PAOLO BATTAGLIA LA TERRA BORGESE, FILEMONE E BAUCI, REMBRANDT E IL TOSSICODIPENDENTE SIGMUND FREUD

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Filemone e Bauci sono i protagonisti di un episodio della mitologia classica tramandato nell’ottavo libro delle Metamorfosi di Ovidio. Il mito di cui i due personaggi sono protagonisti è uno di quegli avvenimenti che venivano raccontati per provare che la virtù dell’ospitalità era ricompensata. (F. S. Villarosa, Dizionario mitologico-storico-poetico, vol. I, Napoli, Tipografia Nicola Vanspandoch e C., 1841, p. 57).

Ma di questo mito è soprattutto l’amore tra un uomo e una donna che in maniera straordinaria mi emoziona – afferma PAOLO BATTAGLIA LA TERRA BORGESE -, ed il loro desiderio di spegnersi nello stesso istante.

 

FILEMONE E BAUCI, compendiato da Vincenzo Giambanco

 

«Filemone e Bauci erano due anziani contadini che vivevano in Frigia, quella Regione in cui, scriveva la Yourcenar, si confondono i limiti tra Grecia ed Oriente. La loro era una vita serena, di chi si contenta di quel che ha e sa godere dello spettacolo della natura, diversamente dai conterranei, noti per avidità, tanto da suscitare la preoccupazione degli Dei dell’Olimpo.

Un bel giorno gli Dei si riunirono proprio per valutare il comportamento dei Frigi e decisero che era necessaria una verifica. Zeus ed Hermes ne furono incaricati. Assunte sembianze umane i due Dei si recarono in Frigia e chiesero ripetutamente, come viandanti o migranti, un asilo che fu sempre rifiutato. Scorsero però, nell’allontanarsi, il fumo del comignolo della povera casa di due anziani, che accudivano ad alcuni animali e all’orto.

Accostatisi, furono accolti con grazia e semplicità. Filemone chiamò Bauci che, non contenta di aver apparecchiato un rustico pranzo, si offrì di preparare il giaciglio per i viandanti. Mangiarono di gusto pane, olive e formaggio, innaffiandoli con un vino sincero prelevato da un orcio. Sorpresa però: quanto più vino veniva attinto tanto più ne riappariva nell’orcio. I due anziani, incuriositi, chiesero allora ai viandanti di svelare la loro vera natura e furono accontentati. Gli Dei li invitarono a salire con loro sul colle più alto e da lì osservarono la pioggia torrenziale che dilagando per le valli sommerse cose e persone. Al castigo divino andava ad affiancarsi il premio per gli unici sopravvissuti al diluvio: chiedessero quanto desideravano e sarebbe stato accordato. Dopo breve consultazione i due così dissero: questo luogo è ormai sacro e certo templi vi sorgeranno; quello che desideriamo è di poterli custodire ed offrire al culto e, quando il momento verrà, di morire insieme.

Così vissero dunque Filemone e Bauci i loro ultimi anni, nella pace dei luoghi e dell’anima, finché un giorno si accorsero a vicenda che fronde spuntavano sulle loro braccia e radici alle gambe.

Uno sguardo di intesa corse tra loro e, abbracciatisi, si trasformarono in quercia e tiglio.»

 

Il tiglio è l’Albero che più amo – confessa il critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese, le sue foglie a forma di cuore, quel cuore icona d’amore, donano un’ombra di benessere nelle giornate roventi. Il tiglio è femmina come Bauci, regala sagome di straordinaria bellezza, di forma piramidale o tonda si alza fino a 25/30 metri; e il legno degli alberi di Tiglio, chiaro, tenero e poco resistente (dolce), è usato per fabbricare matite, fiammiferi e altri oggetti di breve durata che io adoro da quando ero bambino. Ma il Tiglio ha ambito di utilizzo anche nei lavori d’intarsio e intaglio di mobili e complementi d’arredo, e nella realizzazione di strumenti musicali di qualità, come arpe e liuteria. La mia scrivania, ad esempio, ha intarsi in Tiglio che incantano, seni di donna in altorilievo che fanno sognare e figure antropomorfe di chiara predisposizione mitologica.

Senza intenzione di intingerne il mito, anche il tossicodipendente scienziato dell’inconscio Sigmund Freud, il padre della psicanalisi, amava il Tiglio, anche lui, anche durante il periodo della sua tossicodipendenza. 

Howard Markel, professore di Storia della medicina alla University of Michigan, è convinto addirittura che la cocaina finì con lo svolgere un ruolo molto più importante di quanto riconosciuto nella nascita della psicanalisi. Ma questa, è solo una curiosità di sapere, non a fine di pettegolezzo ma per amore del conoscere, come stimolo intellettuale.

 

Epperò a noi tocca parlare di arte.

 

E il quadro più interessante, sul mito in questione, è senza dubbio Filemone e Bauci visitati da Giove e Mercurio, eseguito da Rembrandt Harmenszoon van Rijn, noto come Rembrandt, nel 1659; quest’olio su tavola (cm 54,5 x 68,5) è conservato nella National Gallery of Art di Washington.

 

È uno dei dipinti più rappresentativi dell’arte olandese, ricco di splendore estetico e profondità di sentimenti. Si tratta di un magistrale esempio delle ricerche illuministiche portate avanti dall’Artista, del nuovo illuminismo di estrazione caravaggesca: sono infatti mutuati una profonda attenzione agli effetti della luce e ai chiaroscuri, da cui emergono suggestivamente forme e figure.

 

In questa magistrale opera che è Filemone e Bauci visitati da Giove e Mercurio Rembrandt accentua del mito l’aspetto emozionale, mirando al raggiungimento del massimo effetto indaga con sguardo penetrante gli angoli più nascosti dell’animo umano. Il tema è qui ambientato in un’atmosfera di concentrata e raccolta intimità: la calda luce, provenendo dai lati a illuminare la zona centrale della scena, fa emergere morbidamente le figure dall’ombra e investe il dipinto di intensa religiosità.

 

Le figure di Filemone e Bauci, hanno espressioni diverse, che ritraggono vivamente lo stupore, un senso di soggezione e forse anche di impressionabilità espressi anche dalla postura.

 

Il volto di Giove trasmette intelligenza e forte calma di carattere; è chiaramente colui che ha la responsabilità della missione.

 

L’espressione ed i lineamenti di Mercurio traducono mitezza e bontà.

 

Le mani di Filemone che si appoggiano sulle spalle di Bauci suggeriscono – conclude Battaglia La Terra Borgese – sia una grande tenerezza sia la durezza dell’età avanzata.

 

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