La Psicanalista Elena Pagliacci Cipriani

Intervista alla Dottoressa Elena Pagliacci Cipriani sul nesso fra salute mentale, Spiritualità e Valori.

Faccio una sorpresa a un’amica che non vedo da tanto tempo. Dovevamo sentirci alle nove su whatsapp per un’intervista della durata massima di un’ora. In effetti, alle nove la chiamo e le chiedo se è pronta. Mi risponde di sì. Le dico: “Ok. C’è una sorpresa per te. Avvicinati alla porta.” “La mia porta?” “Sì”. Ed eccomi qui, da Lugano a Milano in carne e ossa, complice il portiere che non l’ha avvisata del mio arrivo, sul pianerottolo, davanti alla sua porta.

È pazzesco il nostro “sentirci” a distanza. Perché proprio ‘oggi’ ha deciso di indossare un maglioncino color glicine (uno dei miei colori preferiti) e indossare gli orecchini che le ho regalato al suo compleanno di qualche anno fa. Me lo fa notare, felice della singolare coincidenza che sappiamo non esserlo affatto.

 

Preambolo.

Ho avuto la fortuna, anzi meglio, la benedizione di incontrare Elena ventitré anni fa, grazie a un amico comune che ci ha presentate.

Non è andata proprio così: la verità nuda e cruda è che stavo attraversando uno dei periodi più assurdi della mia vita e piangevo in continuazione. 

Incrocio Franco (l’amico di cui sopra) nel lungo corridoio di una sala di doppiaggio, a Milano. Mi dice: “Ti fisso un appuntamento con una mia amica. È bravissima. Vedrai che ti aiuterà.”

21 marzo 1999: entro e mi siedo sul grande divano del soggiorno della Dottoressa Elena Pagliacci Cipriani, psicanalista e Consigliere nazionale della Lega Italiana di Igiene Mentale, oltre a centomila altre bellissime cose. Bando ai convenevoli, le consumo una nutrita scorta di Kleenex. Il mio Viaggio dell’Eroe più importante inizia così. Pochi mesi dopo intraprendo un percorso spirituale. Lei mi vede rifiorire e ne gioisce, vuole sapere, condivido con lei le mie scoperte. Mi raggiunge in chiesa. Il resto è storia che, col suo permesso, racconterò in un capitolo a lei dedicato della mia autobiografia.

Elena ha un’anima meravigliosa e un cuore che può contenere il mondo.

Incontrarla è un grande privilegio, esserle amica un dono divino. L’ho raggiunta per parlare di argomenti scottanti quale il sensibile aumento, soprattutto fra i ragazzi, di depressione, ansia e stress, dopo il triennio più balordo della nostra storia più recente. L’articolo è qui.

Oggi condivido la parte più spirituale e non per questo meno scientifica della nostra chiacchierata. In tre ore di intervista (volate!!!) ho raccolto una miniera di pepite di saggezza, esperienze e informazioni.

 

Gli argomenti della nostra chiacchierata.

Si è parlato della correlazione fra salute mentale e spiritualità, di come funziona la mente di una persona felice, dell’importanza di sapere ciò che si vuole dalla vita, dello pseudonimo che un amico famoso le ha appioppato e perché, della vulnerabilità come superpotere, di cosa siano l’autorevolezza, il successo e il vero amore. Se avrete la grazia di seguirci fino alla fine, vi riempirete le tasche di chicche preziose di cui far tesoro per tutta la vita.

Dopo aver “sbobinato” l’intervista e trascritto la nostra conversazione, ho deciso che non avrei cambiato una virgola o quasi di quanto ci siamo dette.

Ne è uscito, a mio avviso, qualcosa di molto speciale.

Non mi rimane che augurarvi buona lettura!

 

Il nesso fra salute mentale e spiritualità.

J: Un giorno mi hai detto che c’è un nesso fra salute mentale e spiritualità. Se c’è una correlazione tra loro, in che modo si influenzano a vicenda?

E: “Si influenzano tantissimo. Vedi, il senso dell’analisi è la conoscenza. L’ideale sarebbe, come in un matrimonio, che i due coniugi si conoscessero al punto che ciascuno può leggere la vita dell’altro come in un libro e sapere quello che c’è stato, quello che hanno avuto … Questo è ‘conoscere’ l’altro. Il grande conoscitore per eccellenza è Gesù, se ci pensi. Lui cosa ha fatto? Per farsi conoscere ha lasciato un libro di consigli (sono stati chiamati ‘comandamenti’, ma sono consigli) per la nostra vita.

Così è la nostra spiritualità. Ciascuno di noi ha un libro di conoscenze della propria vita, che è collegata con la propria psiche. La psiche è la somma di tutto quello che è il tuo istinto, l’ego, l’es, tutte queste cose messe insieme. Anche chi non ha questa parte (spirituale ndr), la ricerca. Come? Per esempio attraverso la paura della morte, che ti spinge a superarla con la spiritualità, il credere in qualcosa, qualsiasi cosa.

Ebbene: se osservi una persona malata di mente e la paragoni con una persona posseduta, vedi che c’è un nesso. È come se ci fosse un uomo interiore cattivo che prende la tua psiche e la trasforma. Ho avuto tra i miei pazienti molte persone che hanno tentato il suicidio e tutti dicono la stessa frase: ‘C’era qualcuno che mi diceva: Buttati. Perché non lo fai? Buttati!’

È come se la nostra psiche a un certo punto facesse entrare un inquilino indesiderato, che si siede sul divano di casa nostra e non se ne va più via. C’è un miscuglio di quello che potremmo definire ‘demoniaco’ e quello che è la tua psicologia. Io sono assolutamente convinta che c’è un nesso preciso, perché vedo questo inquilino che si impossessa della mente, soprattutto quella dei ragazzi. E non ha nulla a che fare con quello che bevono: è la somma di tutte le cose (abitudini, pensieri, ndr) che fanno sì che l’inquilino prenda il sopravvento. Il nesso è strettissimo, anche se non lo sai riconoscere.”

J: Può una persona con il proprio libero arbitrio scalzare questa presenza?

E: “Potrebbe.” 

J: E allora perché si arriva a certi estremi?

E: “Perché da una parte hai la voce della spiritualità che ti invita a guardare il cielo, e non è quella voce che ti dice: ‘Credi, credi in me’. No no no. È vivere in funzione di questo cielo. Non importa se c’è la prova, la sofferenza. Ti invita a pensare che non sei solo e che puoi contare su una mano che è sempre vicina a te. Anche dall’altra parte c’è una mano, ma è una mano che ti tira giù. È una mano che continua a prometterti sempre e solo cose materiali, ma che ti tira sempre più giù, sempre più giù, sempre più giù. È una lotta quella che devi sostenere, per arrivare a dire: ‘No, grazie. Io non voglio scendere così in basso.’ Ma quando sei così in basso è difficilissimo risalire.”

 

Il punto di contatto fra psicanalisi e spiritualità.

J: Se ho capito bene quindi psicanalisi e spiritualità hanno trovato un punto di contatto?

E: “È un po’ come quando trascuri una pianta per molto tempo. Alla fine questa pianta non fiorirà più. Credo che ci sia una parte della psicanalisi che nega completamente ciò che è spiritualità e fede. Io ti parlo da credente – ‘credente’, non ‘religiosa’ – e ti parlo di quello che vedo. Vedo che c’è questo nesso: questo inquilino indesiderato entra e ti soggioga. Lo vedo soprattutto nei ragazzini, dove c’è un terreno ampio dove puoi scavare. Quando dico ‘alza gli occhi al cielo’ non intendo parlare di religione o di fede, ma di spiritualità, di etica. L’etica è data dai valori interiori e dalla libertà.

Quando vedi una persona e ti dici: ’Non riesco a capire: da una parte mi sembra bella, dall’altra la vedo cinica.’ È perché le radici, l’Etica, erano buone all’inizio. Poi arriva la depressione e ti dici: ‘Caspita, com’è possibile?’ ‘Cosa succede?’ ‘Come funziona questo meccanismo?’ Secondo me c’è proprio un incrocio fra spiritualità e psiche. È come se quell’inquilino indesiderato entrasse, tuo malgrado; gli hai lasciato uno spiraglio, una piccola porta aperta: il non perdono dei tuoi genitori, la rabbia repressa, la tristezza che non hai mai espresso. Una delle regole – per stare bene ndr – è esprimere sempre quello che hai dentro: così chiudi la porta e se la porta è chiusa, l’inquilino non entra. Ma se la lasci socchiusa, il male entra. La mancanza di perdono è la chiave più importante.” 

 

Sulla vera Felicità.

J: Cos’è per te la felicità e come si fa a riconoscere una persona felice?

E: “Gli occhi. Guarda gli occhi. Ho avuto nella mia vita tantissime persone che mi dicevano ‘Io voglio avere gli occhi lucenti come i suoi’. Credo che quando tu mandi via l’inquilino indesiderato e fai entrare il cielo, tutto diventa chiaro, trasparente, arriva la verità ed è la verità che ci rende liberi. Quindi se tu sei libero, la persona che non lo è lo vede, e vuole diventare libero come te.

Per me la vera felicità è l’unione della tua etica personale con la felicità alla quale aspiri. Per tanti è possedere case, macchine … Per me no. La mia felicità è la gioia profondissima che provo quando dò qualcosa a qualcuno senza aspettative e vedo questa luce riflettersi nei miei occhi.”

J: Esiste una correlazione tra salute mentale e felicità? E se sì, come funziona la mente di una persona felice? Te lo chiedo per avere qualche dritta da mettere a disposizione di chi non si sente ancora felice e vuole diventarlo.

 E: “La mente di una persona felice è una mente in cui ‘tutto mi è lecito ma non sono schiavo di niente’: vuol dire che tutto mi è concesso – un bicchiere di vino, una sigaretta … – il veleno sta nella misura. Tanto più esagero, tanto più divento dipendente da una certa cosa, e se sono dipendente da qualcosa, qualsiasi cosa sia … ne sono schiavo. Se qualcuno ti dice: ‘Io sono così buono …’, non credergli. Uno deve essere sempre nella misura. Altrimenti non può essere felice. La felicità è nel non avere rospi in gola, perdonare, avere la misura. Anche Eraclito diceva che quello che diventa malattia è l’eccesso. L’eccesso di freddo, l’eccesso di caldo, non vanno bene. È la misura che fa la differenza. Perfino l’eccesso di amore fa male. Comunque, devo sempre ricordarmi che l’amore non è bisogno ma è scelta. Quindi devo essere felice e contento di me stesso. Poi posso anche avere qualcuno che aggiunge amore, che mi dà amore, che io ricambierò. Altrimenti diventa un bisogno, una schiavitù, una dipendenza.” 

J: Ammesso che la felicità sia il nostro stato naturale, perché al giorno d’oggi è così raro trovare una persona felice? 

E: “Ritorniamo al discorso della conoscenza. Secondo me è importante conoscere te stesso, sapere quello che davvero vuoi, quale sia il tuo obiettivo. Un sacco di persone non centrano il bersaglio. Vanno sempre in tondo, girano su se stesse, vogliono questo, vogliono quello, e mancano il bersaglio, perché mancano quello che davvero vogliono dalla vita.”

J: In questa ricerca, cosa suggeriresti a una persona che disperde le proprie energie e non sa cosa vuole?

E: “Di fermarsi e passare del tempo in solitudine, nella Natura.”

 

Il Minatore che tira fuori i brillanti dal fango.

J: So che tra le persone a te più care ce n’è una che ti ha affibbiato lo pseudonimo di ‘Minatore che riesce a tirar fuori i brillanti dal fango’. Possiamo fare il nome di questo amico?

E: “Certo! (Il famoso cantante italiano Albano ndr). Lui è un amico carissimo, una persona stupenda che si presenta come non è, nel senso che chi lo vede lo percepisce come arrogante, ‘padre padrone’, ma non lo è affatto: è una persona meravigliosa che ha il senso degli altri. Lui mi chiama ‘minatore’ e io lo chiamo ‘contadino’. Quando mi dice che tiro fuori dei brillanti dal fango, lui descrive il mio sogno. Quando vedo persone che rinascono dal fango, sono così felice: questo termine – minatore ndr – mi piace un sacco.”

J: Ti va di regalarci tre piccole storie di tre persone che hai aiutato a risplendere?

E: “Non potendo fare nomi, posso dire che uno è un ragazzo meraviglioso di una famiglia molto importante che per me è stato come un figlio nato nel mio cuore. Lui è una persona che non solo risplende, ma risplenderà e sarà anche il brillante della sua famiglia, che è una famiglia difficile e complicata.

Poi ho una storia fantastica, quella di un signore che aveva avuto un incidente molto grave in cui le è morta fra le braccia la sua bambina, che era accanto a lui in macchina. Questo signore è venuto da me odiando la psicologia, dopo dieci anni di psicologi, e quando è entrato dalla mia porta mi ha detto, in tono di sfida: ‘Avanti! Avanti! Mi dica anche lei perché non sono morto?’ E io non so come mi sia venuta la frase – credimi, è venuta dal cielo, non sono stata io – gli ho risposto: ‘Ma lei È morto’. E lui ha cominciato a piangere, ha pianto per un’ora e mi ha detto: ‘Grazie. Lei ha capito che io ero morto davvero.’ Oggi lui risplende perché sta aiutando tutti quelli che hanno avuto un trauma come il suo.

Un’altra pietra preziosa è un famoso compositore, un signore anziano, un’altra persona meravigliosa, con lunghi capelli bianchi, direttore d’orchestra … Gli era morta la moglie ed era depressissimo, voleva solo morire. Voleva proprio morire. Io gli ho detto che non doveva morire con un amore così grande … A un certo punto gli ho fatto una domanda, pensando tra me e me: ‘Tanto so cosa mi risponderà: questi uomini parlano sempre d’amore ma poi in realtà sono dei traditori … Chissà quanti amori ha avuto.’ Sai, a volte, con i nostri pregiudizi, riusciamo a essere cattivi. ’Mi dica la verità – gli ho chiesto – lei non ha avuto solo quell’amore nella sua vita.’ E lui mi ha detto: ‘No. Io ho avuto due amori nella mia vita. Mia moglie e la mia musica.’ L’ho abbracciato. Lui è un’altra delle pietre che risplendono.” 

 

La vulnerabilità, l’autenticità, la gentilezza e altri valori …

J: Un altro tuo amico fraterno è il Professor Paolo Crepet, che ho avuto modo di intervistare in occasione dell’uscita del suo libro ‘Vulnerabili’. Cosa vuol dire per te essere vulnerabili?

E: “Per me essere vulnerabili è vivere in accordo con la frase ‘Tutto è puro per i puri’. I puri sono vulnerabili. Perché sono puri, non hanno malizia. Paolo è un mio carissimo amico ed è la persona in assoluto che stimo di più fra i miei colleghi. Mi piace perché ha un background meraviglioso: ha lavorato con Basaglia, a stretto contatto con lui. È intelligente ed è un puro, uno che non si fa trafiggere come tanti da mille cose.

Poi, sai, io vedo dei tromboni e dei cialtroni in televisione che sono terribili. Una volta mi avevano invitato all’Isola dei Famosi e gli ho detto che non ci andavo. Ho detto: ‘Avete tanti cialtroni da invitare …’ La giornalista che mi intervistava ha detto: ‘Certo, perché quelli come lei non vengono.’ Non ho dormito per tutta la notte.”

J: Questa cosa come ti ha fatto sentire?

E: “A me è capitato solo una volta di non avere il coraggio di andare avanti in una indagine, perché il signore che era venuto da me, elegantissimo, abusava di bambini neonati, e io non ho avuto il coraggio di continuare. Poi però non ho dormito per tanto tempo e mi sono detta: ‘Devi sforzarti. Devi sforzarti.’ Ma non riesco ad andare oltre alla mia, di etica. Non ce la faccio proprio ad andare all’Isola dei Famosi o al Grande Fratello. Non ce la faccio. Perché poi i miei pazienti vedrebbero che sono quella roba lì.”

J: La vulnerabilità è per te un segno di debolezza o un superpotere?

E: “Un superpotere. Essere fragile è bellissimo.”

J: Chi si rende vulnerabile è più autentico, secondo te? E se sì, basta l’autenticità da sola a difenderci da possibili attacchi esterni?

E: “Se sei autorevole sì. Per me ‘autorevolezza’ vuol dire saper ascoltare e saper rispondere in maniera appropriata, non parlando addosso all’interlocutore. ‘Autorevolezza’ è cercare di comprendere quello che l’altro dice anche se va contro le tue idee e cercare di dare una risposta …

Senti, io racconto sempre ai miei pazienti questo aneddoto, che a me è servito. Uscivo dall’università, avevamo fatto una lezione, io ero con un altro assistente, entriamo al Bar Magenta (storico bar di Milano ndr). Bar pieno. Entriamo. A un certo punto l’assistente che era assieme a me chiede al cameriere un cappuccio senza schiuma. Il barista si capisce che non solo non ha ascoltato, ma che non sta facendo il cappuccio giusto. Per la seconda volta il cliente dice al cameriere: ‘Guardi che io le ho chiesto un cappuccio senza schiuma …’ Il cameriere si volta e fa: ‘E ho capitoooo’. Arriva il cappuccio … come, secondo te? Con la schiuma. L’assistente vicino a me dice al cameriere: ‘Scusi ma io per tre volte le ho chiesto un cappuccio senza schiuma.’ Risposta del cameriere: ‘Ma così è più buono.’ Ascolta bene la risposta dell’assistente, che per me è stata un semaforo nella vita: ‘Sono proprio contento di bere il cappuccio che piace a lei’. L’hanno applaudito nel bar. Perché ha risposto nella maniera adeguata, lasciando l’altro senza parole.

Capisci la differenza? … Tra uno che avesse urlato: ‘Cretino! Ti ho detto che volevo un cappuccio senza schiuma!’ E uno che dice: ‘Sono proprio contento di bere il cappuccio che piace a lei’. Pensalo nella vita di tutti i giorni, nella storia di tutti i giorni. Quando qualcuno ti dice: ‘Stai proprio bene vestita così!’ ‘Sono proprio contenta di aver messo la cosa che piace a te’. ‘Sono proprio contenta di approvare quello che dici tu’. Capisci che cambiamento? Queste io le chiamo le ‘pillole di saggezza’. Dai all’interlocutore la possibilità di capire che ha detto una stupidata. L’hanno applaudito nel bar. E io gli ho detto: ‘Questa è una cosa che farò mia nella vita!’.

Quando sono in coda e c’è quello che ti risponde male, dico: ‘Mi dispiace che oggi sia una brutta giornata per lei.’ Non parlano più. ‘Perché non sei gentile? Perché mi rispondi così?’ Io da quel giorno ti posso dire che ogni volta … vedo quello che, non so, in auto tira sotto la vecchietta e poi urla come un pazzo … Picchietto il vetro e dico: ‘Scusi, perché lei non è gentile?’ Non riescono a replicare.

Un giorno in un bar un signore entra con due telefonini. Subito quelli del bar gli dicono: ‘Ah, due telefonini … uno per la moglie e l’altro per l’amante!’ ‘Eh sì, l’ho preso apposta!’ Io osservo in silenzio. Poi dico: ‘Che brutto …’ Uscendo questo tipo viene da me e mi chiede: ‘Perché ha detto che brutto?’ ‘Che brutto! – gli rispondo – Come sarebbe stato bello se lei avesse detto: ‘In realtà uso un telefonino solo, perché è una la persona che amo. Non ho bisogno di due telefonini.’ E lui: ‘Ma non è vero che io ho l’amante’. ‘Peggio!’ gli dico ‘Perché lei ha detto una bugia in un discorso banale, da bar. Pensi che bello se lei avesse detto invece: Ma no, io non ho bisogno di due telefonini! Lei si è messo nel gruppo dei corvi e delle cornacchie – perché l’aquila vola alto – Non ha bisogno di dire quello che fa o non fa, o delle amanti che ha.’ È rimasto sconvolto (ride)”.

 

Il vero successo.

J: Cos’è per te il vero successo? Differisce di molto dal successo che ci viene ogni giorno propinato dalla pubblicità e dai social media?

E: “Assolutamente sì. Quello che i media o comunque la televisione ti mostrano, è un successo effimero perché tu … guarda i grandi cantanti, quelli che vincono ad Amici e in tutte le trasmissioni di quel genere. Ce n’è uno magari, uno, che ha l’umanità dentro … Ricordo un aspirante coreografo ballerino ad Amici, che faceva delle cose bellissime e infatti poi è diventato un vero coreografo e ballerino. Uno. Su centomila. Perché? Perché ‘dentro’ andava contro gli schemi che gli venivano imposti. Andava per la sua strada. Quella era la sua strada. Quelli che rincorrono il successo ma non hanno dentro quel fuoco, invece …

Vedi, il vero successo non è fatto di soldi, di gloria, di apparire. Siamo sempre lì. Il vero successo è un successo che ti rende felice. Se osservi i personaggi che si sono succeduti alla televisione … Chi erano i personaggi più amati? Quelli che apparivano? No! Era il Frizzi della situazione che era buono, gentile, educato. Perché quelli come lui rimangono. Gli altri spariscono nel nulla.” 

J: Se il successo è l’espressione di chi siamo davvero – l’espressione di quel fuoco interiore – qual è la ricetta per scoprire chi siamo, secondo te, e trovare il nostro posto nel mondo?

E: “Devi trasmettere quell’etica di cui parlavamo prima, un’etica profonda, fondata sui valori di chi ha vissuto nella sofferenza. Tu le vedi le persone che hanno lottato nella vita e quindi hanno raggiunto un risultato … Non so se ti ricordi quel fantastico pianista che aveva la sclerosi e poi è morto (Ezio Bosso ndr). Lui era fantastico, quello che diceva, quello che faceva …

Ultimamente ho letto un libro di Mencarelli, che ha scritto ‘Tutto chiede salvezza’ e ha fatto una cosa in televisione meravigliosa, dove lui parte proprio dal concetto che non c’entra il papà, la mamma o quello che hai sofferto. Se tu hai dentro un disagio esistenziale, che è una forma di malessere per cui devi assolutamente soddisfare tutto e tutti, altrimenti ti senti colpevole di non avere aiutato quello o quell’altro … è questa forma di disagio – che lui è stato bravissimo a tirar fuori – il vero senso. L’etica per cui tu, dando agli altri, dai a te stesso. Ti ripaghi.”

J: Non è una forma di egoismo anche questa?

E: “No, perché dare senza aspettative non è egoismo. Se dai con l’aspettativa del ritorno, allora sì. Se dai con un senso di vittimismo, lamentandoti … pure. Basta. Tu puoi anche aver avuto una vita da disastro. Poi però ti dici: ‘Adesso devo farcela. Da solo. E andare avanti.’ Mencarelli è così: nei suoi libri, che sono autobiografie, dice proprio questo. Cosa fa lui per uscire dalla droga, dall’alcol? Va nell’ospedale Bambin Gesù a pulire la cacca di tutti quelli che ci sono lì. E da lì risale. Non c’è nessuno che ti può aiutare se tu per primo non fai un lavoro di questo tipo. E lui parla proprio di questo suo malessere, nel suo ultimo libro che è meraviglioso: fa tutto un percorso in cui va in varie case e vorrebbe aiutare tutti, perché il suo bisogno è quello …” 

 

L’amore con la “A”.

J: Che cos’è per te l’amore?

E: “L’amore deve essere puro e deve essere una scelta, non deve essere un bisogno. Vedi un sacco di persone che stanno insieme per bisogno. Bisogno del papà, della mamma, dei soldi, dell’appartenenza, bisogno di una donna che ti fa da mangiare. No. L’amore deve essere una cosa del tipo: ‘Ho voglia di vedere il tramonto con quella persona lì che, in silenzio, lo vede con me. Questo è l’amore. Il senso dell’amore. Poi, non confondiamo la passione del primo momento con l’amore.

C’è stata un’intervista che aveva fatto Costanzo. Io non lo amavo tanto, ma ne rispettavo l’intelligenza così come della De Filippi rispetto i valori profondi e non magari le trasmissioni che fa. Però mi piace come persona quando ha dei valori e si sentono. E lui ha detto una frase: ‘Il vero amore è l’affetto che viene nei lunghi anni in cui stai con una persona e la rispetti.’ Secondo me è questo l’amore. Non è quello che vediamo, tutto patinato. No, è l’amore di due persone che stanno insieme, si vogliono bene e si rispettano. Reciprocamente.”

 

Sul cambiare il mondo o fondarne uno nuovo.

J: Ha senso adoperarsi per cambiare il mondo in cui viviamo o ha senso piuttosto costruirne uno nuovo?  

E: “Nel mio lavoro penso sempre: ‘Se anche una sola delle persone che ho visto ha aperto il suo cuore, ha imparato a dare di più agli altri, ha imparato ad ascoltare, nel mio piccolo ho già cambiato il mondo. Penso che stia a noi mettere un piccolo seme. E sono sicura che quel seme lì, se l’ho messo bene, col mio cuore pulito, puro, un giorno darà il suo fiore.

Sai, io piango quando vedo l’orso che devono abbattere … E penso: ‘Caspita, ha ucciso una persona, ma che colpa ne ha? Non lo pensava in quel momento, non aveva la cognizione di ucciderlo. Oppure quando vedo la mafia, e penso: ‘Ma non ci sarà mai, mai una ragione per cui questa … scomparirà? In America buttano bombe, sparano ai bambini … e la mafia è ancora lì. E io mi dico: ‘Come facciamo a cambiare il mondo?’

Allora mi torna in mente una frase che diceva Borsellino, che mi piaceva tanto … che quando gli chiedevano: ‘Ma tu hai paura?’ Lui rispondeva: ‘Ho un sacco di paura. Ma vorrei che anche gli altri avessero più coraggio.’ Penso che sia questa la chiave. La vera chiave per vincere la paura è il coraggio.”

J: … e la speranza!

E: “… di andare avanti e di dire: Io, con coraggio e speranza, ho piantato un piccolissimo seme!”

J: Quali sono i tre valori che illuminano il tuo cammino?

E: “L’ascolto lo metto tra i primi perché è il valore dato dal rispetto dell’altro. Quindi è importantissimo. Io ti rispetto e quindi ti ascolto, perché così ti conosco. Poi sai ce ne sarebbero tanti da dire. L’onestà …

Ma uno dei valori che a me piacciono di più è la purezza. Purezza vuol dire che cerco di non giudicare mai. Faccio di tutto per non giudicare mai, perché chi giudica, giudica sempre. Chi non giudica invece, non giudica mai. Però ci vene facile, a volte, dire: ‘Quello lì, quello là …’ Per me quindi il valore della purezza è restare fermo nella mia etica e nella mia onestà, in quello che sono io: la purezza del mio sentimento. Non fermarmi alle apparenze. Guardare dentro.

A questo valore fa capo la sincerità. Nell’onestà c’è dentro anche la sincerità … Personalmente odio i bugiardi. Perché dico che la conoscenza è importante? Perché dico che in fondo Gesù ci ha lasciato quel libro bellissimo, che contiene dei consigli? Perché quando cominci a costruire una bugia, lo vedi anche nelle telenovelas, una, due, tre, cinque, dieci … tutte queste bugie fanno sì che la tua vita non vada avanti. Mai. Perché le bugie sono sempre una dietro l’altra. E quindi la tua vita non procede … Mai.”

 

Arrivederci a presto, Elena.

Ben, il barboncino nero toy della mia amica, abbaia festoso. Sembra voler dire: “È arrivata l’ora della mia passeggiata”. Prometto a Elena di pubblicare l’intervista nel mio blog su Betapress.it., nella speranza di raggiungere il maggior numero possibile di inconsapevoli brillanti, pronti a uscire dal “fango” di una vita – solo in apparenza – priva di senso. 

 

Foto: Giuseppe Pino.

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