Loro 1, ovvero Lui e Loro, ma che colpa abbiamo Noi?

E’ appena uscito nelle sale la prima parte dell’ultima fatica di Paolo Sorrentino, Loro 1, dedicato a Berlusconi ed al sistema di potere e di valori che tramite lui è cresciuto nella società italiana, eutrofizzando il sistema precedente.

Sarà seguito da Loro 2, nelle sale a partire dal 10 maggio. Tra il cast Toni Servillo, già interprete di Giulio Andreotti nel film il divo, Fabrizio Bentivoglio, interprete di un ministro appassionato di poesia non ancora identificabile, Riccardo Scamarcio, che interpreta un imprenditore barese, Elena Sofia Ricci nella parte di Veronica Lario e Kashia Smutniak nella parte della escort prediletta del Cavaliere.

Molti critici hanno già espresso una certa delusione per la prima parte, che si riferisce al periodo del 2006 dopo la sconfitta alle elezioni, anche se prima di dare un giudizio compiuto sul film occorre necessariamente vedere anche la seconda, dedicata, invece al periodo successivo.

Loro 1 è dedicato per la prima ora, dei 105 minuti di durata, al meccanismo di fioritura e di sviluppo del sottobosco di cortigiani o aspiranti tali, che anela ad attecchire alla corte di Berlusconi e dei potenti e da qui ad innervare i luoghi di circolazione del denaro pubblico e degli affari.

Il meccanismo preferenziale di selezione della classe cortigiana, sembra essere, secondo il regista, quello di accreditarsi come miglior fornitore di ragazze disponibili, di quelle “figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo, la notorietà e la crescita economica”, come battezzate pubblicamente dalla ex moglie Veronica Lario all’indomani delle cronache sulla partecipazione di Silvio alla festa dei 18 anni di Letizia Noemi.

L’obiettivo del cortigiano è sfacciato: cambiare il corso di una vita destinata all’insignificanza economica  entrando nei favori di Silvio o del potente di turno (nel film ne viene ritratto uno che si fa chiamare addirittura “Dio” ma la cui identità non è svelata) per ricevere in cambio “utilità” ed “influenze” da spendere nei fenomeni di affarismo senza scrupolo, di prevaricazione negli appalti, di sfruttamento del denaro pubblico per fini di arricchimento personale, nel totale disprezzo della legalità, dell’interesse comune e delle forze sane della società.

Le scene di sesso di questa prima ora del film sono esplicite e ridondanti, spesso meccaniche e compulsive e assumono, in realtà, la forma di un metalinguaggio cinematografico che comunica il drammatico deserto esistenziale dei protagonisti, la loro nullità umana, il cedimento morale di una intera classe dirigente e di una parte della società che si adegua senza alcuna resistenza alle nuove scorciatoie per il successo.

Emblematico e patetico appare in questo senso il comportamento di Tamara Morra, moglie di Sergio Morra, l’imprenditore tarantino che nel film ricorda Giampaolo Tarantini, che prova a resistere alle avances di Santino Recchia, un politico molto vicino a Berlusconi (nella seconda parte scopriremo forse chi è, in questa non è chiaro) gridando che non ha mai tradito suo marito.

Se è vero che il cinema è come uno specchio in cui scorrono riflessi aspetti della nostra vita che scatenano   un immediato confronto con noi stessi la domanda che esplode prepotente è se sia fiction o realtà, se quello che vediamo sullo schermo è la rappresentazione del brodo di coltura del decadimento ormai irreversibile della società italiana oppure se sia frutto della fantasia esagerata di un regista che ci ha abituato a sorprese di ogni genere.

Purtroppo quasi subito le sinapsi si attivano ed uniscono i puntini delle tante offese all’intelligenza propinate all’opinione pubblica e stratificate nella memoria singola e collettiva (da Ruby rubacuori alle Olgettine, dalle risate sui morti del terremoto dell’Aquila alle corruzioni dei giudici, ecc.) a copertura di nefandezze di ogni tipo ed arrivano alla conclusione che la finzione non supera la realtà, anzi forse la approssima per difetto, che d più di ventanni, la politica ed una parte della società italiana funzionano proprio così.

Dipenderà dalla crisi delle ideologie, dal pensiero debole e postmoderno, dal relativismo etico e chissà da quanto altro ancora, però vederti sbattere in faccia con immagini così forti che procurare una bella escort ad un potente è un titolo di merito che vale più di una specializzazione alla Normale di Pisa fa l’effetto di un pugno nello stomaco. Senza contare che le escort più talentuose poi magari diventano deputati e senatori della repubblica.

Il film in alcuni momenti sembra una guida preziosa nella rappresentazione dei segreti alla base della chiave del successo di Berlusconi ed offre spunti quasi pedagogici. Due scene, tra le tante, meritano di essere citate.

La prima, dirompente e visionaria, è quella con cui si apre il film: una pecora entra nella sua villa in Sardegna ed ammira ammaliata la televisione dove è in corso un telequiz presumibilmente presentato da Mike Bongiorno, mentre un condizionatore le rivolge ripetutamente, ma in modo intermittente, un getto di aria fredda che alla fine la fa stramazzare morta sul pavimento. La pecora rappresenta, forse, il popolo, la gente comune, che, dopo ventanni di lavaggio del cervello e manipolazione condotta sapientemente dalle televisioni commerciali, ha perso la capacità di pensare criticamente e di discernere il bene dal male, il vero dal falso.

La seconda scena è invece più sfacciata e riguarda Silvio che pesta una cacca sul prato ma convince il nipote di aver pestato una zolla, inventando una motivazione plausibile ma falsa e spiegandogli poi che la gente è disposta a credere qualsiasi verità, anche se contraria all’evidenza dei fatti ed a subire qualsiasi condizionamento.

Mentre lo spettatore naufraga in queste agnizioni, purtroppo già presenti nella sua mente anche se velate da uno stato di assuefazione, il film cambia registro ed imbocca quello della commedia, grazie all’apparizione di Lui, contrapposto a Loro. Sorrentino stesso ha dichiarato che gli interessava fare un film sull’uomo e non sulla politica, di mostrare il Berlusconi romantico nella storia di amore con Veronica.

La seconda parte del film insiste sulla crisi coniugale tra Silvio e Veronica e sui suoi stanchi tentativi di recuperare il loro rapporto, ormai al capolinea. Il tutto rappresentato con continue interpunzioni in chiave comica, quasi a sottolineare che il ruolo romantico ed impregnato di sentimento non è nelle corde del protagonista e si capisce anche dalla noia che avvolge le sue giornate nella villa in Sardegna, come se la vita vera fosse altrove, ad es. sul motoscafo, pieno di ragazze discinte e sculettanti che ballano al ritmo della musica (come normalmente avviene nei programmi televisivi da ventanni nelle fasce orarie destinate alle famiglie) che ormeggia a fianco dello yacht dove Silvio e Veronica conversano in modo annoiato.

Altre scene esilaranti sono quelle in cui Silvio si traveste da odalisca nel tentativo di far divertire una annoiata Veronica o quella in cui rievoca i tempi del loro corteggiamento su una giostra con tanto di apparizione  all’improvviso di Fabio Concato sul prato che canta la loro canzone mentre Apicella si dispera per essere stato soppiantato.

In sintesi, Loro 1 pone le basi per una rappresentazione dei diversi aspetti del berlusconismo (l’uomo, la vita politica, il suo sistema valoriale, la deriva morale ed etica della società che gira intorno) che ancora non si capisce dove andrà a parare e che sarà presumibilmente riannodata in Loro 2 per dare il senso ultimo del film. Temo rimarrà non trattato  l’interrogativo sul Noi nel titolo della recensione e forse sarà uno dei dilemmi che il film ci lascerà irrisolto, magari materia per una futura terza parte.

 

Stefano Delibra Critico Cinematografico di Betapress

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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