LE SFIDE SOCIALI DELLA CHIESA: PAOLO BATTAGLIA LA TERRA BORGESE E NINO COSTANZO TESTIMONIAL MORALI

 

Arriva il 29 maggio alla Facoltà Teologica di Palermo la presentazione de ‟Le sfide sociali della Chiesa” per i tipi de ‟Il pozzo di Giacobbe”: una ricerca di don Giacinto per una visione altra dalla persona come essere sociale.

Lo comunicano in una nota Paolo Battaglia La Terra Borgese e Nino Costanzo, testimonial morali dell’iniziativa culturale e sociologica che investe il capoluogo siciliano quale prima tappa d’Italia.

 

Arriva il 29 maggio alla Facoltà Teologica di Palermo la presentazione de ‟Le sfide sociali della Chiesa” in Luigi Sturzo e Igino Giordani di don Giacinto Magro edito da: ‟Il pozzo di Giacobbe”. È una ricerca, che condotta da don Giacinto, offre una visione altra dalla persona come essere sociale, dice della dimensione personale, sociale dell’essere Chiesa per il mondo.

 

Magro è un sacerdote della Diocesi di Piazza Armerina. Nasce a Delia nel ’69. E durante il suo viatico matura importantissime esperienze nel sociale. È ordinato nel 2008.

 

Unisce esperienza, impegno e pensiero nella ricerca intellettuale. Studia filosofia e teologia in diverse università e oggi lavora come direttore della Pastorale Famigliare e parroco ad Aidone in Sicilia.

 

Giacinto oggi opera con vigore nella ricerca teologica, nell’insegnamento e nella formazione dei Christi fideles laici.

 

Le sue fatiche letterarie più consultate dagli studiosi comprendono La vita oltre la morte. L’umanità pensata da Dio come unità inscindibile (2013) e L’Ave Maria. Dalla preghiera orale alla preghiera esistenziale (2015).

 

Il saggio del 29 maggio, che alle ore 18:00 si presenterà al pubblico alla Facoltà Teologica di Palermo, prende le mosse dalla testimonianza intellettuale di due Autori attenti scrutatori dei segni dei tempi nell’adesione a Cristo e nell’ascolto dello Spirito, che con la loro vita e il loro pensiero sono divenuti testimonianza, notevoli pensatori che hanno contributo al recupero del significato antropologico e sociale inscritto nella relazione tra Chiesa e mondo. La Chiesa, infatti, è l’attuazione storica del ‟mistero” (in senso paolino) di Dio Trino e della sua volontà salvifica che si attua nel tempo: da questi autori – afferma don Giacinto –, la storia è letta come spazio, per l’attuazione della salvezza in Gesù Cristo, il quale realizza in sé e mediante il suo Corpo, la Chiesa, una nuova antropologia che salva l’uomo integrale nella logica comunionale e universale.

 

Il volume – assicurano Paolo Battaglia La Terra Borgese e Nino Costanzo – è affascinante, intriga, ed è originato sia dalla testimonianza intellettuale di Sturzo e Giordani che da due domande di fondo che restano sottese ma come un filo rosso attraversano tutto il saggio: Che cos’è la persona? Come incide la Chiesa nel sociale?  

 

Una nuova antropologia agapica avvolge il lettore, poggia il suo realizzarsi nel dono, nella relazione e in divine realizzazioni, salva l’uomo integrale.

 

Nella prima parte, si coglie come in Sturzo ‟tutto è grazia, senza disincarnare l’uomo anzi radicandone in Cristo la vita individuale e sociale. Nella seconda parte, trova spazio la riflessione su Giordani, il quale fonda nella patristica la proposta concreta di un uomo agapico, parte di una società nuova in relazione continua con Gesù. La terza parte, tenendo conto del contributo d’entrambi, propone il passaggio da una concezione della salvezza di tipo individuale ad una in chiave sociale-comunionale, grazie al recupero del concetto dell’essere-per-il-mondo. Così, attraverso l’antropologia del dono, il credente, e la Chiesa, si scopre lievito di una nuova socialità basata sull’amore agapico, espressione della Trinità: un amore che unisce divino e umano. Il concetto di persona, declinato nella sua accezione esistenziale e dinamica, indica l’io come soggetto, capace di autodeterminarsi nella libertà e di realizzarsi nella relazione. Come afferma il teologo Cada nella prefazione il saggio di Giacinto Magro ‟offre un nuovo contributo qualificato perché egli propone una dinamica antropologica Cristocentrica/Trinitaria nell’azione sociale e civile propiziata a partire e nella luce dell’evento di Gesù Cristo tra la missione della Chiesa e la promozione di una umanità nuova fermentata dalla logica e dall’impegno della fraternità: nella prospettiva dell’annuncio e della testimonianza dell’avvento del Regno che è sale e lievito di trasformazione della città terrena quale promessa e caparra della città celeste”.

Il rapportarsi all’altro è costitutivo del soggetto: Non è mediante il rapporto con il proprio ‟sé”, ma è mediante il rapporto con un altro ‟sé” che l’uomo potrà raggiungere la completezza. Questo altro sé può essere limitato e relativo quanto a sé stesso, ma è in questo essere-insieme-con-l’altro che si rende possibile l’esperienza dell’illimitato e dell’incondizionato. In altri termini non c’è vera antropologia né possibilità di autentica realizzazione umana, se non dove sia recuperata la pienezza del rapporto con altri, se non dove a una visione del soggetto come autosufficiente e dominante si sostituisca una visione in cui l’esteriorità si ponga come liberante e le categorie di relazionalità come essenziali per il soggetto stesso. Solo nella relazione con ciò che è esterno alla coscienza individuale e, in particolare, nella dialogicità interpersonale, la prigionia dell’io è infranta e si coglie la realtà non come dominio, ma come incontro.

La relazione interpersonale esprime la struttura originaria dell’essere uomo, la profondità ontologica per la quale l’uomo non è solitudine, ma costitutiva apertura all’Altro e ad ogni altro e viene a realizzarsi nel riconoscimento e nell’accoglienza dell’altro. Per don Sturzo la persona è impegnata nella ricerca del bene, per la realizzazione di sé: in questo senso, l’oggetto conosciuto diventa «verità amabile e desiderabile» che esercita un certo fascino nei confronti del soggetto conoscente. In altri termini, si vuole un bene in quanto esso risponde alle finalità del proprio essere e perché lo si è conosciuto come bene desiderabile. Pertanto, per Sturzo la conoscenza è principio di comunione: una «comunione sui generis fra il conoscente e l’oggetto conosciuto». Conoscere è completare sé stessi, è «attività» responsabile della persona che, solidale con la realtà con cui entra in relazione, focalizza con sempre maggiore chiarezza il suo orientamento verso il bene. Scrive Sturzo:

‟Se fossimo Dio, noi, conoscendoci e amandoci, formeremmo società con noi stessi pur restando noi stessi un solo (il mistero della Trinità). Ma noi siamo finiti; la conoscenza del nostro io appella subito un non io, un fuori di noi; l’amore verso di noi non è completo se non si espande fuori di noi, verso un necessario completamento”.

Mentre per Giordani l’uomo è il prodigio della creazione, il privilegio della redenzione, l’obiettivo della vita soprannaturale nella natura creata. Sturzo può considerarsi un personalista, anche se preferisce usare i termini ‟individuo” e ‟uomo” in luogo di ‟persona”. Giordani propone il concetto mistico della persona come ‟alter Christus”. Per Giordani l’uomo può cogliere sé stesso e vivere se partecipa dell’Essere di Dio che è Amore, amando. L’essere va ricompreso come dono/amore, accolto/ridonato. Secondo Pasquale Foresi l’oggetto stesso della filosofia è l’essere come dono, che ci fa prendere coscienza della nostra personale penuria d’essere: sono, in quanto sono donato a me da un Altro che mi provoca a restituire il nulla che per sè sono: Oggetto della filosofia è dunque l’essere che si dona e che è, al tempo stesso, da me ricevuto. E se il riceverlo mi dà, in certo modo, di percepire il mio non esistere, il ridonarlo, ridonandomi, mi consente di percepire l’esistere in pienezza. L’atto del filosofare si schiude così come un rapporto trinitario fra me e Dio, preludio della soluzione, unica anche sotto il profilo filosofico, che ci viene data dal cristianesimo nella misura in cui entriamo nel mistero della Trinità. Pertanto modificando la ben nota espressione di Cartesio, cogito ergo sum dobbiamo dire: ‟mi dono, dunque sono”. È piuttosto, come scrive con insistenza Sturzo ‟cooperatore” di Dio: «Non Dio solo con la sua grazia, non l’uomo solo con la sua volontà libera, ma l’uomo con Dio», in una «comunione intima» e in una «permanenza di Dio in noi e di noi in Dio», che rende possibile e anzi esige l’azione e la contemplazione insieme. Il rapporto con Dio diventa l’orizzonte in cui don Sturzo e Giordani rintracciano il senso del mondo e del proprio stare in esso: tutto è «finalizzato» a Dio, in quanto proveniente da Lui. L’uomo è il ministro e il servitore di questo ‟finalismo”, è colui che, chiamato a realizzarsi come figlio, in unione con Dio e in ‟rapportalitaˮ con gli altri, in altri termini vive come homo ‟agapicusˮ. Dio che è in Sé stesso relazione (Padre, Figlio, Spirito Santo) la riversa sull’uomo il quale è in relazione con sé stesso, con gli altri, col mondo, innanzi tutto col suo Creatore e Redentore. Tale «finalizzazione» rende l’uomo capace di vivere in rapporto con Dio, in una relazione d’amore che illumina e immette lo stile trinitario tra gli uomini. «La vera vita è amore», conclude Sturzo, perché «Dio stesso è amore». Sta qui la chiave di volta, l’intuizione teologica e al contempo l’esperienza radicale che permette a don Sturzo e a Giordani di ritrovare il senso del loro personale vissuto spirituale nel loro impegno apostolico d’impronta socio-politica.




CELLINI, PAOLO BATTAGLIA LA TERRA BORGESE RACCONTA LO SCULTORE

«…durante tutta la sua vita di lavoro indefesso lo scultore, orafo e scrittore, mantenne non solo una sorella vedova con sei figli ma anche un’altra famiglia in miseria che non aveva nessuna parentela con lui e molti giovani artisti e modelli…»

 

Riuscì sempre a cavarsela – racconta Paolo Battaglia La Terra Borgese -. Era lo spadaccino più permaloso di tutta l’Italia del Cinquecento e i suoi nemici pagarono con la vita. Si prese le donne che gli piacquero.

Fu maestro d’avventure. La battaglia gli metteva allegria. Il carcere più profondo non bastava a tenerlo.

 

Ma quest’avventuriero spaccone fu soprattutto il più grande orefice del mondo. Tale era l’opinione che aveva di se stesso Benvenuto Cellini, e i collezionisti la condividono ormai da oltre 400 anni.

La storia in genere conferma le pittoresche avventure narrate nella sua Vita.

 

Benvenuto Cellini – prosegue Battaglia La Terra Borgese – nacque a Firenze nel 1500. Dal padre, fabbricante di strumenti musicali, ereditò l’abilità manuale.

Fin dall’infanzia si fermava davanti alle botteghe degli orefici, attratto dal ticchettio dei martelletti, dal soffiare dei mantici, dall’incandescenza delle braci.

S’infilava dentro per vedere lo splendore che i tagliatori di gemme traevano dalle pietre preziose ancora grezze e per osservare gli artigiani che lavoravano l’oro nella sua infinita e lucente duttilità.

 

Ben presto si fece assumere come apprendista in una delle botteghe – continua Battaglia La Terra Borgese -.

Questo scatenò un finimondo perché Cellini padre aveva deciso in cuor suo che Benvenuto dovesse diventare un musicista. È vero che quelle agili piccole dita sul flauto sapevano far sgorgare lacrime di gioia dai teneri occhi paterni.

Ma Benvenuto non era il tipo da esercitarsi con le scale tutto il giorno.

Per sfuggire alle odiate note scappava di casa e stava via parecchi mesi di seguito, guadagnandosi la vita come apprendista orefice nelle città vicine.

A 19 anni, avendo litigato più del solito col padre, s’incamminò a piedi per Roma, dove si diceva che il papa era prodigo di oro con gli artisti come le fontane della città erano prodighe d’acqua.

 

Il suo primo lavoro a Roma – riferisce Battaglia La Terra Borgese – consisté nell’adornare uno scrigno d’argento per un cardinale.

Lo fece in bassorilievo, decorandolo molto più di quanto non gli fosse stato ordinato, con fogliami intrecciati, frutta, putti e maschere grottesche. Il maestro della bottega era così fiero di questo scrigno che lo mostrò a tutta la città.

E ancor più fiero fu Benvenuto di mandare il compenso che gli spettava al padre, che continuò a mantenere generosamente finché visse. Poiché la mano di Cellini era pronta a dare come a colpire; durante tutta la sua vita di lavoro indefesso mantenne non solo una sorella vedova con sei figli ma anche un’altra famiglia in miseria che non aveva nessuna parentela con lui e molti giovani artisti e modelli.

 

A Roma guadagnò largamente e in breve ebbe una bottega sua. Da questa uscirono anelli, cammei e spille di squisita fattura, coltelli e pugnali dal manico intarsiato, cinture d’argento per le spose e una brocca d’oro per un vescovo.

Cellini fece anche fucili, per suo proprio uso, perché era schiavo della  violenta e persistente passione di andare a caccia di folaghe nelle paludi intorno alla Città Eterna.

 

Fu un colpo da maestro – precisa Paolo Battaglia La Terra Borgese – che dette inizio al susseguirsi delle eccitanti avventure di Benvenuto Cellini. Nel 1527 Roma era assediata dalle forze dell’imperatore Carlo V, al comando del connestabile di Borbone.

Cellini, che era volontario nel corpo di guardia sulle mura, scrutando attraverso la nebbia vide un gruppo di nemici che si avvicinava. Puntando l’archibugio uccise il capo del gruppo con un solo colpo.

Cellini racconta che questi, come si vide poi, era il connestabile in persona. Pura vanteria? La storia ci dice che proprio in quel giorno il connestabile fu ucciso da una sentinella sconosciuta.

 

Dopo di ciò Benvenuto Cellini ebbe il comando delle artiglierie sul mastio di Castel Sant’Angelo. Lo stesso papa Clemente VII, venne fuori a osservare la mira del Cellini che martellava le trincee del nemico.

Per un mese, con gioia a metà puerile e a metà diabolica, Benvenuto dimenticò la sua arte delicata – dichiara Battaglia La Terra Borgese –.

 

Il Critico prosegue: Finita la guerra, Cellini fu nominato maestro della Zecca Vaticana. Oltre a ciò foggiò una quantità di splendidi ornamenti per i dignitari della Chiesa. Un bottone per il piviale pontificio richiese anni di lavoro.

Grande come un piattino, raffigurava Dio Padre circondato da 15 angeli in oro sbalzato, e c’erano incastonati smeraldi, zaffiri, rubini e un magnifico brillante. Quest’oggetto fece parte del

tesoro vaticano per 250 anni, ma fu poi unito alla «indennità» pretesa da Napoleone Bonaparte nel 1797 e mani vandaliche ne estrassero i gioielli e ne fusero l’oro.

 

Non bisogna però credere che la vita di Benvenuto fosse tutta spesa a lavorare per la Chiesa – avverte Battaglia La Terra Borgese -.

Una volta gettò via il cesello per seguire un bel visetto siciliano fino a Napoli. Le modelle dell’artista Cellini, sembravano essere irresistibili per l’uomo Benvenuto.

 

Nell’odio era ardente come nell’amore. Quando il fratello fu ucciso in una rissa, Benvenuto non pensò neppure a chiamare i custodi dell’ordine: a che sarebbe servito, visto che l’uccisore era un caporale delle guardie della città?

«Presi a vagheggiare quello archivitabusiere» dice Benvenuto «come se fosse stato una mia innamorata.» Infine in un vicolo buio col pugnale si fece giustizia.

 

Alla morte del vecchio papa – racconta il critico d’arte Battaglia La Terra Borgese -, prima che fosse eletto il nuovo, a Roma non c’era altra legge fuorché l’anarchia.

Un orefice del Vaticano, suo rivale, di nome Pompeo, si mise in cerca del Cellini con dieci armati.

Benvenuto s’imbatté in questi per la strada. Nella zuffa uccise Pompeo con una pugnalata e mise in fuga i suoi scherani.

Ma la figlia di Pompeo andò sposa a un amico intimo di Pier Luigi Farnese “nipote” del nuovo papa, e per sua istigazione il Cellini veniva continuamente perseguitato.

Un assassino còrso gli tese un agguato, sicari lo seguirono a Venezia, un’altra banda lo costrinse a fuggire di notte.

Riuscì sempre a cavarsela. Ma nel 1537 fu arrestato per ordine del papa. Fu chiuso in una cella «dove fu decisa la mia morte» come egli dice.

 

Con grande astuzia – nota Paolo Battaglia La Terra Borgese – preparò la fuga. Prima rubò delle tenaglie a un operaio del carcere.

Quando i suoi apprendisti gli portarono delle lenzuola pulite, nascose quelle sudice nel materasso.

Con le tenaglie estrasse quasi tutti i chiodi dai cardini di ferro della porta lasciandone appena quanti bastavano per tenerla a posto.

Ci vollero parecchie settimane per tirarli fuori e contraffare le borchie con della cera di candele mista a ruggine onde trarre in inganno i carcerieri.

Quando tutto fu pronto s’inginocchiò e rimase a lungo in preghiera.

 

Rimanevano soltanto due ore di oscurità quando estrasse gli ultimi chiodi dai cardini e sgusciò fuori dalla cella.

Si attorcigliò sulla schiena le strisce di lenzuola annodate, usci sul bastione e di lì si calò nel cortile.

 

La notte volgeva al termine e Benvenuto – riferisce Battaglia La Terra Borgese – spiava le sentinelle aspettando il momento opportuno per superare il muro esterno.

Arrampicatosi su questo con l’aiuto di una pertica che aveva trovato per caso, assicurò le lenzuola rimaste a una pietra in cima al muro e iniziò la discesa verso la libertà.

Ma o le lenzuola o le sue mani esauste cedettero, perché Cellini cadde e si ruppe una gamba.

La legò stoicamente e si trascinò fino alla porta della città; era ancora chiusa, ma il Cellini riuscì a rimuovere una grossa pietra da sotto la porta e a infilarsi in quel buco nonostante i dolori strazianti.

Passata la porta fu assalito dai cani da difesa. Ma un servitore del cardinale Cornaro di Venezia lo riconobbe e lo portò al palazzo del suo padrone.

 

Disgrazia volle – fa notare Battaglia La Terra Borgese – che il cardinale desiderasse una sede vescovile per un suo amico e che il pontefice non gliela volesse concedere.

Così fu concluso un patto: il cardinale ottenne il vescovado e il papa riebbe il suo prigioniero.

Questa volta il Cellini fu chiuso in una segreta nei sotterranei di Castel Sant’Angelo: una fossa piena d’acqua, in cui egli giacque in delirio per parecchi giorni.

 

Ma allora, al palazzo di Fontainebleau in Francia, il re Francesco I aveva espresso il desiderio di avere come orefice di corte questo Benvenuto Cellini del quale aveva sentito fare tanti elogi. Un altro cardinale influente parlò in suo favore al papa.

Così dalla sua immonda cella il Cellini fu trasportato alla corte più brillante d’Europa – afferma Battaglia La Terra Borgese -. Qui gli furono dati splendidi appartamenti, un gruppo di aiutanti e ricevette un’ordinazione dopo l’altra per opere di grande impegno, d’oro, d’argento e di bronzo, tra cui una «saliera» d’oro – in realtà è un centro da tavola per banchetti – che è oggi il vanto di un museo di Vienna

 

Il re e la regina, il cardinale e i nobili venivano spesso a visitare la sua bottega sempre attiva.

Tutto prometteva bene.

Ma Cellini aveva fatto i conti senza la favorita del re e, sebbene fosse un esperto adulatore, aveva trascurato di richiedere l’opinione di quest’ultima. In seguito alla sottile opposizione che lei gli mosse – afferma Battaglia La Terra Borgese -, Cellini poté portare a compimento ben poco di ciò che aveva progettato per Francesco I, e nel 1545, deluso, tornò a Firenze e divenne il protetto del duca Cosimo I, ben noto patrono delle arti.

Cosimo suggerì a Benvenuto di scolpire una statua di Perseo, il leggendario eroe greco che uccise Medusa, la Gorgone anguicrinita (che ha serpenti al posto dei capelli, ndr) che impietriva chiunque la guardasse.

 

Cellini fece un modello dopo l’altro, di cera, di stucco, di marmo. Infine, dopo nove anni, riuscì a compiere una figura più grande del vero, che lo soddisfece – lo elogia così Paolo Battaglia La Terra Borgese -.

Ora si trattava di gettarla in bronzo! Questa era una delle operazioni più difficili che la scultura avesse mai tentato fino allora. Cellini doveva progettare da sé le fornaci e le forme, ed escogitare le leghe. Il duca scosse la testa e predisse un disastro.

 

Ecco come il Cellini – riporta il Critico – racconta la sua impresa, forse la più appassionante di tutta la sua vita.

 

«Alla fine gridai che fosse accesa la fornace. I tronchi di pino vi erano accatastati e la fornace lavorava tanto bene, che io fui necessitato a soccorrere ora da una parte e ora da un’altra per alimentarla.

Non resistevo più e mi saltò addosso la febbre, per la qual cosa io fui sforzato andarmi a gittare nel letto.

Quando due ore dopo tornai nella bottega trovai tutto rappreso il metallo e il tetto della bottega in fiamme.

Mandai sul tetto a riparare al fuoco e dissi a due manovali che andassino a prendere una catasta di legne di quercioli giovani, e quando queste presono fuoco, oh come quel metallo rappreso si cominciò a schiarire, e lampeggiava in quel terribile fuoco.»

 

«In un tratto è si sente un romore con un lampo di fuoco grandissimo. Mi avvidi che il coperchio della fornace si era scoppiato e il bronzo si versava fuori. Subito feci aprire le bocche della mia forma. Ma veduto che il metallo non correva con quella prestezza ch’ei soleva fare, forse per essersi consumata la lega per virtù di quel terribile fuoco, io feci pigliare tutti i mia piatti e scodelle e tondi di stagno, i quali erano in circa dugento, e a uno a uno li gittai drento. In tal modo riuscii nell’intento e ora il mio bronzo s’era benissimo fatto liquido e la forma si empiva. Quando vidi il mio lavoro compiuto m’inginocchiai, e con tutto il cuore ne ringraziai Iddio.»

 

La statua di Perseo – spiega Paolo Battaglia La Terra Borgesefu posta in una loggia in Piazza della Signoria nel cuore di Firenze. Là si erge oggi, nel bronzo immortale il vigoroso eroe che solleva la testa di Medusa.

 

Con questa sola opera Cellini prese posto tra i grandi scultori. In questo periodo fecondo fece altri lavori in bronzo e in marmo: busti, figure mitologiche e un grande crocifisso per la propria tomba (pur tuttavia aveva ucciso umani e altri animali).

 

Con l’avanzare degli anni, quest’uomo che aveva vissuto così felicemente seguendo i suoi principi, pian piano si conformò a quelli del resto dell’umanità.

A 64 anni sposò la sua domestica e cominciò ad allevare i propri figli in stato coniugale. Laddove un tempo aveva elargito le sue sostanze liberamente, ora ascoltò il parere dei savi e le investi… e così perse tutto (banchieri dell’epoca).

 

Il 13 febbraio 1571 le avventure terrene di Benvenuto Cellini ebbero termine. Eppure continuano per sempre, poiché ogni generazione le riscopre nella sua scintillante autobiografia. Per quasi due secoli il manoscritto fu perduto.

Quando venne alla luce e fu pubblicato tutta l’Europa ne rimase affascinata. Goethe, che lo tradusse in tedesco, dichiarò che costituiva un miglior quadro di quei tempi che non qualunque rigoroso testo storico.

Dumas lo divorò e poi offrì al mondo il suo allegro cavaliere D’Artagnan, il capo dei Tre Moschettieri. Da allora in poi la figura di un intrepido spadaccino, burlone, rubacuori e femminaro è balzata da cento libri ed è comparsa su mille schermi.

Il primo di tutti era stato Benvenuto Cellini – chiude così, Paolo Battaglia La Terra Borgese il suo Cellini-.




Vannacci e Regione Lombardia già in armonia da anni…

La stampa e altri  media hanno più volte ripotato in questi giorni affermazioni attribuite ad un candidato alle prossime elezioni europee, oltre che autore di un recente libro bestseller nelle librerie italiane, in merito all’introduzione nel sistema di istruzione e formazione di “classi per disabili”. 

Il tema è stato altresì oggetto di una mozione presentata nella seduta del  7 maggio 2024 del Consiglio Regionale della Lombardia  fortemente critica circa la previsione di percorsi per classi di alunni disabili, ritenendoli discriminatori. 

In verità l’ipotesi attribuita al noto candidato, come riportata dai media, non è una novità, per lo meno nel sistema di Istruzione e formazione della Lombardia.

Già la Legge regionale 95/1980 (cd Legge Hazon, dal nome dell’Assessore regionale a maggioranza centrosinistra) prevedeva all’art. 56 l’opportunità di istituire corsi triennali/quadriennali rivolti a classi composte da soli allievi disabili, al fine di meglio consentire l’integrazione sociale e lavorativa degli allievi.

Successivamente, a  seguito della Legge Regionale 19/2007 di riforma della precedente 95/80, la Regione Lombardia ha continuato a prevedere (da ultimo con il decreto 17106 del  2 novembre 2023, in attuazione  della D.G.R. n. 576/2023 ) nel sistema di Istruzione/ formazione di propria competenza  corsi triennali  per allievi con disabilità, finalizzati alla formazione di giovani che, per natura e caratteristiche della disabilità, non sarebbero nelle condizioni di raggiungere agevolmente il successo formativo all’interno dei normali percorsi di IeFP  .

Tali  corsi , con una durata per ciascun anno formativo di minimo 600 ore e massimo 990 ore ed una dotazione finanziaria di euro 11.350.000,00 per il corrente anno formativo, consentono, secondo l’Amministrazione regionale di  sviluppare e potenziare le capacità cognitive, le conoscenze, le competenze professionali e le abilità possedute dagli studenti, nonché a favorire il loro inserimento socio-lavorativo oltre a garantire l’assolvimento del diritto-dovere di istruzione e formazione.

In sintesi, la previsione di percorsi formativi personalizzati rivolti a particolari allievi disabili svolti per gruppi classe non è considerata discriminatoria, per lo meno in Lombardia, anzi lo sarebbe il contrario, atteso che priverebbe questi allievi dell’ opportunità di un’effettiva  integrazione sociale e lavorativa .

Questa è la finalità sulla quale, secondo gli Amministratori regionali lombardi, deve essere  prioritariamente traguardata l’azione formativa, superando ogni “assolutismo” fondato su presunzioni  ideologiche,  che si rileverebbero a discapito degli interessi reali delle persone con disabilità.

La previsione di detti percorsi personalizzati non esclude ovviamente altre traiettorie, laddove ritenute più idonee al raggiungimento dello scopo, in ragione delle diverse specifiche condizioni dell’allievo.  

L’unicità sta nello scopo – l’ottimale integrazione sociale e lavorativa-  non nelle traiettorie per il suo conseguimento. 

Per la cronaca: la maggioranza del Consiglio regionale lombardo, rivendicato, a suo dire, il successo delle politiche per l’istruzione e formazione formative  intraprese da anni e  super partes, non ha accolto la mozione contraria alla previsione di percorsi personalizzati per gruppi classe di disabili.

 

DG Marco Ugo Filisetti

 

LEGGE REGIONALE N. 95/1980

 

Decreto 17106  2 novembre 2023 PERCORSI PERSONALIZZATI PER ALLIEVI DISABILI

ALLEGATO A L’Avviso è finalizzato a realizzare l’offerta formativa del sistema regionale di istruzione e formazione professionale (di seguito “IeFP”), in attuazione della D.G.R. n. 576/20

Soggetti destinatari A4 c) Percorsi personalizzati per allievi con disabilità (PPD)

dotazione finanziaria : euro 11.350.00,00 ;

 




Trump: Siamo al fianco della Polonia

Rileviamo e pubblichiamo tradotto, per Vostra migliore fruizione, una “notizia” che difficilmente si potrà leggere in Italia, ma che certamente deve fare riflettere.
Le fonti… Sono indiscutibili, il contenuto… Fa sorgere la domanda che lasciamo alla Vostra …

Trump dice ‘Siamo al fianco della Polonia’ durante l’incontro con il Presidente Duda.

Pubblicato il18 aprile 2024 alle 10:34
Market Screener

Il Presidente polacco Andrzej Duda ha discusso dell’Ucraina e del Medio Oriente con il candidato repubblicano alla presidenza Donald Trump durante un incontro a New York mercoledì, durante il quale l’ex Presidente degli Stati Uniti ha detto di essere “al fianco della Polonia fino in fondo”.

Duda, il cui mandato scade nel 2025, è stato uno dei partner internazionali preferiti di Trump durante la sua presidenza 2017-2021 e i due si sono descritti come amici.

Al contrario, molti altri leader europei sono da tempo nervosi per il fatto che una seconda presidenza Trump significherebbe una diminuzione del sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina, vicino orientale della Polonia, e all’alleanza militare della NATO.

“Il popolo polacco lo ama (Duda)… e non è una cosa facile da realizzare, ma ha fatto un lavoro fantastico ed è mio amico”, ha detto Trump ai giornalisti mentre Duda arrivava alla Trump Tower.

“Siamo al fianco della Polonia fino in fondo”, ha aggiunto.

La campagna di Trump ha dichiarato in un resoconto dell’incontro che hanno discusso la proposta di Duda che i membri della NATO spendano almeno il 3% del loro prodotto interno lordo (PIL) per la difesa.

L’obiettivo minimo attuale è del 2%.

“Hanno anche discusso della guerra tra Russia e Ucraina, del conflitto con Israele in Medio Oriente e di molti altri argomenti che hanno a che fare con il raggiungimento della pace nel mondo”, ha detto la campagna.

Dopo la cena, Duda ha detto che è stato “un incontro amichevole in un’atmosfera molto piacevole”.

Trump, che è sotto processo a New York per le accuse di aver coperto un pagamento di ‘denaro segreto’ all’attrice pornografica Stormy Daniels, probabilmente affronterà una gara serrata contro il Presidente Joe Biden, un democratico, nelle elezioni presidenziali di novembre.

Duda si trova a New York per partecipare alle Nazioni Unite e venerdì si recherà in Canada.

 

https://it.marketscreener.com/notizie/ultimo/Trump-dice-Siamo-al-fianco-della-Polonia-durante-l-incontro-con-il-Presidente-Duda-46465920/




Fine dell’impunità

Da Venezia si eleva forte un appello ecumenico “Serve un cambio di paradigma per una società più civile che faccia dell’Uguaglianza un principio concretizzato nei fatti. “
SERVE LA FINE DELL’IMPUNITA’, che è il titolo del libro di Isabelle Rome uscito di recente in Francia!

Isabelle Rome da Parigi e Paola Bergamo da Venezia stringono una alleanza e si uniscono in battaglia per uno scatto di civiltà che riguarda di fatto diritti universali e l’intera umanità!
Guardano ciascuna al proprio paese ma con spirito di donne europee!

“Anche solo accettare commenti e comportamenti sessisti sono tutte forme di “anticamera” della violenza!”

C’è troppa violenza di genere, troppa violenza sulle donne: violenza psicologica, violenza fisica, violenza “trasparente” che poi è l’anticamera del femminicidio! Serve una rivoluzione giuridica e giudiziaria! SERVE LA FINE DELL’IMPUNITA’


 

L’11 aprile 2024, un luogo fortemente simbolico e suggestivo, l’aula di giustizia del Tribunale Penale di Venezia, dove di solito si celebrano i processi, si è trasformata per l’occasione sede di convegno.  Gremita da un folto e attento pubblico tra numerosi addetti ai lavori, avvocati penalisti e magistrati, ma anche persone accorse per un semplice interesse è stato trattato approfonditamente il tema della violenza di genere, della violenza sulle donne e del femminicidio, lanciando un importante “appello ecumenico” dalla città lagunare: “Ora basta!  Serve la fine dell’impunità!”.

Isabelle Rome, ospite d’onore, paladina questa battaglia,  è giunta a Venezia direttamente da Parigi, dopo una tappa a Novara e un’altra a Milano,  per l’evento organizzato dal Centro Studio MB2, Monte Bianco – Mario Bergamo,  per dare un tetto all’Europa sotto la Presidenza di Paola Bergamo. L’ importante magistrato di Francia, Alto Funzionario del Ministero di Giustizia di Francia, già Ministro dell’Uguaglianza di genere, della diversità e delle pari opportunità di Francia e oggi Primo Presidente di Camera della Corte d’Appello del Tribunale di Versailles ha sottolineato come solo lo strumento coercitivo possa incidere sulla società al fine di porre rimedio ad una piaga socio-culturale frutto di una visione ancora troppo maschilista della società. Ha portato l’esempio di quello che accade nell’ordinamento giuridico in Francia in tema di violenza di genere, violenza psicologica, violenza fisica fino al caso estremo del femminicidio. Ha descritto  come interviene l’ordinamento francese, che pur agendo con forza al fine della prevenzione e del contrasto del femminicidio tuttavia non ha ancora riconosciuto questa fattispecie come reato.
Riconoscere invece il femminicidio come reato , insistendo sulla drammaticità del fatto che si connota per  la soppressione di una persona perpetrata proprio per il suo sesso, cioè perché donna, sarebbe prezioso strumento per perseguire i colpevoli, per un piena  certezza della pena, per una maggiore efficacia della sanzione e chiarire una volta per tutte che non è più ammissibile l’assenza di punizione. Solo questa è la via da percorrere per porre rimedio alla tanta violenza di genere che funesta le nostre società e che  è grande  emergenza umanitaria. Accettare commenti e comportamenti sessisti sono tutte forme d’  “anticamera” della violenza. Isabelle Rome ha confermato che nella sua lunga carriera di magistrato, ha constatato che le vittime, spesso per mesi o addirittura anni, hanno subito violenza psicologica, prima di venire uccise. Questo avviene secondo uno schema, uno scenario ripetitivo: isolamento, denigrazione, molestie, gelosia eccessiva, minacce volte a esercitare un controllo, un dominio sull’altro.

Paola Bergamo, indossando metaforicamente la “toga”, ha arringato con forza, da quel banco giudiziario, dove si enuncia forte che “La legge è uguale per tutti!” con un’ analisi- processo sulla  società. Nel richiamare anche la memoria storica del PRI, ha ricordato che più di un secolo fa già suo Nonno, Mario Bergamo, ultimo Segretario del Partito Repubblicano sotto la Monarchia, nella sua poderosa bibliografia politica aveva messo tra le priorità delle questioni sociali e di giustizia sociale, proprio la questione femminile, con un libro del 1913 dal titolo “Parola alle donne”, parlando di uguaglianza, prevaricazione e necessità di emancipazione invitando le donne e gli uomini a una lotta di libertà.
Paola Bergamo ha sottolineato con forza che quella che si registra oggi non è solo una emergenza giuridica ma è una emergenza sociale: nel 2023 sono stati ben 42 i femminicidi in Italia e dall’ inizio dell’anno sono già 14 mentre nel mondo ci sono ben 144 femminicidi al giorno! Una piaga che trova le radici nella struttura stessa della società, frutto di una costruzione secolare basata sul modello del potere maschile predominante e prevaricatore su quello femminile. Nonostante i tanti passi avanti fatti, finché perdura questo modello non ci sarà mai vera uguaglianza tra uomini e donne. Non si tratta certo di innescare una lotta di genere ma è necessario porre fine al machismo. In questa battaglia i migliori alleati delle donne dovrebbero essere proprio gli uomini, il che comporta  un necessario cambio di paradigma socio-culturale e giuridico per una rivoluzione che se s’impone giuridica e giudiziaria serva a  far scattare, come spesso sottolinea la sociologia del diritto, una necessaria rivoluzione e progresso sociale . “Non otterremo mai una reale uguaglianza tra donne e uomini e non garantiremo mai alle donne la dignità che meritano finché le nostre società resteranno minate dalla violenza contro le stesse. La violenza, sia psicologica, sia fisica, sia sessuale, sia essa “trasparente”, la più insidiosa, rende necessario un incisivo controllo coercitivo”! Questo è l’appello congiunto di Isabelle Rome con Paola Bergamo.

Se oggi la Giustizia italiana interviene efficacemente avendo attivato  il “Codice Rosso”, dando quindi una priorità per la trattazione giudiziaria dei casi di stupro, violenza e femminicidio, resta il fatto che in Italia, come del resto in Francia, il femminicidio non è contemplato dal codice penale.  Il Codice Rosso, poi,  è stato attivato a costi invariati, cioè a costo zero. Ed è quindi chiaro che tutto ciò comporta un surplus di lavoro per i tribunali spesso già oberati di immenso lavoro e che, cercando di dare una risposta immediata a questi casi, produce purtroppo, gioco forza, per la scarsità di mezzi e personale,  il rallentamento di altri casi e processi da trattare. Sono quindi auspicabili più investimenti sulla Giustizia.

Lo strumento repressivo che colpisce chi devia dalle regole della società, diviene prezioso e insostituibile strumento per incidere sulla società, su un suo necessario cambiamento, in quel rapporto di reciproca influenza, come ben spiega la sociologia del diritto, in quel rapporto di reciproca influenza per cui il diritto influenza l’azione sociale e a sua volta ne viene influenzato.

Isabelle Rome a Paola Bergamo entrambe si sono dichiarate “sorelle” unite in battaglia, nel nome dell’Uguaglianza, della Dignità della persona, della Giustizia Sociale e della Libertà, guerriere certe nel nome delle loro Nazioni ma da  convinte Europeiste.

 

Da Paola Bergamo – <span class=”update-components-actor__description
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          t-12 t-normal
          "><span aria-hidden="true">Presidente presso Centro Studi MB2</span></span></a></span>



Valditara firma ma va contro la legge.

 

l Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha firmato il decreto che stanzia 400 milioni di euro per finanziare attività di inclusione, socialità e potenziamento delle competenze per il periodo di sospensione estiva delle lezioni. che prevedono, in particolare , attività, sportive, musicali, teatrali, ludiche e ricreative.

L’utilizzo delle risorse (400 mln ) di cui al DM Istruzione 11 aprile 2024 n. 72 Valditara  deve essere programmato con gli Enti Locali ai sensi del comma 22 dell’art.1 della Legge 107/2015  (Le Istituzioni scolastiche e gli Enti locali promuovono…anche in collaborazione con….) ed in particolare con i Comuni titolari della competenza in merito alle funzioni sociali, ricreative etc. di cui trattasi ai sensi sensi dell’art. 13 del TUEL (“Spettano al Comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale , precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona ed alla comunità…”) .

La programmazione congiunta è dovuta al fine di evitare sovrapposizioni con le analoghe iniziative (Centri ricreativi estivi ….etc.) proprie dei Comuni ed esclusioni nella coperture del bisogno espresso dai Comuni quali rappresentanti del territorio, laddove l’impiego delle risorse fosse rimesso alla mera discrezionalità delle scuole. 

Resta inoltre il dubbio sulle ragioni per cui gli insegnanti – e solo gli insegnanti – che sono in servizio e retribuiti durante la sospensione delle attività didattiche come il restante personale scolastico, debbano, stando a quanto dichiarato dal Ministro, essere ulteriormente remunerati per poter svolgere le attività programmate dalla scuola nel periodo di sospensione delle attività didattiche , nell’ambito delle funzioni proprie .

Legge 107/2015 art.1 comma 22. “Nei periodi di sospensione dell’attività didattica, le istituzioni scolastiche e gli enti locali, anche in collaborazione con le famiglie interessate e con le realtà associative del territorio e del terzo settore, possono promuovere, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, attività educative, ricreative, culturali, artistiche e sportive da svolgere presso gli edifici scolastici.




Papà Francesco: deriva di destra?

Ma cosa sta succedendo a Papa Francesco?

Svolta a destra?

Torna ai “valori non negoziabili” che aveva quasi disprezzato?

Diventa di colpo “ratzingeriano”?

Si è reso conto che dopo “Fiducia Supplicans”, sulle benedizioni alle coppie irregolari e coppie gay, sta rischiando di perdere la stima e il seguito di milioni di fedeli?

Sono le domande legittime che in molti si sono posti dopo l’uscita, qualche giorno fa, del nuovo documento “Dignitas Infinita” che affronta diversi temi etici e sociali attorno ai quali si sviluppa la contesa politica in ogni parte del mondo: parliamo di aborto, maternità surrogata, teoria del “gender”, suicidio assistito, eutanasia, transessualismo, insieme a temi più “sociali” quali guerra, povertà, migranti, violenza alle donne, tratta di esseri umani, discriminazioni etniche, religiose ecc.

Conoscendo Papa Francesco come lui stesso si è fatto conoscere da undici anni a questa parte, suscita una certa curiosità questa uscita magisteriale a firma del prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, card. Victor Manuel Fernandez, nella quale sembra di essere tornati “quasi” all’epoca di Papa Ratzinger che insisteva nell’annuncio di quei valori della dignità umana che venivano e vengono ancora oggi (anzi oggi più che mai) contrastati dal pensiero “progressista”: la vita che si pretende di interrompere e manipolare a piacimento, il sesso che non è più considerato un dato biologico nativo immodificabile, ma si ritiene che possa essere considerato una variabile sostituibile col “desiderio” di essere nel sesso opposto (vedi leggi che puniscono chi rifiuta di chiamare al femminile un maschio che “si sente donna”, o viceversa, tipo la recente legislazione scozzese).

Insomma, siamo entrati nel regno della totale ambiguità e dell’oscuramento delle sicurezze che per millenni avevano garantito la stabilità del genere umano: i maschi sono maschi, le femmine sono femmine, si nasce da un uomo e una donna, la morte è un fenomeno (purtroppo) iscritto nella natura e nessuno può e deve provocarla, favorirla, ispirarla perché – lo dicono la quasi generalità delle culture religiose – la vita appartiene in ultima analisi a Dio che ce la ha donata e solo Lui può decidere quando togliercela.

Questo nuovo documento “Dignitas infinita” può essere facilmente ritrovato nel sito internet del Vaticano (vatican.va) e ognuno potrà leggere quanto il Papa pensa sull’aborto, sul gender, sul suicidio assistito e via discorrendo.

Verrebbe da dire che – finalmente! – il Papa torna a fare il Papa, dice “cose cattoliche” invece che inseguire – come ha fatto sin dalla sua elezione con le prime intervista a Scalfari su “Repubblica” (le ricordate?) – la cosiddetta “agenda progressista” pompata dagli ambienti di sinistra di mezzo mondo, Italia compresa.

Occorre però stare attenti: il Papa argentino non è un personaggio che tanto facilmente cambia idea.

Possibile che voglia rinunciare alle sue posizioni espresse sin da subito, tipo “chi sono io per giudicare?” alla domanda se il comportamento gay sia da condannare?

Che non intenda arretrare, lo dimostrano le dichiarazioni del card. Fernandez proprio riguardo al catechismo e alla definizione dell’atto omosessuale come “intrinsecamente disordinato” e quindi gravemente peccaminoso.

Fernandez ha glissato, di fatto confermando che sulla omosessualità non si torna indietro e si va verso una progressiva “normalizzazione” (cioè che sia un fenomeno naturale da accettare, e non più un grave peccato da condannare).

Francesco, del resto, con questo nuovo documento non ha rinnegato la dichiarazione “Fiducia supplicans” sulla benedizione delle coppie gay, ma più semplicemente ha “corretto il tiro” per ingraziarsi quella ampia fetta di dignitari vaticani (cardinali, vescovi, teologi) che avevano rumoreggiato all’uscita del primo documento che pareva distruggere duemila anni di insegnamenti morali della Chiesa.

Il Papa sa bene che non può tirare troppo la corda, ha capito che lo aveva fatto e che la sollevazione popolare dei fedeli, guidati da preti e vescovi che hanno deciso di uscire allo scoperto, poteva diventare per lui troppo pericolosa.

Il suo pontificato, proseguendo su quella via così “disruptive” (direbbero gli americani) avrebbe potuto passare alla storia come una sorta di grande eresia da dimenticare o addirittura poteva spaccare in due la Chiesa con uno scisma (vedi protesta di tutti gli episcopati africani) lasciando di lui un ricordo triste e deplorevole, quasi una specie di novello “Papa Borgia” dei nostri tempi, proclive a benedire tutti i peccati, specie i più gravi perché condannati dai Dieci Comandamenti.

Insomma, il consiglio è di leggere questo documento, meditarlo e vedere se i “valori non negoziabili” di sempre vi sono davvero contenuti.

Quello che tutti i fedeli sinceri esigono da Papa e Vescovi è che non siano ambigui: se dicono “sì” sia “sì”; se dicono “no” sia “no” … perché il Vangelo prosegue: “… tutto il resto viene dal demonio”.

E allora avanti con la chiarezza delle posizioni, se questo è lo spirito del documento, senza piegarsi alle attese e alle pressioni del mondo!

Il Credente


Per consultare il documento vedere:

vatican.va

oppure Ecco “Dignitas infinita” – Aldo Maria Valli




VENEZIA 11 APRILE: IMPORTANTE CONVEGNO SU “VIOLENZA DI GENERE – LA FINE DELL’IMPUNITA’ “

 

VIOLENZA DI GENERE – LA FINE DELL’IMPUNITA’

Venezia 11 aprile 2024 ore 15.00
presso la “Cittadella della Giustizia” di Piazzale Roma
Tribunale Penale di Venezia

Un incontro di livello assoluto è quello in programma a Venezia,  giovedì 11 Aprile alle ore 15.00 presso il modernissimo Tribunale Penale di Piazzale Roma che, per l’occasione, aprirà le porte non solo a professionisti della materia ma anche al pubblico che già si prevede notevole su un tema scottante: “La violenza di Genere – La fine dell’Impunità” con la partecipazione straordinaria di Isabelle Rome, Magistrata di Francia, già Ministro per l’Uguaglianza di Genere e le Pari Opportunità del governo francese, e oggi Primo Presidente di Camera della Corte d’Appello di Versailles.

L’evento di Venezia, chiude la trasferta di tre giorni in Italia dell’importante Magistrata francese protagonista sia a Novara che Milano e ora a Venezia di una battaglia di giustizia e libertà contro la violenza di genere.

L’evento è stato fortemente voluto da Paola Bergamo, Presidente del Centro Studi MB2, Monte Bianco – Mario Bergamo per dare un tetto all’ Europa, in co-organizzazione con il Tribunale Penale di Venezia nella persona del Presidente dei GIP Luca Maria Marini.

Non è la prima volte che Isabelle Rome e Paola Bergamo conducono insieme una battaglia di giustizia e uguaglianza e, nel comune sentire europeista, intendono, anche in una comparazione tra ordinamenti giuridici, segnare la via per porre rimedio ad un problema grave, che non ha certo confini nazionali, e che funesta, sul piano socio culturale la società. Diventa perciò fondamentale e urgente individuare i percorsi che vedono proprio nello strumento giuridico, non solo uno strumento preventivo, coercitivo e dissuasivo ma uno strumento capace di trasformare la società ponendo rimedio ad un grave allarme sociale, frutto di una costruzione secolare , basata sul modello del potere maschile sul femminile.

E’ appena stato pubblicato in Francia l’ultimo libro di Isabelle Rome, “La fine dell’Impunità”, che poi dà anche il titolo all’Evento di Venezia ed è ormai prossima anche l’edizione in Italia. Isabelle Rome è la paladina di una battaglia condotta per la tutela dei diritti delle donne, a favore dell’uguaglianza di genere, della fratellanza nonché della lotta contro la violenza non solo coniugale. La violenza contro le donne deve essere punita. Nessuno può restare impunito. Questo è il punto focale.
Per l’importanza dei temi trattati e per l’assoluto livello dei relatori l’incontro è stato adottato dall’Ordine Forense ed è valido per i crediti di formazione. 

Il Veneto, di recente, anche con il triste caso di Giulia Cecchettin, è salita alla ribalta per un dramma che ha tenuto l’Italia tutta con il fiato sospeso, e che, poi si è concluso con un tragico epilogo.

Accanto a Isabelle Rome, ospite d’onore dell’evento, ci sarà Salvatore Laganà per i saluti istituzionali e relatori, l’Avvocato penalista Silvia Masiero del Foro di Venezia, che si occuperà di Stalking, il Presidente Luca Maria Marini che tratterà di Tutela Preventiva e Giurisdizionale, l’Avvocato Gianni Di Santo del Foro di Roma che tratterà del diritto penale italiano in tema di violenza sulle donne. Conducono e moderano l’incontro Paola Bergamo, Presidente del Centro Studi MB2 e Luca Marini, Presidente dei GIP del Tribunale Penale di Venezia.

Si ringrazia l’artista Veneziano Tobia Ravà, co-fondatore con Paola Bergamo del Centro Studi MB2 ,  per aver concesso l’utilizzazione della sua opera “Anima Celeste”, in raso acrilico, per la veste grafica dell’Evento.

[Ingresso libero fino a esaurimento dei posti]

Nota: Si ringrazia la Dott.ssa Paola Bergamo – Presidente del Centro Studi MB2 Monte Bianco e animatrice del Circolo Culturale ‘La Caduta’ – per averci reso partecipi – grazie al Comunicato di cui sopra –  dell’eccellente iniziativa, arricchita dalla partecipazione straordinaria di Isabelle Rome, Magistrata di Francia, già Ministro per l’Uguaglianza di Genere e le Pari Opportunità del Governo Francese, e oggi Primo Presidente di Camera della Corte d’Appello di Versailles. 

A quanti plaudono al significativo e importante evento, si unisce anche l’ ‘Accademia di Alta Cultura’ per il tramite del proprio Presidente, Giuseppe Bellantonio.




Intelligenza artificiale e pratiche educative

L’impatto dell’intelligenza artificiale (AI) sull’istruzione è oggi un tema di grande attualità e rilevanza, perché porterà ad una vera rivoluzione delle pratiche educative tradizionalmente consolidate.
Con l’intelligenza artificiale potrà essere introdotto il cosiddetto APA – Apprendimento Personalizzato Adattivo, ovvero un apprendimento a misura di ogni singolo studente.
Ogni studente potrà avere accesso a piattaforme educative online per fruire di materiali didattici adattati ai suoi bisogni formativi e tenendo conto dei suoi ritmi di apprendimento. In uno scenario futuro lo studente potrà interfacciarsi a tutor digitali, anche con sembianze di robot antropomorfi, capaci di dare un’assistenza personalizzata in tempo reale, adattandosi alle sue esigenze personali, associandole a “data based” individuali.
Il tutor digitale sarà in grado di personalizzare i contenuti e di fornire “batterie” di attività graduate al fine del raggiungimento del miglior risultato con un approccio esclusivamente di tipo algoritmo e cognitivo.
Per imparare le tabelline potranno essere proposte batterie di esercizi, sempre più interattivi e volti a stimolare esperienze di apprendimento virtuali che simulino scenari del mondo reale o attuino percorsi di attività autentiche, riproposte in varie modalità, anche per eventuali esercitazioni e ripassi, fino al raggiungimento del risultato certo. A questo punto anche i libri di testo potranno essere sostituiti da lezioni sincrone e asincrone condotte da docenti virtuali. Anche nelle discipline pratico-professionali gli ambienti virtuali di apprendimento potranno offrire esperienze dirette, durante le quali studenti potranno applicare le conoscenze apprese in contesti simulati senza necessità di strutture fisiche reali.
Si potrà far ricorso anche all’intelligenza artificiale conversazionale, che si basa su piattaforme sviluppate per consentire alle macchine di comprendere e rispondere agli input del linguaggio naturale. Tra queste c’è Chat GPT, acronimo di Generative Pretrained Transformer, strumento di elaborazione del linguaggio naturale (o Natural Language Processing), che utilizza algoritmi avanzati di apprendimento automatico per generare risposte simili a quelle umane all’interno di un discorso. Criticità? Chat GPT è costruita sulla base di una architettura algoritmica di tipo probabilistico, ovvero le risposte del dispositivo sono effettuate sulla base di un preaddestramento attuato attraverso specifici algoritmi di apprendimento (machine learning).
Il dispositivo registra ricorrenze statistiche fra i vari token (parole) attraverso cui “riconosce” i testi del linguaggio naturale a cui è stato esposto e rileva che i correlati numerici di alcuni token si combinano più frequentemente con quelli di altri.
Alla domanda su quale sia il fiume più lungo d’Italia, il dispositivo risponde “Pò” non perché lo sappia (non solo non lo sa, ma non sa neanche cosa sta dicendo), ma perché ha registrato una grandissima quantità di casi in cui il token “Pò” ricorreva insieme ai token attinenti allo stesso campo semantico “il fiume più lungo d’Italia”. Per questo motivo, il dispositivo può proporre risposte esatte o risposte che vanno verificate dal docente, il cui ruolo assume nuovi e importanti significati. Il docente non sarà più colui che trasmette solo conoscenze, ma dovrà essere il regista dell’apprendimento, ovvero colui che predispone i nuovi ambienti e i nuovi strumenti digitali, quindi soprattutto sarà il mediatore all’interno di un nuovo ecosistema educativo digitale, di supporto e di facilitazione, mentre la tecnologia gestirà i compiti più routinari. Anche la valutazione dovrà trovare nuove forme di adattamento all’AI. Abbandonate le tradizionali valutazioni legate a singole prove di verifica, scritta-orale-pratico, la valutazione degli apprendimenti avverrà in modo continuo, attraverso l’analisi dei risultati registrati, garantendo così un feedback immediato e personalizzato.
Questo lo scenario della nuova scuola digitale. Tuttavia l’intelligenza artificiale dovrà però essere governata, trovando il giusto equilibrio fra dimensione digitale e dimensione umana, relazionale, emotiva per far sì che le nuove generazioni non si formino in un mondo solo mediato e artificiale, ma in un mondo reale e autentico.
Una scuola lasciata ad una disumanizzazione dei processi corre il rischio di essere una scuola alienante, per questo è fondamentale trovare il giusto equilibrio fra l’utilizzo dei nuovi strumenti e le forme di esperienze relazionali, di solidarietà e collaborazione, più importanti aspetti del processo di crescita che nessun algoritmo potrà mai essere in grado di gestire.
Certo il vento del progresso non può non coinvolgere la scuola per cui è urgente lavorare per lo sviluppo delle competenze digitali, senza tuttavia dimenticare le emergenze educative, che oggi sono molto diverse rispetto a quelle del secolo scorso. Se infatti non si riuscirà a trovare il giusto equilibrio tra “urgenze digitali” e “emergenze educative” l’ingresso dell’intelligenza artificiale sarà solo occasione di una ulteriore delegittimazione del ruolo educativo della scuola. Invece l’intelligenza artificiale potrà essere un preziosissimo strumento didattico, se saremo capaci di ridefinire il design di ciò che la scuola insegna, di come lo insegna, sì di ritrovare il senso pieno di una scuola che fa crescere le persone.
Ciò che l’Intelligenza artificiale non potrà replicare è il lato più nascosto dell’insegnamento: la relazione umana tra studente e docente. Difficile da percepire, perché la relazione umana è qualcosa che si crea nel tempo, che incontra ostacoli e mette alla prova le parti coinvolte, che costringe a misurarci con noi stessi e, cosa ancora più faticosa, a metterci in gioco quotidianamente come esseri umani.
Spesso, nella mia carriera di docente ho sentito colleghi lamentarsi dei propri studenti poco motivati, poco attenti, poco seri, poco intelligenti. Come se il nostro lavoro fosse restare sempre dietro la cattedra, aspettando che sia lo studente a rispondere alle nostre magiche aspettative.
Chi non vorrebbe una classe di studenti intelligenti, dotati, seri, volenterosi, pronti a recepire tutto ciò che proponiamo loro, pronti a gratificarci, a renderci tutto più facile, togliendoci dalle spalle quel peso, quella responsabilità enorme che è prepararli e istruirli?
La realtà è che noi ci troviamo davanti a ragazzi, che sono innanzitutto persone. Non numeri, non cognomi, non facce anonime che ci guardano assenti, ma persone. Spesso sono oppositivi, pigri, provocatori, disinteressati, disobbedienti. Persone imperfette e impregnate di esperienze e sensibilità diverse che condizionano il loro essere e, quindi, anche il loro “essere a scuola”.
È possibile calibrare il nostro modo di insegnare esclusivamente sulla base di uno studente ideale?
Prima di pensare agli ambienti di apprendimento virtuali, proposti da tutor digitali, è necessario instaurare un ambiente di conoscenza reciproca provando ad affiancare i ragazzi, cercando di capire chi sono, tentando di costruire un rapporto di fiducia e di ascolto.
La scuola è innanzitutto un ambiente di vita, ma è anche l’ambiente in cui si apprende. E l’apprendimento ha bisogno di passare attraverso la relazione umana.

Pio Mirra – DS IISS Pavoncelli, Cerignola FG




Cattolicesimo o Islam, dove va l’Italia?

 

E’ appena trascorsa la domenica delle Palme che celebra il festoso ricordo dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, accolto in maniera trionfante dai presenti che, per omaggiarlo, stendevano in terra i mantelli e sventolavano i rami tagliati dagli alberi.

Gesù, consapevole di andare incontro alla morte, ma fiero di quella accoglienza.

Una domenica, simbolo della pace, rappresentata dall’ulivo trasportato dalla colomba, che ricorda il racconto della Bibbia e, che vede Noè protagonista.

Questo racchiude la domenica delle Palme.

Ma, una strana domenica delle Palme, quella appena trascorsa, dove spirano forte i venti che vogliono allargare quelle guerre in atto allontanando sempre più la pace.

Sembrano lontani i tempi in cui le famiglie, con i bambini al seguito affollavano le chiese per far benedire i rami di ulivo e delle palme.

Oggi invece, non si riempiono le chiese, e nemmeno Piazza San Pietro a Roma, invasa forse da turisti mordi e fuggi, ma da pochi fedeli.

Poche le Palme e gli Ulivi benedetti.

Chissà se avrà influito a Roma quel blocco della circolazione, che appare e scompare a piacimento di chi ha deciso di dover limitare gli spostamenti delle genti.

Sarà causale o casuale la scelta della domenica delle Palme?

Che strana coincidenza.

E’ di sicuro una coincidenza, dovuta alla cagionevole salute di “Francesco” che per la prima volta, così asseriscono alcune fonti, non è stata letta l’Omelia alla fine del vangelo della Messa delle Domeniche delle Palme.

Ci ritroviamo così nella ricorrenza settimana della Passione e Morte di Gesù Cristo, che porterà alla Sua Resurrezione, domenica prossima.

Una settimana che dovrebbe concentrarsi, per fede, cultura, storia e tradizione, in quegli avvenimenti che hanno dato luce alla Cristianità ed al Cattolicesimo, e che, fino a qualche anno fa vedeva coinvolte famiglie, giovani, anziani, bambini, scuole ed istituzioni, pur nel rispetto della laicità dello Stato, come previsto dalla nostra Costituzione.

In tanti si chiedono dove son finiti quei momenti di riflessione che in questo periodo, iniziando già dalla scuola, venivano dedicati attraverso gli esercizi spirituali.

Si iniziava con il Segno della Croce e la Preghiera, rivolgendosi verso il Crocifisso.

Crocifisso che era presente in tutte le aule delle scuole e in ogni ufficio…

Ma qualcuno ha deciso che così non doveva essere, con il silenzio complice di chi sarebbe potuto intervenire, avendo gli opportuni titoli.

Sparito il Crocifisso, simbolo del Martirio e della Morte di Cristo, sparito il Presepe, simbolo della Nascita di Cristo, spariti gli esercizi Spirituali, sparite le festività Cristiane, sparita la Nostra cultura, per non offendere chi professa altre religioni, nella discutibile cultura di una inclusione forzata, unilaterale e forse non gradita.

Probabilmente, anche al più laico dei laici, la domanda verso dove sta andando l’Italia e non solo, nasce spontanea.

A rafforzare le ovvie domande che tanti, non strumentalizzati da ideologie, si pongono, questi fatti accaduti:

E’ di questi giorni, la notizia che a Pioltello, comune Italiano della città di Milano, il preside di una scuola, decide di chiuderla per la fine del Ramadan; regola musulmana, i cui adepti devono astenersi dal bere, mangiare, fumare, ascoltare musica, dal praticare attività sessuali e le donne non devono truccarsi.

Non entriamo nel merito, per cui già tanto si è scritto, se non per rilevare quanto asserito dall’arcivescovo di Milano Mario Delpini: “un legittimo provvedimento dell’istituto” e, continua: “Non mi pare il caso di far diventare la cosa un problema”.

Riportiamo anche la posizione di Don Fabio Landi: “Rispettare i musulmani è un modo per capire l’altro” e, continua: “una delle cose più importanti della vita è la religione. Non so come sia il regolamento delle scuole, si sospende anche a carnevale”. In oltre, al “Il Giorno”, un suo collaboratore, don Fabio Landi, responsabile della Pastorale scolastica per la Diocesi di Milano, chiarisce: “Sono sorpreso dal cancan sollevato da una vicenda che credo non solo assolutamente normale, ma addirittura auspicabile. Rispettare la festa dei musulmani è un modo per capire l’altro. Le scuole tengono in considerazione le settimane bianche, figuriamoci un appuntamento come questo. È un ottimo esempio davanti a una realtà complessa, se usciamo dalla logica di conquista e ci mettiamo in quella dell’incontro”.

A rendere ancora più complessa e dubbiosa la posizione dell’Arcivescovo e del Monsignore, la lettera firmata da tre parroci, e letta nelle chiese di Poiltello al termine della messa prefestiva:

“La decisione del Consiglio di Istituto è nata da una seria e attenta capacità di leggere il tessuto sociale della nostra città che, come sappiamo, ha una percentuale di presenza di popolazione musulmana molto alta.

Non accettiamo in alcun modo i toni aspri e violenti con cui in questi giorni si è manifestato il dissenso, trasformando una scelta ponderata in una battaglia politica o ideologica. Che cosa avranno pensato di noi adulti i ragazzi che, quando entrano in classe, vedono solo compagni di classe con cui crescere e amici con cui giocare senza guardare alla nazionalità o alla religione?

La realtà di Pioltello è molto complessa e di certo non servono le chiusure e il disprezzo. Serve invece la capacità di darsi la mano e lavorare insieme.

Anche il responsabile dell’Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso della Diocesi di Milano ha espresso apprezzamento per questa «bella iniziativa di dialogo tra religioni»

Riteniamo che la decisione, presa in modo collegiale, di chiudere la scuola in occasione della fine del Ramadan sia nata dal buon senso di chi opera ogni giorno in una realtà multietnica con passione e cura per ogni persona e per la sua identità. Per questo esprimiamo piena solidarietà al Preside e a tutto il Consiglio di Istituto dell’Istituto Comprensivo Iqbal Masih

Siamo sicuri di una cosa: quando le polemiche saranno finite (di solito bastano pochi giorni) a Pioltello resteremo noi, resteranno le persone; uomini, donne e bambini di buona volontà che vogliono vivere insieme, che vogliono una città bella e serena e, anche se costa fatica e non è scontato, ogni giorno si sporcano le mani, costruiscono ponti e inventano iniziative per incontrarsi, accogliersi e aiutarsi.

Firmato: Don Andrea, Don Giacomo e Don Marco”

Posizioni, quella dell’Arcivescovo, del Monsignore e dei tre Don, che potrebbero indurre molti fedeli a porre dubbi sulla loro missione pastorale.

A ciò che sta accadendo a Poiltello, sempre negli ultimi giorni, dobbiamo aggiungere quanto denunciato dal Sindaco di Monfalcone, dove un oratorio, intitolato all’Arcangelo San Michele, di pertinenza della parrocchia, è stato prestato ai musulmani, come moschea, all’insaputa del sindaco.

Fenomeni, questi, che trovano sempre più spazio nel tessuto Italiano, e registrano uno strano cedimento verso non la laicità dello Stato, come in origine ci si era impropriamente orientati, rinunciando, per di più, alla cultura ed alla tradizione Italiana, orientando tutto verso una vera e propria islamizzazione.

Togliere progressivamente ma puntualmente ogni forma culturale cristiana e cattolica, che ha caratterizzato la nostra vita di sempre, e sostituirla con la cultura islamica, assai lontana dalla nostra, per di più, con la complicità di coloro i quali preposti per Loro volontà a difenderne ogni principio, rende fortemente dubbioso il futuro delle nostre generazioni.

Ettore Lembo