Vita da sindacato: quando manca la logica nelle cose

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forse basta la costituzione...

 

È ormai indiscutibile che il ruolo del sindacato ha perso di significato negli ultimi anni: da forma di rappresentanza dei lavoratori si è trasformato in lobby di interesse più o meno legittima.

Saltiamo a piè pari i vari scandali che si sono succeduti tra pensioni doppie e prebende, ma vediamo il significato della rappresentanza.

Rappresentare qualcuno significa quanto meno condividerne gli interessi e le necessità, conoscerli, e sapere come ottenere un giusto elemento di riconoscimento del diritto.

Intanto sarebbe opportuno conoscere il diritto, ovvero quanto sancito nella costituzione che dà alle classi sociali diritti e doveri.

Art. 1

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Art. 2

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 4

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

 

Davanti a cotanta chiarezza sembrerebbe che il sindacato abbia dimenticato uno dei pilastri sociali del nostro paese, ovvero il diritto alla tutela del cittadino lavoratore da parte dello Stato.

È infatti lo stato (o la repubblica) che deve tutelare il cittadino, difenderlo ed aiutarlo nel suo progresso sociale, fino a rimuovere eventuali ostacoli al suo benessere.

Da qui iniziano i primi scollamenti rispetto al mondo perfetto della triade di difesa del cittadino: Stato, Sindacato e politica.

La domanda è: “chi difende cosa?”

In teoria secondo la nostra costituzione il sindacato non ha ragione di esistere, perché la tutela del cittadino spetta alla repubblica e quindi alla forza politica che muove la corrente istituzionale che volta per volta agisce sulla realtà istituzionale del paese.

Eppure il sindacato è una forza significativa, muove la politica, fa cadere governi, gestisce soldi, sposta posizioni e influenza le decisioni dell’apparato amministrativo statale, nonché gestisce in modo autonomo le sue posizioni di potere.

Ora si potrebbe dire che la figura del sindacato serve per ricordare allo stato i suoi doveri nei confronti dei cittadini… ma non è un compito delle forze politiche?

Certo direte voi, peccato che anche le forze politiche difendono delle sacche di interesse che spesso non coincidono con le necessità dei cittadini, quindi ecco i sindacati.

Siffatta situazione renderebbe i sindacati elemento neutrale se non fosse che gli stessi (almeno i principali) sono espressione di forze politiche, e spesso il comportamento dello stato è influenzato più dal volere dei sindacati che da quello delle forze politiche.

Sembra un cerchio non virtuoso, ove l’unica evidenza è un errato funzionamento dello stato nei suoi principi cardine.

Siamo alla fastidiosa questione del “cui prodest?”, ovvero dove sono i vantaggi? Nella stragrande maggioranza dei casi i sindacati servono per aiutare i cittadini ad espletare funzioni amministrative quali domande, graduatorie, 730, caf, pensioni, tasse, ricorsi, o addirittura per difese e ricorsi ai vari tribunali, insomma un grande centro servizi, a cui accedi grazie al pagamento della tessera.

Una specie di sorpasso verso il basso, infatti il 67% degli italiani non ha fiducia nei sindacati (IprMarketing), li usa come centro servizi e gli stessi sindacati dichiarano tessere con una certa “facilità” (Confsal).

Viene facile pensare: “Ahi serva Italia di sindacato ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello”.

 

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2 thoughts on “Vita da sindacato: quando manca la logica nelle cose

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