Attori e mimi nell’antica Roma
La mostra “TEATRO. Attori e pubblico nell’antica Roma” è iniziata il 21 maggio presso l’Ara Pacis a Roma. L’esposizione, molto ricca di reperti antichissimi, intende raccontare la storia del teatro romano a partire dalle sue antiche origini greche e italiche. Il focus si concentra sulla Tragedia e sulla Commedia. Il pezzo forte della mostra sono le maschere.
E’ iniziata a Roma il 21 maggio 2024 presso il museo dell’Ara Pacis l’attesa mostra “TEATRO. Autori e pubblico nell’antica Roma”.
La mostra offre un percorso espositivo sugli spettacoli teatrali nell’antica Roma.
Ci sono pezzi unici e rari, come la maschera più antica, oppure il grande cratere di Promono, raffigurante attori mentre studiano le posture, il primo reperto teatrale esistente arrivato ai nostri giorni.
Ci sarà tempo fino al 3 novembre per ammirare le oltre 240 opere provenienti da 25 diversi prestatori da tutto il mondo.
Il museo dell’Ara Pacis racconta gli spettacoli teatrali dell’antica Roma
Dal 21 maggio al 3 novembre 2024 il Museo dell’Ara Pacis di Roma ospita la mostra “TEATRO. Autori e pubblico nell’antica Roma”.
L’esposizione illustra in maniera esaustiva e minuziosa la nascita e l’evoluzione del teatro con particolare attenzione agli spettacoli nell’antica Roma.
Il racconto della mostra inizia dalle radici greche, siciliane, magno-greche, etrusche e italiche del teatro romano.
Si esplorano l’origine religiosa ed il passaggio dai primi palcoscenici in legno a quelli in muratura, attraverso ben 240 opere provenienti da tutto il mondo.
Si prosegue fino a giungere allo splendore dei grandi teatri romani che potevano ospitare decine di migliaia di spettatori.
Essi diventano, insieme a fori e templi, elementi distintivi della forma urbis dell’impero romano.
È curioso come la parola greca théatron, in origine designi l’insieme del pubblico di spettatori piuttosto che lo spazio scenico.
I reperti rari esposti in mostra
Il percorso espositivo è ricco di pezzi unici e rari.
Primo fra tutti una preziosissima maschera, proveniente dal Museo Paolo Orsi di Siracusa.
Si tratta di una delle più antiche maschere teatrali a noi pervenute.
L’uso teatrale è avvalorato dalla presenza di un foro dietro il padiglione auricolare, che doveva servire ad agganciare la parrucca.
Esposto anche il famoso “vaso di Pronomo” dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, del V-IV secolo A.c., probabilmente il più importante reperto teatrale esistente arrivato ai nostri giorni.
Il grande cratere a volute raffigura un’evocazione del mondo teatrale caratterizzata da un forte realismo.
Prende il nome dal flautista Pronomo, seduto al centro della composizione.
Nella scena sono raffigurati attori mentre studiano atteggiamenti teatrali e posture, in una chiara evocazione del mondo dionisiaco.
L’ambiente teatrale dell’antica Roma
La ricostruzione della mostra permette di esplorare l’ambiente teatrale dell’antica Roma, anche attraverso interventi multimediali.
Il visitatore può scoprire l’origine antichissima di molti personaggi del teatro moderno, come il vecchio misantropo, il giovane seduttore, il servo scaltro e i giovani amanti ostacolati dalle differenze sociali.
Ed altresì è possibile ammirare le statuine di attori, danzatori, mimi, acrobati e giocolieri del mondo magnogreco.
Le maschere teatrali di Tarquinia
La mostra include anche una serie di miniature teatrali, molte delle quali mai esposte prima, provenienti da contesti tarquiniesi.
Per tutta l’epoca ellenistica, tra il IV e il Il secolo a.C., in area tarquiniese sono state infatti rinvenute maschere in terracotta di piccolo formato provenienti da diversi contesti funerari e votivi.
Questi volti testimoniano, con le loro caratterizzazioni, quanto il culto dionisiaco e la tradizione del grande teatro greco fossero penetrati a fondo in Etruria e quanto l’ambito tarquiniese sia stato importante come tramite per la successiva produzione romana.
Le origini del teatro nell’antica Grecia: Tragedia e Commedia
Il teatro occidentale affonda le sue radici nella drammaturgia e nella commedia sorte in Grecia a partire dal VI secolo a.C.
Dalla tragedia e dalla commedia greche nonchè da apporti italici deriva il teatro romano, che si presenta, fin dai suoi esordi, come un’operazione di adattamento di quello greco al nuovo contesto sociale.
La mostra racconta come la tradizione greco-romana del teatro si è evoluta e trasformata nel corso di quasi un millennio.
Purtroppo sono pochi i testi che sono stati tramandati fino a noi: per la commedia Plauto e Terenzio, per la tragedia soltanto Seneca.
Le origini religiose del teatro. Le celebrazioni in onore di Dioniso
La tradizione greco-romana del teatro ha origini religiose.
È molto probabile che dalle feste celebrate in onore di Dioniso, una delle grandi divinità dell’Olimpo greco, figlio di Zeus e di Semele, nacquero sia la Tragedia sia la Commedia.
Dioniso, Bacco per i romani, è il dio greco della vite, del vino, del delirio mistico.
Esposto in mostra una coppa di produzione attica dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze.
La coppa mostra una delle rarissime rappresentazioni di una processione in onore di Dioniso, dio del teatro (falloforia).
Il teatro dell’antica Roma
Il teatro, derivato dalla tradizione greca, ma permeato anche di costanti influssi di componenti etrusche e italiche, giocò un ruolo centrale nella vita quotidiana e nell’identità culturale dell’antica Roma.
Le rappresentazioni teatrali erano spesso parte di festival religiosi e celebrazioni pubbliche.
Offrivano anche una grande opportunità per i cittadini romani di riunirsi e condividere un’esperienza culturale comune.
Il teatro si rivelò ben presto anche un potente strumento di propaganda politica.
Ricoperse un ruolo centrale nella vita quotidiana e nell’identità culturale dell’antica Roma.
Non fu solo un mezzo di intrattenimento, ma anche di riflessione critica e soprattutto di coesione sociale.
Le maschere
Un esemplare unico esposto in mostra è l’antica maschera in terracotta del Museo Archeologico Regionale ‘Paolo Orsi’ di Siracusa (vedi Foto sopra).
Le maschere fungono da filo conduttore del percorso espositivo.
Si parte dalle più antiche, risalenti al V secolo a.C., passando per quelle ellenistiche del III-II secolo a.C., fino ad arrivare alle spettacolari maschere di epoca romana.
Le maschere rappresentano anche caratteri scenici di lunga durata, tragici, comici e grotteschi.
La mostra offre anche un “campionario” di modelli di maschere mai esposti a Roma, provenienti dalla bottega di un artigiano di Pompei.
Tra i reperti selezionati, sono notevoli le maschere miniaturistiche della tragedia e commedia greca provenienti dall’isola di Lipari.
Ed inoltre e i grandi affreschi parietali di un “camerino” per la compagnia teatrale, provenienti dal teatro romano di Nemi.
Vi è anche una serie di dodici gemme di epoca romana a soggetto teatrale.
E inoltre il ritratto di Marcello con la maschera in bronzo di Papposileno, appartenente alla collezione Fondazione Sorgente Group.
Il percorso espositivo strutturato in sette sezioni
Il percorso espositivo si sviluppa in sette sezioni, seguendo un senso cronologico.
Ogni sezione è arricchita da installazioni multimediali, quali riprese aeree, videomapping, postazioni interattive, interventi recitati da attori che danno voce agli autori e ai i protagonisti del teatro antico.
Fin dagli albori, in età antichissima, si svilupparono la tragedia e la commedia.
Prima sezione: le origini religiose nell’antica Grecia
La prima sezione, dal titolo Genesi, racconta l’importanza del culto dionisiaco alle radici della tradizione teatrale greca e il valore del teatro per la vita democratica ad Atene.
Secondo Aristotele la commedia nasce dai cortei di festa (Komodia: da komoi, cortei di festa e odé, canto) inseriti nelle Falloforie, ossia le feste dedicate a Demetra e Dioniso, con chiara funzione scaramantica (apotropaica).
Le radici italiche e magnogreche
Il teatro prende origini dalla tradizione greca con influssi di componenti etrusche e italiche.
La seconda sezione, dal titolo “Radici italiche e magnogreche”, mette in risalto proprio il contributo che l’Etruria, la Magna Grecia e i popoli italici fornirono al sorgere del teatro latino.
Nel 240 a.C. per la prima volta a Roma viene portato sulle scene un dramma composto in lingua latina ad opera di un poeta di origine greca, Livio Andronico.
Si trattò di un evento di grande rilevanza storica e culturale, poiché l’istituzione di quello spettacolo segnò il vero e proprio atto di nascita della letteratura latina.
Il primo teatro italico. Il teatro comico in Sicilia e in Magna Grecia
La commedia invece nasce nella Sicilia dorica.
Secondo Aristotele, la commedia attica fu preceduta da una ricca produzione comica che si sviluppò in Sicilia e in Magna Grecia in forme diverse.
Epicarmo e Sofrone, entrambi di Siracusa, e Rintone di Taranto, nel V secolo furono molto popolari.
Essi diedero origine a forme particolari di commedia, come la Parodia mitologica (farsa fliacica o ilarotragedia) e la mimografia, drammi buffi scritti in dialetto dorico.
Vengono presentate scene di vita quotidiana e bozzetti di personaggi popolari.
Le vicende mitiche cantate dai tragici venivano parodiate dagli attori, che recitavano questi drammi buffi con vistose imbottiture.
La commedia a Roma
La terza sezione della mostra è intitolata La commedia a Roma.
Nella Roma repubblicana fioriscono autori geniali come Plauto e Terenzio.
In questa sala si esplora la tradizione comica romana, dalla costruzione dei personaggi di Plauto, vere e proprie maschere di tipi umani, fino allo spirito riflessivo e introspettivo dei personaggi di Terenzio.
Essi introducono con enorme successo le forme della commedia greca, riprendendo le opere di Aristofane e Menandro.
Aristofane e la commedia antica
Aristofane è reputato il massimo esponente della commedia politica e proponeva temi politici e culturali.
Opera durante le guerre del Peloponneso (sconfitta di Atene), nell’Atene del V secolo a.C., quando il regime è democratico.
Possediamo 11 commedie complete delle 40 attribuite ad Aristofane: esse lo consacrano come uno dei più grandi commediografi del passato, nonché uno dei più attuali.
Nato ad Atene intorno al 450 a.C. partecipò attivamente alla vita politica della sua città e, facendo ampio uso della libertà di parola ammessa ai suoi tempi nei tribunali e a teatro, attaccò sulla scena i mali della democrazia ateniese. Scrisse godibili satire anche sugli intellettuali del suo tempo, citati per nome: Socrate (Le nuvole) e Euripide (Le rane, Tesmoforiazuse) tra gli altri.
Nel XV secolo l’arrivo di codici greci in Italia garantì la fortuna di Aristofane presso gli umanisti.
L’edizione delle sue commedie qui presentata è in assoluto il primo testo teatrale mai dato alle stampe, custodito presso la Biblioteca Casanatense a Roma.
L’attualità delle Commedie di Aristofane
Celebri sono le opere maggiori arrivate sino a noi.
Innanzi tutto l’ Acarnesi, la cosiddetta commedia dell’utopia, ambientata durante la guerra tra Atene e Sparta.
Poi i Cavalieri, che critica le istituzioni ed è la satira politica più feroce mai trasmessa dalla letteratura antica.
Il bersaglio è Cleone, demagogo fautore della guerra ad oltranza contro Sparta.
Inoltre, sempre nel solco della satira politica Le Nuvole, commedia che prende di mira le nuove correnti di pensiero, in particolari quella sofista, incarnata da Socrate.
Emerge anche il tema del degrado sociale e della decadenza, anche attraverso la condanna della figura del Sicofante, che denuncia un cittadino dietro pagamento.
Menandro e la Commedia nuova
Menandro nasce ad Atene nel IV secolo a.C.
E’ allievo di Teofrasto (coetaneo di Epicuro).
Vive sotto il protettorato macedone di Demetrio Falereo, in una epoca in cui Atene ha perso la sua libertà.
Delle 100 commedie che ha scritto, ne rimangono purtroppo pochi frammenti.
la caratteristica dell’uomo di Menandro è quella di risolvere i problemi familiari.
I caratteri della commedia di Menandro sono il lieto fine e la sorte (tuke).
La tuke è la regista della commedia.
La tuke infatti fa cadere i personaggi nell’errore e li induce ad allontanarsi, ma è sempre lei che consente il lieto fine, spesso tramite il meccanismo del riconoscimento.
I temi ricorrenti della filantropia e della solidarietà, rispecchiano una visione ottimistica dell’essere umano.
Menandro è convinto che l’uomo sia capace di imparare dai propri errori e che i contrasti generazionali possano essere risolti in nome di una comune umanità di cui tutti sono compartecipi.
Le opere maggiori di Menandro sono “Il bisbetico” e “L’arbitrato”.
La tragedia a Roma
La quarta sezione, La tragedia a Roma, presenta i principali protagonisti della produzione tragica del periodo repubblicano, di cui resta poco, e si concentra su due figure di grande rilievo come Seneca e Nerone.
Di tanti altri testi, di interi generi letterari, quali la tragedia di età repubblicana, conosciamo solo i titoli e, talvolta, un buon numero di frammenti, grazie alle citazioni di eruditi, grammatici, lessicografi.
Musicisti, mimi, giocolieri e acrobati nell’antica Roma
La quinta sezione, I protagonisti e la musica, si focalizza sulle vite, spesso rocambolesche, di attori, danzatori, acrobati, musicisti e mimi.
Uno spazio specifico è dedicato al fenomeno degli spettacoli di mimi e pantomimi in età imperiale.
L’esposizione racconta anche le difficili vite degli attori e degli altri grandi protagonisti del mondo teatrale.
Dal teatro recitato al teatro del corpo
Dal teatro recitato al teatro “del corpo” il passo è breve.
Lo spettacolo si affida alla gestualità più che al testo per comunicare con un pubblico vasto e multietnico come quello imperiale.
È l’epoca dei mimi e dei pantomimi, ma anche di forme singolari di divertimento come le danze acquatiche, realizzate allagando l’orchestra del teatro (tetimimi).
Contemporaneamente i teatri si aprono a manifestazioni loro estranee, come assemblee, trionfi e giochi di ogni genere.
La musica nell’antica Roma
Sempre in epoca imperiale si diffonde la tipologia dell’odeon (gr. odèion, lat. odeum), edificio in genere più piccolo di un teatro e con un tetto di copertura, destinato alla declamazione.
Nel settore della musica di scena, la mostra espone rari strumenti musicali originali come tibie, resti di cetre, crotali e sistri, molti dei quali sono stati fedelmente riprodotti per consentire ai visitatori di sperimentarne il suono.
L’eredità architettonica del teatro antico
La sesta sezione “L’architettura”, riflette sull’eredità monumentale lasciata dal teatro antico, attraverso rovine architettoniche spesso maestose e ancora funzionanti.
La transizione dalla Roma repubblicana al regime imperiale nel I secolo a.C. vede la costruzione dei primi teatri stabili a Roma e elaborazione della loro forma.
In pochi decenni sorgono i tre grandi teatri romani in muratura: il teatro di Pompeo (61-55 a.C.), con circa 20.000 posti, circondato da portici e giardini, di cui rimane poco se non nella topografia di Roma; il teatro di Cornelio Balbo (dedicato nel 13 a.C.), anch’esso perduto, e il teatro di Marcello, quasi contemporaneo, intitolato da Augusto alla memoria del nipote amato.
La collaborazione con la Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma ha permesso la realizzazione di un intervento video sul teatro di Pompeo, che dopo la mostra resterà patrimonio delle Istituzioni curatrici.
Attualità del teatro antico
La settima sezione della mostra riguarda il teatro contemporaneo
L’attraversamento dell’antico si apre alla contemporaneità nell’ultima sezione della mostra, dal titolo “Attualità del classico”, realizzata in collaborazione e con il contributo del Dipartimento di Lettere e Culture Moderne dell’Università di Roma ‘Sapienza’ e dell’INDA (Istituto Nazionale del Dramma Antico).
Ricca la selezione di locandine storiche di spettacoli realizzati al teatro greco di Siracusa, nonché di montaggi video di messe in scena contemporanee.
Numerose le testimonianze materiali e fotografiche, riferite in particolare all’esperienza del ‘Vantone’ di Pasolini.
Il percorso espositivo si chiude offrendo una panoramica sulla vitalità del teatro classico, dal primo Novecento ai nostri giorni.
Ancora oggi riconosciamo in Edipo e negli altri protagonisti del dramma antico i nostri stessi istinti e contraddizioni.
Immergersi nel teatro classico è dunque un’operazione attuale, che questa mostra propone privilegiando il filo della continuità