Arte: cura o espressione della follia?

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Un tema spesso dibattuto è quello concernente il rapporto tra arte e follia ma l’arte può divenire anche cura nelle situazioni di disagio psicologico. Ci chiediamo come sia possibile che un qualcosa di distruttivo possa al tempo stesso  ricostruire.

Ci troviamo di fronte ad un’antitesi nei confronti della quale diviene difficile sostenere l’una tesi piuttosto che l’altra. Tutti abbiamo sentito parlare della follia che si esprime nei capolavori dell’arte.

Pensiamo ad esempio a Van Gogh con “Autoritratto con orecchio bendato”, a Munch con “L’urlo”, a Goya con “Il sonno della ragione genera mostri” e solo per citare alcuni  artisti noti anche ai meno esperti nel campo.

Molti artisti famosi hanno avuto  momenti di disagio psichico più o meno grave e spesso tale malessere ha accompagnato le loro produzioni più prestigiose.

Come affermava Freud “L’arte costituisce un regno intermedio tra la realtà che frustra i desideri e il mondo della fantasia che li appaga, un dominio per cui sono rimaste per così dire vive le aspirazioni all’onnipotenza dell’umanità primitiva”.

Per Freud l’artista è dunque un soggetto che si distoglie dalla realtà per trovare una via di realizzazione nel mondo della fantasia, che si traduce però in una nuova realtà di cose interpretabili come preziose raffigurazioni del reale.

Se l’artista dunque spesso manifesta disturbi nevrotici o psicotici vale anche l’accezione che nel soggetto sofferente e spesso definito folle, anche se non ha mai  esercitato l’arte, possano essere presenti alte potenzialità in questa area.

Possiamo ritenere che l’arte scaturisca da tensioni emozionali di sofferenza quali la paura, la solitudine, la rabbia ed altro.

Lo stesso Aristotele affermava che “Gli uomini  eccezionali in filosofia, politica, poesia o arte sono manifestatamente malinconici e alcuni al punto da essere considerati matti a causa degli umori biliari”.

È proprio riconoscendo le potenzialità dell’arte che molti psichiatri, psicologi e psicoterapeuti hanno intravisto nell’arteterapia uno strumento utile per la riabilitazione dei loro pazienti.

L’arteterapia permette infatti al soggetto disfunzionale di entrare in contatto con il suo mondo emozionale e favorisce la comunicazione, che è spesso bloccata, attraverso un altro canale che è quello espressivo.

L’arteterapia può essere attivata sia a livello individuale che di gruppo e, per quanto  concerne il ricreare un sentimento sociale spesso smarrito dal paziente, è  preferibile quest’ultima forma.

La cura dei pazienti psichiatrici non può più privilegiare solo la  farmacologica e la psicoterapia ma deve valorizzare anche la possibilità di  applicazione di cure che rientrano nell’espressività quali la pittura, il teatro, la danza.

Possiamo dunque riflettere sulle enormi potenzialità dell’arte e un riconoscimento particolare alla diffusione di questo nuovo strumento di cura va a Margaret Naumburg, psicoanalista freudiana che introduce in America l’arteterapia, e a Edith Kramer, artista e docente austriaca che la applica sul campo con i bambini e gli adolescenti portatori di disagio psichico.

Perché è importante l’arteterapia nella cura?

L’arteterapia ha una valenza di tipo  educativo nel senso che aiuta il  soggetto a manifestare il suo vissuto di sofferenza.

Educare quindi come “tirare fuori”, tirare fuori dal tunnel ciò che impedisce di vivere serenamente la propria quotidianità.

 

 

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