NO COVER BAND: RAD1! INTERVISTA CON CESARE “RAD” ZANOTTI.

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 Sono grato di aver potuto porre alcune domande a Cesare “Rad” Zanotti, una persona speciale, una persona vera, autentica!

Un grandissimo professionista ed un artista completo.

Ho avuto modo di vederlo in palco molte volte con i mitici RAD1 di cui è il leader storico ed è stata sempre un’esperienza travolgente… provare per credere!

Ho voluto pubblicare l’intervista per intero, senza alcun taglio perché, fidatevi, non c’è nulla fuori posto nelle considerazioni fatte da Cesare!

Stimo l’artista e stimo l’uomo e forse anche il lettore si appassionerà leggendo la sua… passione! Rock’n’Roll!

PERTH: Ciao Cesare, i nostri lettori sono amanti della Musica, come sono solito dire, con la “M” maiuscola. La domanda che si fanno in molti è: che fine farà nei prossimi anni? E non mi riferisco al tremendo periodo che stiamo vivendo ma anche ai Talent che imperversano nei media o ai Festival, Sanremo in primis.

CESARE: Ciao a te e a tutti i lettori! La domanda che mi fai è la spada di Damocle di qualsiasi musicista/cantante/appassionato di musica. Ci penso ogni giorno e ci vorrebbe un tomo della Treccani (vedi come sono “Old School”?) per esprimere il mio pensiero. Detto questo provo a riassumerlo in pochi concetti. Odio i Talent in generale, non come trovate televisive, in quel senso funzionano alla grande, li odio per come trattano la musica ed i cantanti in generale. Quando sei giovane e non vedi l’ora di diventare “ricco e famoso” firmeresti di tutto per raggiungere il tuo obiettivo ed i Talent si cibano di questa forma malata di arrivismo. I Contratti si firmano un po’ alla cieca prima ancora di sapere se andrai in onda e di fatto sono pagine di paragrafi che fondamentalmente si riassumono in “Nei prossimi X anni se piaccio al pubblico potete fare di me quello che volete”. Diciamo che Amici, Xfactor, The Voice e compagnia bella sono diventati la versione moderna del “patto col diavolo” che Robert Johnson firmò per diventare una leggenda del fingerstyle. L’unica differenza sta nel fatto che mentre R.J. vendette la sua anima per diventare BRAVO ora ci si vende per diventare FAMOSI. E’ molto diverso. Una volta bisognava necessariamente essere BRAVI per diventare famosi oggi invece… beh… è lì da vedere. Tuttavia non credo che né i Talent né Sanremo siano la causa del cambiamento epocale che sta subendo il modo di fare musica. Per esempio: nonostante Sanremo esista da prima dei PINK FLOYD, i PINK FLOYD hanno potuto fare dischi e ancora oggi ascoltiamo in tutto il mondo capolavori tipo “Dark Side of the Moon”, non credi? Il problema vero è un altro e si chiama internet, ovvero il consumo veloce e sconclusionato di musica mista ad immagini, la sensazione di avere tutto a disposizione con un click, la possibilità di skippare traccia dopo pochi secondi, la coscienza che la musica non abbia valore… E qui devo chiedere scusa. Devo scusarmi con un musicista che ho odiato tantissimo (fu facile, lo odiavano tutti!) che risponde al nome di Lars Urlich (batterista dei METALLICA; n.d.a.). Per quanto ancora oggi non brilli né di simpatia né di “altro” beh… sulla questione NAPSTER aveva ragione. L’avvento del peer to peer fu davvero l’inizio della fine. La cosa peggiore fu l’estinzione dei “negozietti” di vinili (Musicassette, CD etc…) e con essa la scomparsa dell’amico al bancone verso il quale si nutriva rispetto e fiducia, l’uomo che ti consigliava le uscite migliori. Si è estinto il rito del: “risparmio, lo compro, me lo porto a casa e lo ascolto”. Il fatto è che doveva andare così. Non c’erano alternative. Di fatto da allora è cambiato tutto.

PERTH: Come e quando è nata in te la passione per la Musica? Ci racconti brevemente la tua storia?

CESARE: Parto col dire che sono l’unico della famiglia con questa passione. I miei genitori non erano musicisti anzi, la loro musica preferita era una canzone che continuavano a cantare a squarciagola e faceva più o meno così: “PIANTALAAAAAAA!!!! ABBASSA QUELL’AMPLIFICATOREEEEEE!!!!” ma quando la scintilla c’è non ci sono ostacoli che tengano, solo il gusto di buttarli giù. Trovo però corretto dire che nel tempo si sono assolutamente redenti e sono diventati miei sostenitori. Avevo sette anni quando mio Zio Cesare (si chiamava come me) mi chiese: “Per il compleanno vuoi una chitarra o un violino?”, ancora prima di dire “chitarra” avevo la mano destra alzata col simbolo delle corna. :-D. Mi iscrissero subito alla scuola di musica di Pavia (Conservatorio “Franco Vittadini”) e il resto è storia. Studiavo musica classica ed ascoltavo i BLACK SABBATH. Non male per un bimbo che frequentava le scuole elementari e per giunta dalle Suore Salesiane. Se ci ripenso mi viene da ridere. Quando ero ragazzo avevo degli amici speciali. Tutti ottimi musicisti e tutti più bravi di me. Nel mio oratorio ce n’erano tantissimi, ma mica bau bau micio micio, gente a mio avviso superdotata fra cui ad esempio colui che diventò poi Jantoman, il tastierista di ELIO E LE STORIE TESE, giusto per citarne uno, ma potrei nominarne almeno venti, tutti mostruosi. E’ stata una benedizione dal cielo, mi bastava sentire loro per migliorare, figuriamoci quando poi ho avuto il privilegio di suonare insieme a loro. In seguito da adolescente fui “obbligato” a cantare in una delle mie prime band, cominciai allora a studiare come un pazzo la voce perché, detto inter nos, ero veramente una pippa. Non ero convinto di fare il cantante fino a quando vidi il tour di Operation: Mindcrime dei QUEENSRYCHE, uscii da quel concerto totalmente cambiato. Avevo ben chiaro che DOVEVO fare quella roba lì. Quando conobbi Geoff Tate (voce dei QUEENSRYCHE) dopo diversi anni glielo dissi: “Io faccio il cantante per causa tua!” e lui: “Che responsabilità! Spero che ti vada bene!” ed io: “Certo non sono il cantante dei QUEENSRYCHE ma non mi lamento!” e scoppiammo in una sonora risata. Comunque il percorso che consiglio anche ai giovani è sempre il solito: scuole, ricerca di insegnanti validi, esperienze formanti e tanta tanta sala prove. Nel mio percorso ho cambiato diverse scuole fino al giorno in cui incontrai Gloria Rusch, corista di STEVIE WONDER, la persona che mi ha ribaltato come un calzino, una vocal coach incredibile, quella che curò tutte le voci dei Mr.BIG nel capolavoro “Lean to it”. Mi prese in simpatia e mi fece capire quando la voce abbia un lato artistico e uno tecnico\fisico senza il quale potresti essere il più grande artista del mondo ma fallire miseramente nell’impresa di essere “cantante”.

PERTH: Il DNA dei RAD1, la Band che guidi da molti anni, si è affermato realizzando brani rivisitati di altri artisti, ci vuoi dire cosa significa NO COVER BAND?

CESARE: Quella definizione ci fu incollata addosso dal gestore di un noto superclub live italiano. Abbiamo sempre cercato (col massimo rispetto) di rendere più “nostre” le canzoni che suonavamo live. Si chiama EGOISMO oppure SUPERBIA, scegli tu (ride). Di fatto venivo da cinque anni di tour ininterrotto coi MISTER X, unica mia esperienza di “cover band” coi quali feci diverse centinaia di concerti. Mi trovavo in un punto di non ritorno per cui il mio “lavoro” era quello di intrattenitore live sebbene io avessi avuto sempre il bisogno di scrivere brani originali. Ho lasciato quella band per inseguire quel sogno: “sopravvivere” di inediti. Si, sopravvivere, non ero desideroso di fama, mi sarebbe bastato placare la fame. :-D. I RAD1 nascono da un progetto di inediti che avevo composto io e che dovevano essere proposti live all’interno di uno spettacolo di cover “sui generis”. Spesso però le cose non vanno come dovrebbero. Non è colpa di nessuno (si, sto mentendo in favore del politically correct) e con un contratto in mano, davvero in mano, ce l’ho ancora… abbiamo gettato alle ortiche il progetto di inediti per continuare nel remaking che però dopo anni è diventato di gran moda. Siamo stati a nostro modo dei precursori… un premio di consolazione. Comunque poco male. Alcuni di quei brani che avevo scritto sono usciti per altri artisti e forse hanno venduto più di quanto potevano vendere con noi… altro premio di consolazione. 😀

PERTH: C’è una “Cover” che non faresti mai neanche ri-arrangiata in chiave RAD1?

CESARE: No. Non credo. Anzi: potremmo lanciare una sfida! Diteci quale secondo voi è il brano più brutto del mondo che lo riarrangiamo e lo facciamo diventare fighissimo! 😀 La musica è un gioco, se non si gioca che musica è?

PERTH: Le tracce del vostro album Chiavichesuonano mi accompagnano da anni soprattutto in auto. E’ un disco che rappresenta a pieno i RAD1?

CESARE: INNANZITUTTO GRAZIE! Mi fa piacere!!! Quel disco Rappresenta i RAD1 del 2001 e con questo non voglio non riconoscerne l’indubbio valore personale e della band, so come è nato e cosa c’è dietro ma io sono essenzialmente un tipo crossover. La musica mi piace TUTTA e non smetto mai di evolvermi quindi chissà cosa succederà domani! Potrei lanciarmi in un progetto progressive-liscio, chi lo sa? In Chiavichesuonano c’erano Rock, Pop, Jazz, Canto a cappella, Heavy… quindi potrebbe succedere tutto.

PERTH: Credo che la passione per la musica porti alla fine ad esprimere delle composizioni originali… hai in parte risposto ma puoi specificare meglio?

CESARE: Il sogno è quello di arrivare agli inediti coi RAD1. Sarebbe facile buttare fuori roba a caso, avremmo già una discografia enorme sulle spalle ma sarebbe spazzatura come la maggior parte della musica inedita degli ultimi anni. Io non so se mai ce la faremo, ma se lo faremo sarà speciale. Almeno per noi. È una promessa… anzi, un giuramento!

PERTH: Credo che un artista debba portare i giovani (e non solo) ad amare l’arte e tu lo fai dal palco ed anche con la RAD1 Music Factory, ce ne parli?

CESARE: : La Factory era nella mia testa già dal 2001. Credo che siano proprio i musicisti con un certo tipo di esperienza e di trasporto emotivo che dovrebbero aprirsi alle nuove leve e raccontare il proprio mestiere con la mano tesa. Purtroppo le realtà che io ho “subito” da allievo (Gloria Rusch esclusa) sono state di musicisti frustrati che non avevano voglia di raccontare la musica agli allievi. Provavano noia nell’insegnare ai meno dotati e “paura” nell’insegnare a quelli che avrebbero potuto diventare loro concorrenti. Ovviamente io appartenevo alla prima categoria. La mia insegnante di chitarra non mi sopportava… cercava di insegnarmi “Asturias” dedicandomi si e no un quarto d’ora in luogo dell’ora che avremmo dovuto fare e si arrabbiava perché nei minuti in cui lei si dedicava ad altro io strimpellavo “Paranoid” (dei BLACK SABBATH). Ecco: quella roba lì non è insegnare. Invece ricordo con gioia e stima il Maestro Gatta che mi ha fatto amare la teoria e i dettati. Ho iniziato a studiare musica prima di imparare le frazioni a scuola, immaginate anche solo la difficoltà di capire cosa mai volesse dire quattro quarti? Notate con che classe ho nominato il Maestro bravo e non ho fatto il nome della Maestra Vangelista… (OPS!). Comunque la Factory è una realtà bellissima, siamo a Pavia, Monza, Piacenza, Casteggio, Cava Manara e forse presto conquisteremo la terza regione che forse i tuoi lettori conoscono bene… Abbiamo Sale Prova e Studi di Registrazione a disposizione degli allievi e insegnanti davvero preparati con un sacco di passione. Si chiama RAD1 Music Factory ma ovviamente non ci insegnano solo i RAD1. Voglio ricordare il mio socio storico senza il quale sarei durato un mese, uno dei miei allievi più validi ed un insegnante impeccabile: Mauro Maggi e l’altra mia socia senza la quale Mauro sarebbe impazzito, la bravissima batterista Verdiana Gariboldi. Non nomino tutto il corpo docente per questioni di spazio ma sono egualmente eccezionali.

PERTH: C’è un’evidente storia della Musica che va onorata ed il Rock è il giusto leitmotiv delle vostre performances live. Come riuscite ad attrarre i ragazzi, abituati alla “superficie” dei vari Mahamod, Lazza, Nitro?

CESARE: Semplice. Li prendiamo a calci nel culo! Ehm… no, forse è un termine un po’ forte se tradotto letteralmente ma gli americani dicono così: “Kick Ass”. In realtà, battute a parte, siamo felici di fare quello che facciamo e forse la gente lo sente, lo vede e lo vive. Nei nostri concerti non mancano mai l’ironia e il sorriso, non ci prendiamo troppo sul serio ma facciamo le cose seriamente. Ecco: diciamo che facciamo seriamente gli scemi che fanno i seri… Ehm.. Boh… No, non lo so. Mi arrendo. Bandiera Bianca. BATTIATO (R.I.P.; n.d.a.)…Cover… Ecco le nostre idee nascono più o meno così. Siamo pazzi. 😀

PERTH: So che sei molto amico di Nillo (il tastierista dei RAD1) e si nota un’unità veramente straordinaria tra voi nei live. Negli anni si sono succeduti diversi artisti al tuo fianco… che rapporto hai oggi con gli altri membri della Band?

CESARE: Dipende. Siamo esseri umani, con i nostri pregi e i nostri difetti. Con qualcuno sono rimasto davvero in rapporti di fratellanza nonostante alcune visioni differenti, con altri meno. Io sono di natura come il “Mio Cuggino” di ELIO E LE STORIE TESE, ovvero “amico di tutti” ma non è che posso convincere a sberloni chi non vuole esserlo con me, sarebbe una contraddizione troppo evidente. Gli “ex” sono sempre ben ritrovati o “mai persi” a livello di amicizia da parte mia. Dai RAD1 nessuno, dico NESSUNO è stato mai mandato via, (tranne un unico caso di cui ovviamente non parlerò) e a chi se ne è andato di sua iniziativa dedico il brano di VASCO: “Eh… Già”. 🙂

PERTH: So che tuo figlio è un vero rocker. Cosa vorresti ricordasse di te quando sarà grande?

CESARE: Beh… Claudio per me è tutto. Darei qualsiasi cosa, farei qualsiasi sacrificio, come ogni padre credo… quando ha compiuto un anno sono caduto nel trabocchetto in cui sono caduti tutti i musicisti e come gli altri ho scritto un brano che però non ho mai pubblicato perché a differenza di qualcuno il mio obiettivo non è “vendere” le mie emozioni. Mi piace condividere i sorrisi, l’amore, le risate, l’energia… ma non venderli. L’ho scritto per Claudio e lo hanno sentito solo la sua mamma e pochissimi parenti che mi hanno implorato di pubblicarlo ma non l’ho mai fatto. In quel brano una frase dice: “Sarò l’uomo del tuo angolo solo se tu me lo chiedi…” ecco, vorrei essere questo per lui. Vorrei fosse libero di inseguire i suoi sogni e vorrei che percepisse la mia presenza quando ne avrà bisogno indipendentemente se io condivida o meno le sue passioni, fossero l’Heavy Metal o la Danza Classica.

PERTH: Hai suonato con Frate Cesare (Bonizzi) in arte FRATELLO METALLO: un mito! Ci racconti questa esperienza e qualche aneddoto?

CESARE: Amo quell’uomo. Ha un coraggio disumano. Per questo ho accettato di salire sul palco al suo fianco… Cioè suonare al Gods of Metal prima dei JUDAS col Frate che growla “Sexus, sexus, sexus! MASTURBATOR INSANAE!!!” non ha prezzo. Ha lo stesso valore di una Crociata in Terra Santa alla ricerca del Santo Graal! :-D. E non è che io sia un cattolico modello… ma mi piacciono le cose pure e vere, per me l’essenza di Dio è quella, non certo la messa domenicale e i sacerdoti in alta uniforme. Quando la cronista dell’ANSA gli chiese durante un’intervista perché facesse Heavy Metal lui rispose: “Ma scusi… la scena di Gesù Cristo in croce, con mani e piedi trapassati dai chiodi, flagellato, con la corona di spine e il costato trafitto da una lancia… lei cosa ci sente sotto? I Canti gregoriani? Io ci sento l’Heavy Metal!” E niente il fratone lì ha vinto tutto e Rob Halford (leader dei JUDAS PRIEST; n.d.a.) …MUTO! :-D. A parte gli scherzi: lo adoro davvero. Ho fatto anche un disco di musica cristiana “tradizionale” con lui. L’ho cantato io e i cori li hanno fatti i miei allievi della Factory. L’ho fatto davvero volentieri.

PERTH: Ci racconti (liberamente!) cosa vuol dire per te essere vocal coach di Fedez?

CESARE: Un vocal coach ha un compito: permettere all’artista di raggiungere i suoi obiettivi e di farlo in tranquillità e in salute, un po’ come un allenatore sportivo, non importa di quale sport si tratti. A parte le battute devo dire che Fedez è stato l’unico artista famoso che ha voluto dire ai fans: “Ho dei limiti e studio” e non solo, ha voluto che io partecipassi al suo film/reality ed ha fatto riprendere le lezioni in cui… ehm… non è che fosse proprio un cardellino diciamo. Non hai idea di quanti accordi di riservatezza ho firmato nella mia carriera di vocal coach perché “quelli famosi” non vogliono far sapere che studiano canto o vanno da un coach. In questo Federico ha davvero fatto molto per la nostra categoria almeno fino a quando non ha dedicato il suo tempo anche ad altro rispetto alla sua musica. Ho sempre sperato che potesse un giorno fare un disco “punk rock” visto che è grande fan di BLINK, GREEN DAY etc… ma mi sa che ormai… Peccato! Avrei portato un suo CD in macchina con me per la prima volta! 🙂

PERTH: Un’ultima domanda: Cesare… il Rock è morto?

CESARE: Sincero? NO. Il Rock non è morto ma ti dirò di più: esisteva prima che la corrente elettrica desse volume alle chitarre. BEETHOVEN non era forse Rock? La musica è da sempre un pugno nello stomaco, una bordata di emozioni e per me il rock è quella roba lì… Non è il Rock ad essere morto ma le nuove generazioni non sanno più cosa voglia dire sudare per ottenere qualcosa. Tramite i Social Network sono tutti convinti di essere quello che credono fino a che non ci sbattono il muso. Sono pornostar in amore, atleti pazzeschi nello sport, grandi opinionisti su qualsiasi argomento, esperti in qualsiasi cosa e grandi pop star nel campo della musica… Poi c’è la vita reale che prima o poi capita a tutti. E si pigliano le mazzate… Booom!  Così dal nulla non saranno più quelle grandi cose che credevano di essere e si accorgeranno che il loro pisellino sembrava un menhir solo ai loro occhi. Cosa devo dirti? Io sono un cinquantenne con quasi quattromila concerti nello zaino e mi fa male vedere come viene trattata la musica e come i giovani si trattino male. Speriamo in una rinascita delle menti, in una ripresa delle emozioni vere. Quando succederà il Rock sarà lì ad aspettarli pronto a prenderli a calci nel culo (nel senso inglese e positivo del termine). Forse non si farà più nello stesso modo, forse cambieranno gli strumenti… ma il Rock sarà sempre Rock. Con qualsiasi mezzo venga fatto… il Rock vivrà sempre, ne sono certo. Anche Pete Townsend (chitarrista degli WHO; n.d.a.) diceva che il Rock’n’Roll era trasportare enormi amplificatori in giro per il paese, già con l’avvento dei Kemper e degli ampli digitali il Rock aveva cambiato forma e definizione… chissà cosa sarà domani… Ciao a tutti e grazie per essere arrivati fino a qui. Vi mando un grosso abbraccio!

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