Diario di Eva alla 79ma Mostra del Cinema di Venezia – Terza Parte

Julianne and Me

La cronistoria di un sogno che si avvera

Mi ero ripromessa di scriverne al mio ritorno a Lugano ma, colta di sorpresa da un vortice di novità al mio rientro, riesco a farlo solo ora.

L’esperienza veneziana è stata un momento di gloria, un vero e proprio tatuaggio nella memoria.

A cominciare dai preparativi, come la scelta dell’abito e degli accessori.

Il meteo dava pioggia, per l’otto di settembre. Eppure, continuavo a “vedermi” nel mio lungo abito di seta damascata in nuances avorio e champagne con spalline sottili, con sandali d’oro e una micro borsetta dai cangianti riflessi argento e oro. Una chicca.

Si riaffaccia alla mia mente un’antica domanda: “Come potrei sentirmi a Venezia – città che, per me, non ha pari al mondo per carisma, fascino e mistero – passeggiando lungo il Lido brulicante di folla variopinta, in occasione della Biennale del Cinema?”

Quest’anno ho avuto l’ebbrezza di essere Eva in “Sola Nina”, secondo lungometraggio a firma del regista indipendente Massimo Libero Michieletto – il suo esordio alla macchina da presa è avvenuto con “Desiderie”, docufilm di cui abbiamo già parlato – interpretato fra gli altri dalle attrici Carlotta Piraino (Nina) e Maria Casamonti (Maria), coprotagoniste di una storia intrisa d’amore, imprevedibilità e speranza.

Il film, che mentre scrivo è in post produzione, è stato presentato lo scorso otto settembre alla conferenza stampa indetta dalla Treviso Film Commission assieme ad altre nove opere: un altro lungometraggio – “72 ore e …” di Luciano Luminelli – tre format e serie tv – “48 ore” di A_LAB Produttore, “Bottega Reato” di Restera Produzioni, “Drive Up” di Silvia Chiodini – un documentario – “I Colli Asolani” di Piero Cannizzaro – tre cortometraggi – “Until The Last Breath” di Eddy Colucci, “Bianco” di Elena Carnio, “Valdo Hills Meet” di Riccardo Della Vedova – un video promo – “Golfer’s Wide To Italy, GOLF TV Web Channel” IMG Produzione.

A Treviso, la città dei miei felici albori …

Ho scelto di pernottare a Treviso – città dove ho trascorso i miei primi, spensierati anni come “voce” alla radio – così che, a una ventina di minuti di viaggio da Venezia, avrei potuto immergermi nell’atmosfera festivaliera in modo dolce, graduale.

Senonché, sveglia di primo mattino, mi affaccio alla finestra e vedo, sul tetto del palazzo accanto al mio hotel, pozzanghere d’acqua e sopra, piccoli cerchi concentrici. Nell’arco di pochi minuti, è pioggia torrenziale.

Il cielo è bianco e il palazzo di fronte sembra giocare a nascondino in una nube di vapore. A un certo punto, sul davanzale, chicchi di grandine cadono con gran fragore.

Getto uno sguardo sul letto, sui jeans da abbinare a un maglioncino di cotone bianco e poi sul lungo abito, appeso alla specchiera dell’armadio, miracolosamente sopravvissuto al trasporto in valigia.

Mando un messaggio all’amica più cara – la mia “Fata Madrina” – e le chiedo un parere sul da farsi.

La risposta arriva, inequivocabile: “Non cambiare programmi. Comprati un impermeabile lungo, di nylon, da uomo e un paio di ballerine d’oro. Poi magari non piove …”.

Così, mentre fuori continua a diluviare, indosso il mio abito da diva e i sandali d’oro. In un morbido zainetto ripongo jeans e maglioncino, sperando di non dovermi cambiare.

 

A Venezia, la città dei gloriosi approdi …

C’è una canzone che mi piace moltissimo: “Destinazione Paradiso” di Gianluca Grignani. Decido di farne la colonna sonora del mio breve viaggio verso Venezia, di prima mattina, avvolta nel mio abito da sera. “Come se” il sole mi fosse garantito per tutto il giorno; “come se” mi attendesse l’Oscar come migliore attrice non protagonista; “come se” fosse tutto meravigliosamente già scritto, nel libro d’oro del mio Destino.

Mi siedo accanto a Massimo – il regista – e a Eliana – Segretaria di Produzione. Insieme pregustiamo la giornata che ci attende. Al capolinea, Venezia S. Lucia, ci raggiunge Carlotta – “Nina”, l’attrice protagonista. Dopo aver acquistato impermeabili in nylon tascabili, prendiamo il bus navetta che ci porta al Tronchetto e lì, a mezzogiorno, partiamo in battello per il Lido.

 

Un magico incontro

La memoria corre all’ormai lontano 2014, nel piccolo appartamento nel West Village, con la mia compagna di viaggio Lisa. Squilla il mio cellulare italiano. È la casa di doppiaggio che mi chiede la disponibilità per settembre. In direzione, l’attore Claudio Moneta. L’attrice da doppiare è Julianne Moore nella riedizione italiana di “An Ideal Husband”, film del 1999 diretto da Oliver Parker, tratto dall’omonima commedia di Oscar Wilde.

Beh, non capita tutti i giorni di essere scelti come voce senza passare per un provino. Claudio aveva fatto la sua scelta, bontà sua. Non mi restava che dire “sì, ci sono” e quando avrei potuto recarmi in sala di doppiaggio.

Ecco: il mio pensiero va a quel momento, in quel piccolo appartamento condiviso con Lisa a Manhattan. Quale onore poter dare la mia voce all’attrice – e che attrice! – Julianne Moore, nei panni della spregiudicata, elegantissima Mrs Laura Cheveley!

Ma torniamo a noi e alla nostra gloriosa gita veneziana …

Al Lido, sotto un timido sole, ci mettiamo in posa per la foto di rito. Oltre al regista Massimo Libero Michieletto c’è Eliana Boschiero (Segretaria di Produzione) e le attrici Carlotta Piraino (Nina), Giovanna Digito (la ragazza vestita da sposa) e la sottoscritta (Eva, sorella maggiore di Nina). Con noi c’è anche una distinta signora, Lisa, uno degli sponsor del Progetto.

Manca qualche minuto all’inizio della conferenza che si terrà in una delle sale dell’Hotel Excelsior. Temporeggiamo, chiacchierando del più e del meno.

A un certo punto, passa davanti a noi un gruppetto di persone e in mezzo a loro, l’esile figura di una donna in tee shirt e pantaloni blu scuro, un berretto con frontino in tinta ben calcato sulla fronte, e un paio di occhiali neri. Sarà la chioma rossa … sarà l’elegante andatura … ha un’aria familiare. Incrocio il suo sguardo, le sorrido e, per un istante, ho l’impressione che mi stia ricambiando!!!

Ma certo! È Julianne Moore! Condivido felice la mia scoperta con il resto del gruppo, aggiungendo di averle dato la mia voce nella riedizione italiana dell’home video di “Un Marito Ideale”.

Sono contenta e paga di averla vista passare, a pochi metri da me.

 

Se puoi avere di più dalla vita, perché accontentarti?

Alle mie parole, la reazione di Eliana è immediata: “Ma come, le hai dato la tua voce e non glielo dici???!!! Ma quando si ripresenta un’occasione come questa?!?” Eli è un fuoco d’artificio in pieno giorno. Si offre di accompagnarmi. Ci dirigiamo a passo spedito verso l’ingresso principale. A un certo punto dobbiamo correre, perché il gruppetto è a pochi metri dall’entrata e gli basta un attimo per scomparire alla nostra vista, scortato da una guardia del corpo.

Non mi resta che portare la voce, sollevarla come si fa a teatro affinché lo spettatore dell’ultima fila possa udirla: “Hello Mrs Moore, I’m Jasmine Laurenti, your Italian Voice in the Italian re-edition of ‘An Ideal Husband’!!!”.

Silenzio. Nel venticello veneziano, quell’esile creatura si gira verso di me, a un passo dalla porta d’ingresso … scosta con la mano la guardia del corpo pronta a impedire il nostro incontro e mi sorride, come una bambina che scarta il suo regalo di compleanno.

“Really????” “Really”. Segue un abbraccio e un gioioso, reciproco apprezzamento. Penso alla bravissima doppiatrice che le ha dato la sua voce nella prima edizione italiana, la bravissima Roberta Greganti. Col pensiero condivido la mia gioia con lei, sperando che abbia il dono della telepatia.

 

Morale di questa breve, felice storia.

La vita è costellata di felici, inaspettati avvenimenti. Per tutti, nessuno escluso. Anche per te, che stai leggendo queste righe proprio ora. È che pensiamo spesso, ed è questo il nostro errore, di aver già ricevuto “abbastanza”.

Ma la vita ha sempre un asso nella manica e, quando meno te lo aspetti, ti presenta un Regalo.

Io sono stata benedetta doppiamente. Anzi. Triplamente.

Nell’aver colto l’opportunità di fare la mia parte in un Progetto di valore non mio, come se fosse stato un po’ anche mio.

Nell’aver riconosciuto in un’esile figura di passaggio, una delle attrici a cui ho dato la mia voce. Una delle mie preferite.

Nell’aver ricevuto, al momento giusto, una dose di scoppiettante entusiasmo per la Vita: l’entusiasmo bambino di chi in Essa si abbandona e si fida. Grazie Massimo. Grazie Eliana. E grazie Julianne!

Alla prossima,

Jasmine

Incontro Julianne Moore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




IL MOSTRO È SERVITO: ORA SIAMO A PANDEMONIO…

Pandemonio, è l’immaginaria capitale dell’inferno dove i diavoli tengono concilio, ben descritta nel 1667 da John Milton nel suo poema ‘Paradiso Perduto’.

Ecco che, in questi ultimi mesi la fantasia diviene la peggiore delle realtà: poiché pare che tutti i diavoli del mondo si siano dati appuntamento per distruggere l’umanità, la civiltà, spingendo i detentori del potere a imporre una serie di ‘suicidi’, per ultimo un ‘suicidio atomico’; dapprima inconcepibile, ma via via ‘edulcorato’ dai ragionamenti (sic!) – soprattutto tramite i canali d’informazione (stampa, TV, web, siti di studi strategici, ecc.) – in base ai quali ci si avventura ormai in calcoli particolari per stabilire quanti morti produrrebbe l’esplosione di una bomba atomica di X Kltoni nella città Y, piuttosto che non sull’isola W, di quali sarebbero le conseguenze del primo colpo, quelle del colpo di reazione, e via dicendo.

E di fronte a questo, che è già un assurdo in termini, si è mobilitata la platea di quei cittadini che ne trattano con gli amici al bar, mentre gustano un caffè: facendo fioccare ipotesi, cifre, nomi di città da distruggere – sullo stile dell’antica Cartagine e dell’invettiva romana Cartago delenda est! – e partigianerie varie. Come se invece di vite, si parlasse di calcio, o di altre amenità persino insensate.

E il mostro, i mostri, quindi, chi sarebbero? Le notizie delle ultime ore, provenienti da quel fronte orientale dove le armi non tacciono, e dove la lista dei morti e dei danni si allunga sempre più, ci mettono in contatto con atti di terrorismo – crudeli, contro civili: come civile era la giovane Dugina, fatta saltare in aria da una carica di C4 alle porte di Mosca -, spingendo continuamente per l’utilizzo di armi atomiche (l’alibi dialettico: sarebbe un attacco preventivo, per evitare il peggio.

Una quisquiglia dai pessimi contenuti: utilizzare l’atomo per attacchi preventivi! Degno di gente sciocca e scervellata, senza morale, con il cervello pericolosamente fuso ovvero colpito dal virus dell’onnipotenza, con un odio profondo verso tutti gli esseri umani, poiché se oggi si dovesse verificare la deflagrazione di un ordigno atomico, le reazioni farebbero sì che non ci sarebbero più città o continenti al sicuro).

È questo che dei pazzi scatenati perseguono? Sperano di diventare padroni di un mondo reso arso e invivibile, popolato da poverissimi superstiti? È attraverso le risposte militari, le reazioni devastanti (del tipo: vince chi tira l’ultima bomba), che si può mettere fine a un conflitto che NON AVREBBE DOVUTO iniziare?

Ma a ben pensarci, checché suggerisca la cronaca spicciola, ormai il discorso non è più neanche questo, tanto è riduttivo pur nella sua drammaticità: ma ogni cosa, anche la peggiore, anche la più nauseante e sconvolgente, ha un limite.

E temo che il limite, la sottile ‘linea rossa’ oltre la quale non si può tornare indietro, possa essere presto superato. E il brutto è che tutti sono – o lo sono già stati – coinvolti: ormai non ce n’è più uno che possa dire, giustificandosi, ‘io non c’entro’ o ‘non sapevo’ o ‘non credevo’ o ‘ma mi avevano detto che’.

Tutti con le mani sporche di marmellata, tutti coinvolti, tutti ingiustificabili: quantomeno nell’ottica dei popoli e delle genti comunque coinvolte, cui viene sempre fatta bere la parte amara del calice.

Cosa è importante, alfine? Cosa è preminente? Cosa possono fare i popoli e le genti d’Europa o d’America o dell’Asia?

Dare una risposta non è semplice, specie di fronte a una gran parte di umanità vessata da quei satanassi dagli gnomi dell’economia e della finanza che, con una certa abilità iniziale – oggi divenuta arrogante spavalderia – ha costruito l’inferno che stiano vivendo.

E che sta facendo di tutto affinché, qualora il loro piano pluriennale non dovesse andare in porto, dietro di loro lascino tali e tante macerie da rendere più che difficile la ‘ricostruzione’ a chi dovesse venire dopo di loro.

I demoni che sempre più numerosi e satolli si incontrano a Pandemonio, stanno pascendosi delle anime peggiori, blandite, circuite, fagocitate da un Male rabbioso, del tutto inumano, ma che ha potuto allignare anche grazie alla pochezza di quanti, ignavi, si sono posti ‘alla finestra’, non solo aspettando ma anche contando che qualcun altro togliesse le castagne dal fuoco, per loro: così contribuendo a far incancrenire le cose.

Rinnovo l’interrogativo: cosa è importante, alfine? Cosa è preminente? Cosa possono fare i popoli e le genti?

Dobbiamo solo ‘armarci’ delle armi del pacifismo concreto lo stesso che trovò in Gandhi il suo precursore, mobilitandoci pacificamente per la PACE. Chiedendola a gran voce, pretendendola, obbligando chi governa ad abbandonare percorsi di morte, di povertà, di fame, di distruzione morale e materiale, di miseria morale oltreché materiale, per riappropriarsi di quella DIGNITA’ che è ingrediente indispensabile nella struttura concettuale e pratica della parola LIBERTA’, e senza la quale anche la DEMOCRAZIA sarebbe mero e inconcreto enunciato.

«Non sappiamo che cosa ci sta accadendo, ed è precisamente questo che ci sta accadendo»

La frase di José Ortega y Gasset, riassume perfettamente la nostra condizione in questo tempo storico.

La nostra incapacità nella comprensione del presente, dipende da una crisi del pensiero o da una sorta di abulia generalizzata?

La risposta è solo dentro di noi, dentro ciascuno di noi. Non aspettiamo l’imbeccata da altri, perché potrebbe essere anch’essa tossica. Costruiamo la nostra realtà, costruiamo la nostra vita, costruiamo la nostra quotidianità: mondandola dalle tossine e dalla corruttela che l’hanno pervasa!

 

 

 




Anno nuovo, problemi vecchi, soluzioni nuove?

Ripartono gli incontri di Diritto Scolastico.

Chiara Sparacio intervisterà gli avvocati Maurizio Danza del foro di Roma e Andrea Caristi del foro di Messina e affronterà con le problematiche del diritto scolastico.

Nella prima puntata si parlerà dello stato dell’arte del riconoscimento in Italia delle abilitazioni all’insegnamento conseguito all’estero.

Al di là delle simpatie e antipatie personali, cosa dice la legge? Come agisce il Ministero?

Diritto Scolastico è una trasmissione di informazione che vuole essere una bussola super partes in grado di sostenere docenti, dirigenti e tutto il personale scolastico che desidera conoscere e far valere i propri diritti.

 

Chiara Sparacio chiede agli avvocati Andrea Caristi e Maurizio Danza quali sono i diritti e i doveri di chi lavora nel mondo della scuola

Segui la puntata di oggi

Abilitazioni all'estero stato dell'Arte
Abilitazioni all’estero stato dell’Arte

Siamo in Europa ma il MIUR non è d’accordo

Messina contro Google, la disfatta del colosso americano.




Dante poeta immortale muore ogni giorno…

“Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”, questo è forse uno dei versi danteschi più conosciuti.

E, senza ombra di dubbio, uno dei più frequenti utilizzati dagli studenti ed appeso sulla porta dell’aula, per suggerire, con simpatica ironia per loro e malcelato sarcasmo per i prof, di non varcare quella soglia, perché, dentro, dietro quella porta, ci potrebbe essere una situazione scomoda o per segnalare attività od iniziative che potrebbero essere inutili o di difficile successo, definendo il tutto “senza speranza”.

Stasera, annichilita dalla maestosità del film “Dante” di Pupi Avati, mi sono vergognata, come italiana, dello scempio fatto alla figura di Dante, non dalla storia contemporanea al Sommo Poeta, ma da noi, suoi connazionali, a più di 700 anni dalla sua morte.

Dante è morto il 4 settembre 1321 a Ravenna. Noi siamo ad ottobre 2022, sempre in Italia.

Dante è stato davvero un profeta, un grande visionario della grandezza e della miseria della nostra nazione.

“Ahi serva italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello”.

Quanta amara verità e quanta sublime lungimiranza esprimono le parole scritte da Dante più di sette secoli fa.

Il film di pupi Avati è uno squarcio nell’anima, per chi, come la sottoscritta, è cresciuta a pane e Dante.

Figlia di insegnanti ed ora a sua volta docente, deve ammettere che, non solo la politica, ma persino la cultura contemporanea, non rendono merito a Dante.

Povera Italia in cu,i oscurantismo cattolico e propaganda politica, si abbinano a faziosità vuote di senso.

Povera Italia, ex-Patria, in cui volti e nomi vendono la loro immagine al posto di dire la loro voce.

Povera Italia, in cui Dante è sempre più scomodo e, dunque, insegnato poco e male nell’attuale scuola italiana.

Ai tempi di mio padre, professore di lettere nelle medie, Dante veniva insegnato insieme a Petrarca, Boccaccio, Foscolo, Manzoni e Leopardi. Io, dunque, da bambina, a tavola, lo sentivo recitare a mena dito interi canti della Divina Commedia, sentivo parlare di Virgilio, Caronte, Minosse, Paolo e Francesca, Farinata, Pier delle Vigne, Ulisse, il conte Ugolino, come se fossero delle persone reali, quasi dei vicini della porta accanto.

Diventata studentessa alle medie, ho sentito parlare di Dante, ma niente di più. E’ stato poi, al liceo, che ho avuto la fortuna di studiare e di apprezzare Dante.

Perché il viaggio nell’oltretomba di Dante è allegoria del viaggio sulla terra di noi comuni mortali.

Ed insegnare e studiare Dante, significa apprendere a vivere.

Adesso che sono io insegnante, con quasi 35 anni di esperienza nelle scuole medie e superiori italiane, vi posso garantire che Dante è morto e sepolto nella nostra scuola.

Sì, qualcuno al liceo, lo studia ancora, ma non come dovrebbe.

Anche ai miei tempi la versione scolastica di Dante era un poco diversa e molto meno umana e psicologica di quella fornita dal film di Pupi Avati. Ma almeno, tutti o quasi tutti, sentivano parlare di Dante.

Ed indipendentemente da censo e cultura, i valori danteschi scendevano nell’animo delle future generazioni. Erano un po’ come dei semi che, in terreno fertile, potevano dare grandi frutti.

Ma il diritto all’istruzione, sancito dall’art. 34 della nostra Costituzione, ed il successivo percorso di democratizzazione della scuola italiana, anziché, finalmente, portare la cultura al popolo, hanno mancato l’obiettivo.

Ora per chi, come la sottoscritta, la scuola, la vive dal di dentro e per davvero, Dante è ogni giorno morto e sepolto nel nostro sistema scolastico.

Scuola italiana che ha inflazionato la cultura, svenduto il diploma, imbrogliato l’utenza. La scuola dei fondatori della nostra Patria, credeva in Dante e ne avvalorava il messaggio. La scuola del “finalmente aperta a tutti”, credeva nella possibilità di formare le nuove generazioni trasmettendo loro i principi illuministici di liberté, égalité e fraternité.

Bene, la nostra attuale scuola, per tutti ed a qualunque costo, è diventata un sanatorio sociale, un riformatorio adolescenziale, un babysitteraggio gratuito. Ed un cavallo di battaglia politico.

Per questo il film “Dante” di Pupi Avati, la versione umana di Dante, ma anche e soprattutto il suo messaggio universale dovrebbero farci riflettere e pensare “Fu vera gloria? (quella di Dante) “Ai posteri, l’ardua sentenza”.

Per questo il film di Pupi Avati mi ha lasciato annichilita.

Firenze ha mandato in esilio Dante, vivo, il 10 marzo 1302.

L’Italia, nella sua pseudo cultura e nella sua vergognosa politica lo manda in esilio, da morto, ogni giorno sempre più nel 2022.

Ma, l’importante, è, che, a scuola, nessuno ci apra gli occhi…

 

 




Call Center e digitalizzazione: nuove sfide

Yunes: “Ora miglioriamo e digitalizziamo i call center italiani”

Oltre 1,5 milioni di euro investiti per realizzare una piattaforma che consentirà ai call center di digitalizzarsi ed accogliere con positività le sfide del mercato

Napoli. Quattro anni di sviluppo, oltre 54 mila ore di lavoro ed un investimento di circa 1,5 milioni di euro. Questo è Yunes, il nuovo software realizzato da Swissvoip e Tekmind per spingere nella digitalizzazione delle imprese del settore call center.

In uno dei momenti più difficili per l’economia italiana la sfida è dare un nuovo strumento alle aziende per consentire loro di avere tutte le informazioni necessarie in un’unica piattaforma e dirigere al meglio la loro attività vincendo le sfide imposte dal mercato. La piattaforma è stata realizzata collaborando con esperti di GDPR e sicurezza al fine di creare un prodotto compatibile con la normativa vigente.

Yunes nasce per soddisfare le esigenze di sicurezza e scalabilità di ogni azienda

“Il nostro desiderio è sempre stato quello di sviluppare una piattaforma flessibile e scalabile che potesse ridurre i tempi di realizzazione delle richieste del cliente oltre ad avere tutte le funzionalità a portata di mano in un unico software – dichiara Marino D’Ignazio di Swissvoip – Yunes è l’unico prodotto nel suo settore in grado di soddisfare le esigenze di sicurezza, scalabilità e nuove funzionalità che un professionista nel mercato dei call center vorrebbe avere”.

In effetti l’interfaccia di Yunes visibile ad un operatore appare semplice, intuitiva ed essenziale. I call center sono aziende in cui vi è molto turnover e con le caratteristiche di questa nuova piattaforma anche l’operatore che ha iniziato da poco non avrà difficoltà ad imparare velocemente uno strumento semplice.

D’altro canto gli sviluppatori che hanno lavorato al progetto hanno semplificato notevolmente il processo di importazione delle liste dei nominativi al punto che è Yunes che si adatta alla lista e non viceversa.

Con Yunes le aziende hanno a disposizione un Crm integrato che consente all’operatore di inserire il contratto dalla sua postazione. Così si evitano frodi a tutela del call center, e del consumatore. L’operatore può trasferire la chiamata direttamente al backoffice per la registrazione consentendo una finalizzazione più rapida a beneficio del cliente e dell’azienda.

“Ci siamo catapultati in un progetto ambizioso, abbiamo scelto di intraprendere questa strada con Swissvoip e crediamo che nel prossimo futuro la digitalizzazione farà la differenza nel settore dei call center – dichiarano Domenico Iorio e Christian Sica, titolari di Tekmind – Entriamo in una fase bella ed avvincente e con i consigli giusti, grazie alla tecnologia a disposizione, le aziende potranno ottenere benefici nel breve e medio termine”.

Cento tipi di report basati su dati “tipizzati” provenienti dalle liste per fornire una bussola indispensabile all’imprenditore

Molte ore di lavoro sono state investite nella generazione delle statistiche che diventano la bussola dell’imprenditore che saprà orientarsi meglio nel mercato. Circa 100 tipi di report diversi basati su dati “tipizzati” provenienti dalle liste. Con Yunes gli imprenditori avranno a disposizione un sistema di intelligenza artificiale che può anche evidenziare in quali zone geografiche, in quali ore o fasce d’età c’è più risposta o predisposizione all’ascolto.

Informazioni senz’altro utilissime che consentiranno alle aziende di dirottare le chiamate in base alle statistiche migliori.

Chi ha ideato Yunes ha pensato di creare una piattaforma in grado di evidenziare i punti di forza e di debolezza di una struttura in modo da enfatizzare i primi e ridurre i secondi. Swissvoip e Tekmind non hanno dubbi che così facendo si creerà inevitabilmente una crescita del cliente che diventa una naturale conseguenza dell’applicazione di queste regole.

Yunes consente ad una piccola realtà con 20 postazioni di crescere esponenzialmente a 100 postazioni ed oltre. La nuova piattaforma non vincola il cliente ad un server. Grazie ad un sistema automatico di bilanciamento che distribuisce il carico di chiamate su tutte le macchine disponibili. Se in un’azienda dovesse riscontrarsi una crescita improvvisa da 20 a 200 operatori basterà aggiungere un server, tempo stimato per realizzare il tutto 5 minuti.




LETTERA APERTA AL PROSSIMO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

Avevo in programma un incontro con il Dr. Antonio Ballarin, esperto in Fisica Quantistica – è anche Visiting Professor alla University Canada West di Vancouver – per raccogliere le sue impressioni in merito ad un prestigioso riconoscimento che gli è stato attribuito da un’autorevole organizzazione internazionale per i suoi studi nel campo dell’Intelligenza Artificiale – nomina a Senior Member della International Neural Network Society, USA -.

Per una strana coincidenza, ci siamo trovati a riflettere insieme su alcune fasi della Storia d’Italia dell’immediato dopoguerra ovvero degli ultimi periodi del secondo conflitto mondiale, nelle terre al confine con la Jugoslavia.

Da tempo desidero produrre degli approfondimenti storico-documentali sulla ‘Strage di Vergarolla’ del 18 Agosto 1946, ancora avvolta nelle nebbie di una anomala vaghezza: ma, pur nella consapevolezza che esista congrua documentazione che possa giovare a porre nella giusta evidenza quel pessimo, crudele, evento, trovo un muro di forti difficoltà e persino delle reticenze che non mi consentono di procedere nella direzione auspicata.

E proprio il colloquio con il Dr. Antonio Ballarin, mi avrebbe forse aiutato in ciò.

Per quelle strane coincidenze offerte dalla quotidianità, ho appreso dall’intervistato che poche ore prima aveva diramato, una pubblica Lettera indirizzata – attraverso i mezzi di informazione – al prossimo Presidente del Consiglio dei Ministri, la cui designazione potrebbe essere imminente, e intesa a richiamarne l’attenzione circa “Il rispetto dei diritti degli Esuli istriani, fiumani e dalmati”.

Accantonati i miei intendimenti precedenti, che potrò riprendere in altro momento, ritengo di elevato significato – per i contenuti espressi – riprendere subito tale enunciato – impersonale, nell’indirizzo -, porgendolo ai miei Lettori.

IL RISPETTO DEI DIRITTI DEGLI ESULI ISTRIANI, FIUMANI E DALMATI

Egregio Signor Presidente.

Da italiani, sia per scelta sia per nascita, non possiamo che essere contenti per l’esercizio di democrazia registrato con le elezioni dello scorso 25 settembre.

Finalmente saremo guidati da un Governo espressione del voto popolare e non da uno maturato da accordi di Palazzo, come accaduto negli ultimi anni.

Abbiamo ascoltato con grande interesse, in questi giorni, le dichiarazioni degli esponenti della maggioranza appena eletta e che Lei, signor Presidente, avrà l’onore e l’onere di guidare.

Da tali esponenti, in queste ore, è stato espresso ripetutamente un concetto che ci sentiamo di condividere totalmente: uno Stato è tanto più credibile ed è tanto più considerato, quanto più onora e rispetta i Trattati internazionali che esso stesso ha sottoscritto.

Noi crediamo che sia arrivato, alfine, il momento di rispettare quei Trattati che non sono stati ottemperati fino ad oggi, provocando, in tal modo, un grave danno al mondo dell’Esodo Giuliano-Dalmata.

Ci riferiamo al Trattato di Pace di Parigi del 1947 il quale, al punto 9 dell’allegato XIV, stabilisce che: “I beni degli italiani residenti nei Territori ceduti […] non potranno essere trattenuti o liquidati […], ma dovranno essere restituiti ai rispettivi proprietari”.

Come sappiamo a tale Trattato, ampiamente disatteso, seguirono diversi accordi bilaterali tra Italia e Jugoslavia – accordi del 23/05/1949, 23/12/1950, 18/12/1954 – tutti poi tramutati in Leggi attuative, che in sintesi sancivano il pagamento dei debiti di guerra dell’Italia nei confronti delle Jugoslavia utilizzando i beni degli Esuli a fronte dell’impegno dello Stato italiano di un successivo risarcimento per l’esproprio perpetrato.

Ebbene, gli Esuli istriani, fiumani e dalmati ed i loro discendenti, sono ancora in attesa di un “equo indennizzo”, avendo percepito solo una minima parte di quanto promesso.

Si tratta di un indennizzo che, secondo i nostri calcoli, si aggira intorno ai 4,5 miliardi di euro.

Una cifra che sembra enorme, ma che se confrontata con l’attuale debito pubblico (ad oggi pari a circa 2770 miliardi) rappresenta l’1,6 per mille.

Quanto fin qui non è solo una questione di vile danaro, si tratta, piuttosto, di un’espressione di civiltà attesa da lunghi decenni da un intero popolo.

Gli Esuli ed i loro discendenti si sono rifatti una vita in Patria, eppure resta l’insopportabile retrogusto amaro nella consapevolezza di essere stati ignobilmente usati per questioni geopolitiche giocate sulla propria pelle.

La vita della nostra Gente è stata tutta in salita per troppo tempo, anche dal punto di vista culturale. Sempre a dover giustificare la propria identità, sentendosi dire che la sofferenza patita era il giusto scotto per colpe di altri.

Il giustificazionismo è un concetto terribile che porta allo stupro della ragione, definendo accettabile l’eliminazione di un qualcosa o qualcuno – magari per mezzo di una foiba -, su cui far ricadere i misfatti di qualcun altro.

Per questi motivi auspichiamo anche l’emendamento della Legge 167/2017 che punisce la propaganda, l’istigazione e l’incitamento al razzismo e chiediamo l’inserimento di una menzione specifica al negazionismo e giustificazionismo per i crimini commessi in Istria, Fiume e Dalmazia in merito alla persecuzione anti-italiana avvenuta a guerra finita.

Così come auspichiamo che possa essere emendata la Legge 178/1951 che disciplina il conferimento delle onorificenze al Merito della Repubblica, senza la quale non è possibile la revoca del cavalierato assegnato al Maresciallo Tito, causa di dolore e sofferenza non solo per la nostra Gente, ma per centinaia di migliaia di persone che si opponevano alla dittatura comunista jugoslava.

A tale proposito vogliamo ricordare il pronunciamento del 19 settembre 2019 in cui il Parlamento Europeo – presieduto da David Sassoli – approvò a larghissima maggioranza (89%) la risoluzione: “Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa”, che condanna tutti i totalitarismi del XX secolo, equiparando in tal modo il comunismo al nazismo.

L’attuale maggioranza, così come maturata il 25 Settembre, ha dimostrato nel tempo grande sensibilità ai temi qui riportati.

Confidiamo nella sua futura opera.

Antonio Ballarin

Esule di seconda generazione, nato al Villaggio Giuliano-Dalmata di Roma nel ’59                                              Past-President FederEsuli – Federazione delle Associazioni degli Esuli istriani, fiumani e dalmati                    Vicepresidente Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia    Consigliere Associazioni Dalmati Italiani nel Mondo  Fondatore MondoEsuli – Movimento per la memoria e la promozione di Istria, Quarnaro e Dalmazia.

Certamente uno scritto di elevato spessore e di contenuti precisi e tali da lasciare poco margine alle interpretazioni: nella consapevolezza, che – se la questione si è trascinata fino ad oggi, restando irrisolta, al di là di ogni assicurazione potuta o voluta offrire da parte della Politica – basterebbe solo un minimo di buona volontà per porre fine a una vicenda che, decisamente, si è trascinata per troppo tempo.

Un ‘grazie’ di cuore al Dr. Ballarin per l’attenzione che ha inteso rivolgermi, dandoci appuntamento per un prossimo incontro, questa volta nel segno della Scienza.

 




DANTE

Oggi parliamo tanto di fan, di influencer, tifosi, di popolo dei social, ma nulla di tutto questo è paragonabile alla grandezza, all’assoluta impronta nella storia, alla innegabile e sconfinata bellezza intellettuale di Dante.

Boccaccio, forse il primo vero fan della storia, colui che, credo pochi sanno, aggiunse l’aggettivo divina all’opera di Dante, che inizialmente si chiamava solo Commedia.

Firenze, la città intellettuale per eccellenza, la culla della cultura rinascimentale, una sorta di brodo culturale primordiale che favorì la nascita dell’italico idioma e fu asilo delle più grandi opere rinascimentali.

Questi sono i tre personaggi in cerca di autore che Pupi Avati ha voluto fare suoi per raccontare quel Dante che pochi di noi hanno nel cuore.

Il film Dante è bello, ottimo, con qualche libertà nella regia, ma forte, di impatto, ma allora, direte voi, corriamo a vederlo; ed invece qui si apre una prima nota critica, che non vuol essere una colpa, ma piuttosto una riflessione.

Il film è, a nostro avviso, una favola letteraria raccontata magistralmente, ma richiede allo spettatore una buona conoscenza delle basi del mondo che racconta.

Ma è Dante, direte voi, tutti lo conoscono!

E no cari amici, non basta citare “nel mezzo di cammin di nostra vita” per poter dire di conoscere le basi per apprezzare questo lavoro.

Questo è un film a strati e si resta affascinati solo quando si arriva al quinto strato, o meglio, quando si riesce ad arrivare al quinto strato, in quel momento il film diventa una sorta di dimensione poetica che ci avvolge, ci culla, richiama alla nostra mente emozioni scritte nel nostro DNA culturale, ci riporta nella nostra identità culturale facendoci attraversare una foresta endecasillaba, ebbra di ricordi intellettuali del nostro passato e carica di ombre della nostra attuale cultura, persa nella giovanile piattezza aritmica.

Chi vedrà questo film lo apprezzerà, qualcuno lo boccerà, ma sicuramente chi lo capirà non potrà non amarlo, profondamente, pienamente consapevole che la ricchezza della nostra storia culturale è il più grande patrimonio italiano.

Boccaccio, nel suo viaggio per ritrovare la figlia dell’Alighieri e darle una sorta di ricompensa per l’esilio da Firenze del Padre, ripercorre le tappe salienti della vita di Dante, come frammenti di ricordi delle persone che lo hanno incontrato, lasciando allo spettatore il compito di ricucire il vuoto tra un quadro e l’altro, come se ci fosse un filo tra un ricordo ed un altro che lo spettatore deve tenere perché suo, perché implicito nell’essere italiano.

IO mi sono identificato in quel Boccaccio sullo schermo che ricercava lo sguardo puro, la bellezza di quella figura che “sapeva i nomi di tutte le stelle”, mi sono ritrovato in quella necessaria completezza della poesia e della lingua, in quel grande sapere, IO mi sono ritrovato nel sentimento più puro che in poche parole semplici DANTE ha reso immortale “Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento per mare andasse al voler vostro e mio”, amicizia, amore, lealtà, patria, tutto in un solo incipit “Guido, i’vorrei…”.

Dante si strugge per la sua Firenze, centro fermo dei mille disii, a cui assegna un valore simbolico, universale, a cui sembra voler dedicare la sua opera, come se tutto da lui fosse stato scritto per poter tornare nel grembo materno dalla sua città.

Chi lo capirà trarrà da questo film un’esperienza profonda, emotiva, insuperabile.

IO sono rimasto in sala dieci minuti dopo la fine, quasi a non volermi staccare da quel momento, e ricordavo continuamente mio nonno che nel suo studio mi raccontava di Dante, Petrarca, Boccaccio, Cavalcanti,  Guinizzelli, e di molti altri che, ora mi rendo conto, sono il mio DNA culturale da italiano.