Dislessia: un modo diverso di vedere le cose…
La dislessia non è una malattia.
Intervista a Paola Saba, Alessandro Rocco e Valentina Conte di W la Dislessia.
In Italia nel 2017 se ne contavano quasi 2 milioni.
Per fortuna è un esercito numeroso perché non sarebbe stato facile combattere in pochi contro tanti preconcetti.
Sono i ribelli della scrittura, i sovversivi della sillabazione, i disobbedienti delle cifre, al secolo noti come ragazzi con caratteristiche di DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento), sono i disgrafici, dislessici o discalculici.
Sono tanti ma rischiano di essere ancora di più i preconcetti sul loro conto:
- Sono malati -> poverini
- Sono dei geni -> sono incompresi
- Sono pigri -> ci vogliono i ceffoni
- Vanno aiutati -> poverini
- Sono lenti -> poverini
- Anche Einstein era dislessico -> sono tutti scienziati
- Semplicemente non si impegnano abbastanza -> sono pigri
- Adesso che esiste la malattia, sono tutti dislessici -> ci vogliono i ceffoni
- Nelle prove orali sono più bravi che in quelle scritte -> poverini
- Hanno la testa tra le nuvole -> sono pigri
- Non potranno mai leggere -> poverini
- Leggono ma non capiscono -> poverini
- Confondono le lettere -> poverini
- Confondono la destra con la sinistra -> poverini
- Sono dislessici perché da bambini non giocavano abbastanza per terra -> colpa dei genitori
- …
E avanti fino all’infinito.
A chiedere in giro a cosa viene da pensare quando si parla di dislessia, se ne sentono proprio di tutti i colori.
Quasi viene da pensare che questi ragazzi siano malati, eppure non ci sono i presupposti per definirli tali.
Questi piccoli eroi, ogni giorno, combattono delle guerre senza quartiere contro l’opinione comune e il diffuso “sotuttismo” (vogliamo togliere la possibilità di dire la propria anche a chi si occupa di tutt’altro?), contro madri ansiose, insegnanti superficiali, fratelli geniali, medici pressappochisti e scuole rigide.
Super eroi circondati da tante opinioni sulla dislessia ma poche su di loro.
Ovviamente quella che ho presentato non è l’unica realtà, ma è solo quella che mi disturba di più.
Di contro, naturalmente, esistono genitori pacificanti, insegnati competenti e professionali, fratelli che sono fratelli con i quali giocare e litigare e non poli di paragone, medici preparati e scuole all’avanguardia.
Esistono anche realtà di supporto molto belle ed è con una di queste che mi sono fermata a parlare.
Loro sono Alessandro Rocco, Paola Saba e Valentina Conte, sono i volti e le voci di W la Dislessia e io sono una fan del loro lavoro perché, a guardarli all’opera e a parlare con loro, sembrano felici e al posto giusto e queste, per me, sono qualità di valore.
Operano a Vicenza ma seguono ragazzi provenienti da tutta Italia.
All’interno della loro struttura, seguono ragazzi con riconosciuta dislessia insegnano loro tecniche di lettura e metodo di studio.
Secondo il loro metodo, non si parte dal problema ma dalle difficoltà dei ragazzi.
Se si va sul loro sito (il link tra i riferimenti) si legge che hanno seguito fino ad oggi 3756 ragazzi e formato attraverso i loro corsi 6034 genitori.
Mi spiegano Paola e Alessandro che il lavoro che fanno avviene su più livelli: si lavora coi ragazzi e coi genitori.
Spesso il primo incontro è con i genitori che li contattano perché sono preoccupanti per i loro figli ai quali o è stato diagnosticato una difficoltà di apprendimento; o accusano una difficoltà scolastica (spesso dovuta alla mancanza di un metodo di studi) più o meno circostanziale.
I ragazzi faranno una valutazione con Paola o Valentina mentre i genitori, che avranno portano tutte le documentazioni del caso, dovranno affrontare Alessandro che, di solito, un po’ li richiama all’ordine.
Spesso i genitori portano dai ragazzi di W la dislessia i propri figli per farli “curare” e alla fine può capitare che siano proprio i genitori i primi a dover cambiare certi atteggiamenti, abbattere certe ansie e farsi una sorta di esame di coscienza per le proprie pretese.
Non per cambiare la diagnosi specialistica ma per aiutare i propri figli a concentrarsi sui propri talenti.
Quello che cercano di fare i ragazzi di W la dislessia, è creare l’esigenza nelle persone di continuare ad avere voglia di imparare.
Per riassumere, i ragazzi, attraverso il gioco e la relazione (non facendo i compiti) valorizzano le loro doti compensando e mirando a colmare altre lacune; i genitori imparano a gestire la dislessia dei figli e, quando ci sono, la propria ansia o fragilità genitoriali.
W la dislessia entra anche nelle scuole grazie a giornate dedicate e a incontri specifici, un modo controintuitivo di affrontare delle realtà giovani (i DSA), numerosissime e che ancora capita che non si sappia bene come prendere.
Ci auguriamo che venga un giorno in cui, come dicono Paola, Valentina e Alessandro, si decodifichi quella D dell’acronimo DSA non come Disturbi ma come Difficoltà perché “tuo figlio non è malato”.
Riferimenti
Per conoscere meglio il lavoro svolto da W La dislessia visita i link riportati cliccando sulle parole
On line
? Sito: www.wladislessia.com
Libri:
? W la Dislessia – tuo figlio non è malato
? W i Compiti – come dire definitivamente addio i pomeriggi di urla e litigi