Make Europe Great Again

 

Alla festa per i cinquanta anni del quotidiano Il Giornale, l’ex Sottosegretario di Stato statunitense del 2020, Mike Pompeo ha affermato che “Alle prossime elezioni vincerà Trump. L’attuale presidente ha messo in pericolo l’America, quindi tra Biden e Trump vincerebbe Trump”.

Un Pompeo, a dire il vero, che i frequentatori assidui della Florida dicono non in grandi rapporti con Trump che parrebbe ritenerlo assai bene informato su quello che l’inquilino di Mar a Lago chiama “the fraud”, cioè i brogli elettorali che lo stesso non si dimentica mai di menzionare e che incolpa della sconfitta nel 2020.

Mentre a Milano si parla delle elezioni presidenziali americane in questi termini, a Roma la Premier italiana riceve il Premier ungherese.

Incontro realmente importante questo visto che la Presidenza di turno del Consiglio Europeo sarà assunta dal 1° luglio proprio da Viktor Orban.

Un leader che ha scelto uno slogan assai simbolico come linea guida del “suo” semestre.

“Make Europe Great Again” (MEGA), questo lo slogan.

Slogan che allinea l’azione politica del Consiglio Europeo a quel “MAGA” simbolo da sempre della politica di Donald Trump.

Orban è Primo ministro in Ungheria sin dal 2010, lo era già stato dal 1998 al 2002, avvocato, sposato con cinque figli, tiene molto alla sua appartenenza alla chiesa calvinista ed a rimarcare come sua moglie e quattro dei suoi figli siano cattolici.

Il quinto è pentacostale.

Da molti in Europa marchiato come “autocrate” almeno in famiglia sembra evidente che non imponga la sua “dittatura”.

A dire il vero il partito del premier ungherese alle ultime elezioni europee ha perso otto punti percentuali e due seggi rispetto a quelle del 2019, fatto che non sembrerebbe tipico delle “dittature”.

In Europa Orban viene definito con un’altra delle parole denigratorie dei “più buoni”, quel “populista” che marchia a fuoco tutti coloro che non si allineano al pensiero dominante a cui si abbina quel “filo putiniano” che, sempre i “più buoni” usano per denigrare chi, molto più semplicemente, ha l’ardire di credere che vi siano altre soluzioni a quella di tirare missili ed uccidere esseri umani per risolvere il conflitto ucraino, in sintesi evitare di dare del “macellaio” al presidente nemico e convocare un tavolo di tregua che non abbia le caratteristiche del “comitato appalti”.

In fondo, comunque, tutti i leaders mondiali che non si sono adeguati al “pensiero unico” che si origina nell’attuale amministrazione statunitense vengono immediatamente marchiati come “filo Putiniani”.

Passaggio, questo, per i “più buoni” intermedio per arrivare ad annoverarlo nel gotha dell’estrema infamia, quello di essere definito “Trumpiano”.

Da “Trumpiano” a “cospirazionista” il passo, poi, sarà ancora più breve.

Viktor Orban, però, pur se marchiato a fuoco dal sistema dei “più buoni”, non si cura della campagna di stampa occidentale che lo vuole ricoprire di fango e continua a perseguire il suo modo di pensare.

L’OCSE ci aiuta a comprendere le cause di questa sua “sicurezza”.

L’Istituto Economico Europeo indica, infatti, una crescita del PIL ungherese nel 2024 del 2,6%.

L’Italia, sempre secondo l’OCSE, si attesterà a 0,7%.

Il dato più rilevante, però, è quello del rapporto fra PIL e debito pubblico che in Ungheria è del 70,9%, nella nostra amata Patria è al 137,3% tanto è vero che pochi giorni fa l’Unione Europea ha aperto una procedura di infrazione per l’Italia per deficit eccessivo.

Molti i leaders politici europei che, magari senza volerlo far sapere, cercano una diretta interlocuzione con colui che, parrebbe sempre più probabile, sarà il prossimo presidente della Casa Bianca.

Viktor Orban il 10 marzo scorso fu ricevuto a Mar a Lago con tutti gli onori e definito da Trump come “un grande leader”.

Immediato fu il controcanto di Joe Biden che definì il leader ungherese come “Un aspirante dittatore”, affermazione che proviene da uno che in Stati Uniti viene ritenuto da almeno un 30% degli aventi diritto al voto come qualcuno che siede alla Casa Bianca a causa di brogli elettorali.

Giudizi, in ogni caso, che misurano la distanza delle linee politiche non solo tra i due sfidanti per la Casa Bianca ma anche fra gli attuali leaders che in Europa si allineano alla politica interventista in Ucraina e chi, al contrario, oserei dire con maggiore pragmatismo, reputa che salvaguardare il popolo ucraino non possa che passare che da un tavolo di trattativa alla presenza di Stati Uniti e Federazione Russa, fatto che sarebbe stato assai più democraticamente corretto se in costanza di un Presidente ucraino nel pieno del suo mandato istituzionale e non in prorogatio.

Tavolo di pace che, questo dovrebbe essere l’auspicio, sia attento agli interessi dei cittadini ucraini molto più che a quelli delle grandi aziende occidentali famelicamente lanciate nella “ricostruzione della terra Ucraina”.

Ad oggi, la precisione in queste cose è tutto, sono solo due i leaders europei che dal 2020 hanno avuto reali, non millantati, incontri diretti con Donald Trump.

Uno è, appunto, Orban, l’altro è il Presidente della Repubblica polacco Andrzej Duda che ha incontrato il Presidente Trump a New York il 18 aprile scorso.

Fatto rilevante nel semestre a guida Orban dato che il 5 novembre prossimo potrebbe divenire assai utile essere ritenuti affidabili dal “cattivone”.

Interlocutori affidabili, non “zerbini” del potere, sempre pro tempore in una democrazia, presente alla Casa Bianca.

In Italia recentemente si è potuto leggere sul social network X un interessante ed assai significativo scambio positivo di messaggi fra il leader leghista Matteo Salvini e l’inquilino di Mar a Lago.

In fondo Salvini, ancor più adesso che è affiancato dal ex Generale Vannacci, oggi parlamentare europeo, fu già un forte sostenitore nel 2020 di Trump, come non ricordare la mascherina anti COVID che il Segretario leghista indossava anche in Parlamento?

A questo scambio sul social network va abbinato anche un ulteriore testo postato sempre da Mar a Lago indirizzato all’ex generale oggi parlamentare leghista ove si può leggere fra le righe un primo indiretto invito a Salvini ad un incontro con Trump.

La Presidenza Orban del Consiglio Europeo, come ho già scritto, si apre con uno slogan forte e chiaro, quel MEGA (make Europe great again) che definisce un posizionamento in discontinuità con la cultura politica della “sostenibilità” a discapito del “benessere” di noi cittadini di questa Europa.

Donald Trump lo ha certamente notato, forte ed evidente il simbolismo che richiama lo slogan elettorale MAGA dal Presidente statunitense usato da sempre.

Per molti politici europei, ed altrettanti opinionisti, forte il mal di pancia nel notare il messaggio assai chiaro lanciato dal leader ungherese.

Per moltissimi semplici cittadini europei, al contrario, quel MEGA è il ritorno alla speranza che i propri figli possano vivere nella loro Patria senza dover emigrare tornando a quella felicità che conobbero i loro genitori nel periodo del boom economico.

Orban, al contrario di altri leaders in questa Europa, non si crede il primo della classe ma, questo è inconfutabile, dice quello che fa e fa quello che dice.

Fatto assai raro fra i politici presenti in Europa oggi ma che nel prossimo futuro potrebbe dimostrarsi un comportamento assai vincente.

Ignoto Uno




Attori e mimi nell’antica Roma

E’ iniziata a Roma il 21 maggio 2024 presso il museo dell’Ara Pacis l’attesa mostra TEATRO. Autori e pubblico nell’antica Roma.

La mostra offre un percorso espositivo sugli spettacoli teatrali nell’antica Roma.

Ci sono pezzi unici e rari, come la maschera più antica, oppure il grande cratere di Promono, raffigurante attori mentre studiano le posture, il primo reperto teatrale esistente arrivato ai nostri giorni.

Ci sarà tempo fino al 3 novembre per ammirare le oltre 240 opere provenienti da 25 diversi prestatori da tutto il mondo.

Il museo dell’Ara Pacis racconta gli spettacoli teatrali dell’antica Roma

Dal 21 maggio al 3 novembre 2024 il Museo dellAra Pacis di Roma ospita la mostra “TEATRO. Autori e pubblico nell’antica Roma”.

L’esposizione illustra in maniera esaustiva e minuziosa la nascita e l’evoluzione del teatro con particolare attenzione agli spettacoli nellantica Roma.

Il racconto della mostra inizia dalle radici greche, siciliane, magno-greche, etrusche e italiche del teatro romano.

Si esplorano l’origine religiosa ed il passaggio dai primi palcoscenici in legno a quelli in muratura, attraverso ben 240 opere provenienti da tutto il mondo.

Si prosegue fino a giungere allo splendore dei grandi teatri romani che potevano ospitare decine di migliaia di spettatori.

Essi diventano, insieme a fori e templi, elementi distintivi della forma urbis dell’impero romano.

È curioso come la parola greca théatronin origine designi l’insieme del pubblico di spettatori piuttosto che lo spazio scenico.

I reperti rari esposti in mostra

Il percorso espositivo è ricco di pezzi unici e rari.

Primo fra tutti una preziosissima maschera, proveniente dal Museo Paolo Orsi di Siracusa.

Si tratta di una delle più antiche maschere teatrali a noi pervenute.

L’uso teatrale è avvalorato dalla presenza di un foro dietro il padiglione auricolare, che doveva servire ad agganciare la parrucca.

Maschera teatrale
Terracotta. Ricomposta da frammenti.
Inizi del V sec. a.C.
Da Megara Hyblaea, nel riempimento di un pozzo
Siracusa, Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi”, inv. 84822

Esposto anche il famoso “vaso di Pronomo” dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, del V-IV secolo A.c., probabilmente il più importante reperto teatrale esistente arrivato ai nostri giorni.

Il grande cratere a volute raffigura un’evocazione del mondo teatrale caratterizzata da un forte realismo.

Prende il nome dal flautista Pronomo, seduto al centro della composizione.

Nella scena sono raffigurati attori mentre studiano atteggiamenti teatrali e posture, in una chiara evocazione del mondo dionisiaco.

Cratere a volute attico (c.d. Vaso di Pronomos) Ceramica a figure rosse 400 a.C. circa (Pittore di Pronomos) Da Ruvo di Puglia Attic volute krater (so-called Pronomos Vase) Ceramic with red figures 400 BCE circa (Pronomos painter) From Ruvo di Puglia Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inv. 81673
Cratere a volute attico (c.d. Vaso di Pronomo)
Ceramica a figure rosse
400 a.C. circa (Pittore di Pronomo)
Da Ruvo di Puglia
Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inv. 81673

L’ambiente teatrale dell’antica Roma

La ricostruzione della mostra permette di esplorare l’ambiente teatrale dell’antica Roma, anche attraverso interventi multimediali.

Il visitatore pscoprire l’origine antichissima di molti personaggi del teatro moderno, come il vecchio misantropo, il giovane seduttore, il servo scaltro e i giovani amanti ostacolati dalle differenze sociali.

Ed altresì è possibile ammirare le statuine di attori, danzatori, mimi, acrobati e giocolieri del mondo magnogreco.

Danzatrici in terracotta
Acrobata femminile
Terracotta realizzata a matrice
Cast terracotta
Fine IV sec, a.C.
Da Taranto, contrada Tesoro, proprietà Lo lucco,
tomba 5
Museo Archeologico Nazionale di Taranto, inv. 4090
2.
Acrobata femminile
Terracotta realizzata a matrice; tracce di colore
Fine IV sec. a.C.
Da Taranto
Museo Archeologico Nazionale di Taranto, inv. 4059

Le maschere teatrali di Tarquinia

La mostra include anche una serie di miniature teatrali, molte delle quali mai esposte prima, provenienti da contesti tarquiniesi.

4. Maschera comica di schiavo Comic mask of slave Collezione Bruschi, inv. CB 1359. Museo nazionale archeologico di Tarquinia
4. Maschera comica di schiavo
Collezione Bruschi, inv. CB 1359. Museo nazionale archeologico di Tarquinia.

Per tutta l’epoca ellenistica, tra il IV e il Il secolo a.C., in area tarquiniese sono state infatti rinvenute maschere in terracotta di piccolo formato provenienti da diversi contesti funerari e votivi.

Questi volti testimoniano, con le loro caratterizzazioni, quanto il culto dionisiaco e la tradizione del grande teatro greco fossero penetrati a fondo in Etruria e quanto l’ambito tarquiniese sia stato importante come tramite per la successiva produzione romana.

laschere raffiguranti personaggi a carattere dionisiaco e teatrale erracotta dipinta o con tracce di policromia /- III secolo a. C. a Tarquinia Vasks depicting dyonisian and theatrical characters Painted terracotta or with polychrome traces 4th - 3d century BCE From Tarquinia Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia 1. Maschera di Pan Mask of Pan Collezione Bruschi, inv. CB 1356b 2. Maschera di Pan Mask of Pan Collezione Bruschi, inv. CB 1356a 3. Maschera di Dioniso Mask of Dionysus Collezione Bruschi, inv. CB 1356c 4. Maschera comica di schiavo Comic mask of slave Collezione Bruschi, inv. CB 1359 5. Maschera comica di anziana Comic mask of elderly woman Collezione Bruschi, inv. CB 1361a 6. Maschera comica maschile Comic mask of male character Collezione Bruschi, inv. CB 1361b 7. Maschera comica di anziana Comic mask of elderly woman Collezione Bruschi, inv. CB 1361c 8. Maschera di sileno Mask of silenus Collezione Bruschi, inv. CB 1364 9. Maschera di sileno Mask of silenus Collezione Bruschi, inv. CB 1364b 10. Maschera di satiro Mask of satyr Collezione Bruschi, inv. CB 1365a
9. Maschera di sileno
Collezione Bruschi, inv. CB 1364
Maschere raffiguranti personaggi a carattere dionisiaco e teatrale
Terracotta dipinta o con tracce di policromia
II- III secolo a. C. a Tarquinia
Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia
Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia

Le origini del teatro nell’antica Grecia: Tragedia e Commedia

Il teatro occidentale affonda le sue radici nella drammaturgia e nella commedia sorte in Grecia a partire dal VI secolo a.C.

Dalla tragedia e dalla commedia greche nonchè da apporti italici deriva il teatro romano, che si presenta, fin dai suoi esordi, come unoperazione di adattamento di quello greco al nuovo contesto sociale.

La mostra racconta come la tradizione greco-romana del teatro si è evoluta e trasformata nel corso di quasi un millennio.

Purtroppo sono pochi i testi che sono stati tramandati fino a noi: per la commedia Plauto e Terenzio, per la tragedia soltanto Seneca.

Le origini religiose del teatro. Le celebrazioni in onore di Dioniso

La tradizione greco-romana del teatro ha origini religiose.

È molto probabile che dalle feste celebrate in onore di Dioniso, una delle grandi divinità dell’Olimpo greco, figlio di Zeus e di Semele, nacquero sia la Tragedia sia la Commedia.

Dioniso, Bacco per i romani, è il dio greco della vite, del vino, del delirio mistico.

Esposto in mostra una coppa di produzione attica dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze.

La coppa mostra una delle rarissime rappresentazioni di una processione in onore di Dioniso, dio del teatro (falloforia).

Il teatro dell’antica Roma

Il teatro, derivato dalla tradizione greca, ma permeato anche di costanti influssi di componenti etrusche e italiche, giocò un ruolo centrale nella vita quotidiana e nell’identità culturale dell’antica Roma.

Le rappresentazioni teatrali erano spesso parte di festival religiosi e celebrazioni pubbliche.

Offrivano anche una grande opportunità per i cittadini romani di riunirsi e condividere un’esperienza culturale comune.

Il teatro si rivelò ben presto anche un potente strumento di propaganda politica.

Ricoperse un ruolo centrale nella vita quotidiana e nell’identità culturale dell’antica Roma.

Non fu solo un mezzo di intrattenimento, ma anche di riflessione critica e soprattutto di coesione sociale.

Le maschere

Un esemplare unico esposto in mostra è l’antica maschera in terracotta del Museo Archeologico Regionale ‘Paolo Orsi’ di Siracusa (vedi Foto sopra).

Le maschere fungono da filo conduttore del percorso espositivo.

Si parte dalle più antiche, risalenti al V secolo a.C., passando per quelle ellenistiche del III-II secolo a.C., fino ad arrivare alle spettacolari maschere di epoca romana.

Le maschere rappresentano anche caratteri scenici di lunga durata, tragici, comici e grotteschi.

La mostra offre anche un “campionario” di modelli di maschere mai esposti a Roma, provenienti dalla bottega di un artigiano di Pompei.

Tra i reperti selezionati, sono notevoli le maschere miniaturistiche della tragedia e commedia greca provenienti dall’isola di Lipari.

Ed inoltre e i grandi affreschi parietali di un “camerino” per la compagnia teatrale, provenienti dal teatro romano di Nemi.

Vi è anche una serie di dodici gemme di epoca romana a soggetto teatrale.

4. Maschera colossale comica: "la falsa vergine" Marmo lunense Fine I sec. a.C. Dal teatro di Marcello, scavi del Governatorato (1926-1932) Collocata originariamente sulle chiavi degli archi del primo o secondo ordine del teatro Teatro Argentina, Roma; Area del Teatro di Marcello, inv. TM 16904
4.
Maschera colossale comica:
“la falsa vergine”
Marmo lunense
Fine I sec. a.C.
Dal teatro di Marcello, scavi del
Governatorato (1926-1932)
Collocata originariamente sulle chiavi degli archi del primo o secondo ordine del teatro
Teatro Argentina, Roma;
Area del Teatro di Marcello, inv. TM 16904

E inoltre il ritratto di Marcello con la maschera in bronzo di Papposileno, appartenente alla collezione Fondazione Sorgente Group.

Il percorso espositivo strutturato in sette sezioni

Il percorso espositivo si sviluppa in sette sezioni, seguendo un senso cronologico.

Ogni sezione è arricchita da installazioni multimediali, quali riprese aeree, videomapping, postazioni interattive, interventi recitati da attori che danno voce agli autori e ai i protagonisti del teatro antico.

Fin dagli albori, in età antichissima, si svilupparono la tragedia e la commedia.

Prima sezione: le origini religiose nell’antica Grecia

La prima sezione, dal titolo Genesi, racconta l’importanza del culto dionisiaco alle radici della tradizione teatrale greca e il valore del teatro per la vita democratica ad Atene.

Secondo Aristotele la commedia nasce dai cortei di festa (Komodia: da komoi, cortei di festa e odé, canto) inseriti nelle Falloforie, ossia le feste dedicate a Demetra e Dioniso, con chiara funzione scaramantica (apotropaica).

Le radici italiche e magnogreche

Il teatro prende origini dalla tradizione greca con influssi di componenti etrusche e italiche.

La seconda sezione, dal titolo Radici italiche e magnogreche, mette in risalto proprio il contributo che l’Etruria, la Magna Grecia e i popoli italici fornirono al sorgere del teatro latino.

Nel 240 a.C. per la prima volta a Roma viene portato sulle scene un dramma composto in lingua latina ad opera di un poeta di origine greca, Livio Andronico.

Si trattò di un evento di grande rilevanza storica e culturale, poiché listituzione di quello spettacolo segnò il vero e proprio atto di nascita della letteratura latina.

Il primo teatro italico. Il teatro comico in Sicilia e in Magna Grecia

La commedia invece nasce nella Sicilia dorica.

Secondo Aristotele, la commedia attica fu preceduta da una ricca produzione comica che si sviluppò in Sicilia e in Magna Grecia in forme diverse.

Epicarmo e Sofrone, entrambi di Siracusa, e Rintone di Taranto, nel V secolo furono molto popolari.

Essi diedero origine a forme particolari di commedia, come la Parodia mitologica (farsa fliacica o ilarotragedia) e la mimografia, drammi buffi scritti in dialetto dorico.

Vengono presentate scene di vita quotidiana e bozzetti di personaggi popolari.

Le vicende mitiche cantate dai tragici venivano parodiate dagli attori, che recitavano questi drammi buffi con vistose imbottiture.

Statuetta di attore seduto Marmo italico con tracce di colore Metà del Il sec. d.C. Già Collezione Mattei Statuette of seated actor Italic marble with traces of colour Middle of the 2nd century CE Formerly in the Mattei Collection Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Pio Clementino, Galleria dei Candelabri, inv. 2661
Statuetta di attore seduto
Marmo italico con tracce di colore
Metà del Il sec. d.C.
Già Collezione Mattei
Città del Vaticano, Musei Vaticani,
Museo Pio Clementino, Galleria dei Candelabri, inv. 2661

La commedia a Roma

La terza sezione della mostra è intitolata La commedia a Roma.

Nella Roma repubblicana fioriscono autori geniali come Plauto e Terenzio.

In questa sala si esplora la tradizione comica romana, dalla costruzione dei personaggi di Plauto, vere e proprie maschere di tipi umani, fino allo spirito riflessivo e introspettivo dei personaggi di Terenzio.

Essi introducono con enorme successo le forme della commedia greca, riprendendo le opere di Aristofane e Menandro.

Attore con maschera tragica Intonaco dipinto Isec. d.C. (5 -79 CC) Da Ercolano Actor with tragic mask Painted plaster Ist century CE (45 - 79 CE) From Ercolano Museo Archeologico Nationale di Napoll in. 903
Attore con maschera tragica
Intonaco dipinto
Isec. d.C. (5 -79 CC)
Da Ercolano
Actor with tragic mask
Painted plaster
Ist century CE (45 – 79 CE)
From Ercolano
Museo Archeologico Nationale di Napoll in. 903

Aristofane e la commedia antica

Aristofane è reputato il massimo esponente della commedia politica e proponeva temi politici e culturali.

Opera durante le guerre del Peloponneso (sconfitta di Atene), nell’Atene del V secolo a.C., quando il regime è democratico.

Possediamo 11 commedie complete delle 40 attribuite ad Aristofane: esse lo consacrano come uno dei più grandi commediografi del passato, nonché uno dei più attuali.

Nato ad Atene intorno al 450 a.C. partecipò attivamente alla vita politica della sua città e, facendo ampio uso della libertà di parola ammessa ai suoi tempi nei tribunali e a teatro, attaccò sulla scena i mali della democrazia ateniese. Scrisse godibili satire anche sugli intellettuali del suo tempo, citati per nome: Socrate (Le nuvole) e Euripide (Le rane, Tesmoforiazuse) tra gli altri.

Nel XV secolo l’arrivo di codici greci in Italia garantì la fortuna di Aristofane presso gli umanisti.

L’edizione delle sue commedie qui presentata è in assoluto il primo testo teatrale mai dato alle stampe, custodito presso la Biblioteca Casanatense a Roma.

Prima edizione a stampa di un’opera teatrale “Nove commedie di Aristofane”, volume a stampa, Venezia 1498, Roma, Biblioteca Casanatense

L’attualità delle Commedie di Aristofane

Celebri sono le opere maggiori arrivate sino a noi.

Innanzi tutto l’ Acarnesi, la cosiddetta commedia dell’utopia, ambientata durante la guerra tra Atene e Sparta.

Poi i Cavalieri, che critica le istituzioni ed è la satira politica più feroce mai trasmessa dalla letteratura antica.

Il bersaglio è Cleone, demagogo fautore della guerra ad oltranza contro Sparta.

Inoltre, sempre nel solco della satira politica Le Nuvole, commedia che prende di mira le nuove correnti di pensiero, in particolari quella sofista, incarnata da Socrate.

Emerge anche il tema del degrado sociale e della decadenza, anche attraverso la condanna della figura del Sicofante, che denuncia un cittadino dietro pagamento.

Menandro e la Commedia nuova

Menandro nasce ad Atene nel IV secolo a.C.

E’ allievo di Teofrasto (coetaneo di Epicuro).

Vive sotto il protettorato macedone di Demetrio Falereo, in una epoca in cui Atene ha perso la sua libertà.

Delle 100 commedie che ha scritto, ne rimangono purtroppo pochi frammenti.

la caratteristica dell’uomo di Menandro è quella di risolvere i problemi familiari.

I caratteri della commedia di Menandro sono il lieto fine e la sorte (tuke).

La tuke è la regista della commedia.

La tuke infatti fa cadere i personaggi nell’errore e li induce ad allontanarsi, ma è sempre lei che consente il lieto fine, spesso tramite il meccanismo del riconoscimento.
I temi ricorrenti della filantropia e della solidarietà, rispecchiano una visione ottimistica dell’essere umano.

Rilievo con Menandro e Talia Marmo greco 20 - 40 d.C. Già collezione Rondinini; acquistato nelle Collezioni Vaticane nel 1838 Relief with Menander and Thalia Greek marble 20 - 40 CE Formerly in the Rondinini collection; purchased for the Collezioni Vaticane in 1838 Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Gregoriano Profano, inv. 9985
Rilievo con Menandro e Talia
Marmo greco
20 – 40 d.C.
Già collezione Rondinini; acquistato nelle Collezioni
Vaticane nel 1838
Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Gregoriano Profano,
inv. 9985

Menandro è convinto che l’uomo sia capace di imparare dai propri errori e che i contrasti generazionali possano essere risolti in nome di una comune umanità di cui tutti sono compartecipi.

Le opere maggiori di Menandro sono “Il bisbetico e “L’arbitrato.

La tragedia a Roma

La quarta sezione, La tragedia a Roma, presenta i principali protagonisti della produzione tragica del periodo repubblicano, di cui resta poco, e si concentra su due figure di grande rilievo come Seneca e Nerone.

Di tanti altri testi, di interi generi letterari, quali la tragedia di età repubblicana, conosciamo solo i titoli e, talvolta, un buon numero di frammenti, grazie alle citazioni di eruditi, grammatici, lessicografi.

Melpomene con maschera tragica Intonaco dipinto I sec. d.C. (15 - 45 d.C.) Da Pompei Melpomene with tragic mask Painted plaster 1st century CE (15 - 45 CE) From Pompei Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inv. 8847
Melpomene, la Musa del teatro, con maschera tragica
Intonaco dipinto
I sec. d.C. (15 – 45 d.C.)
Da Pompei
Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inv. 8847

Musicisti, mimi, giocolieri e acrobati nell’antica Roma

La quinta sezione, I protagonisti e la musica, si focalizza sulle vite, spesso rocambolesche, di attori, danzatori, acrobati, musicisti e mimi.

Uno spazio specifico è dedicato al fenomeno degli spettacoli di mimi e pantomimi in età imperiale.

L’esposizione racconta anche le difficili vite degli attori e degli altri grandi protagonisti del mondo teatrale.

Acrobata in terracotta
Acrobata su colonna
Terracotta realizzata a matrice
Fine VI – inizi V secolo a.C.
Da Taranto, contrada Vaccarella, piazza Messapia,
tomba 1
Museo Archeologico Nazionale di Taranto, inv. 52190

Dal teatro recitato al teatro del corpo

Dal teatro recitato al teatro “del corpo” il passo è breve.

Lo spettacolo si affida alla gestualità più che al testo per comunicare con un pubblico vasto e multietnico come quello imperiale.

È lepoca dei mimi e dei pantomimi, ma anche di forme singolari di divertimento come le danze acquatiche, realizzate allagando l’orchestra del teatro (tetimimi).

Statuetta di giocoliere o mimo Statuette of juggler or mime Terracotta realizzata a matrice Cast terracotta Ill sec. a.C. 3d century BCE Da Taranto, via Crispi, da una tomba From Taranto, via Crispi, from a tomb Museo Archeologico Nazionale di Taranto, inv. 4077
Statuetta di giocoliere o mimo
Terracotta realizzata a matrice
Ill sec. a.C.
Da Taranto, via Crispi, da una tomba From Taranto, via Crispi, Museo Archeologico Nazionale di Taranto, inv. 4077

Contemporaneamente i teatri si aprono a manifestazioni loro estranee, come assemblee, trionfi e giochi di ogni genere.
La musica nell’antica Roma 

Sempre in epoca imperiale si diffonde la tipologia dell’odeon (gr. odèion, lat. odeum), edificio in genere più piccolo di un teatro e con un tetto di copertura, destinato alla declamazione.

Nel settore della musica di scena, la mostra espone rari strumenti musicali originali come tibie, resti di cetre, crotali e sistri, molti dei quali sono stati fedelmente riprodotti per consentire ai visitatori di sperimentarne il suono.

L’eredità architettonica del teatro antico

La sesta sezioneL’architettura, riflette sull’eredità monumentale lasciata dal teatro antico, attraverso rovine architettoniche spesso maestose e ancora funzionanti.

La transizione dalla Roma repubblicana al regime imperiale nel I secolo a.C. vede la costruzione dei primi teatri stabili a Roma e elaborazione della loro forma.

In pochi decenni sorgono i tre grandi teatri romani in muratura: il teatro di Pompeo (61-55 a.C.), con circa 20.000 posti, circondato da portici e giardini, di cui rimane poco se non nella topografia di Roma; il teatro di Cornelio Balbo (dedicato nel 13 a.C.), anch’esso perduto, e il teatro di Marcello, quasi contemporaneo, intitolato da Augusto alla memoria del nipote amato.

La collaborazione con la Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma ha permesso la realizzazione di un intervento video sul teatro di Pompeo, che dopo la mostra resterà patrimonio delle Istituzioni curatrici.

Maschera di Pan
Maschera di Pan
Marmo bianco a grana fine e peduccio in rosso antico
Seconda metà del I sec. d.C.
Dono di papa Benedetto XIV (1748)
Mask of Pan
Roma, Musei Capitolini, Palazzo Nuovo, inv. MC S 716

Attualità del teatro antico

La settima sezione della mostra riguarda il teatro contemporaneo

L’attraversamento dell’antico si apre alla contemporaneità nell’ultima sezione della mostra, dal titolo “Attualità del classico”, realizzata in collaborazione e con il contributo del Dipartimento di Lettere e Culture Moderne dell’Università di Roma ‘Sapienza’ e dell’INDA (Istituto Nazionale del Dramma Antico).

Ricca la selezione di locandine storiche di spettacoli realizzati al teatro greco di Siracusa, nonché di montaggi video di messe in scena contemporanee.

Numerose le testimonianze materiali e fotografiche, riferite in particolare all’esperienza del ‘Vantone’ di Pasolini.

Il percorso espositivo si chiude offrendo una panoramica sulla vitalità del teatro classico, dal primo Novecento ai nostri giorni.

Ancora oggi riconosciamo in Edipo e negli altri protagonisti del dramma antico i nostri stessi istinti e contraddizioni.

Immergersi nel teatro classico è dunque un’operazione attuale, che questa mostra propone privilegiando il filo della continuità




Pepito Torres: Grande Artista Internazionale.

Il Maestro della fotografia, capace di far brillare la musica con il canto.

 

Il vero artista diventa grande quando sa uscire, con vero coraggio e passione, dal proprio indirizzo, ancor di più, se ha riscosso con esso grandi successi e riconoscimenti, e sa dedicarsi ad altre forme rappresentative.

E’ il caso del Maestro Pepito Torres, eccellente e raffinato fotografo internazionale, capace di cogliere, con l’obiettivo della sua macchina fotografica, particolari emozioni e trasmetterle al grande pubblico.

Carla Fracci, Nureyev, Vassilyev, nomi di chiara fama, sono stati da lui immortalati nel suo lungo percorso che inizia negli anni 70.

Quasi tutti i generi fotografici sono stati sfiorati con grande maestria, arrivando anche a produrre numerosi servizi per PlayBoy, nota rivista USA con edizione Italiana, il cui logo era stilizzato con la testa di coniglio dalle lunghe orecchie con addosso un farfallino da smoking.

Numerosissime le attrici e le personalità di moda e spettacolo che posavano con l’intento di essere la PlayMate del mese in un travolgente mix di erotismo e sensualità che giammai scadeva nel volgare o peggio nella pornografia.

Per questo si affidavano ad artisti dall’elevata professionalità di cui Pepito faceva indubbiamente parte, vista la sua lunga permanenza.

Talent scout di successo, non a caso Heather Parisi è stata fotografata da lui dagli albori della sua carriera con scatti pubblicati sulle principali riviste nazionali ed internazionali.

Fotografo che lo ha portato in giro per il mondo con scatti di elevata particolarità e pubblicati dal Touring Club Italiano al punto da decidere di diventare editore della rivista internazionale Belmondo che ogni anno pubblica il suo numero in ben quattro lingue.

Un’opera che rimarrà nella storia “Roma anno Zero”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, è stata da lui realizzata in uno dei momenti più incredibili ed impensabili per la prima ed unica volta, tanto che ci auguriamo vivamente non tornino più.

“Nei due mesi del lockdown totale, Pepito Torres si è aggirato per le strade e le piazze della città con la sua macchina fotografica, raccogliendo testimonianze inedite di una Roma deserta, vuota, silenziosa, sospesa nell’incanto della sua assoluta bellezza.”

Ma Pepito ha nel cuore un’altra grande passione che lo trascina, lo coinvolge, gli fa ardere il desiderio di esprimersi ed offrire al suo amato pubblico un altro lato della sua grande capacità artistica, non senza prima curare ogni aspetto, ogni risvolto, studiare con grande passione e con grande attenzione, come solo un attento artista sa fare, ma rivolto, questa volta, al canto.

Così grazie a Salvatore Martino, poeta ed attore, che gli suggerisce quelle tecniche di impostazione vocale, per far si che possa venir fuori il meglio dalla voce, e grazie a “Maestro Viko”, Liano Concolino, con il quale, scoltando alcuni brani lo convince a realizzare un concerto, Pepito riesce a dare seguito alla sua grande passione.

Una passione forte, repressa da fattori esterni, personali, molto personali che gli provocano grande dolore interiore, percepibile solo quelle poche volte che ne parla, e che solo nel 2014 dopo una lunga preparazione, fortemente voluta e desiderata, quasi “agognata” riesce a tirar fuori, sorprendendo tutti, esibendosi con un microfono in mano, cantando un repertorio di tutto rispetto di eccellenti brani spagnoli e latino americani.

Al Palazzo Santa Chiara in Roma, ha offerto al suo pubblico il suo canto, passando così da dietro a davanti l’obiettivo, facendo sì che questa volta fosse lui ad essere immortalato.

Numerosissimi i VIP, in un teatro stracolmo, che hanno avuto la possibilità di gustare un vero e proprio concerto di elevatissimo prestigio.

Ma Pepito non vuol fermarsi, ed ancora al Teatro Santa Chiara da prova del Suo personale grande talento nel canto qualche anno dopo.

Circondandosi e scegliendo con grande cura artisti, maestri di elevata fattura, con al pianoforte il Maestro Paolo Iurich, che ha curato gli arrangiamenti, alla chitarra classica ed acustica Gianfranco Federico, al basso Fabrizio Cucco, alla batteria Adamo De Santis, alle percussioni Walter Paiola, alle tastiere Danilo Riccardi, ed al sax e flauto Massimiliano Filosi, il Maestro Pepito Torres ha dato vita ad una serata indimenticabile cantando “Palabras De Amor” per i suoi amici.

Un successo, come riportano le indicazioni tratte dai numerosi commenti che si trovano su tutti i social e dalla grande partecipazione a quel concerto, nato, voluto, realizzato ed eseguito da quel grande fotografo che ha dato lustro a tanti artisti ed a tanti luoghi nel mondo.

Un successo che vuole bissare, convinto, e non a torto, che la musica ed il canto sono quelle espressioni artistiche che più trasmettono emozioni, che trasportano la mente, che fermano il tempo riportandoci in una dimensione di confort.

La scelta accurata dei brani, che a tanti, giovani e meno giovani, suscitano quelle emozioni che trasportano nei più bei ricordi della vita, dell’amore, della tenerezza del romanticismo che portiamo dentro ciascuno di noi, e che purtroppo si allontanano sempre più perdendosi in quello che il rumoroso frastuono oggi ci propone.

Qualcuno direbbe “Chansonnier”, autore ed interprete di canzoni, certo, brani spagnoli, conosciuti anche in Italia e che fanno sognare.

“Tres Palabra”, “Eu sei que vou te amar”, “Historia de un amor”, “Alfonsina y el mar”, “ Amapola”, “Cuando vuelva a tu lado”, “Por el amor de una muijer”, “Cuenta comnigo”, “Les feuilless mortes”, “Lo que me queda por vivir”, “ El porompompero”, “Quien sera la que me quiera a mi”,sono tutti brani che Pepito Torres ha riproposto al Teatro degli Eroi, in via Girolamo Savonarola 36 Roma, il 6 Giugno, mantenendo così la promessa fatta al suo numerosissimo pubblico che ha riempito la platea.

Platea che ha consacrato il Maestro Pepito Torres, come vero punto di riferimento di quella musica, di quei brani eseguiti con grande maestria, che appassionano, che stimolano quella sensualità, pulita, limpida, rispettosa, che lascia trasparire quel forte erotismo, che oggi sembra essersi perduto, specialmente nelle nuove generazioni.

Accompagnato al pianoforte dall’eccellente Maestro Sebastian Marino, che ha eseguito i brani, alternandoli con musiche ed opere classiche di altissimo livello.

Il Maestro Sebastian Marino, musicista compositore ed esecutore, diplomato a pieni voti presso il conservatorio “L. Refice” di Frosinone, dal tocco delicato, leggero e raffinato, spettacolo non solo per le orecchie degli amanti del pianoforte, ma anche per la vista di coloro che amano ascoltare, anche con la vista, estasiati nel vedere le mani del pianista sulla tastiera, volare con grazia e leggerezza.

Per questo considerato talento emergente del panorama italiano.

Il suo album d’esordio “Incipit” è da poco uscito con l’etichetta Indaco Record.

Ma le sorprese della serata non finiscono qui, e nella seconda parte, dimostrando di avere un estro non comune, Pepito Torres introduce “la sorpresa” dell’ultimo momento che ha mandando in visibilio il folto e competente pubblico.

Il Maestro Gino Mariniello, con il quale si accompagnerà esibendosi con il brano “El porompompero” interpetrata in maniera personale e brillante, dando un taglio diverso da come il concerto era stato impostato fino a quel momento, in aggiunta al Maestro Sebastian Marino.

Gino Marinelli, grande chitarrista Italiano, inizia a suonare la chitarra da bambino, a soli sei anni, a nove studia chitarra classica presso l’Accademia Musicale di Varese per poi accedere al conservatorio di Milano, Giuseppe Verdi.

Vari i generi musicali che nel corso del tempo studia, dalla musica jazz, al rock e fusion… così nel 1995 fa il passo in RAI, con varie esibizioni in trasmissioni suonando chitarra classica, chitarra acustica, elettrica e mandolino.

Non è da tutti suonare per artisti come Andrea e Matteo Bocelli, David Foster, Lionel Richie, Philip Bailey, tanto per citarne alcuni.

L’eccellente esecuzione del Maestro Marinelli, con arpeggi veramente di grande capacità, il tocco magistrale del Maestro Marino e la voce dalla raffinata con la tecnica flamenca del Maestro Pepito sono diventati un vero punto di riferimento per la musica latino americana.

E’ nella perfetta sintonia del trio, evidenziata in tutta la seconda parte, che i brani cantati da Pepito hanno assunto una colorazione unica, trasportando il pubblico verso l’Andalusia terra del mediterraneo o verso il bolero, classico di quelle terre lontane, ma proprio grazia alla musica, vicine.

Emozioni che Pepito Torres ha saputo offrire, in maniera diversa dal suo modo visivo, stando dietro l’obiettivo che in questo caso ha lasciato ad altri, ma davanti l’obiettivo curando nei minimi particolari, come solo un vero artista sa fare, la musica per l nostre orecchie.

Ettore Lembo