La semantica della pandemia
A PROPOSITO DI SARS2-COVID: L’IMPORTANZA DELLE PAROLE.
Gli avvenimenti susseguitisi in Italia e nel Mondo negli ultimi 10 mesi ca. hanno radicalmente cambiato gli scenari globali: sociali, politici, economici e strategici.
Negli ultimi mesi, però, specialmente in Italia, abbiamo assistito a un balletto di dichiarazioni, dati, decretazioni d’urgenza e quant’altro, all’insegna di una ‘emergenza’ dichiarata e di una ‘pandemia’ non dichiarata esplicitamente da una OMS ondivaga che sostiene tutto e il contrario di tutto.
Una mole di dati così consistente da far sentire smarriti i più, travolti da tesi e antitesi, ma ormai principalmente da dubbi, per giungere a conclusioni in cui le risposte – balbettanti o omissive da parte degli enti preposti, estremamente vaghe e fumose da parte dell’informazione generalizzata e annacquata – vengono ricercate dai Cittadini in un fai-da-te fatto di passaparola, verifiche sul web, scambio di articoli e interventi riportati sempre in rete: quella rete che, peraltro, ha subito forti limitazioni e censure in nome di scelte ‘politicamente corrette’ che si sono trasformate in scelte scorrette nei confronti della libertà di informazione e di quella di espressione.
I Cittadini, frastornati, si sono trovati a contatto con terminologie – non di rado anglofone ma spesso di natura clinica e sanitaria – e fraseggi utilizzati pubblicamente con finalità complessive di estremo allarme sociale, monito o indirizzo sanitario.
Certamente, la cosa che è sotto gli occhi è che pare esserci una strana concertazione: il tizio indossa una mascherina a Berlino, Caio e Sempronio copiano il gesto il giorno successivo a Roma o Madrid; una tesi o una controtesi definita a Parigi trova eco o smentite ad Amsterdam o New York…
Lo stesso dicasi per allarmi o improvvise recrudescenze, e persino per l’utilizzo di precisi termini: ad esempio ‘contagio’ o ‘focolaio’.
Al riguardo, vocabolario alla mano, vediamone più da vicino i significati reali:
EMERGENZA: (coniugabile con ‘emergente’, che emerge, che succede, che si palesa, che deriva o scaturisce) che nasce inaspettatamente, rif. a caso o accidente impreveduto. Ovviamente l’emergenza ha carattere temporaneo, diversamente si tradurrebbe in secca limitazione o violazione della sfera inalienabile di diritti e libertà.
PREVEDERE: anti vedere, prevenire, prevenire fatti o circostanze.
PREVENIRE: premunirsi attivamente contro danni, disgrazie o altro.
PREMUNIRE/PREMUNIRSI: provvedersi prima adottando idonee tutele.
MALATTIA: qualunque alterazione dello stato di salute, suscettibile di cure.
MALATO: chi o che ha una malattia; chi sia o si sente male.
INFEZIONE: condizione patologica e quindi malattia prodotta da sostanze microbiche, virali, batteriche o fungine, esterne.
INFETTO: che, affetto da infezione e quindi malato, spande esalazioni perniciose ovvero che trasmette in modo attivo contagio, così comunicando una malattia.
INFETTATO: che patisce un’infezione così ammalandosi.
CONTAGIO: trasmissione di una malattia per mezzo del contatto: materia impercettibile (es.: alito, saliva) che serve a comunicare patologicamente la malattia.
FOCOLAIO: centro attivo di infezione.
CASO: malattia particolarmente contagiosa ovvero difficile da curare.
Nella fattispecie qui trattata, quella dell’epidemia da virus in Italia, saltano subito agli occhi almeno quattro situazioni anomale, ossia quelle legate ai termini EMERGENZA, PREVENIRE, CONTAGIO, FOCOLAIO e CASO.
Ma ciò non prima di aver evidenziato e sottolineato che nel corpo umano – intestino, pelle, vie respiratorie e urinarie, vivono stabilmente e senza creare danni ca. 50 mila miliardi di batteri, virus, funghi e lieviti: solo i virus sono alcune miglia di miliardi.
Vediamone sinteticamente, ponendoci degli interrogativi, auspicando che qualcuno possa assisterci con delle rispose plausibili, logiche, scientificamente assistite dalla letteratura medica.
È possibile sostenere di aver dovuto sostenere una situazione di emergenza, quando il doversi riferire a una condizione di emergenza era stato già stabilito per tabulas un mese prima dei primissimi casi in Italia, almeno tre mesi dopo i primi casi in Cina, e cinque dopo le strane ‘influenze’ patite anche da atleti in trasferta in Cina?
In stretta relazione a quanto sopra, perché a livello governativo è stato sostenuto che non esistevano preoccupazioni e che tutto era stato predisposto per prevenire e affrontare ogni situazione, mentre invece nulla era stato fatto a livello di prevenzione, tant’è che le innumerevoli (quanto incerte) vittime, specie tra il personale sanitario, infermieristico e ausiliario (letteralmente, mandato allo sbaraglio) hanno ricevuto terapie inadeguate se non mortali?
Diffondendo e sostenendo l’esistenza di focolai si vuol dire che esistono sacche attive con malati sintomatici, ricoverati, assistiti e curati?
Dando notizia che ci troviamo di fronte a ‘ondate’ riferite ad alta diffusione di contagi, fors’anche in stretta relazione ai citati ‘focolai’, significa che ci troviamo di fronte a nuovi soggetti cui è stato trasmessa (contagio) la malattia, il virus, e quindi anch’essi ricoverati, curati, assistiti?
Ma le parole hanno anche significati più pregnanti se riferite allo specifico ambito medico.
È questo il caso di… caso: un altro termine adoperato con una leggerezza ed una superficialità sconcertante: chi lo adopera vuol trasmettere ai cittadini – così contribuendo a mantenere ovvero determinare uno stato di allarme, timore e paura – il concetto che si sono scoperti (ovvero si sono manifestati: ovviamente, con sintomatologia specifica) nuovi soggetti affetti dal virus, inteso quale malattia conclamata e quindi attiva particolarmente contagiosa ovvero difficile da curare.
Ma è davvero così? Decisamente no!
Perché diversamente, i malati sarebbero ammucchiati gli uni sugli altri, a strati: negli ospedali, sui prati, negli stadi… e non basterebbero tutti i medici e gli infermieri del Mondo neanche per dar loro un’aspirina!
Ma allora, di chi e cosa stiamo parlando?
A prescindere da rari casi reali (malati con sintomi palesi, certi e inequivocabili), si fa riferimento ai soggetti ‘positivi’ al tampone (screening adoperato massicciamente, al pari dell’esame sierologico, ma dalle diverse finalità cliniche, data l’originario scopo per entrambi di raccolta dati a fini epidemiologici), ma non certo malati (chiamateli, se volete, ‘portatori sani’ o soggetti che si sono ‘incontrati’ con il virus, producendo idonea immunità: quindi, si tratta di soggetti non contagiosi).
Ecco allora anche l’usato e abusatissimo (per l’improprietà dell’utilizzo) termine contagio, merita chiarezza dovendosi distinguere tra persona contagiata e persona che ha incontrato il virus.
Il contagiato è persona che presenta i sintomi della malattia: è quindi malato, e oggetto di adeguate terapie in ambiente ospedaliero. gli altri sono sani come pure ‘protetti’.
Mi spiego ancor meglio: ogni giorno, ciascun essere umano entra in contatto con decine di virus diversi quasi sempre innocui o nei confronti dei quali si siano sviluppate autonomamente difese immunologiche, degli anticorpi; quindi, non per questo siamo contagiati.
E le stime ci suggeriscono che oltre 1/3 della popolazione italiana ha ‘incontrato il virus’: ossia almeno 20.000.000 di Italiani ha ‘incontrato il virus’ sviluppando degli anticorpi.
Per questo, secondo il ‘ragionamento’ dei soloni delle costosissime task-forces e quant’altro, devono subire quarantene o altre misure restrittive, anche a carattere prudenziale?
Non credo abbia molto senso, specie sotto il profilo della correttezza clinica.
A meno che – e pongo un quesito retorico, in questa sede – vi sia uno strettissimo nesso tra mantenimento dello stato di paura e di obblighi coercitivi, e interessi inconfessabili (ma sempre più evidenti) delle aziende farmaceutiche verso la fissazione ad ogni costo di nuovi obblighi vaccinali.
E sentir correre frasi come il virus continua a circolare’ il virus non è ancora stato sconfitto, eliminato, debellato rappresenta un’offesa all’intelligenza delle persone, alla Scienza medica, agli stessi morti per (causa solo apparente) un virus che è già mutato più di 300 volte: a meno che non sia stato già scoperto un rimedio contro il banalissimo, semplicissimo, virus del raffreddore!
Quindi, i Cittadini si trovano davanti all’utilizzo di una terminologia menzognera, atta a generare paura e disinformazione, posta in essere da soggetti incompetenti o da una rete di soggetti tra loro connessi da interessi e complicità.
L’establishment ufficiale e quello filogovernativo – che non si danno pensiero di ascoltare e/o verificare con rigore scientifico le argomentazioni di segno opposto alle loro e nettamente in contrasto alle loro azioni, così omettendo di operare in base al principio di prudenza e cautela – etichettano tutto ciò che li critica con il termine fake-news (notizie spazzatura) giungendo persino a definire negazionisti quegli studiosi e quegli scienziati che osano confutare parole e azioni ritenute persino dannose per le persone.
Assurdità lessicale, anche in questo caso, attraverso l’utilizzo di un termine dalle caratteristiche ben definite, con il fine di creare un vero e proprio sfregio verso chi ha semplicemente dato luogo al proprio diritto di espressione e di critica sostenendolo con concreti dati scientifici, sociali e sanitari.
Ma tant’è, poiché simile comportamento – peraltro, tipico di ideologie e di regimi assolutistici e dittatoriali che, a corto di motivazioni, amano criminalizzare chi a loro si opponga o chi semplicemente critiche il loro agire – è quello che gli Italiani devono oggi affrontare.
Giuseppe Bellantonio
per BetaPress
Coronavirus, italiano addio, etica addio, riprendiamoci il paese, Avanti Savoia!