La scuola che verrà
Ad ogni giro di valzer, ogni governo pensa alla scuola. Sarà un bene?
Apprendiamo che anche il presidente incaricato Mario Draghi pone in agenda la scuola.
Ma qual è la scuola che verrà?
Tralasciando il prolungamento dell’anno scolastico e inutili corsi di recupero, proviamo per grandi linee a tracciare nuovi scenari.
Bisogna investire in termine di strutture e risorse professionali per far sì che la formazione possa essere volano di crescita economica.
Bisogna puntare su formazione e crescita green, per costruire ricchezza, costituita da energia, innovazione e scuola.
Bisogna arricchire il patrimonio del passato, rappresentato dalla formazione umanistica, con i contributi delle scienze e della tecnologia per offrire ai giovani reali prospettive di lavoro.
La scuola deve liberarsi del nozionismo e fornire le chiavi per l’interiorizzazione di schemi logico-concettuali mediante i quali integrare i diversi saperi.
Per fare tutto questo è importante avere basi solide del sapere.
Basta con l’eccessiva enfasi delle “competenze”. Si possono avere competenze senza conoscenze? Allora è importante riprendere la strada maestra con un primo ciclo di istruzione che punti sulle conoscenze (leggere, scrivere e far di conto!!!) e un secondo ciclo sulle competenze trasversali e specialistiche a seconda dell’indirizzo di studi seguito.
Obiettivo per creare “ricchezza” e investire nella scuola e invertire il trend negativo del mismatch tra domanda e offerta di lavoro.
Il recente studio di Unioncamere quantifica in 900.000 posti di lavoro fino al 2023 nei settori dei servizi e dell’artigianato, settori che rappresentano il Made in Italy delle nostre piccole e medie imprese.
Solo così potrà finalmente partire la “società della conoscenza”, nella quale il ruolo della conoscenza assume, dal punto di vista economico, sociale e politico, una centralità fondamentale nei processi di vita, e che fonda quindi la propria crescita e competitività sul sapere, la ricerca e l’innovazione
Pio Mirra
Dirigente Scolastico