Ad oggi ci sono 1000 classi che funzionano secondo un percorso quadriennale (Fonte: Anagrafe Nazionale Studenti agg. al 1/12/2021) e a queste il Decreto 344 del 3/12/2021 ne aggiunge altre 1000.

La sperimentazione permetterà agli studenti di conseguire il diploma a 18 anni, un anno prima rispetto a quanto previsto oggi con il vantaggio (?) di arrivare un anno prima all’Università o al mondo del lavoro, così come già accade in molti Paesi europei.

Intanto il CSPI ha espresso parere negativo perché il Decreto esplicita una prefigurazione della futura Riforma non suffragata dalla valutazione degli esiti della sperimentazione in atto.

Si sottolinea la necessità di una organica proposta metodologico-didattica, supportata da validi criteri di selezione del campione rappresentativo e di strumenti di verifica e valutazione condivisi.

Infatti per l’attualità gli studenti iscritti ai corsi quadriennali costituiscono un gruppo selezionato per capacità o background sociale e l’assenza di riscontri relativi alle esperienze effettuate e ancora in atto, non consente di utilizzare tali dati per analizzare la scelta di ampliare la sperimentazione.

Del resto per i più capaci la possibilità di completare il percorso in quattro anni è già prevista con “abbreviazione per merito”.

Tuttavia sembra questa la via tracciata dal Ministero, decisione che suscita qualche dubbio di metodo e di merito.

Innanzitutto non vi è alcun automatismo tra disponibilità di tempo e possibilità di occupazione, perché non sembra che ci siano reali vantaggi nel fare un anno di meno a scuola, visto che viviamo in media fino a 80-90 anni e che il mondo del lavoro è così variegato che non si può dire con certezza che un anno in meno a scuola comporterà un sicuro vantaggio competitivo.

Inoltre in un percorso ridotto è possibile che gli studenti soffrano di carenze organizzative, soprattutto se «la scuola non ha già avviato un rinnovamento del metodo didattico» e così un percorso di quattro anni invece di cinque rischia di essere troppo pesante per gli studenti, senza permettere loro una corretta assimilazione dei concetti.

Probabilmente sarebbe oggi più opportuno concentrarsi sulla perdita di apprendimenti causata della pandemia.

Il nodo è sempre quello, riemerso potentemente nel tempo della didattica a distanza: vogliamo più scuola perché crediamo nel ruolo della scuola nella crescita culturale, sociale e dunque anche economica del paese, o pensiamo di ridurre il tempo scuola solo per andare incontro ad un più rapido inserimento nel mondo del lavoro?

Certamente più tempo i ragazzi trascorrono in una scuola ricca di stimoli e proposte, più tempo avranno per studiare, ricercare, confrontarsi con la cultura, più libertà di scelta avranno nel costruire in autonomia e libertà il proprio futuro.

L’informazione è inutile se non si trasforma in conoscenza e la conoscenza per trasformarsi in competenza ha bisogno di tempo.

Avere più tempo a disposizione a scuola, mantenere le scuole aperte mattina e pomeriggio (e magari abolire la settimana corta) potrebbe realizzare più intrecci e scambi tra apprendimenti formali e informali.

Non si tratta solo di allungare il tempo scuola, ma di ripensare con flessibilità e intelligenza l’intera offerta formativa di una scuola aperta al territorio. Si potrebbero introdurre, infatti, accanto allo studio e alla ricerca intorno a saperi di base imprescindibili, proposte varie, anche opzionali, che valorizzino la conoscenza di sé e del mondo attraverso attività espressive come la musica, le arti plastiche, il teatro e la produzione di video, alimentando l’aspetto culturale e di ricerca di linguaggi largamente praticati dai più giovani.

Più si differenziano le proposte e meno studenti si perdono. Più si è capaci di coinvolgerli a partire dalle loro domande e inquietudini e più porte si aprono al futuro, arricchendo l’immaginario dei più giovani.

Solo in un contesto di ascolto capace di moltiplicare gli stimoli è infatti possibile sviluppare il rigore e l’impegno necessario a ogni vero apprendimento e contrastare sul nascere la dispersione scolastica.

Purtroppo la via sembra intrapresa e con un certo e unico vantaggio: il “Sole 24 Ore” ha calcolato che, se il percorso di quattro anni fosse adottato da tutte le scuole superiori, nelle casse dello Stato rientrerebbero circa 1,38 miliardi di euro con riduzione di personale docente e ata.

Allora, oltre al risparmio, quali i vantaggi del “biglietto ridotto” per accedere al diploma?

Pio Mirra DS IISS Pavoncelli, Cerignola (FG)

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