JON BON JOVI: I LUSTRI(NI) DELL’HAIR METAL

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Molti anzi… moltissimi anni fa con la mia band di allora, i Casual Connection Crew, iniziavo a comporre testi e canzoni rigorosamente in inglese con l’inseparabile Gas (amico prima e tastierista poi, con cui collaboro dal lontano 1987).

Nei nostri concerti suonavamo però per la maggior parte cover di artisti internazionali come U2, Police, R.E.M., Ramones, AC/DC… e anche Bon Jovi!

Erano i tempi di Slippery When Wet e dell’esplosione dell’“Hair Metal” e in nessuna performance live dell’underground nostrano di quegli anni mancava in scaletta un brano di John Bongiovanni.

Origini siciliane Jon, nato e cresciuto nel New Jersey, iniziò sin da piccolo a cimentarsi con la chitarra e la voce, strumento che utilizza da allora in modo magistrale.

Profondamente radicato nella cultura americana, Jon cresce riflettendo la musica e soprattutto la moda del tempo ed ispirandosi a Mozart, Bach e a Big come Aerosmith e anche Bruce Springsteen, suo “vicino” di casa, con cui il prossimo 22 aprile suonerà assieme in remoto per raccogliere fondi da destinare agli ospedali del New Jersey in emergenza da Covid-19.

Oltre 130 milioni di dischi venduti nel mondo, Bon Jovi ha girato l’intero globo con oltre duemila concerti in 50 paesi, collezionando numerosi premi e guadagnandosi nel 2018 un posto di diritto nella Rock and Roll Hall of Fame.

Sono certo che i puristi del Rock e del Metal siano d’accordo con me nell’affermare che Jon Bon Jovi sia stato uno dei creatori di una nuova stagione della musica targata USA.

Già negli anni Settanta la rivoluzione del “Glam Rock” fece la fortuna di artisti e di band come i T. Rex, David Bowie, Roxy Music e perfino Queen e la novità era legata più al look (paillettes, trucchi esagerati, e frange colorate erano le divise dei glammers unite ad una sensualità quasi feminea; n.d.a.) che non alla musica.

Ma è nella seconda metà degli anni Ottanta che l’Heavy Metal inizia la sua deriva (se così si può dire) verso il Glam ed il Pop.

Così nasce l’”Hair Metal” che fu portato al successo dai Bon Jovi e da band che adoro come Def Leppard, Europe, Twisted Sister, Poison, Mötley Crüe, Krokus, Ratt, W.A.S.P., Skid Row, Cinderella e molte altre ancora. Caratteristica fondamentale di un “Hair Metal Band” che si rispetti è l’esaltazione della potenza sonora delle cosiddette “Ballads”, lentoni strappalacrime mielosi e sdolcinati che tradizionalmente erano legati quasi esclusivamente alla musica pop.

Voglio citare anche i Dokken di Don Dokken (voce) e George Lynch (chitarra), che sono una delle formazioni più longeve del genere “Hair Metal” nei quali all’inizio degli anni Duemila ha militato un mio caro amico Alex “Spillo” De Rosso (a breve su Betapress la sua intervista; n.d.a.).

Tornando a metà degli anni Ottanta, mentre Jon Bon Jovi riscuoteva un successo planetario, i Gun’s n’Roses spopolavano con Appetite for Destruction distanziandosi dal genere “Hair Metal”.

Il fenomeno iniziava infatti la sua rapida discesa fino a scomparire quasi del tutto soppiantato dal Grunge, fenomeno innovativo nato a Seattle nei gloriosi anni Novanta.

Un breve e fortunato ritorno dell’“Hair Metal” si è avuto pochi anni fa con l’avvento di successi planetari come quelli degli Ark e dei Darkness. Bon Jovi virando in modo molto intelligente ha mantenuto negli anni un sottile filo con le sue origini “Hair”, riconvertendo la sua musica che gli permette ancor oggi un grandissimo successo di vendite e pubblico.

Vi lascio con la splendida “Ballad” Wanted Dead or Alive, Rock Forever!

 

https://www.youtube.com/watch?v=SRvCvsRp5ho

 

PERTH

UN THE CON SKARDY: la musica del cuore.

 

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