme è stato bandito un concorso a premi per gli studenti delle nove provincie, “assegnando la spesa annua di lire  262 milioni “, e precisamente: 1 milione ciascuno per gli studenti delle scuole elementari; 2 milioni ciascuno per gli studenti delle scuole medie di primo grado e 3 milioni ciascuno per gli studenti delle scuole  di secondo grado.

Grazie anche alla sensibilità e all’interessamento del presidente della Provincia Regionale di Catania Nello Musumeci, nel 1996 è stato promosso e finanziato per alcuni anni, un premio provinciale per le scuole di Catania al fine di promuovere la cultura della donazione e sono stati pubblicati per tre anni in appositi cataloghi i lavori letterari e artistici degli studenti premiati.

 

La sensibilità pedagogica di alcuni docenti e la preziosa collaborazione dei volontari dell’AIDO e dei medici anestesisti e chirurghi, è stato possibile svolgere nelle scuole degli incontri informativi, arricchiti anche dalla testimonianza diretta di alcuni trapiantati, tantissimi ragazzi hanno preso conoscenza e coscienza del problema della donazione del sangue e degli organi e appena possibile, hanno dichiarato la disponibilità a donare gli organi.

Una delle tante positive testimonianze l’ha data Silvio Brancalion dell’Istituto professionale “Olivetti” di Catania, il quale, affetto da distrofia muscolare tipo Duchenne, avendo assistito con particolare attenzione e interesse agli incontri di preparazione al concorso Nicholas, ha recepito in pieno la lezione e all’età di 19, avendo dichiarato di voler donare gli organi è stato possibile effettuare il trapianto della cornea, ed ancora oggi un cittadino siciliano vede “con gli occhi di Silvio”.

Nel 2013 il concorso era stato cancellato dai finanziamenti e dopo cinque anni, grazie anche alla sensibilità e all’interessamento del presidente Musumeci,; dell’Assessore Lagalla ed in particolare dell’On. Gianina Ciancio il concorso per il 2018 è stato inserito nel bilancio regionale ed è stato approvato all’unanimità da tutti i parlamentari, consentendo di inviare il bando a tutte le scuole della regione e tramite la Direzione regionale sono state assegnate le somme agli uffici scolastici territoriali per promuovere il concorso “Nicholas Green”

La cultura del dono è uno degli aspetti dell’educazione civica che la scuola ha il compito e il dovere di insegnare e far vivere agli studenti, aiutandoli a modificare i comportamenti e quindi il modo di pensare e sentire lo Stato, la società, le relazioni umane e quindi agire in maniera coerente e responsabile.

 

L’ALBERO DI NICHOLAS alla scuola PARINI di Catania

 

Trasferito da Motta S Anastasia alla scuola “Giuseppe Parini” di Catania nell’anno 2000, con l’avvio dell’autonomia scolastica è stato solennemente intitolato a Nicholas l’auditorium dell’Istituto ad indirizzo musicale ed in tutte le manifestazioni culturali è stato sempre ricordato il messaggio del piccolo eroe.

L’artistico quadro, realizzato dalla pittrice Anna Bonomo, è immagine eloquente di serenità e di impegno civico per tutti gli ospiti.

Nel 2002, alla presenza di Mister Green e di alcuni portatori degli organi di Nicholas, viene piantato nel cordiale un verde alloro: l’albero di Nicholas, costante monito e messaggio di solidarietà e di impegno civico per tutti gli studenti.

La scuola Parini ha promosso e organizzato per diversi anni la cerimonia di premiazione dei vincitori del concorso Nicholas, esponendo le originali creazioni artistiche prodotte dagli studenti.

 

INCONTRO TRA FAMILIARI DEI DONATORI E I TRAPIANTATI

 

L’esperienza vissuta da Mister Green, il quale ha incontrato e conosciuto i trapiantati destinatari dei sette organi del piccolo Nicholas è risultata positiva e negli Stati Uniti, decine di migliaia di persone e riceventi hanno comunicato gli uni con gli altri, per la maggior parte via lettera e in una minoranza di casi incontrandosi di persona, facendo registrare un positivo benessere tra la stragrande maggioranza di queste famiglie. Tutto ciò in Italia appariva come un tabù.

Un gruppo di parlamentari a Roma ha presentato una proposta di legge per permettere alle due parti di contattarsi sotto condizioni stabilite dalle autorità sanitarie, alla stregua della prassi adottata in America.

Grazie anche al tenace impegno di Mister Reginald Green con la collaborazione di Andrea Scarabelli, il Ministero della Salute ed il Comitato Nazionale di Bioetica, si sono dichiarati favorevoli alle comunicazioni fra le due parti, sotto condizioni stabilite dal servizio sanitario. Anche questo traguardo raggiunto nel corso dei 30 anni, è un dono di Nicholas ed è stato raggiunto anche grazie alla raccolta di oltre 50.000 firme, operata da Marco Galbiati di Lecco, anch’egli papà che ha donato gli organi del figlio.

 

REPARTO DI RIANIMAZIONE DEL POLICLINICO DI MESSINA

 

In occasione del 25° anniversario della morte nel settembre del 2019, è stato inaugurato, il nuovo reparto di rianimazione del Policlinico di Messina ed è stato intitolato al piccolo Nicholas.

Insieme alle Autorità cittadine e accademiche hanno partecipato all’evento i genitori di Nicholas i quali, commossi hanno rivissuto e ricordato la tragedia di 25 anni fa ed hanno rinnovato con il loro esempio la lezione di civiltà e di generosità nel diffondere la cultura della donazione.

La pittrice Anna Bonomo, catanese residente a Milano, ha donato al reparto il dipinto che raffigura un bimbo sorridente con sullo sfondo la Madonnina del porto, quasi per dare forza e coraggio a tutti i pazienti nel difficile e delicato momento per la loro salute.

 

 

 

 

 

 

 

AMBASCIATA DEL DONO

 

Nel ricordo di Nicholas per iniziativa dei Ragazzi Sindaci, nell’ambito del Parlamento Internazionale della legalità, è stata promossa l’Ambasciata del dono, Un segno connotativo del progetto didattico del Consiglio Comunale dei Ragazzi, che impegna i ragazzi sindaci, assessori, consiglieri   a mettersi a servizio della “scuola-piccola città” e ad essere un dono per la Comunità scolastica e cittadina.

 

Lodevole l’esempio dei genitori di Alessandro Giani, sindaco dei ragazzi di Cassano Magnago (Varese), i quali, a seguito dell’incidente del figlio caduto nel foro di una cartiera, dopo che i medici hanno dichiarato la morte cerebrale, in un gesto di grande generosità, hanno autorizzato l’espianto degli organi e sette pazienti che vivono grazie agli organi di Alessandro.

La cerimonia ha avuto luogo il 1° ottobre 2019 presso il Policlinico “Gaetano Martino” nell’aula magna dell’Università di Messina, con la partecipazione della delegazione regionale dei Ragazzi sindaci e delle scuole medie e superiori di Messina. Una vera ed incisiva lezione di Educazione Civica.

            La cultura del dono è uno degli aspetti dell’Educazione civica che la scuola ha il compito e il dovere di insegnare agli studenti, aiutandoli a modificare i comportamenti e quindi il modo di pensare e sentire lo Stato, la società, le relazioni umane e quindi agire in maniera coerente e responsabile.

 

CONVEGNI INTERNAZIONALI E MOSTRA ARTISTICA “Donarte”

 

L’effetto Nicholas” così com’è stato salutato dai mass media, ha promosso una rapida crescita delle donazioni

Oggi la diffusione della cultura del trapianto di organi continua e si espande, come documentano, anche, gli atti dei due convegni internazionali promossi e coordinati dalla Prof.ssa Anna Teresa Mazzeo, direttore del Servizio di anestesia dell’Università di Messina.

Medici e scienziati provenienti dagli USA, Brasile, India, Cina, Giappone, Ghana, Regno Unito, Spagna, Svizzera, e dalle Università e dai “Centri trapianti” di Milano, Torino, Padova, Venezia, Treviso, Modena, Roma, Sassari, Palermo, Messina e Catania, hanno descritto il positivo incremento e la diffusione della cultura della donazione degli organi nei vari Paesi del mondo.

Lo scorso anno per la prima volta le donazioni di organi hanno superato quota duemila, attestandosi a 2.042 (+11,6%), e nel corso dell’anno sono stati realizzati ben 4.462 trapianti di organi, 586 in più rispetto al 2022 (+15,1%). È questo un grande risultato e ’Italia che prima era il fanalino di coda dell’Europa occidentale, ora occupa il secondo posto –

Nella mostra artistica “Donarte” che l’Università di Messina promuove, giunta alla terza edizione le opere artistiche e letterarie che vengono presentate e premiate testimoniano la sensibilità dei pittori, dei poeti e degli scrittori che presentano in maniera creativa il messaggio della donazione.

La cultura del dono e del trapianto degli organi, anche grazie alla lodevole promozione dell’Aido, e ai progressi della scienza medica, comincia a modificare comportamenti e modi di pensare dei cittadini, a partire dai giovani, nella consapevolezza di poter continuare a fare del bene degli altri, anche dopo la morte.

Donare un organo non è un togliere qualcosa a qualcuno, ma consentire a persone ammalate di vivere meglio, utilizzando organi che rimarrebbero inerti e improduttivi.

Io dono, tu doni….essi vivono”  non è solo uno slogan, ma resta un monito costante e incisivo per la formazione integrale dei giovani e la maturazione del senso civico di tutti i cittadini.

 

Giuseppe Adernò




Il sorriso di Nicholas Green

 30 anni fa la tragedia del piccolo Nicholas e il grande dono

 Il sorriso di Nicholas Green

CONCORSO Donarte 2024 a Messina – Visita dei coniugi Green

 

            “Un popolo che perde la memoria del passato non ha futuro”. Sono trascorsi 30 anni dal tragico incidente che colpì Nicholas Green, il bimbo americano ucciso mentre era in vacanza in Italia lungo l’autostrada Salerno Reggio Calabria. L’auto sulla quale viaggiavano era diretta in Sicilia ed è stata scambiata per quella di un porta valori e nel corso del tragitto è stata bersaglio di sparatoria che ha costretto Mister Green a correre verso l’ospedale di Messina, vedendo il suo piccolo colpito nel sonno.

            La spontanea risposta degli affranti genitori ai medici dell’ospedale di Messina che comunicavano la morte cerebrale del piccolo: “trapiantate i suoi organi”, ha commosso l’Italia e ha determinato un vero effetto Nicholas che ha segnato un forte sviluppo alla diffusione della cultura della donazione degli organi.

            I genitori del piccolo Nicholas, che torneranno a Messina il 29 settembre, hanno dato una lezione di civiltà al mondo intero autorizzando l’espianto di ben sette organi che hanno dato vita a sette giovani italiani di Messina, Siracusa, Bari, Roma, i quali hanno beneficiato degli organi del piccolo Nicholas ed hanno così continuato a svolgere una vita normale. I suoi organi sarebbero rimasti inerti e inattivi e invece hanno continuato a vivere e durare nel tempo.

            Il suo piccolo cuore di bambino buono e bello ha pulsato ancora per altri 23 anni restituendo una vita normale ad Andrea Mongiardo è morto a 37 anni, nel 2016.

            Gli altri sei organi sono ancora oggi vivi nei trapiantati ed una di queste, Maria Pia Pedalà, è diventata mamma ed ha dato al figlio, nato dopo il trapianto, il nome di “Nicholas”.

            Nel corso di questi 30 anni a Nicholas sono state intitolate aule, teatri, vie, scuole, fondazioni, sono stati banditi concorsi regionali e provinciali per stimolare tra gli studenti l’attenzione alla cultura della donazione degli organi e dei tessuti, grazie alla cooperazione dei volontari dell’Aido.

            Nelle scuole si rinnova ogni anno il Concorso “Nicholas Green” e grazie alla sensibilità dei docenti, tanti ragazzi prendono conoscenza e coscienza del problema della donazione del sangue e degli organi.

            L’Università di Messina, con il coordinamento della prof.ssa Anna Teresa Mazzeo, da alcuni anni promuove un convegno internazionale con la partecipazione di studiosi degli USA, Cina, India, Ghana, Brasile, Regno Unito, Spagna, Svizzera, e con il concorso “Donarte 2024” pittori, scultori, fotografi, poeti, sono invitati a comunicare in modo creativo la cultura della donazione.

             In occasione del 25° anniversario, la pittrice Anna Bonomo, catanese residente a Milano, ha donato al reparto di rianimazione del Policlinico di Messina, intitolato a Nicholas, il dipinto che raffigura un bimbo sorridente con sullo sfondo la Madonnina del porto, quasi per dare forza e coraggio a tutti i pazienti del reparto nel difficile e delicato momento per la loro salute.

 

Giuseppe Adernò

 

 

 




FESTIVAL REGIONALE DI TEATRO IN CARCERE MACERATA

 

Seconda edizione del progetto del Garante regionale dei diritti della persona delle Marche, realizzato in collaborazione con il Comune di Macerata ed attuato grazie allAssociazione Culturale Aenigma”. Liniziativa conclusiva, suddivisa in due momenti, venerdì 27 settembre a Macerata.

 

Si terrà a Macerata, venerdì 27 settembre, l’evento conclusivo del progetto “Secondo Festival regionale di Teatro in carcere nelle Marche”, realizzato dall’Ufficio del Garante regionale dei diritti della persona delle Marche, in collaborazione con il Comune di Macerata ed attuato concretamente dall’Associazione Culturale Cittadina Universitaria “Aenigma APS”, capofila del Coordinamento Regionale Teatro in Carcere Marche.

L’obiettivo del Festival, giunto alla seconda edizione dopo l’esperienza del 2022 che ha coinvolto il Comune di Pesaro, è quello di mettere a frutto il lavoro svolto nei laboratori teatrali attivi presso gli Istituti penitenziari marchigiani, puntando al potenziale altamente rieducativo delle arti sceniche nei confronti dei detenuti.

La giornata del 27 settembre si dividerà in due momenti distinti, il primo, a partire dalle 15, presso l’Auditorium della Biblioteca Comunale Mozzi Borgetti, con una Tavola rotonda dal titolo “Teatro e diritti” con i protagonisti delle esperienze attive nei sei Istituti penitenziari marchigiani e la proiezione di un video sugli spettacoli teatrali realizzati in quattro di essi dal 21 al 25 maggio 2024 alla presenza anche di studenti di Istituti scolastici delle Marche. In serata, dalle ore 21, al Teatro Lauro Rossi, lo spettacolo “La Commedia dell’arte negli scenari di Casamarciano” messa in scena dalla Compagnia Controvento della Casa circondariale di Pesaro e Teatro Universitario Aenigma di Urbino, ispirata a due canovacci originali del Seicento.

La Tavola rotonda del pomeriggio, moderata da Vito Minoia, docente dell’Università di Urbino Carlo Bo e Presidente del Coordinamento Nazionale Teatro in Carcere, vedrà tra i protagonisti Giancarlo Giulianelli, Garante regionale dei diritti della persona delle Marche.

“Il progetto – sottolinea Giulianelli – contribuisce a perseguire l’obiettivo che mi sono dato: impegnarmi per abbattere il muro di separazione tra comunità civile e comunità carcerarie. In questo caso ciò avviene attraverso la condivisione di un’esperienza teatrale che ha il potere di mettere in contatto il dentro ed il fuori delle “mura” (detenuti con studenti, associazioni, volontari, cittadini tutti) e di diffondere una cultura del rispetto e del contrasto di ogni tipo di discriminazione”.

Il vice sindaco della Città di Macerata e assessore alle Politiche Sociali e Pari Opportunità, Francesca D’Alessandro ha sottolineato, inoltre: “Macerata ha l’obiettivo di essere sempre più una città inclusiva per tutte quelle che sono le fragilità sociali e quindi anche il reinserimento di chi ha avuto percorsi di vita complicati e difficili. L’obiettivo del progetto è puntare a una riabilitazione anche attraverso l’ausilio dell’arte che rappresenta un importante contributo nella costruzione di una comunità più solida e solidale”.

 




CÉZANNE SPIEGATO DA PAOLO BATTAGLIA LA TERRA BORGESE

 

 

Un senso innato del colorismo che si compiace del valore cromatico dei grigi, dei neri, dei bianchi

 

Giocatori di carte” – il capolavoro di Paul Cézanne in esame (Les joueurs de cartes, 1890-1895, olio su tela, 47,5 x 57 cm. Parigi, Musée d’Orsay dal 1986) è l’ultimo frutto e non il primo germe quale genere del nostro artista – spiega il critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese -: il dipinto denuncia un certo esaurimento, l’artista ha esaurito il filone impressionista.

Cézanne creò cinque composizioni con lo stesso tema dei giocatori di carte, cinque dipinti con la stessa scena. Ma questo che riproduciamo, esposto in Francia al Musée d’Orsay, è particolarmente misurato. Mostra bene, infatti, i risultati della ricerca del pittore.

L’idea – chiarisce Paolo Battaglia La Terra Borgese – era stata suggerita a Cézanne, a quanto pare, da un quadro del museo di Aix-en-Provence, sua città natale, attribuito ai fratelli Le Nain (Louis, Antoine e Mathieu).

Tre di queste composizioni presentano solo due giocatori, divisi da una bottiglia verticale; altre raggruppano invece diverse figure, tutte intente al gioco attorno al tavolo di osteria. Anche nell’opera che pubblichiamo, e che si conserva al Museo d’Orsay, le figure sono due, disposte di profilo l’una di fronte all’altra ai due lati del tavolo; in mezzo, una bottiglia e la porta nello sfondo. Gli elementi sono dunque pochissimi e ridotti all’essenziale.

Questo è un esempio tipico di pittura ragionata. Tutta la composizione è studiata da Cézanne con estrema attenzione – afferma il Critico – e semplificata al massimo.

Gli elementi verticali paralleli le conferiscono un profondo senso di ordine. La sedia del giocatore di sinistra si allinea idealmente con le gambe del tavolo, con la bottiglia al centro, nonché con gli stipiti della porta dietro il giocatore di destra. Nulla insomma è lasciato al caso. Il movimento delle braccia dei due giocatori è quasi identico.

I colori del quadro, a loro volta, sono pacati, senza contrasti violenti. Emana da quest’opera un senso di ordine, di quiete, di distacco.

In questo quadro si devono e si possono intravedere facilmente gli spunti che gli artisti della generazione successiva ricaveranno da Cézanne – osserva Battaglia La Terra Borgese -.

Del resto, un’analoga solidità, un altrettanto scrupoloso ragionamento si ritrovano nelle altre opere di Cézanne successive al periodo impressionista, dalle famose nature morte con le mele, su cui si sono versati fiumi di inchiostro, ai paesaggi della Provenza, dominati dal triangolo maestoso del monte St. Victoire.

Lì le cose dipinte non saranno trattate secondo il senso del volume e della forma, quanto secondo un gusto puramente pittorico.

Il tema del cromatismo della natura ricompare dunque in Cézanne. Egli si ricorda del nostro mondo, fatto e pieno di colori. In queste note dà sfogo al suo senso innato del colorismo e si compiace sì del valore cromatico dei grigi, dei neri, dei bianchi; ma sa anche valutare gli accostamenti sapienti, le sfumature più sottili, le variazioni luminose che creano un’atmosfera fluida da questa avidità e ricerca di colore. Quasi ossessionato dall’intensa luminosità dei gialli, dei bianchi, dei rossi Cézanne raggiunge l’estasi della intimità che la pittura può esprimere – chiude Paolo Battaglia La Terra Borgese – con opere caratterizzate in uno stile sereno e luminoso, espresso da paesaggi e nature morte di straordinaria concezione classica e di grande potenza innovativa allo stesso tempo.




BATTAGLIA LA TERRA BORGESE: IL 20 SETTEMBRE TUTTI IN BICI

Da Sassari a Bergamo. Dalla bicicletta di Leonardo da Vinci all’undicesimo Settembre della FIAB intorno al giorno 20, la Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, passando per la Draisina di Karl Drais (Drais_Draisina) con fermata su Mario Sironi: educe il critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese. 

 

 

 

La bicicletta attribuita a Leonardo da Vinci nel Codice Atlantico.

Milano, Biblioteca Ambrosiana, 132v, 133v. Particolare

 

BERGAMO | 16. 09. 2024 | La bicicletta di Leonardo da Vinci è uno schizzo che ritroviamo nel Codice Atlantico e falsamente attribuito a Leonardo da Vinci. Questo è uno dei tanti segreti sconosciuti nella compilazione dei manoscritti di Leonardo da Vinci. Durante il restauro del Codice Atlantico, i ricercatori italiani hanno scoperto l’illustrazione della bicicletta tra due pagine incollate. È estremamente semplice e porta la firma di Salaì, allievo di Leonardo da Vinci. I ricercatori ipotizzano che questo schizzo non sia stato realizzato da Leonardo da Vinci, ma sia stato disegnato dal suo apprendista in conformità a un modello nel suo studio.

Ma prima di andare un attimo in senso decrescente al tempo della nostra storia – ci esorta Paolo Battaglia La Terra Borgese – è utile capire che Salaì è l’ironica contrazione di “Saladino“, quindi diavolo, poiché non fedele (all’amante Leonardo).

 

La FIAB Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta è un’organizzazione ambientalista. Lo statuto di tale organizzazione riporta come finalità principale la diffusione della bicicletta quale mezzo di trasporto ecologico, in un quadro di riqualificazione dell’ambiente (urbano ed extraurbano), si legge sul sito – precisa Paolo Battaglia La Terra Borgese -, ed anche quest’anno «FIAB è in prima linea per portare nelle città centinaia di iniziative nella Settimana Europea della Mobilità per coinvolgere un numero sempre maggiore di persone, Enti, Aziende e Associazioni a porre attenzione al tema della Mobilità Sostenibile!».

Aderiscono quasi 200 sedi locali, sparse in tutta Italia. La Federazione ha lo scopo di promuovere l’uso della bicicletta sia come mezzo di trasporto quotidiano per migliorare mobilità e ambiente urbano, sia per la pratica dell’escursionismo in bicicletta, vale a dire di una forma di turismo particolarmente rispettosa dell’ambiente: il CICLOTURISMO.

 

Ma chi ha inventato davvero la bicicletta come noi la intendiamo?

 

Karl Christian Ludwig Drais von Sauerbronn – risponde Paolo Battaglia La Terra Borgese -, che congegnò la ruota anteriore sterzante, applicata come perfezionamento di una precedente invenzione del conte Mede de Sivrac, nota come celerifero.

 

Ma il primo ad aver concepito la bicicletta è l’autore del disegno a matita e carboncino risalente al 1.493, visionabile nel Codice Atlantico: un marchingegno a due ruote collegate da un’asse di legno; ed un manubrio per il controllo della direzione mediante l’appoggio delle mani; ed una specie di catena, per collegare i pedali alla ruota posteriore.

 

Nell’arte, pittorica, con la bicicletta, affascina e seduce e incanta Mario Sironi, nato a Sassari, col suo Il ciclista del 1916 – svela Paolo Battaglia La Terra Borgese -.

Mario Sironi – 1916. Olio su tela. 96 x 71 cm. Guggenheim, New York.

Donazione, Giovanni e Lilian Pandini, ex Miro Porro (Milano), Bergamo, 2008

 

La vista parziale della ruota posteriore della bicicletta, si legge sul sito del Guggenheim – fa notare Battaglia La Terra Borgese – comunica il movimento in avanti del ciclista ed evoca un’illustrazione della “Gazzetta dello Sport”. La piacevolezza dell’opera dipende dall’impeto con cui Sironi applica la pittura a olio: pennellate brevi e vigorose per l’erba sulla destra, con colpi di bianco per suggerire i raggi della ruota, e strisce per la curva che si avvicina velocemente; pennellate ampie per la gamba tesa a sinistra e tocchi leggeri per quella a destra, a riposo.

 

E già la vita moderna degli anni Sessanta – spiega il critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese – trova in Sironi la sua rappresentazione pittorica. Fabbriche, garage, gasometri, edifici di periferia sono i soggetti dei suoi quadri, accanto ai personaggi coevi, come, per esempio, Il ciclista qui riprodotto. La figura campeggia, di spalle, con lo sforzo calcolato e misurato dei suoi muscoli. Lo sfondo è la solita periferia di una grande città, il tema più caro a Sironi. Da notare la semplificazione degli edifici, secondo l’insegnamento di Cézanne: raramente una finestra interrompe la compattezza delle superfici. Nel modellato pesante, nella pennellata larga e pastosa si riconosce, in quest’opera che ricordiamo è del 1916, non solo lo studio di Cézanne, ma anche l’assimilazione del Cubismo, e cioè dell’arte detta moderna più influente del suo tempo. Sironi appartenne solo marginalmente al Futurismo: era troppo giovane per potervisi impegnare a fondo, e del resto lo spronava sulla via del Classicismo il suo amore per la forma e per la semplificazione. Intorno al 1920, si può dire che la sua pittura risenta anche dell’Espressionismo; e lo si può constatare fin da questo Ciclista, dipinto con vigore, con contrasti violenti di colore, con forti sottolineature scure. Ma tutto quel che di eccessivo c’è nell’Espressionismo finisce per ripugnare allo spirito sostanzialmente ordinato di Sironi. Egli ripudierà – chiude così Paolo Battaglia La Terra Borgese – gradatamente i colori troppo accesi, e si atterrà a una gamma limitata, contenuta entro i contrasti tra i bruni e i neri con i bianchi gessosi, quasi un’esaltazione del chiaroscuro. Un accento patetico, e quindi espressivo, sta nel contenuto delle sue opere, nelle quali non perde mai di vista il lato umano, e sociale. Oggi Sironi, che è scomparso nel 1961, è considerato il maestro del Novecento italiano, accanto a Carrà e a Campigli.




CUBISMO | PERCHÉ SI CHIAMA COSÌ?

CUBISMO | PERCHÉ SI CHIAMA COSÌ? SPIEGA IL CRITICO D’ARTE PAOLO BATTAGLIA LA TERRA BORGESE:

Quando Braque espose alcuni paesaggi al Salon d’Automne del 1908, rifacendosi in parte a Cézanne, qualcuno osservò (!) che dipingeva con “piccoli cubi”. Era Matisse.

“To’, guarda i cubi”, disse esattamente Matisse fermandosi ad osservare i paesaggi di Braque in cui le case somigliavano a dadi. La frase fece il giro di Parigi, fu ripresa dai giornali e dalla battuta spiritosa nacque il termine di Cubismo, che stava a indicare un’estetica nuova: l’artista guarda un oggetto reale, lo decompone nei suoi elementi e lo riorganizza secondo un ordine intellettuale, che non ha più nulla a che vedere con la realtà.

Quando Braque – riprende Paolo Battaglia La Terra Borgese – espose alcuni paesaggi al Salon d’Automne del 1908, rifacendosi in parte a Cézanne, qualcuno osservò che dipingeva con “piccoli cubi”.

Dalla battuta spiritosa nacque il termine di Cubismo, che stava ad indicare un’estetica nuova: l’artista guarda un oggetto reale, lo decompone nei suoi elementi e lo riorganizza secondo un ordine intellettuale, che non ha più nulla a che vedere con la realtà.

La Natura morta che riproduciamo è del 1912 – fa notare il critico -, appartiene cioè al periodo del cubismo “analitico”.

Poiché gli si rimproverava un certo ermetismo, Braque – spiega Paolo Battaglia La Terra Borgese – introdusse a quel tempo nelle sue composizioni un elemento nuovo, che doveva riallacciare il quadro al mondo reale: le lettere tipografiche, come in questa scritta incompleta, Journal (procedimento introdotto per la prima volta da lui nell’opera Il Portoghese del 1911, e utilizzato poi largamente da tutti i Cubisti).

Questa Natura morta, una delle numerose “esercitazioni” su tale tema, non ha più alcun riferimento con la realtà. Gli oggetti che la compongono non sono riconoscibili, ma sono proiettati e scomposti sulla superficie del quadro attraverso una serie di grandi piani.

È riconoscibile invece – ci fa scoprire il critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese – la loro materia: superfici in falso legno, frammenti in falso marmo si richiamano a una realtà esistente, a un mondo concreto. (Braque utilizzò spesso queste “imitazioni”, rifacendosi all’esperienza compiuta da ragazzo nella bottega paterna come decoratore.

Più tardi arriverà al “collage”, all’applicazione cioè sulla tela di ritagli di giornale, pezzi di stoffa, carte da gioco, riallacciati alla superficie del quadro da una pennellata, da un tocco di gouache).

Osserviamo ancora, finendo – afferma Battaglia La Terra Borgese – che già in questa Natura morta Braque cerca gli accordi preziosi di colore, avvalendosi di pochi toni: una grandissima maestria.




Le scuole di Catania hanno un piano per portare avanti l’educazione civica

 

Nella nostra sezione di “Storie di buona scuola” pubblichiamo un articolo ricevuto dall’Associazione CCdR-Consigli Comunali dei Ragazzi.

Convegno “Linee guida dell’Educazione Civica per l’anno 2024-2025.

tavolo dei relatori
tavolo dei relatori

Nella splendida “sala Vaccarini” del Convitto Nazionale “Mario Cutelli” cento docenti referenti di educazione civica e dei progetti di legalità hanno partecipato al convegno di apertura dell’anno scolastico sulle nuove “Linee guida dell’Educazione Civica per l’anno 2024-2025″.

Accolti dalla nuova dirigente del Convitto, Anna Spampinato, la quale ha introdotto il tema della trasversalità della disciplina che coinvolge i molteplici aspetti del sapere e dell’agire, nel corso della mattinata sono state socializzate due particolari esperienze e pratiche didattiche di educazione civica: il consiglio comunale dei ragazzi per le scuole del primo grado e “le Ambasciate” per le scuole secondarie di secondo grado.

Dopo i saluti istituzionali della prof.ssa   Angela Maria Giuliano a nome del Provveditore Emilio Grasso e dell’assessore comunale Andrea Guzzardi, a nome del Sindaco Enrico Trantino, il preside Giuseppe Adernò, ha illustrato le finalità dell’Associazione “CCdR- Consigli Comunali dei Ragazzi”, istituita a seguito dell’approvazione della legge regionale n.19 del 22 maggio 2024, con la quale si sollecita che in tutti i Comuni dell’Isola siano attivi i Consigli Comunali dei Ragazzi.

Il ricordare che nel 1957 gli atti  del convegno nazionale dell’UCIIM sul tema: “Il problema dell’Educazione dei giovani alle virtù civiche e alla democrazia”, celebrato a Catania nelle sale del Castello Ursino, sono confluiti nel DPR 585 del 13 giugno 1958,  con il quale,  a firma del Ministro dell’Istruzione Aldo Moro, venne introdotta nella scuola la disciplina  “Educazione Civica”, rende i docenti di Catania particolarmente responsabilizzati ad insegnare, curare , alimentare, le buone pratiche che pongono al centro la Persona, la cultura del rispetto, della Patria, la tutela del patrimonio, la cultura d’impresa e di cittadinanza attiva anche attraverso il corretto uso del digitale. Sono questi i tempi portanti delle nuove Linee guida per l’insegnamento trasversale dell’unica disciplina che conserva ancora il nome “Educazione”.

I progetti presentatiConsiglieri dell’Associazione

La vice presidente dell’Associazione, Letizia Spampinato, ha descritto con particolare coinvolgimento didattico, le procedure di attivazione del Consiglio Comunale dei Ragazzi, lezione di Educazione civica applicata, che adotta la metodologia dell’imparare facendo” e, alla luce delle esperienze maturate negli anni, sono state analizzate la fasi operative  del progetto: motivazione,  coinvolgimento dei ragazzi, scelta dei candidati,  campagna elettorale, elezione e cerimonia di giuramento

Per gli studenti delle scuole superiori il progetto si articola sotto forma di “Ambasciate”,  campi di azione e di intervento per dare concretezza attuativa ai Valori riconosciuti come guida per il vivere civile nella costante ricerca del bene comune e  per la crescita armonica della “società della conoscenza” e della Comunità scolastica.

L’attivazione di “debate” sui diversi valori sociali e civici sollecita il coinvolgimento attivo degli studenti e attraverso la pratica elettorale del “referendum” viene votato e scelto il tema valoriale dell’anno scolastico che guida il percorso formativo dell’intera comunità scolastica,

La proposta didattica è stata presentata e documentate dalle prof.sse Alessandra Di Pino e Lidia Bosco del CIPIA Catania 2 di Giarre.

Nell’ambito del convegno il prof. Renato D’Amico ha presentato la Fondazione Kalòs, con la quale si offre agli studenti l’opportunità di visitare un originale museo , conoscere e studiare gli antichi mestieri ed espone:  strumenti musicali, giocattoli, bottiglie e bicchieri, sveglie e orologi, dischi e apparecchi musicali.




PAOLO BATTAGLIA LA TERRA BORGESE, FILEMONE E BAUCI, REMBRANDT E IL TOSSICODIPENDENTE SIGMUND FREUD

 

 

Filemone e Bauci sono i protagonisti di un episodio della mitologia classica tramandato nell’ottavo libro delle Metamorfosi di Ovidio. Il mito di cui i due personaggi sono protagonisti è uno di quegli avvenimenti che venivano raccontati per provare che la virtù dell’ospitalità era ricompensata. (F. S. Villarosa, Dizionario mitologico-storico-poetico, vol. I, Napoli, Tipografia Nicola Vanspandoch e C., 1841, p. 57).

Ma di questo mito è soprattutto l’amore tra un uomo e una donna che in maniera straordinaria mi emoziona – afferma PAOLO BATTAGLIA LA TERRA BORGESE -, ed il loro desiderio di spegnersi nello stesso istante.

 

FILEMONE E BAUCI, compendiato da Vincenzo Giambanco

 

«Filemone e Bauci erano due anziani contadini che vivevano in Frigia, quella Regione in cui, scriveva la Yourcenar, si confondono i limiti tra Grecia ed Oriente. La loro era una vita serena, di chi si contenta di quel che ha e sa godere dello spettacolo della natura, diversamente dai conterranei, noti per avidità, tanto da suscitare la preoccupazione degli Dei dell’Olimpo.

Un bel giorno gli Dei si riunirono proprio per valutare il comportamento dei Frigi e decisero che era necessaria una verifica. Zeus ed Hermes ne furono incaricati. Assunte sembianze umane i due Dei si recarono in Frigia e chiesero ripetutamente, come viandanti o migranti, un asilo che fu sempre rifiutato. Scorsero però, nell’allontanarsi, il fumo del comignolo della povera casa di due anziani, che accudivano ad alcuni animali e all’orto.

Accostatisi, furono accolti con grazia e semplicità. Filemone chiamò Bauci che, non contenta di aver apparecchiato un rustico pranzo, si offrì di preparare il giaciglio per i viandanti. Mangiarono di gusto pane, olive e formaggio, innaffiandoli con un vino sincero prelevato da un orcio. Sorpresa però: quanto più vino veniva attinto tanto più ne riappariva nell’orcio. I due anziani, incuriositi, chiesero allora ai viandanti di svelare la loro vera natura e furono accontentati. Gli Dei li invitarono a salire con loro sul colle più alto e da lì osservarono la pioggia torrenziale che dilagando per le valli sommerse cose e persone. Al castigo divino andava ad affiancarsi il premio per gli unici sopravvissuti al diluvio: chiedessero quanto desideravano e sarebbe stato accordato. Dopo breve consultazione i due così dissero: questo luogo è ormai sacro e certo templi vi sorgeranno; quello che desideriamo è di poterli custodire ed offrire al culto e, quando il momento verrà, di morire insieme.

Così vissero dunque Filemone e Bauci i loro ultimi anni, nella pace dei luoghi e dell’anima, finché un giorno si accorsero a vicenda che fronde spuntavano sulle loro braccia e radici alle gambe.

Uno sguardo di intesa corse tra loro e, abbracciatisi, si trasformarono in quercia e tiglio.»

 

Il tiglio è l’Albero che più amo – confessa il critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese, le sue foglie a forma di cuore, quel cuore icona d’amore, donano un’ombra di benessere nelle giornate roventi. Il tiglio è femmina come Bauci, regala sagome di straordinaria bellezza, di forma piramidale o tonda si alza fino a 25/30 metri; e il legno degli alberi di Tiglio, chiaro, tenero e poco resistente (dolce), è usato per fabbricare matite, fiammiferi e altri oggetti di breve durata che io adoro da quando ero bambino. Ma il Tiglio ha ambito di utilizzo anche nei lavori d’intarsio e intaglio di mobili e complementi d’arredo, e nella realizzazione di strumenti musicali di qualità, come arpe e liuteria. La mia scrivania, ad esempio, ha intarsi in Tiglio che incantano, seni di donna in altorilievo che fanno sognare e figure antropomorfe di chiara predisposizione mitologica.

Senza intenzione di intingerne il mito, anche il tossicodipendente scienziato dell’inconscio Sigmund Freud, il padre della psicanalisi, amava il Tiglio, anche lui, anche durante il periodo della sua tossicodipendenza. 

Howard Markel, professore di Storia della medicina alla University of Michigan, è convinto addirittura che la cocaina finì con lo svolgere un ruolo molto più importante di quanto riconosciuto nella nascita della psicanalisi. Ma questa, è solo una curiosità di sapere, non a fine di pettegolezzo ma per amore del conoscere, come stimolo intellettuale.

 

Epperò a noi tocca parlare di arte.

 

E il quadro più interessante, sul mito in questione, è senza dubbio Filemone e Bauci visitati da Giove e Mercurio, eseguito da Rembrandt Harmenszoon van Rijn, noto come Rembrandt, nel 1659; quest’olio su tavola (cm 54,5 x 68,5) è conservato nella National Gallery of Art di Washington.

 

È uno dei dipinti più rappresentativi dell’arte olandese, ricco di splendore estetico e profondità di sentimenti. Si tratta di un magistrale esempio delle ricerche illuministiche portate avanti dall’Artista, del nuovo illuminismo di estrazione caravaggesca: sono infatti mutuati una profonda attenzione agli effetti della luce e ai chiaroscuri, da cui emergono suggestivamente forme e figure.

 

In questa magistrale opera che è Filemone e Bauci visitati da Giove e Mercurio Rembrandt accentua del mito l’aspetto emozionale, mirando al raggiungimento del massimo effetto indaga con sguardo penetrante gli angoli più nascosti dell’animo umano. Il tema è qui ambientato in un’atmosfera di concentrata e raccolta intimità: la calda luce, provenendo dai lati a illuminare la zona centrale della scena, fa emergere morbidamente le figure dall’ombra e investe il dipinto di intensa religiosità.

 

Le figure di Filemone e Bauci, hanno espressioni diverse, che ritraggono vivamente lo stupore, un senso di soggezione e forse anche di impressionabilità espressi anche dalla postura.

 

Il volto di Giove trasmette intelligenza e forte calma di carattere; è chiaramente colui che ha la responsabilità della missione.

 

L’espressione ed i lineamenti di Mercurio traducono mitezza e bontà.

 

Le mani di Filemone che si appoggiano sulle spalle di Bauci suggeriscono – conclude Battaglia La Terra Borgese – sia una grande tenerezza sia la durezza dell’età avanzata.

 




Italia paese interruptus

Betapress: Buongiorno, Signor Faletti, e grazie per essere qui con noi oggi. Il suo libro, Italia Paese Interruptus, ha suscitato un grande interesse, soprattutto per il modo in cui affronta la mancanza di un progetto politico a lungo termine nel nostro paese. Prima di tutto, ci parli della genesi di questo libro. Da dove nasce l’idea di scrivere su un tema così complesso e delicato?

Corrado Faletti: Buongiorno e grazie a voi per l’invito. L’idea di scrivere Italia Paese Interruptus è nata dalla mia riflessione personale su quanto, da decenni, osserviamo in Italia: una continua interruzione nei progetti e nelle iniziative politiche. Mi sono reso conto che, a differenza di altri paesi, in Italia manca una visione a lungo termine. Qui si tende a navigare a vista, con programmi politici che spesso durano il tempo di una legislatura o addirittura meno. Volevo approfondire questo tema, esplorando le cause storiche e culturali che ci hanno portato a questa situazione.

Betapress: Il titolo del libro, Italia Paese Interruptus, è molto evocativo. Come è stato scelto e cosa vuole rappresentare?

Corrado Faletti: Il titolo è volutamente provocatorio. “Interruptus” evoca l’idea di qualcosa che viene costantemente interrotto, di un percorso che non arriva mai a compimento. Questo è esattamente quello che ho osservato nella storia politica italiana: un paese che inizia tanti progetti, ma non ne porta a termine nessuno. La mancanza di continuità politica e la frequente instabilità dei governi hanno impedito all’Italia di sviluppare e mantenere progetti di lungo respiro, necessari per la crescita e il progresso del paese.

Betapress: Un elemento molto apprezzato del suo libro è la prefazione scritta da Ettore Lembo. In che modo questa prefazione ha dato valore all’intero volume?

Corrado Faletti: Ettore Lembo ha saputo cogliere e sintetizzare in poche pagine il cuore del messaggio che volevo trasmettere con questo libro. La sua prefazione è un vero e proprio manifesto della necessità di un cambiamento radicale nel modo in cui pensiamo e facciamo politica in Italia. Lembo ha una capacità unica di tradurre concetti complessi in un linguaggio chiaro e accessibile, e la sua prefazione ha arricchito il mio lavoro, fornendo una cornice interpretativa che guida il lettore attraverso le argomentazioni che sviluppiamo nel libro. In sostanza, la prefazione di Lembo non solo ha dato valore al libro, ma ha anche facilitato una comprensione più profonda delle tematiche trattate.

Betapress: Nel libro lei afferma che l’Italia non ha mai avuto un vero progetto politico a lungo termine. Può spiegare meglio questo concetto?

Corrado Faletti: Certamente. Un progetto politico a lungo termine implica una visione chiara del futuro, con obiettivi strategici che vanno oltre la durata di una legislatura. Tuttavia, in Italia, la politica è spesso stata guidata dall’urgenza del momento e dalla ricerca del consenso immediato, piuttosto che dalla costruzione di un futuro sostenibile. Questo si traduce in programmi politici che sono spesso frammentari e incoerenti, incapaci di produrre risultati duraturi. Nel libro, cerco di dimostrare come questa mancanza di progettualità abbia portato l’Italia a uno stato di continua precarietà, con un sistema che sembra essere sempre sull’orlo di una crisi.

Betapress: Uno dei punti centrali del suo libro è la necessità di un progetto politico serio per il futuro dell’Italia. Cosa intende esattamente con questo e quali sono, secondo lei, gli elementi essenziali di questo progetto?

Corrado Faletti: Un progetto politico serio deve essere fondato su una visione chiara del futuro del paese, con obiettivi che siano condivisi e che possano sopravvivere ai cambiamenti di governo. Questo significa costruire un consenso politico e sociale su alcuni punti fondamentali, come lo sviluppo economico sostenibile, l’istruzione, l’innovazione tecnologica, la giustizia sociale e la lotta alla corruzione. Inoltre, un progetto politico serio deve prevedere strumenti di monitoraggio e valutazione che garantiscano che le iniziative siano effettivamente realizzate e che producano i risultati attesi. In altre parole, non si tratta solo di enunciare buone intenzioni, ma di costruire una macchina amministrativa e politica che sia capace di attuare e mantenere gli impegni presi.

Betapress: Signor Faletti, abbiamo parlato a lungo della mancanza di un progetto politico a lungo termine in Italia, come descritto nel suo libro Italia Paese Interruptus. Vorremmo ora chiederle un parere su un caso recente che ha fatto molto discutere: il caso Sangiuliano. Come vede questa situazione alla luce delle tematiche affrontate nel suo libro?

Corrado Faletti: Il caso Sangiuliano, come molti altri eventi simili nel panorama politico e amministrativo italiano, è emblematico di una situazione che purtroppo continua a ripetersi. Non conosco tutti i dettagli del caso, ma in generale, episodi come questo riflettono la tendenza del nostro sistema a gestire le situazioni in modo reattivo, piuttosto che proattivo, con un focus spesso limitato sulla risoluzione immediata dei problemi, senza considerare le implicazioni a lungo termine.

Nel contesto del mio libro, vedo il caso Sangiuliano come un ulteriore esempio di come le istituzioni italiane fatichino a operare con coerenza e trasparenza, e di come manchi una visione di ampio respiro che sia in grado di prevenire e gestire efficacemente situazioni di crisi. Se il nostro paese avesse un progetto politico serio e condiviso, con strutture e meccanismi robusti per garantirne l’attuazione, casi come questo potrebbero essere affrontati con maggiore efficacia e tempestività, riducendo le ripercussioni negative sull’opinione pubblica e sulla fiducia nelle istituzioni.

L’episodio di Sangiuliano evidenzia la necessità di una leadership che non solo risolva le questioni immediate, ma che sappia anche costruire un sistema che eviti il ripetersi di tali situazioni, assicurando che le decisioni prese siano parte di una strategia più ampia e sostenibile per il futuro del paese. Senza questo tipo di visione e di impegno, continueremo a vivere in un “paese interruptus”, dove i problemi sono costantemente tamponati ma raramente risolti in modo definitivo.

Betapress: Signor Faletti, un aspetto che non viene trattato nel suo libro Italia Paese Interruptus è il tema delle donne nella politica italiana. Considerando l’importanza crescente di questo tema a livello globale, ci piacerebbe conoscere il suo punto di vista. Cosa ne pensa del ruolo delle donne nella politica italiana, e come vede la loro partecipazione nel contesto che descrive nel suo libro?

Corrado Faletti: È una domanda molto importante, e sono lieto che venga posta. Anche se Italia Paese Interruptus si concentra principalmente sulla mancanza di una visione politica a lungo termine e sulla frammentazione del sistema politico italiano, il tema della partecipazione delle donne in politica è certamente cruciale e meriterebbe un’attenzione approfondita.

Storicamente, le donne hanno avuto un ruolo marginale nella politica italiana, e anche se ci sono stati progressi significativi negli ultimi decenni, il cammino verso una piena parità è ancora lungo. La partecipazione delle donne in politica non è solo una questione di rappresentanza numerica, ma riguarda anche la qualità della partecipazione e l’effettiva influenza che possono esercitare nei processi decisionali.

Ritengo che l’inclusione delle donne nella politica sia fondamentale per superare molti dei limiti che ho evidenziato nel libro. La diversità di genere può portare nuove prospettive e sensibilità nei dibattiti politici, contribuendo a formulare politiche più inclusive e sostenibili. Inoltre, le donne spesso portano avanti un approccio alla politica che può essere più orientato al lungo termine e al bene comune, valori che, come sottolineo nel mio libro, sono essenziali per costruire un progetto politico serio e duraturo.

Purtroppo, in Italia, la politica è ancora spesso dominata da dinamiche maschili, e le donne devono affrontare ostacoli significativi per emergere e affermarsi. Questo è un aspetto che deve cambiare, e per farlo, è necessario un impegno collettivo, sia da parte delle istituzioni che della società civile. La promozione delle donne in politica non è solo una questione di giustizia sociale, ma anche di efficacia politica. Un paese che ignora il potenziale delle sue cittadine rischia di rimanere indietro e di continuare a ripetere gli stessi errori che ho descritto in Italia Paese Interruptus.

In sintesi, credo che un maggiore coinvolgimento delle donne nella politica italiana potrebbe essere una delle chiavi per superare l’impasse che il nostro paese sta vivendo. È una questione che dovremmo affrontare con decisione, e mi auguro che il futuro ci porti a vedere un panorama politico più equo e inclusivo.

Betapress: Signor Faletti, siamo curiosi di conoscere la sua opinione sull’attuale premier Giorgia Meloni. Come vede la sua leadership e le sue politiche nel contesto che ha descritto nel suo libro Italia Paese Interruptus?

Corrado Faletti: La leadership di Giorgia Meloni è sicuramente un fenomeno significativo nella politica italiana contemporanea. Meloni ha saputo costruire un percorso politico che l’ha portata a diventare la prima donna a ricoprire la carica di Presidente del Consiglio in Italia, un traguardo storico che di per sé merita riconoscimento. Il suo approccio politico è caratterizzato da una forte identità nazionalista e sovranista, con una particolare enfasi sui valori tradizionali e sulla sovranità nazionale.

Nel contesto di Italia Paese Interruptus, la leadership di Meloni solleva interessanti spunti di riflessione. Da un lato, la sua capacità di catalizzare un vasto consenso elettorale dimostra una notevole abilità politica e una capacità di intercettare il malcontento di una parte significativa della popolazione. Dall’altro, mi preoccupa la possibilità che le politiche di Meloni, incentrate spesso su risposte immediate e simboliche, possano rischiare di cadere nella stessa trappola che ho descritto nel mio libro: quella di un’Italia che continua a non avere un vero progetto politico a lungo termine.

Una delle sfide principali che vedo nella leadership di Meloni è quella di trasformare un consenso fondato su slogan e posizioni forti in un programma di governo che possa realmente affrontare i problemi strutturali del paese. Questo significa andare oltre le politiche di breve termine e sviluppare una visione che non solo risponda alle esigenze attuali, ma che costruisca anche le basi per un futuro stabile e prospero.

In questo senso, mi auguro che Meloni possa utilizzare la sua posizione per portare avanti riforme che non si limitino a risolvere problemi contingenti, ma che affrontino le radici profonde delle difficoltà italiane, come la corruzione, la burocrazia inefficiente e la disuguaglianza economica e sociale. Sarebbe un grande passo avanti se riuscisse a dimostrare che un progetto politico serio e duraturo è possibile anche nell’Italia di oggi.

In conclusione, la leadership di Giorgia Meloni rappresenta un momento di svolta nella storia politica italiana. Resta da vedere se saprà capitalizzare su questo momento per portare il paese verso una fase di maggiore stabilità e progettualità a lungo termine, o se il suo governo sarà un’altra occasione mancata in un paese che troppo spesso ha visto i propri sogni interrotti.

Betapress: Signor Faletti, un aspetto cruciale di ogni governo è la scelta dei ministri e dei collaboratori. Vorremmo sapere la sua opinione sulle scelte fatte dall’attuale premier Giorgia Meloni in questo ambito. Come valuta le sue decisioni in merito?

Corrado Faletti: La selezione dei ministri e dei principali collaboratori è una delle decisioni più delicate e strategiche che un capo di governo possa prendere. Queste scelte determinano non solo la qualità dell’azione di governo, ma anche la capacità di implementare efficacemente un’agenda politica.

Nel caso di Giorgia Meloni, le sue scelte riflettono in gran parte la sua visione politica e le priorità del suo governo. Ha optato per una squadra che, almeno in teoria, sembra allineata con le sue posizioni nazionaliste e sovraniste, e che intende portare avanti le promesse fatte durante la campagna elettorale. Questo è comprensibile e comune in politica: un leader di governo cerca di circondarsi di persone di fiducia che condividano la stessa visione.

Tuttavia, ci sono alcuni aspetti che mi sollevano dubbi. In primo luogo, ho notato che in alcune nomine sembra prevalere la fedeltà politica o l’appartenenza ideologica rispetto alla competenza tecnica. In un momento storico in cui l’Italia affronta sfide complesse e multidimensionali – dalla gestione dell’economia alla politica estera, passando per la sanità e l’istruzione – è fondamentale che i ministri e i collaboratori siano non solo politicamente allineati, ma anche altamente competenti e capaci di affrontare con competenza e visione le questioni cruciali che il paese deve affrontare.

Peraltro, ci sono risorse ampiamente competenti anche leggermente più in là del cerchio magico del premier, basta solo saper guardare un pochino oltre la propria zona di comfort, che tuttavia oggi sembra, viste le ultime appunto vicissitudini, sempre più necessario.

Un altro punto da considerare è la diversità del governo. Non parlo solo di diversità di genere, ma anche di diversità di background e di esperienze. Un governo efficace dovrebbe essere in grado di integrare diverse prospettive e competenze per formulare politiche che siano veramente inclusive e che possano rispondere alle esigenze di tutta la popolazione, non solo di una parte di essa.

In definitiva, credo che Meloni abbia cercato di formare un esecutivo che rifletta i suoi valori e le sue priorità. Tuttavia, sarà il tempo a dirci se le sue scelte, che peraltro stanno mostrando una buona dose di debolezza, si tradurranno in una capacità reale di governare in modo efficace e di affrontare le complessità dell’attuale contesto nazionale e internazionale. In caso contrario, potremmo trovarci di fronte a un’altra occasione mancata per costruire un progetto politico solido e duraturo, come ho sottolineato nel mio libro Italia Paese Interruptus.

Betapress: Concludendo, quale messaggio spera che i lettori traggano da Italia Paese Interruptus?

Corrado Faletti: Spero che i lettori comprendano l’importanza di richiedere e sostenere una politica che guardi al futuro con serietà e responsabilità. L’Italia ha enormi potenzialità, ma queste non possono essere realizzate senza una visione a lungo termine e un impegno costante per costruire un paese migliore. Il mio invito è a non accontentarsi di programmi politici che “lasciano il tempo che trovano”, ma a pretendere dai nostri leader un progetto politico che possa veramente portare avanti il paese, affrontando le sfide globali e garantendo prosperità e giustizia per tutti.

Betapress: Grazie mille, Signor Faletti, per il suo tempo e per le sue riflessioni. Siamo certi che il suo libro stia stimolando un dibattito necessario e importante per il futuro dell’Italia.

 

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