Credo quia absurdum… Italexit uber alles?
E’ difficile non cedere alla tentazione di credere allo straordinario quando la realtà appare superare l’immaginazione.
È difficile sgominare il campo da teorie complottistiche quando le dinamiche politiche ed economiche sfuggono da modelli interpretativi consolidati da anni di relazioni internazionali.
Eppure, decifrare le parole della politica in questo momento è molto difficile.
La Pandemia non arretra e l’economia mondiale è in fortissimo rallentamento.
Citare le proiezioni ed i dati macroeconomici non serve più.
Tassi di crescita e di occupazione, così, come il destino di imprese, famiglie e intere comunità sono diventati colori, suoni, frasi senza sintassi.
In un mondo in bianco e nero, i ministri delle finanze dell’Unione Monetaria si riuniranno, martedì prossimo, ancora una volta, per discutere le misure di sostegno da adottare per i paesi più deboli della comunità europea, Italia, in prima linea.
A poche ore dalla riunione, convocata, occorre ricordarlo, dopo una pausa di riflessione di dieci giorni, i paesi europei procedono in ordine sparso.
L’Italia e la Spagna, colpite per prime dal Covid 19, sostengono l’emissione di euro bond per sostenere l’economia rifiutando interventi assistiti da condizioni che limiterebbero la propria sovranità economica e politica.
La Francia, già sostenitrice della linea italiana, ha cambiato strategia optando per misure legate al Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes).
In particolare, i cugini francesi avrebbero pronto un piano articolato che prevede l’istituzione di un fondo gestito dalla Commissione Europea, un’iniezione di aiuti pari al 2% del Pil di ogni paese finanziato attraverso il Mes e garanzie erogate dalla Bce per la costituzione di un fondo per l’emergenza sanitaria di 20 miliardi con una capacità d’intervento fino a 200 miliardi d’euro.
L’Olanda si prepara a riaffermare la volontà di assistere le economie in difficoltà con la creazione di un fondo specifico per circa 20 miliardi di euro costituito con il contributo di tutti i paesi dell’Unione.
La Germania che tira le fila del confronto brandendo lo stemma della virtuosità dei propri conti pubblici continua a proporre l’intervento del Mes reso più attraente da una pluralità di misure: 200 miliardi dal fondo stesso, 500 miliardi attraverso l’intervento della Banca Europea degli Investimenti (BEI) e 100 miliardi, infine, attraverso un fondo gestito direttamente dalla Commisione Europea.
È evidente che la strategia tedesca, dopo l’opposizione ferma alle richieste di procedere alla emissione di “Corona bond”, sia quella di arrivare alla riunione di martedì con una molteplicità di proposte che in realtà si risolveranno nella solita opzione: l’adozione del Mes che consente alle istituzioni europee di imporre, ai paesi richiedenti, le misure di politica economica più idonee al riequilibrio dei conti pubblici.
Una vera e propria cessione di sovranità che fa rima con austerità e tagli verticali al bilancio pubblico.
Si tratta di timori fondati.
Ne è riprova, la recente esternazione della Presidente della Commissione Ursula von der Leyen pronta a venire incontro alle richieste di aiuto attraverso il Bilancio Europeo ed il Quadro Finanziario Poliennale (QFP) che ne raccoglie gli obiettivi, per erogare a sostegno dei paesi dell’Unione un piano di 2770 miliardi di euro oltre ad un’iniziativa di sostegno per i disoccupati dei paesi aderenti per circa ulteriori 100 miliardi.
Un vero e proprio Piano Marshall per la difesa ed il rilancio dell’economia che dovrà fare i conti con la frammentazione delle posizioni sul tavolo delle trattative.
La riunione dell’eurogruppo si aprirà, probabilmente, con l’opzione del già anticipato rimando al Quadro Finanziario Poliennale che si dovrà occupare di fissare i limiti di spesa per i prossimi 5 anni.
Le cifre sono imponenti e potrebbero riuscire nel duplice obiettivo di dare risposte al crescente scetticismo sulle fondamenta dell’Unione ed essere vendute facilmente alle opinioni pubbliche nazionali come un grande successo della mediazione delle classi dirigenti.
Purtroppo, la verità è che nella riunione del dieci marzo scorso, a margine delle questioni in agenda, si è aperto un confronto, tra europarlamentari e presidenza, anche sul QFP per il periodo 2021/2027.
Il parlamento sulla vicenda ha finito per prendere atto che gli stati membri non sono pronti a fornire le risorse necessarie per affrontare le sfide dell’Unione europea (fonte PE).
Un controsenso evidente che smaschera il sensazionalismo degli ultimi annunci.
La buona notizia, ammesso che possa definirsi tale, è che la Germania dovrà finalmente gettare la maschera e chiarire, senza ulteriori indugi, i prossimi passi.
Abbiamo già parlato nei precedenti articoli del temuto epilogo di questa vicenda.
Le fondamenta politiche dell’europa sono in crisi da diverso tempo e la recessione economica ha bussato alle nostre porte già prima del Covid 19.
La Germania che nel 2019 ha visto concretizzarsi i timori di una recessione tecnica con la caduta dei principali indicatori economici ed il calo degli indici di fiducia, vuole scongiurare il rischio di una profonda crisi post pandemica.
I paesi dell’europa mediterranea che rappresentano un mercato fondamentale per l’industria tedesca, si trovano, oggi, nella triste condizione di poter essere condizionati attraverso semplici automatismi giuridici costruiti all’interno di situazioni di emergenza.
L’europa come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi è, forse, giunta al termine ma abbiamo ancora bisogno di istituzioni comunitarie capaci di difendere l’autonomia, i valori libertari e democratici dalle tensioni internazionali e geopolitiche in atto.
Per questi motivi grava su tutti i paesi il compito di restituire alla politica ed alla finanza contenuti morali elevati per renderli strumenti al servizio delle comunità e non meccanismi di soggiogamento delle classi più povere.
Al prossimo incontro dei Ministri delle Finanze dell’eurozona dovrà prevalere una visione più ampia di quella delle singole comunità locali.
Senza un accordo aperto alla solidarietà ed alla condivisione, senza una “terza via” libera da condizioni e riserve non resterà che prendere atto che una nuova pagina sul futuro dell’Unione sarà ben presto scritta sullo sfondo di una dolorosa uscita dell’Italia (ItalExit) o di un esodo dei paesi virtuosi in una nuova area a guida tedesca, la Deusche Mark Zone.