SCOTT STAPP: The Space Between the Shadows
Non credo si possa coscientemente dire che oggi il Rock sia ancora del tutto vivo e vegeto, soprattutto quello degli anni ’90 legato a sonorità in netto contrasto con quelle del decennio precedente ma con una potenza di suono ed una lucidità di idee che ha portato band come BLACK STONE CHERRY (vedasi Betapress Music novembre 2018), NICKELBACK, ALTER BRIDGE e CREED a rivoluzionare la scena musicale alternative.
E non credo sia nemmeno possibile, facendo un breve tour tra le emittenti radiofoniche nazionali e locali, comprendere a fondo il motivo che spinge gli ascoltatori ad impantanarsi con (sedicenti) artisti che sono tra le cose più lontane dall’arte musicale.
L’Auto-Tune (Software per manipolazione audio che permette di correggere l’intonazione o mascherare errori ed imperfezioni della voce; n.d.a.) imperversa sovrano e la discografia non è in grado di proporre artisti giovani e creativi che possano “tenere viva la fiammella” del Blues, del Rock e del Pop, ma non voglio dilungarmi troppo in questioni oramai note.
Scott Stapp, ex leader dei CREED, è un esempio luminoso di come un artista possa continuare a ribadire come il Rock sia vivo, rifiutando di chinarsi ai dettami degli standard del mercato discografico.
The Space Between the Shadows è il terzo album solista di Stapp che si è rilanciato dopo due lavori opachi: The Great Divide e Proof of Life (quest’ultimo, a dire il vero, contiene un ottimo pezzo autobiografico: Slow Suicide; n.d.a.).
Ad aprire le danze World I Used To Know, che fa ben sperare i fans di Stapp (tra cui il sottoscrittto; n.d.a.), la successiva traccia Name e la traccia conclusiva Last Hallelujah sono due ballate potenti, due canzoni che si cantano a squarciagola con una buona dose di brividi. “I am a son without a father”è il refrain martellante di Name, quasi a richiamare l’attenzione sulla nuova vita artistica di Scott.
Immediatezza anche per il singolo Purpose For Pain con riff accattivanti, il groove incalzante rende assai difficile a questo punto dell’album non desiderare di poter vedere Stapp dal vivo.
La voce di Stapp rimane una sorpresa positiva, sembra non sia passato un giorno dai tempi di My Own Prison, Human Clay e Weathered (album dei CREED rispettivamente del 1997, 1999 e 2001; n.d.a.) ed il livello dei testi è assolutamente alto, degno di un grandissimo poeta.
Tornando a The Space Between the Shadows, le tracks Survivor, Red Clouds e Gone Too Soon sono pezzi assolutamente convincenti e qualora ci fossero ancora dei dubbi sulla qualità dell’album, Mary’s Crying li fuga tutti.
Le rimanenti song (Heaven In Me, Wake Up Call Inside, Face Of The Sun Side e Ready To Love) sono pienamente inserite nel lavoro di Stapp, con sonorità e melodie studiate a tavolino che ammiccano ai fans della “Post Grunge Generation”.
Concludendo vi posso dire che Stapp è finalmente tornato e con The Space Between the Shadows ha posto un solido paletto tra lui ed i suoi detrattori (quasi sempre adoratori di Myles Kennedy degli ALTER BRIDGE; n.d.a) e fa ben presagire per il futuro di questo artista, a cui tutto si può rimproverare ma non di aver trascurato l’amore per i fans ed il vero puro e glorioso Rock‘n’Roll!
Tracklist dell’album
- World I Used To Know
- Name
- Purpose For Pain
- Heaven In Me
- Survivor
- Wake Up Call Side
- Face Of The Sun Side
- Red Clouds
- Gone Too Soon
- Ready To Love
- Mary’s Crying
- Last Hallelujah
https://www.youtube.com/watch?v=wDRQXrRtE5M