LA COOPERAZIONE GIUDIZIARIA TRA PAESI UE: L’ISTITUZIONE DI UNA PROCURA EUROPEA PER LA DIFESA DEGLI INTERESSI FINANZIARI DELL’UNIONE.

 

Lo spazio Europeo di repressione penale è attualmente diviso e, a detta di molti studiosi, rappresenta una delle principali cause che limitano l’efficienza dell’azione europea di contrasto alla criminalità organizzata.

Ciò è considerato motivo determinante per dotare l’Unione di una Procura Europea per la protezione dei suoi interessi finanziari con il chiaro obiettivo di accelerare il processo di armonizzazione del diritto penale degli Stati membri.

D’altro canto, le frodi a danno dell’Unione europea raffigurano un flagello che provoca gravi pregiudizi al funzionamento e al progresso dell’eurozona. Si tratta di un fenomeno che è dilagato inesorabilmente con il trascorrere del tempo, malgrado gli strumenti di contrasto introdotti nel corso degli anni, ed ha colpito soprattutto ambiti quali quello delle politiche agricole o delle politiche strutturali, finendo per indebolire tutte le istituzioni europee e il percorso politico di unificazione comunitaria.

Gli strumenti di cooperazione tra gli Stati membri, fino ad oggi attuati, non sono stati sufficienti a estirpare questa grave illegalità. Come detto, hanno influito in modo rilevante i problemi relativi alla difformità dei procedimenti giudiziari nei singoli Stati e i sistemi di acquisizione e circolazione delle prove, che hanno spesso reso impraticabile il funzionamento degli strumenti di lotta anti frode.

La cooperazione giudiziaria in materia penale per la lotta alle frodi comunitarie, fino ad oggi è stata caratterizzata dall’uso di strumenti quali la rogatoria, l’estradizione, il mandato di arresto europeo e gli strumenti di mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie, che hanno tentato di contribuire alla lotta ai fenomeni di criminalità transnazionale.

L’istituzione del procuratore europeo dovrà incentrarsi su una meticolosa analisi costi-benefici.

Bisogna determinare e coordinare, inoltre, in maniera adeguata le implicazioni dell’attività del Procuratore europeo, dopo la fase delle indagini, fornendo di conseguenza alle strutture giudicanti, non solo le risorse necessarie ma anche la giusta mentalità e formazione europea che è richiesta ai giudici e agli operatori del diritto.

La Commissione europea, sulla base dell’articolo 86 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) che rappresenta la base giuridica, sta lavorando al regolamento  sull’organizzazione e le competenze della struttura.

Tutto questo ragionamento deve però tener conto del grande rilievo che ha il tema della protezione dei diritti fondamentali che deve obbligatoriamente accompagnare la creazione di una Procura europea.

Il Trattato di Lisbona nel 2009, oltre ad aver attribuito valore giuridico alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, ha rafforzato il principio democratico e la tutela dei diritti fondamentali, tra i quali il diritto ad un processo equo.

L’ufficio del Procuratore si impianta concettualmente nella prospettiva di una forte integrazione tra i Pesi europei.

Difatti, il programma si sposa con la visione di un modello federale degli Stati Uniti d’Europa, unica struttura capace di permettere a tutti i cittadini UE di vivere insieme conservando le singole diversità e di allontanare le tendenze anti europeiste che minacciano il senso profondo della comune convivenza.

In verità, da una recente indagine avviata dalla Commissione Europea tra numerosi procuratori nazionali che trattano procedimenti su frodi comunitarie, è emerso che il 60% degli intervistati considerino i fattori di transnazionalità come elementi di intralcio all’indagine medesima, evidenziando pertanto una concreta diffidenza verso tutto ciò che oltrepassa i confini nazionali.

Nonostante la riluttanza della maggior parte dei procuratori, sembra invece plausibile che, neanche se tutte le opzioni al giorno d’oggi percorribili fossero sfruttate a trecentosessanta gradi, si otterrebbero concrete risposte al limite intrinseco della divisione dello spazio penale europeo: le rogatorie sono in ogni caso contraddistinte da un formalismo che, per quanto possa essere abbreviato, non potrà essere attenuato più di tanto.

Quindi la concentrazione delle indagini sulle frodi comunitarie nella mani di un organismo investigativo giudiziario europeo unitario che abbia il potere di far circolare speditamente e senza sovrabbondanti impedimenti la prova nello spazio giuridico europeo può, allora, rappresentare un salto di qualità.

È altrettanto vero che, la presenza di regole procedurali comuni adottabili in tutto il territorio della UE si tradurrebbe in una certezza dei diritti della difesa, di modo che, per esempio, un cittadino italiano avrebbe piena contezza delle regole con le quali può essere assoggettato ad indagine in un altro Stato UE, al contrario di quanto avviene sulla scorta del principio del mutuo riconoscimento che si fonda, in pratica, sulla difformità dei sistemi giuridici.

Sarà poi compito della politica consentire l’attuazione di un passo così rilevante verso l’integrazione europea.

Sarebbe considerevole se l’Italia comparisse tra le prime nazioni sostenitrici dell’iniziativa, facendosi portavoce di quel principio di integrazione europea che, se da un lato certamente non deve essere idealizzato come il rimedio di tutti i mali, dall’altro è, verosimilmente, una risposta ineludibile di fronte alle sfide che il mondo contemporaneo pone all’Europa, non soltanto per ciò che concerne a tutela degli interessi finanziari ma più propriamente rappresenta una prova di maturità rispetto alle risposte che ci si aspetta dinanzi a spinte che giungono da ogni dove e che potrebbero vanificare gli sforzi fin qui sostenuti.

 

Tanio Cordella

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