KARMA – INTERVISTA AD ANDREA “CONTE” BACCHINI

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A metà degli anni ’90 ero un musicista prestato all’Università e passavo il tempo libero con gli amici in sala prove, a vedere concerti e ad organizzarne pure.

Voglio oggi ricordare una delle band che per molte ragioni ha rivoluzionato la musica underground ed influenzato me ed altri centinaia di musicisti nel ventennio successivo allo stop (non allo scioglimento! N.d.a).

E’ un onore per me intervistare il mitico Andrea “Conte” Bacchini, eclettico chitarrista dei KARMA.

Ritrovarlo è come vivere di nuovo un momento magico degli anni in cui la musica era diretta e non drogata dai falsi miti proposti dagli odierni Talent, ma soprattutto alla portata di tutti.

Milano, 13 aprile 2018, ci vediamo a mangiare un boccone al Ristorante “Il Tronco” ed il “Conte” mi racconta di sé a partire dalla sua vita e dalla sua grande passione per la musica ma anche del rapporto divenuto da alcuni anni controverso con la chitarra, strumento a cui ha dedicato la vita e che forse non gli ha “ritornato” a pieno quel che erano le attese dell’inizio.

Non vi nascondo che è stato come ritrovare un amico con cui non ci si vedeva da molto tempo e nel dialogo con lui è emersa tutta la forza di una vita a tratti difficile, ma sempre vissuta con coraggio. Il giudizio sul mondo della musica è di una lucidità disarmante, il futuro? Pieno di desideri!

 

PERTH: Ci racconti come è iniziata l’avventura del “CERCHIO DEL KARMA”? Dopo più di 20 anni cos’è rimasto di quel mitico combo divenuto semplicemente “KARMA”?

ANDREA: Ti faccio una premessa: se tu facessi questa domanda ad ognuno di noi 5 (David Moretti – voce, Andrea Viti – basso, Diego Besozzi – batteria, Alessandro “Pacho” Rossi – percussioni e Andrea “Conte” Bacchini chitarra) ti risponderemmo tutti in modo diverso. Con alcuni eravamo amici ben da prima dei KARMA, ad esempio con David. Ci siamo visti un mese fa e con lui è un’amicizia vera, non ti vedi per un anno e basta una sola sera ed è come se non ci vedessimo da un giorno. Tornando alla domanda io sono un po’ l’archivista del gruppo, perché sono molto preciso e metodico (da questo nasce il soprannome “il Conte”; n.d.a.) e potrei dirti per filo e per segno ogni singolo passo fatto con i KARMA. Il gruppo nasce da una telefonata di Andrea (Viti) che conoscevo bene perché abitavamo nella stessa zona, Andrea aveva bisogno di un chitarrista per un concerto in una scuola di Milano. Con Diego (Besozzi) e con Andrea (Viti) abbiamo iniziato quindi a provare sin da subito, e suonavamo anche 5/6 ore al giorno tutti i pomeriggi. Il repertorio non era omogeneo, era molto scompaginato e andava da HENDRIX (di cui il Conte è grandissimo estimatore; n.d.a.), a BILLY COBHAM e i CULT, dando grande spazio all’improvvisazione. David (Moretti) venne a sentirci e ci chiese di cantare con noi. Per un certo periodo suonavamo anche pezzi dei DEEP PURPLE ed avevamo pure due cantanti: David e Gianluca Galeazzi (famoso per essere stato campione mondiale di subbuteo; n.d.a.). Un bel giorno poi ci siamo trovati in sala prove con Pacho, invitato da Diego, e dopo il primo pezzo suonato assieme affascinati dal suo assoluto talento, era infatti il miglior musicista di tutti noi, gli abbiamo chiesto di restare. Così è nato “IL CERCHIO DEL KARMA”. Dopo non molto abbiamo cominciato ad inserire qualche pezzo nostro, all’inizio composti quasi solo da David, che ha un istinto pazzesco nella composizione. Essendo lui un estro “fuori controllo”, che scriveva pezzi molto bizzarri, aveva bisogno di Andrea (Viti) e del sottoscritto per “sistemare” il tutto in modo quasi certosino… da qui nascevano i nostri brani, il resto è… KARMA!

PERTH: I giovani di oggi, in questo Paese dilaniato dalla crisi e da uno stato di disagio socio-politico hanno pochissimi sogni da vivere. Ci racconti cosa sentivate e cosa volevate cambiare in quegli anni?

ANDREA: Milano in quel periodo era una città molto frammentata, che potrebbe sembrare una cosa negativa ma non lo è. Molte pulsioni anche distanti tra loro, tanti stili ed un fermento quasi epocale, molti musicisti hanno tenuto a valorizzare aspetti sociali e politici attraverso le loro canzoni. Noi eravamo un gruppo che poneva la musica al primo posto… la musica doveva parlare per noi e doveva tentare di dare uno spunto per il cambiamento. Le nostre aspirazioni erano quelle di avere una carriera musicale che potesse far crescere quel che eravamo attraverso la nostra musica.

PERTH: Nel cuore delle nuove generazioni ci sarebbe ancora spazio per i Karma?

ANDREA: Secondo me sì. Certo non sicuramente ripetendo una formula tipo “come eravamo belli e giovani… ecco siamo tornati!”… dovrebbe essere un progetto NUOVO! Una naturale evoluzione di quel che erano i KARMA!

PERTH: David Moretti e Andrea Viti hanno continuato con il progetto JUAN MORDECAI ed ora, il primo (“la punta di diamante del cerchio” come lo definisce Diego Besozzi, il drummer della band; n.d.a.) ha fatto carriera ed è Direttore Creativo presso la Apple a Cupertino in California. Per il secondo faccio veramente fatica a dire tutti i progetti musicali, cito solo gli AFTERHOURS di cui è stato bassista per 10 anni – tra l’altro ha suonato con Agnelli&Co. per i 30 anni della band al Forum di Assago il 10 aprile u.s. –  ed il progetto YELLOW MOOR, che mi ha colpito particolarmente (https://vimeo.com/87995454). Diego vive nelle Marche e si occupa di emergenza sociale con il trip della pittura, Pacho ha collaborato con il Clan di MORGAN ed ora insegna percussioni. Raccontaci un po’ del rapporto con i tuoi colleghi ieri ed oggi.

ANDREA: Tutte persone con cui i rapporti sono rimasti ottimi. Erano la mia band, il mio progetto artistico e di vita! Ormai siamo molto lontani dal punto di vista kilometrico, hai detto bene, David ha fatto una gran carrierona ed ora è negli States, Diego si occupa di sociale e lo sento spesso, Pacho è un grandissimo “casalingo” (ride) e Andrea veramente non lo sento da un pò.

PERTH: …e tu cosa fai oggi? Ti occupi ancora di musica? Hai mai pensato ad una carriera solista?

ANDREA: Ultimamente ho una certa avversione per la chitarra. Un po’ devo dire che mi sento tradito. Le ho dedicato fin da giovane praticamente tutto! Dal punto di vista lavorativo ho insegnato chitarra per alcuni anni, ma alla fine è risultato frustrante. Ti arrivano genitori che questionano per le tariffe, ragazzi che iniziano di buona lena ma si stufano dopo poco tempo e alcuni che vogliono solo saper tenere in mano la chitarra per far casino… non è più come un tempo, ci sono sempre meno giovani che hanno voglia di suonare impegnandosi e sputando sangue come ho fatto io da giovane. Ho lavorato in alcuni negozi di dischi di Milano ed ho fatto altri lavoretti cercando di stare molto vicino a quel che volevo fare nella vita: il musicista. Mi hanno chiesto in molti di suonare in Band Tribute o Cover e, capiamoci, ho rispetto per quelli che lo fanno di mestiere, ma l’idea di finire in un pub a guadagnare 50 euro per suonare cover di altri è una cosa che…, è più forte di me, non ce la faccio! La musica è per me passione e la passione la puoi mettere in una cosa che hai scritto e che ti rappresenta, una sfera artistica e creativa che è un investimento emotivo per cui vale la pena suonare. Per quanto riguarda un progetto solista, io purtroppo non canto! Sono stato spronato da molta gente che mi diceva di provare a cantare e mi piace pure, ma non ho mai sviluppato l’indipendenza tra voce e strumento… non riuscirei neanche a fare “il Gatto e la Volpe” (famoso brano di EDOARDO BENNATO, struttura molto semplice in Fa, Rem, Solm e Do7; n.d.a.) suonando e cantando. Ma mi piacerebbe! Chissà…

PERTH: JUAN MORDECAI voleva perpetuare la fiammella iniziale di un Rock-Grunge, quello dei KARMA, che si sarebbe comunque evoluto in qualcosa di diverso. Cosa ti è piaciuto di quel progetto targato “Moretti-Viti”?

ANDREA: Il suo respiro internazionale come sono stati i KARMA, è stato la naturale evoluzione dei KARMA. Il Rock deve “suonare” anglosassone, non italiano!

PERTH: Molti sostengono che la scena italiana, legata al Rock “duro e puro” di fatto, non esista; troppe tribute band, pochi locali per la musica indipendente e l’underground portato solo da finti alternativi. Cosa ne pensi di tutti questi aspetti che negli ultimi dieci/vent’anni hanno portato ad un impoverimento dei talenti veri?

ANDREA: Urca! Questa è una domanda complicata… c’è mai stato qualcuno che in Italia ha fatto del Rock “duro e puro”? Ci sarà mai? (Ride). Ci hanno sempre detto che noi KARMA cavalcavamo l’onda Grunge… no! Avremmo fatto sicuramente parte dell’onda di Seattle fossimo nati in America, ma cosa vuol dire “cavalcare”? Noi in quegli anni ci siamo ritrovati in “qualcosa”! Ci siamo trovati dentro a quel “qualcosa” che emergeva nuovamente come movimento Rock! Semplicemente eravamo stufi della “plastica” degli anni ’80. E come noi altre centinaia di band. Da allora è aumentata esponenzialmente la possibilità di creare musica, anche con i Social, e qualche talento vero c’è, ma oggi il circo dell’industria musicale cerca bravi esecutori quindi non emergerà mai nessun talento che non sia disposto ad assoggettarsi alle logiche del potere discografico e mediatico… connubio diabolico! Oggi è sempre più difficile per le band promuovere la propria musica. Si fanno a tavolino album per lanciare dei bravissimi interpreti e non c’è più la seria passione per la costruzione di un disco che possa essere solo alla fine promosso con la tournèe. La vera questione è che la discografia è morta e non c’entra più nulla con il Rock. Una volta era illuminata ora assolutamente mercantile, interessata a tenere in vita i 4/5 artisti che fanno milioni di copie in tutto il mondo, ma interessata a scoprire nuovi talenti proprio no!

PERTH: I nomi di spicco della scena musicale alla fine degli anni ’90 erano RITMO TRIBALE, CASINO ROYALE, AFTERHOURS, LA CRUS, SCISMA, EXTREMA, TIROMANCINO, MOVIDA, ALMAMEGRETTA, MARLENE KUNTZ ne dimentico sicuramente molti ma voglio però aggiungere anche i TIMORIA dell’amico Omar, con chi ti piacerebbe oggi collaborare?

ANDREA: Che domandona! Sono amicizie storiche e alcuni che hai citato sono proprio amici cari come Mario Riso dei MOVIDA e REZOPHONIC. Qualche progetto con alcuni membri dei RITMO TRIBALE l’ho fatto pure… sicuramente se ci fosse un’idea artistica che esula da un imbarazzante amarcord ti direi che mi piacerebbe collaborare con molti nomi che hai elencato ma, per quel che ti ho detto prima, è comunque difficile rispondere oggi!

PERTH: Ho ascoltato fino allo  sfinimento il groove di Karma ed Astronotus, noto che la tua chitarra ha un posto di primo piano e, da chitarrista, ti chiedo quali set up hai usato per un suono che ancor oggi risulta modernissimo?

ANDREA: Io sono fondamentalmente per un suono meno “orpelloso” possibile a patto che la fonte sia eccellente e poco “lavorata” successivamente (la “fonte” sta per chitarra+amplificatore; n.d.a.). Dopo anni sono diventato estimatore MESA BOOGIE, dal vivo ho usato sempre Rectifier 50/100 o Trem o Verb, in studio sempre quelli, ma con dei finali di potenza, sempre MESA tipo Strategy 400 per spingere ancora di più. Distorsione dell’ampli e pochissimi effetti, pedale del volume con cui controllo anche la distorsione, delay e il cry baby (wha wha), ma sono molto “dry”, molto basic. Chitarre? Essendo io pro pickup “single coil” (dispositivo elettrico, in grado di trasformare le vibrazioni delle corde di uno strumento musicale cordofono in suono, il single coil è ad una singola bobina mentre l’humbucker è a doppia bobina; n.d.a.), la mia chitarra preferita è sempre stata la Fender Stratocaster, una chitarra “che non perdona”, come la Fender Telecaster d’altronde. Sono chitarre che più di altre riescono a portare il chitarrista a trovare il suo suono, più delle chitarre a doppia bobina (humbucker). In tutto ho 15 chitarre, in studio uso anche la Gibson Les Paul e oltre all’amore viscerale per la Fender Stratocaster amo anche la Paul Reed Smith McCarty.

PERTH: Personalmente sono legatissimo a “Lo Stato delle Cose”, “Terra” ed “Atomi”, hanno fatto da sottofondo a centinaia di giornate. Qual è invece la canzone dei KARMA di cui vai più fiero?

ANDREA: Ce la potremmo giocare tra Avorio e Samsara… le mie preferite!

PERTH: A risentirli due decenni dopo, i dischi rock anni ‘90 suonano ancora bene, ricordo come ci fosse la sensazione di poter veramente cambiare i clichè della musica contemporanea. Poi c’è stato il fenomeno dei Social che ha portato artisti (e non!) ad autoprodursi e a chiedere “like” agli amici e sostenitori, che solo nella minoranza dei casi ha portato successo ai pezzi proposti. Non trovi che ci debbano essere delle regole per poter definirsi artisti? Mi riferisco alla gavetta, ai live in locali semisconosciuti e alle case discografiche che dovrebbero passare il loro tempo a scovare talenti anziché farsi “passare” giovinastri da Maria De Filippi & Co. che ne pensi?

ANDREA: Qui mi provochi… potrei iniziare e non fermarmi più. Sono assolutamente d’accordo con te. Ciò che fa grande un gruppo è suonare tutto il giorno, massacrarsi di concerti, provare allo sfinimento fino a raggiungere una specie di telepatia dove tu fai una cosa e gli altri membri rispondono. Questa cosa succede solo con l’interazione continua, desiderata e fortemente voluta tra i membri del gruppo. Se non c’è questo allora ci si trova di fronte ad un prodotto costruito. Questo è il demonio! Il prodotto preconfezionato! Prodotto pilotato… creazione di un fenomeno momentaneo che viene spremuto e poi nella maggior parte dei casi gettato via. Una volta ci si costruiva una carriera componendo e portando nei live le proprie song. Ora la logica della carriera di una band è difficilissima. Manca una discografia illuminata e manager che credano nella band. Domandiamoci perché la figura del produttore stia scomparendo! Anche noi KARMA non abbiamo avuto un vero e proprio produttore che si è imposto, eravamo 5 musicisti litigiosissimi, delle teste calde e di cazzo (ride) e volevamo ognuno imporre le nostre idee. Fabri (Fabrizio Rioda; n.d.a.) è stato il nostro produttore ma, pur riuscendo ad indicarci una strada, non riusciva a fare molto di più con noi, spesso Fabri diceva che i KARMA sono stati il gruppo che più gli ha fatto venire il mal di testa… grandissimo! La scomparsa di queste figure sono segnali che dimostrano come vi è una frammentazione totale della musica. Per la discografia è più importante avere interpreti che autori. I gruppi scrivono! Forse bisogna fare i conti con il nuovo corso della discografia dei nostri tempi, ma io ho il dente avvelenato con il fenomeno dei Talent… è la morte!

PERTH: Un’ultima domanda è d’obbligo. Nel 2010 avete organizzato una reunion e, sinceramente, noi tutti pensavamo ad un nuovo album, poi nulla. Non avremo la fortuna di assistere ad un nuovo lavoro?

ANDREA: Noi ufficialmente non ci siamo mai sciolti: L’idea di fare “Karma III” non l’abbiamo mai abbandonata. Materiale ce n’è tanto anche se la vedo complessa da organizzare a breve, perché siamo tanto distanti… David è negli States, Diego in centro Italia… ma mai dire mai! L’unica cosa che non voglio è “reunion-effetto-nostalgia”, un greatest hits di noi stessi. No! Il mio desiderio sarebbe quello di un progetto creativo di cui andare fiero, un’opera che, guardando avanti e non indietro, possa essere accolta da un pubblico anche differente da quello dei KARMA. Io non voglio prendere per il culo chi ci ha amati!

PERTH: Grazie Conte!

 

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