tennis

A Milano vanno in scena i migliori 8 under21 del circuito; in realtà sono 7 più 1, ovvero la wild card concessa alla nazione ospitante: Gianluigi Quinzi, 21anni, ha dimostrato di meritarsela, non solo con le qualifiche, ma anche per l’ottima prestazione del giovedì pomeriggio contro il sudcoreano Chung.

“The future is now” è lo slogan presente nel padiglione che ospita l’evento e, sicuramente, di futuro li dentro ce n’è: a partire dai dai giocatori, che nei prossimi anni, con tutta probabilità, si giocheranno master 1000 e saranno protagonisti nei tornei dello Slam, fino al format della competizione, totalmente innovativo.

Ci saranno spunti interessanti.

Chi conosce il tennis è abituato a set che finiscono al sesto gioco vinto, settimo in caso di tie break; invece qui vince chi arriva a 4, punto.

Le partite però, si giocano 3 set su 5 come a Flashing Meadows o a Wimbledon, e non 2 su 3 come nella maggior parte dei Tornei.

Se la palla colpisce la rete in battuta, non si ripete proprio nulla. Meglio che cada nel settore giusto dall’altra parte della rete!

D’altronde anche il caso, o meglio la fortuna, vuole la sua parte.

Scompaiono anche i vantaggi; quando si è pari è colui che batte a scegliere la direzione ma, la vittoria o la sconfitta nel game, si giocano sul singolo punto.

Addio dubbi o punti contestati, “l’occhio di falco” segue ogni dritto e ogni rovescio, non si perde nulla e, su uno schermo, proietta inesorabile tutti i “close call”, i punti dove la palla si avvicina pericolosamente alla linea.

La possibilità di interagire con il coach, il tempo tra un punto e l’altro, quello per il riscaldamento e tanti altri aspetti, rendono il gioco veloce, ricco di colpi di scena e particolarmente avvincente.

La location, con tanto di DJ che movimenta il pubblico, la scarica elettrica in occasione di Break Point, la presentazione della partita e dei giocatori proiettano gli spettatori in campo, a sentirsi parte dello spettacolo che sta andando in scena.

Ritornando al motto “the future is now”, è indubbio che il formato è molto congeniale a chi non gioca a tennis, e magari non è in grado di apprezzare il gesto tecnico; ma allo stesso modo con dei cambi così repentini di risultato, richiede al giocatore in campo, per vincere, di dover uscire al meglio da molte più situazioni “on the edge”; questo genera colpi spettacolari, stimolando ancora di più il rischio.

Non penso che il numero di games giocati nella media sia particolarmente diverso da una partita 2 su 3 arrivando a 6 ma, sicuramente, le possibilità di vincerla o perderla aumentano di molto. Invece, quanto sia un vantaggio poter scegliere dove battere, rispetto al rischiare di perdere un punto senza perdere il game, bisognerebbe chiederlo a quelli che battono a 200km/h e non tanto a quelli, come chi vi scrive, che arrivano a malapena di là dalla rete.

Il cronometro tra un punto e l’altro, e nel riscaldamento, sicuramente aiuta a tenere alto il ritmo, generando spettacolo. Spettacolo è la parola chiave.

Al contrario, poter parlare con il coach, a mio modesto parere, è un’opzione più affine agli sport di squadra e, in questo caso, lascia un po’ il tempo che trova.

Esperimento riuscito dunque, portare a Milano il grande tennis.

Un’ottima opportunità colta dall’amministrazione regionale, che tanto sta facendo per lo sport.

L’esperimento per quanto riguarda le regole sta facendo discutere quindi, indipendentemente dalle applicazioni future, ha vinto la sua piccola sfida.

Certo non riseco a vedere il nuovo format sui prati di Wimbledon ma a Milano tutti hanno visto che il tennis è “cool”.

 

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