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Supera il maestro ma non odiarlo.

Ognuno di noi ha un maestro.

Qualcuno che lo ha guidato o portato fino a quel punto,

qualcuno da cui ha imparato e che lo ha reso diverso da ciò che era il giorno prima.

Il maestro cambia,

e questo è naturale.

Nella relazione tra maestro e allievo, la tensione del maestro deve essere orientata verso l’allievo: nel farlo crescere 

la tensione dell’allievo deve essere tutta orientata verso il maestro fino ad eguagliarlo al livello in cui esso è, fino anche a superarlo.

Se l’allievo non supera il maestro, il sistema impazzisce:

A) viene generato un allievo malato.

B) non si permette al maestro di crescere ancora nella sua scala personale.

Gurdjeff faceva un esempio molto chiaro.

Maestro e allievo stanno su una lunga scala dove la tensione comune è quella di andare verso l’alto.

Su questa scala affollata e movimentata, l’allievo si trova esattamente al gradino sottostante il suo maestro.

Non importa per quanto l’allievo sia rimasto sul suo gradino: egli non può avere allievi del suo stesso livello per semplice anzianità di servizio.

La scalata si fa solo prendendo il posto di un altro.

Chi vuole fare da maestro a chi sta sul suo stesso livello, perde tempo e ne vorrebbe far perdere al compagno.

Assurdo inoltre pensare di trovare un allievo del primo gradino che vuole come maestro quello del ventesimo.

Non può.

Gli mancano 18 gradini prima di riuscire a capire di che parla il suo maestro ideale.

E questo l’allievo, nella scelta cosciente del suo maestro, lo deve sapere.

Proprio per questo Gurdjeff diceva: “il più stolto degli uomini non vorrà che Gesù Cristo come maestro”.

Ma torniamo alla scala.

Su questa scala, 

Se il maestro vuole salire e prendere il posto del suo attuale maestro, dovrà lasciare il posto al suo attuale allievo.

Non c’è altro modo.

A ogni gradino guadagnato, il maestro può cambiare.

La scelta si applica sempre sul catalogo del gradino successivo.

E così per sempre.

 

L’immagine del superamento della figura guida, la troviamo sparsa qua e là in molti approcci:

– a scuola ci raccontano subito di come Giotto superò Cimabue;

– gli psicologi freudiani ci parlano dell’importanza di uccidere (simbolicamente) i genitori;

– certuni dicono “se incontri Buddha, uccidilo”;

– certi altri completano “se vedi Cristo, crocifiggilo”;

– persino il cavaliere di Atena Cristal ha dovuto uccidere il cavaliere d’oro Acquarius… (giusto per far vedere che conosco tanti campi ?)

– …

Insomma vale così

Questo è il ciclo e l’imperativo categorico dell’uomo spirituale: 

migliorarsi e far migliorare.

Questo è ciò che sappiamo.

 

Quello però che non è sempre chiaro o scontato è che al maestro, per quanto lo si uccida, superi, scavalchi… Si deve gratitudine.

Nella scala dell’ascesa spirituale il maestro che lasciamo farà la sua strada e noi faremo la nostra.

Ma se lui non lascia quel gradino per lasciarlo a noi, non c’è scampo.

Il guru che muore è il guru che si lascia uccidere.

E quella è l’ultima prova dell’allievo.

Chi uccide senza rancore, passa di livello.

Chi uccide e rinnega il maestro sputando su quanto imparato, si illude di salire ma in realtà resta indietro.

Salire un gradino non è diventare onniscienti (per quanto presi dallo stupore e dall’entusiasmo del nuovo ambiente e della nuova prospettiva, può sembrarlo) 

È solo aver fatto un passo in più.

Nel momento in cui ci si dimentica del cammino per guardare l’ambiente, si resta intrappolati di noi stessi.

Se questo avviene, se non andiamo avanti e non cediamo a nessuno il nostro posto, alle lunghe, senza accorgercene, ci accasceremo sul gradito e verremo calpestati.

Nutriamo lo spirito 

di qualunque cibo si tratti.

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