8 DOMANDE A JASMINE LAURENTI

Come tutte le pellicole importanti, tali da richiamare fin dalle prime scene la compliance dello spettatore alle proposte del regista, alla narrazione, alla stessa interpretazione degli attori – coerentemente alla trama stessa -, partire con immagini che riconducano al finale, impegnano a seguire il sottile fil-rouge che collega il tutto. Ecco quindi che ci avviciniamo a questo opera, dal particolare titolo di ‘SOLA NINA’, affidandoci a una delle Attrici che ne hanno composto il cast: Jasmine Laurenti, nota speaker, attrice, doppiatrice, giornalista internazionale, e… tanto altro ancora.

Jasmine, grazie per averci concesso questa intervista: la sappiamo oltremodo impegnata. Ma per i nostri Lettori sarà interessante seguire quella che lei stessa ha definito “la cronistoria di un sogno”. Un sogno che è stato proprio quello di essere coinvolta nelle riprese del lungometraggio ‘SOLA NINA’. Che ne dice se iniziamo dalla fine, ossia dalla sua esperienza a Venezia, “momento di gloria e vero e proprio tatuaggio nella memoria”?  

  L’otto Settembre di quest’anno, l’esperienza di Venezia – città unica per carisma e mistero – è stata particolare e inebriante; passeggiare lungo il Lido, brulicante di folla variopinta in occasione della BIENNALE DEL CINEMA è stata un’esperienza unica.

Quest’anno ho avuto il grande piacere di essere Eva in “Sola Nina”, secondo

lungometraggio a firma del regista indipendente Massimo Libero Michieletto, interpretato fra gli altri dalle attrici Carlotta Piraino (Nina) e Maria Casamonti (Maria), coprotagoniste di una storia intrisa d’amore, imprevedibilità e speranza.

Il film, è stato presentato alla Conferenza Stampa indetta dalla Treviso Film Commission assieme ad altre nove opere: un altro lungometraggio – “72 ore e …” di Luciano Luminelli; tre format e serie tv – “48 ore” di A_LAB Produttore, “Bottega Reato” di Restera Produzioni, “Drive Up” di Silvia Chiodini –; un documentario – “I Colli Asolani” di Piero Cannizzaro; tre cortometraggi – “Until The Last Breath” di Eddy Colucci, “Bianco” di Elena Carnio, “Valdo Hills Meet” di Riccardo Della Vedova; un video-promo, “Golfer’s Wide To Italy, GOLF TV Web Channel”di IMG Produzione.

Momenti molto intensi, nel corso dei quali posso assicurare che ci sono altre scene che si sono rincorse in me con straordinaria velocità e grande intensità: e sono immagini che riguardavano tutta la mia vita, persino i sogni come pure i desideri di ogni tipo.

La memoria mi riportava prepotentemente al mio vissuto del 2014: ero nel West Village, nel piccolo appartamento che condividevo con Lisa, la mia compagna di viaggio.

Mi raggiunse la telefonata della casa di doppiaggio con la quale collaboravo, che mi chiedeva la disponibilità per Settembre. L’attrice da doppiare era Julianne Moore – nei panni della spregiudicata, elegantissima Mrs. Laura ‘Lauranella’ Cheveley – nella riedizione italiana di “An Ideal Husband”, pellicola del 1999 diretta da Oliver Parker, tratto dall’omonima commedia di Oscar Wilde. Non capita tutti i giorni di essere scelti come voce senza passare per un provino.

In quel 2014, Claudio Moneta aveva fatto la sua scelta: a me non restava altro che dire “sì”!

Settembre è decisamente il mio mese ‘magico’!

 

Chi c’era insieme a lei, Jasmine, a Venezia?

Al Lido, sotto un timido sole, pochi momenti prima di varcare la soglia dell’Hotel Excelsior – in una delle cui sale si svolgeva la conferenza – ci siamo messi in posa per la foto di rito. Un’istantanea che qui mi fa piacere rivivere. Oltre al regista Massimo Libero Michieletto, c’è Eliana Boschiero (Segretaria di Produzione) e le attrici Carlotta Piraino (Nina), Giovanna Digito (la ragazza vestita da sposa) e la sottoscritta (Eva, sorella maggiore di Nina).

Con noi c’era anche una distinta signora, Lisa, uno degli sponsor del Progetto. Mentre attendavamo l’inizio della Conferenza notai passare davanti a noi un gruppetto di persone e in mezzo a loro, l’esile figura di una donna in T-shirt e pantaloni blu scuro, un berretto con frontino in tinta ben calcato sulla fronte, e un paio di occhiali neri. Sarà la chioma rossa … sarà l’elegante andatura … ha un’aria familiare. Incrocio il suo sguardo, le sorrido e, per un istante, ho l’impressione che mi stia ricambiando!!!

Ma certo! Era proprio lei, Julianne Moore! Che coincidenza straordinaria!

E lei non ha tentato di salutarla, di persona?

Guardi, uno dei miei motti è “se puoi avere di più dalla vita, perché accontentarti?” Mi sono messa a correre, per raggiungerla un attimo prima che potesse entrare nell’Hotel Excelsior scortata dal suo body guard: divenendo praticamente irraggiungibile.

Ebbi l’idea di alzare la voce, rivolgendomi a lei con un “Hello Mrs Moore, I’m Jasmine Laurenti, your Italian Voice in the Italian re-edition of ‘An Ideal Husband’!!!”. Silenzio. Nella brezza veneziana, quell’esile creatura si girò lentamente verso di me… scostò con la mano la guardia del corpo pronta a impedire il nostro incontro, e mi sorrise, lieta…“Really ???”… “Really!”.

Seguì un abbraccio e un gioioso, reciproco apprezzamento. Penso alla bravissima doppiatrice che le ha dato la sua voce nella prima edizione italiana, la bravissima Roberta Greganti. Col pensiero condivido la mia gioia con lei, sperando che abbia il dono della telepatia.

 

Che significato ritiene di dare a questa sua esperienza?

La vita è costellata di felici, inaspettati avvenimenti. Per tutti, nessuno escluso.

Anche per chi stia leggendo queste righe proprio ora. È che pensiamo spesso, ed è questo il nostro errore, di aver già ricevuto “abbastanza”. Ma la vita ha sempre un asso nella manica e, quando meno te lo aspetti, ti presenta un dono, un vero regalo. Io sono stata benedetta doppiamente.

Anzi, triplamente.

Nell’aver colto l’opportunità di fare la mia parte in un Progetto di valore non mio, ma vissuto come se fosse stato un po’ anche mio. Nell’aver riconosciuto in un’esile figura di passaggio, una delle mie attrici preferite a cui ho dato la mia voce.

Nell’aver ricevuto, al momento giusto, una dose di scoppiettante entusiasmo per la Vita: l’entusiasmo bambino di chi ad Essa si abbandoni con fiducia.

Jasmine, sento nella sua voce le vibrazioni tutte della soddisfazione e soprattutto dell’entusiasmo per questa intrapresa: direi poi che la sua voce ha tutte le note di una grande affettuosità verso tutti i suoi compagni di lavoro. Credo che lei li consideri ormai parte di sé, nuovi componenti di una sua nuova ‘famiglia’…

Non si sbaglia: la mia nuova esperienza è iniziata la vigilia di Natale del 2021… un paio di click sulla messaggeria della rete, uno scambio di saluti, qualche vecchio ricordo. Da reporter ad attrice è stato un attimo!

E sono grata al regista indipendente Massimo Libero Michieletto, per aver visto in me uno dei soggetti idonei alla realizzazione del suo progetto. Ricorda di quei click che ho citato prima? È stato solo alla fine di Febbraio del 2022 che sono riuscita a ricomporre il puzzle: con Michieletto ci eravamo conosciuti diversi anni prima, in occasione della premiazione di un concorso letterario indetto dalla rivista di cui Massimo, all’epoca era Art Director.

Giuliana Merotto (mia madre), fondatrice della rivista, mi aveva invitato a leggere brani scelti dalle opere dei tre finalisti. Massimo faceva allora parte della giuria e a distanza di qualche anno si ricordò di me. “Vorrei che tu facessi una parte nel mio prossimo film”, scrisse.

Il resto è (quasi) storia. Il regista ha un cospicuo background: è docente di storia dell’architettura contemporanea e insegnante di “scrittura terapica” presso il Dipartimento di Psichiatria dell’Ulss 2 Marca Trevigiana; è stato Art Director della rivista “Marca Gioiosa”, come pure della casa di produzione musicale “Ambiorami” – per la quale ha diretto e girato diversi videoclip musicali -; ha pubblicato i romanzi “La Città Errante” (Amande Edizioni, 2012) e “L’abilità” (Libereria, 2018). Dopo il suo esordio in “Desiderie”, docufilm diretto assieme al regista Samuele Schiavo, “Sola Nina” è stato il suo primo lungometraggio per il cinema.

Ma la ‘famiglia’ con la quale ho condiviso tutto per lunghi, ma rapidissimi, mesi, è stata composta dall’intera troupe: da Eliana Boschiero – Segretaria di Edizione – a Loni Zanatta – Assistente alla Segretaria di Edizione -; dagli attori Carlotta Piraino (nel ruolo di Nina), Maria Casamonti (Maria), Selene Demaria (Evita), Sabino Dell’aspro (Ivan), Giovanna Digito (la sposa), Eliana Boschiero (la fotografa sordomuta), David Ponzi (David), oltre a me stessa nel ruolo di Eva. Non dimenticando i tecnici Erik Marcon (alle riprese video), Luca Dionello (microfonista) e Sara Sevestrel (trucco & parrucco).

Una domanda colma di curiosità: come mai questo titolo apparentemente bizzarro, ‘SOLA NINA’? E ancora: Jasmine, può dirci qualcosa della trama di questo particolare quanto significativo docufilm, ricco di innovazioni?

A volte basta così poco per esplorare il mondo interiore di un Essere Umano: una sorta di panno sporco di famiglia esposto alla luce di un sole abbacinante di fine luglio. Nel film sono Eva, sorella di Nina, una delle due protagoniste.

Ho una figlia poco più che adolescente, Evita. Il mio è un ruolo cameo: entro ed esco di scena giusto il tempo di illuminare l’audience su uno dei motivi per cui oggi mia sorella è la donna che è. Per ora mi fermo qui. È troppo presto, credo, per dire di più. Chicca finale, qui ricordo: il soggetto di “Sola Nina” è stato selezionato dalla Treviso Film Commission ed è stata tra le dieci produzioni che sono state presentate a Settembre alla Mostra del Cinema di Venezia, mostrando una serie di trailer e delle clip, per ca. venti minuti di durata.

Jasmine risponde con un largo e schietto sorriso: ‘Sola Nina’ o ‘solanina’? È stata una scelta particolare, un gioco di parole che ha più di un livello di lettura. Nina, la protagonista della storia, è una giovane donna lasciata dal marito per un’altra.

La sua è la solitudine dolorosa di chi ha sofferto penuria di accoglienza, riconoscimento e amore sia in ambito familiare, sia coniugale. Una solitudine che, se non vista e affrontata a cuore aperto e mente lucida, può diventare, nel tempo, un subdolo veleno. E qui entra in gioco “Solanum Tuberosum”, nome latino della patata che, assieme ai pomodori e alle melanzane, fa parte di una famiglia di vegetali che, per difendersi da predatori vari, producono un glicoalcaloide fortemente tossico per l’uomo: la “solanina”, appunto. Ma alla radice di ‘solanum’ c’è ‘solanem’, parola latina che sta per ‘consolazione’, ‘conforto’, da cui deriva “cum solare”, ‘consolare’. La natura è perfetta e nel veleno nasconde la medicina.

Il mio personaggio – Eva -, è quello della sorella maggiore di Nina e madre di Evita: lo scopo è quello di ricondurci alla radice da cui trae nutrimento il dolore della protagonista.

Attorno a una tavola spoglia su cui viene servito un imbarazzante pranzo, la radice malata di una pianta sterile e secca viene, finalmente, portata alla luce e offerta all’empatico, misericordioso sguardo dello spettatore.

Nell’egocentrismo di Eva infatti, nell’aridità affettiva, nel suo malcelato rancore verso la sorella minore – considerata a torto la più fortunata – il pubblico può riconoscere la ferita nascosta di una bambina ignorata, destinata a diventare una donna irrisolta, narcisista e persino invidiosa.

Non ci è dato sapere se Eva intraprenderà il viaggio interiore alla scoperta dell’antidoto al veleno che ancora distorce la percezione che ha di sé stessa e della vita.

Il focus è su Nina e sulla sua personale ‘Chiamata dell’Eroe’ che, come vuole la migliore tradizione narrativa, si cela in un evento in apparenza disastroso: il tradimento e l’abbandono da parte del marito che credeva di amare così tanto. Il coraggio nell’affrontare con apparente disincanto – ma il pathos da noi vissuto era assolutamente reale – tali temi, è stato sostenuto dalla cifra stilistica che il geniale regista ha saputo porre tanto nella sceneggiatura che nei dialoghi: una vera e propria sfida per attori come noi, abituati a storie e battute preconfezionate, da mandare a memoria per poi ‘agire’.

Per apprezzare la cifra stilistica di Michieletto è fondamentale innanzitutto comprendere che la sua non è una rinuncia alla sceneggiatura e alla partizione dei dialoghi, per affidarsi all’improvvisazione degli attori.

In lui si è affermata, nel corso del tempo, l’idea che la realizzazione di un film sia un processo costante e non una successione organizzata per fasi. In questo processo la scelta degli attori è il presupposto determinante, anzi, è l’unica fase che precede il processo.

Prima viene la comprensione dell’attore, della persona, nelle sue caratteristiche intrinseche ed estrinseche. Poi viene la costruzione del personaggio.

La fiducia è totale. Ci vuole vera e propria fede. La sceneggiatura, qui, è contemplata come vera e propria ‘ars aruspicina’ (antichissima arte divinatoria che consisteva nell’ esame delle viscere, soprattutto fegato ed intestino, di animali sacrificati per trarne segni divini e norme di condotta). Raccontare una storia per successione di immagini, infatti, è un processo induttivo, non logico deduttivo. La sceneggiatura sembra non esserci, ma esiste.

Anzi, solo in questo modo può esistere. Non c’è interpretazione, ma azione diretta da parte degli attori, ai quali il regista offre stimoli come frasi, immagini, simboli, musiche, suggestioni di qualsivoglia tipo e forma.

Per Michieletto fare un film è un crescente abbandono rabdomantico: il suo unico compito è rimanere fedele alla storia che vuole raccontare, alla più intima aspirazione e ispirazione di sé e degli attori. La sua parola d’ordine è “immaginare”, non sapere.

Per quanto riguarda i dialoghi, di solito un Regista li percepisce, in quasi tutti i film, forzati, macchinosi e quindi falsi, ‘preconfezionati’. Ecco perché la “realtà”, la verità, va costruita ben prima che si parli! La verità non recita: parla! E la scelta delle parole è fondamentale. La sensazione finale è di leggerezza, e ottenerla richiede fatica. La scelta di Massimo, condivisa con gli attori in un messaggio alcune settimane prima di andare sul set, ha sortito in me l’effetto di un fresco gavettone che, dietro l’angolo, ti piove dall’alto.

Ho accolto la sfida e non ho più avvertito il bisogno di ricercare la verità con tutte le mie forze e a tutti i costi (che poi è sempre stato il mio obiettivo come doppiatrice). All’improvviso ero Eva, e come Eva avrei vissuto ogni singolo giorno della mia avventura, sin da prima di arrivare sul set. “Stop showing: just be!” (Smetti di mostrare, semplicemente sii chi sei): questo è ora il mio mantra. Serve a ricordarmi che non ho nulla da mostrare o dimostrare.

Tutto quello che faccio è conseguenza di chi sono. Ho abbracciato il Progetto di Massimo Libero Michieletto con l’entusiasmo bambino di chi grida al miracolo. Posso senz’altro affermare che girare questo film mi ha fatto comprendere di avere in comune con Eva, il mio personaggio, molti elementi del mio background personale e familiare. Mi sento fortunata ad aver avuto attorno a me, persone belle e disponibili a un confronto semplice e costruttivo.

Adagio adagio i nostri personaggi, interagendo fra loro, hanno preso forma e vita. Questa magia è avvenuta sotto i nostri occhi in modo del tutto spontaneo e naturale. Muovermi sul set come Eva, respirare al ritmo del suo respiro, attraversare le turbolenze dei suoi stati d’animo e il suo antico dolore, mi ha permesso di gettare uno sguardo sul mio passato e di apprezzare il lungo percorso fatto, per diventare oggi la donna che sono.

Ringrazio Massimo Libero Michieletto per la “massima libertà” di cui si è reso responsabile messaggero e fautore. Grazie a lui ho sperimentato il brivido della vita “vera” portata sul set. Una vita che ha richiesto da parte degli attori ore di conversazione, scherzi, confessioni, sorrisi e abbracci, condividendo tempo, energie, cibo e… calici di ottimo Prosecco.

Auguro di cuore a Massimo tutto il successo che merita per il coraggio e la generosità (professionale e umana) con cui ci ha accompagnati nel vivere questa incredibile esperienza.

 

Ringrazio di cuore Jasmine Laurenti per averci dedicato questa ampia intervista, anche a nome dei Lettori di BetaPress, non senza averle prima posto un’ultima domanda: progetti e programmi per il futuro?

Tanti, ma preferisco parlarne… strada facendo!