Giù le mani dallo Sport, noi stiamo con il CONI!

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Ecco perché, dopo tanta fatica, spostare il piano di azione del CONI alla politica fa paura: perché, improvvisamente, quello che fino ad oggi è stato un punto di riferimento stabile (con tutte le sue dinamiche interne) con il nuovo DEF diventa incerto.
Ed è proprio questo il punto che mette inquietudine nel mondo degli sportivi: l’incertezza.
L’incertezza della nuova gestione, della riorganizzazione delle responsabilità e dei criteri e modalità di erogazione dei fondi, perché da tutto questo dipende la possibilità di allenamento ottimale degli atleti.

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Lo guardiamo in TV, leggiamo di lui sui giornali, a volte ci appassiona, altre volte ci fa arrabbiare, altre volte ancora ci fa litigare o abbracciarci.

Lo giudichiamo, lo condanniamo e alla fine lo salviamo perché spesso lui salva noi.

È lo sport.

Lo sport è una grande famiglia fatta di tennis, pallavolo, golf, ping pong, curling, nuoto, calcio, boxe, basket, surf…

Lo sport fa parte delle nostre vite, ci ha formati ed emozionati, a chi lo ha praticato, ha dato un imprimatur di vita; dietro lo sport ci sono gli atleti, gli eroi i semi dei.

Le storie di sport sono storie di eroi.

Persone che spostano di continuo la banda dei propri limiti personali, danno l’esempio e toccano i cuori.

Questo patrimonio culturale e formativo è talmente importante che in Italia, quando non ha avuto un ministero dedicato, ha sempre goduto almeno di un ufficio all’interno dei ministeri di governo.

 Chi è appassionato di sport o lo vive attivamente, in questo periodo è particolarmente in fibrillazione per via dell’articolo 48 del DEF (Documento Economia e Finanza) che vorrebbe rimodulare la gestione dei fondi dedicati allo sport e la loro destinazione d’uso.

 Per capirci qualcosa, visto che l’articolo 48 sull’argomento non conta più di 50 righe e che per capire la vera portata di una azione così importante serve qualcuno che da queste poche righe sappia tirar fuori tomi di storia dello sport, ho chiesto ad un collega di redazione di aiutarmi a capire.

Lui fa parte del CONI, è un golfista professionista e sta scrivendo una tesi di laurea sulla storia dello sport, si chiama Andrea Vaccaro e in questo articolo vi racconterò cosa ho imparato da lui dopo più di un’ora di conversazione.

 Ovviamente non entrerò nello specifico tecnico – a quello ci penserà Andrea nei modi e tempi per lui più congeniali – io condividerò un pezzettino di quanto mi ha concesso lui dandomi modo di capire e riflettere perché, lo confesso, non mi ero resa conto dell’importanza di questo argomento.

Prima di parlare con Andrea, nonostante il mio passato da agonista, non avevo considerato quanto lo sport fosse importante, dal punto di vista storico, culturale, politico e imprenditoriale.

Chi tocca lo sport, tocca delicatissimi equilibri e si prende grandissime responsabilità.

 Il punto della questione sollevato dal DEF è “chi gestirà lo sport?”

 Oggi il settore dello sport è gestito e coordinato dal CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) che segue le federazioni, distribuisce i fondi e si occupa delle attività ed iniziative a livello nazionale e nei rapporti internazionali.

Il CONI si occupa solo di sport ed è una istituzione stabile e affidabile.

Per spiegare cosa si intende con questi due aggettivi, basterà dire che, tra gli enti pubblici, il CONI è uno dei pochi che chiude l’anno con un bilancio attivo.

In più, nella storia giudiziale dei presidenti del CONI non si contano condannati e lo stesso dicasi per la maggior parte dei presidenti di federazione.

In poche parole – mi spiega Andrea – il CONI ha fatto quello che avrebbe dovuto fare la politica: mettere l’onestà come condizione essenziale e non come motivo di vanto.

 Ecco perché, dopo tanta fatica, spostare il piano di azione del CONI alla politica fa paura: perché, improvvisamente, quello che fino ad oggi è stato un punto di riferimento stabile (con tutte le sue dinamiche interne) con il nuovo DEF diventa incerto.

Ed è proprio questo il punto che mette inquietudine nel mondo degli sportivi: l’incertezza.

L’incertezza della nuova gestione, della riorganizzazione delle responsabilità e dei criteri e modalità di erogazione dei fondi, perché da tutto questo dipende la possibilità di allenamento ottimale degli atleti.

Una preparazione atletica è fatta di pianificazione, gradualità e continuità; la federazione si preoccupa di fare in modo che le sue condizioni di allenamento sia ottimale, ovvero che le strutture siano adeguate e le risorse disponibili.

Un atleta che si allena per quattro anni in vista delle Olimpiadi, deve sapere che può conquistare con le proprie forze il diritto di andare alle Olimpiadi e che le federazioni faranno di tutto per garantirgli le migliori condizioni di allenamento.

In Italia lo sport è legato alle decine di federazioni e migliaia di società sportive che formano, allevano e migliorano persone che diventeranno atleti, campioni o anche semplici praticanti.

Queste federazioni, al di là delle quote associative dei loro atleti, hanno bisogno di fondi.

Fondi per le strutture, innanzitutto, per le gare, per le trasferte, per la cura degli atleti.

Questi fondi hanno bisogno di essere erogati in fretta e bene.

 Oggi il CONI grazie al 40% degli incassi che lo sport genera per lo stato, si occupa anche della cansulenza sulle infrastrutture e di alcuni progetti nella scuola nonostante questo sia dovere del Ministero dello Sport che gestisce il restante 60%.

La nuova proposta però, prevedrebbe che al CONI restasse solo il 10% dei fondi e che sia il governo, assieme a tutti gli altri incarichi, a gestire direttamente nomine, distribuzioni dei fondi e azioni.

 Quando chiedo ad Andrea quale potrebbe essere una buona gestione dei fondi per lo sport, mi risponde che lo sport dovrebbe essere come la magistratura: completamente indipendente, il presidente del CONI dovrebbe essere Ministro dello sport senza diritto di voto.

In più, in una gestione ideale, il CONI non dovrebbe avere il 40% ma il 100% dei fondi per lo sport, dovrebbe potersi occupare anche dell’educazione fisica nelle scuole e la gestione degli impianti sportivi, inclusa la ricostruzione e la manutenzione.

Lo sport – mi spiega – si può benissimo gestire da solo attraverso i suoi proventi: scommesse, gare ecc… e crea altri indotti, come la vendita di oggetti e attrezzature, creazione di villaggi sportivi e movimentazione di atleti da tutto il mondo; insomma quello dello sport è oggi uno dei possibili  e innovativi sbocchi imprenditoriali.

Dopo tutto questo, ho chiesto al mio collega se la paura che viene vissuta in questo momento, è relativa a un rischio reale.

La risposta mi è piaciuta molto e mi ha fatto molto riflettere.

Lo sport storicamente è più forte di qualunque avversità.

Il rischio è a breve tempo non a lungo.

Il problema contingente è che il breve tempo interessa e incide sul periodo di preparazione di un atleta olimpionico; ma sul lungo tempo, lo sport vince sempre.

Un esempio per tutti è quanto è successo nel 1450 in Scozia, quando il parlamento aveva bandito la pratica del calcio e del golf; nel breve periodo il parlamento è riuscito a imporre il proprio volere ma il presente ci dice che nel lungo periodo lo sport ha avuto la meglio.

E questo non solo perché gli atleti hanno a che fare con eroi e semi dei ma perché lo sport porta ricchezza, crescita, coesione e miglioramento; lo sport è il simbolo del miglioramento inarrestabile.

Lo sport porta inevitabilmente emulazione e per questo ha una forza migliorativa che altre realtà non hanno.

 Ovviamente quella del DEF è solo una proposta di legge e prima di poter parlare veramente di quello che accadrà, ci saranno tante riunioni, tanti confronti, tanti studi che porteranno solo alla fine a un decreto attuativo del quale, in realtà, adesso, non si riesce ancora a vedere la forma.

A noi resta l’insegnamento che lo sport vince contro ogni avversità e per una volta non faremo il tifo per una squadra ma per lo sport tutto.

 

 

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