Il fil rouge della dipendenza: dall’alcol al computer   

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Benjamin Rush (1746 – 1813), medico e docente all’Università di Philadelphia, si interessò alla dipendenza da alcol e la definì come una “malattia della volontà” caratterizzata dalla perdita di controllo e dall’incapacità della persona di astenersi.

Sosteneva che bere alcolici è inizialmente una scelta libera che può poi trasformarsi in una necessità.

Rush pubblicò un opuscolo, i cui criteri sono ancora oggi attendibili, nel quale evidenziò la sua visione medica di tale dipendenza .

Il suo contributo fu fondamentale per l’affermazione del modello medico delle dipendenze in generale.

Rush mise in luce anche fattori predisponenti ed interpretò l’alcolismo come una malattia caratterizzata da un comportamento compulsivo e dalla perdita di controllo.

Precedentemente la dipendenza da alcol era considerata come un comportamento vizioso; infatti la persona affetta da una dipendenza comportamentale o da sostanze era considerata trasgreditrice di una norma morale.

La persona dipendente era colpevole di non sapersi e di non volersi controllare.

Fondamentale in questa visione era il concetto di intenzionalità, infatti l’assunzione della sostanza acquisiva le connotazioni di trasgressione anche a livello giuridico.

Oggi assistiamo alla presenza di forme di dipendenza nuove che si manifestano con un meccanismo assimilabile a quello descritto dal Dottor Rush in riferimento all’alcolismo.

Tra le dipendenze più conosciute e più frequenti, soprattutto tra i giovani, c’è quella da computer.

Quest’ultimo, in quanto strumento che permette l’accesso ad uno spazio meramente virtuale, può trasmettere alle persone un senso di apparente sicurezza, un po’ come avviene con l’assunzione della sostanza alcolica.

Per questo nel mondo online risulta facilitata la disinibizione verbale, emotiva e sessuale ma anche l’espressione e l’azione aggressiva in maniera analoga alla dipendenza da alcol.

Numerosi sono gli studi sull’uso del computer e sulle ripercussioni che ha sulle persone, con particolare riferimento alla capacità di indurre a vivere una regressione ed un distacco dalla realtà, a dire menzogne e ad assumere atteggiamenti manipolativi e false identità.

Mentre la dipendenza da computer fa riferimento ad uno strumento considerato estensione virtuale del mondo reale, quella da alcol rappresenta un passaggio dal mondo reale ad una situazione di isolamento che inizialmente appare come un possibile momento di socializzazione. In entrambi i casi ci troviamo di fronte ad una regressione.

Al centro della regressione vi è la tendenza ad umanizzare il computer, confondendolo con un amico fidato o un compagno di gioco, e ciò è simile all’investimento, altrettanto umanizzante, che l’alcolista attua nei confronti dell’alcol. Infatti anche in quest’ultimo caso si parte da una scelta libera che crea poi dipendenza.

Dipendenza da alcol e dipendenza da computer mettono in campo dinamiche simili e richiamano al grave problema che coinvolge oggi molti giovani studenti che spesso associano questi due tipi di dipendenze.

Se è lecito sostenere che internet si propone come un apparato che attrae, affascina e promuove molte fantasie, al tempo stesso l’alcol viene vissuto come modalità di  rifugio da situazioni vissute come problematiche e spesso ingestibili.

L’arte ha sovente rappresentato il tema della dipendenza alcolica.

Citiamo come esempio Diego Velasquez con “Trionfo di Bacco” (1628 – 1629).

Il pittore immagina che l’antico dio Bacco sia giunto sulla Terra nella Spagna dell’epoca e l’assunzione del vino si inserisce nella cultura di quei tempi come modalità per dimenticare la miseria.

Un altro artista, Edgar Degas, con la sua opera “L’assenzio” (1876) mostra la pericolosità di questa bevanda molto diffusa nella Parigi bohémien.

Egli propone nel suo capolavoro una donna seduta al tavolino di un bar ed intenta a contemplare il veleno verde.

Accanto a lei siede un clochard con lo sguardo smarrito nel vuoto. I due personaggi, nonostante siano seduti uno accanto all’altro, sono immersi in una disperata solitudine dovuta all’abuso di alcolici.

La dipendenza da computer è stata invece da me rappresentata in un alcune opere d’arte create su input di un’esperienza pratica di osservazione in ambito di contesti scolastici dove si è affrontata questa tematica.

Tra queste ricordiamo ad esempio “Ragazzo computer-dipendente” e “Ragazza computer-dipendente”, due quadri gemelli ed entrambi rappresentanti una persona intrappolata in una stanza, le cui pareti richiamano le sbarre di una prigione, davanti allo schermo del proprio computer.

In conclusione possiamo sostenere che la dipendenza rappresenti un problema di tutti i tempi e la radice comune che porta ad assumere questo comportamento è il senso di vuoto, spesso incolmabile, che fa scegliere ad alcune persone la bevanda alcolica o il computer come amici fedeli e sempre disponibili in qualsiasi momento della giornata. 

Alla luce di quanto esposto si rende necessario attivare in ambito scolastico e comunitario in genere campagne di prevenzione volte ad arginare il fenomeno delle dipendenze.

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