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Loro, l’epilogo tra le macerie del terremoto del racconto sorrentiniano

Bastano la prima e l’ultima scena della seconda parte del film Loro per dare il senso dell’intera opera e rimettere in fila i pezzi significanti della narrazione cinematografica di Sorrentino.

La seconda parte di Loro si apre con il dialogo tra Silvio e Ennio che lodano le rispettive capacità di saper persuadere la gente e vendere sogni alle persone. Dal dialogo nasce l’idea per riportare Silvio al centro della scena politica italiana, quella di comprare 6 senatori della sinistra e far cadere il governo per andare a nuove elezioni

Il film termina con una scena quasi religiosa e che rende omaggio alla Dolce vita di Fellini: una folla disperata e addolorata, immersa in una oscurità quasi medioevale ed in un silenzio metafisico assiste all’opera di recupero, attraverso una gru, di una statua del Cristo morente dall’interno di una chiesa sventrata dal terremoto dell’Aquila.

La sequenza fonde insieme due eventi tragici e comunica un senso di disperazione e  di sgomento che sintetizza il messaggio finale del film.

La statua che viene spostata mentre è appesa ad una gru ricorda la scena del trasporto volante nella Dolce Vita e genera un immediato accostamento tra la dolce vita felliniana e la finta vita berlusconiana.

Mentre nella dolce vita spiccava nei diversi personaggi l’ansia dovuta alla mancanza di autenticità della propria esistenza ed al bisogno di recuperare modelli di riferimento ideale a cui tendere che nel film erano indicati in modo netto, nella finta vita del Berlusconismo, fatta di sogni consumistici e di esteriorità, di distopie e di disvalori, di sostituzione del consumo dei beni al valore dei sentimenti umani, di egoismo ed edonismo i comportamenti di Silvio e della sua corte non compaiono come frutto di devianza dal bene e dal giusto, ma come nuovi codici morali autofondati, sia perché non generano reazioni di ansia o insostenibilità ma totale e indiscusso compiacimento, sia perché manca qualsiasi contrapposizione, anche solo sfumata, ad un modello totalmente altro.

La vita autentica, secondo il Silvio pensiero rappresentato nel film, è proprio questa e la sua missione, da uomo di affari prima e da leader di governo poi, è di permettere a più italiani possibili di sognarla prima (ruolo perfettamente svolto dalle sue televisioni commerciali) e di riuscire a viverla subito dopo.

Anche se il regista non rappresenta alcuna forma di riprovazione nè contrapposizione di modelli alternativi esprime, tuttavia, con immagini e con una metafora potentissima dove questa filosofia ha condotto la società italiana e le persone; il berlusconismo è associato nelle ultime scene del film ad un terremoto devastante che distrugge una intera comunità ed i valori su cui era fondata, primi fra tutti quelli del cristianesimo (irriso anche con una barzelletta nel corso della cena con le Olgettine nella Villa in Sardegna) e dei valori civili di onestà e di rettitudine morale per i quali tanti italiani hanno lottato con sacrifico anche estremo durante e subito dopo la guerra.

Ugualmente frana la finta vita privata di Silvio, incentrata sulla forza della persuasione e della manipolazione, che lo porta al definitivo fallimento del suo rapporto con Veronica, qui usato come metro di misura della sua autenticità di uomo.

La scena della resa dei conti tra i due mette a nudo la infondatezza dei racconti ideologici che Silvio ha sempre propinato alla società italiana (il mito del self made man, del creatore di ricchezze e di benessere per tutti e così via) così come il vuoto morale ed etico del Berlusconismo è espresso da una frase pronunciata da Paolo Spagnuolo che definisce Silvio un ruscello che scorre e porta freschezza.

Come già detto nel primo articolo, manca nel film qualsiasi riferimento al terzo soggetto, il Noi, che pure ha avuto un ruolo non secondario nel permettere tutto ciò e che forse è nascosto soltanto nel lungo piano sequenza conclusivo sui volti dei pompieri affaticati che estraggono il Cristo dolorante dalle macerie. Solo a Noi può spettare un’azione di riscatto e di ribellione contro quel mondo rappresentato che a molti di noi fa sempre più schifo

 

 

 

 

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