NOTTE EUROPEA DELLE RICERCATRICI E DEI RICERCATORI 2024 di Co.Science

Comunicato stampa della NOTTE EUROPEA DELLE RICERCATRICI E DEI RICERCATORI 2024 di Co.Science – “Meet Research To Connect Science And Society “

Nell’ambito del programma Horizon Europe è stato finanziato, per il biennio 2024 e 2025, dalle Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA) il progetto Co.Science – Meet Research To Connect Science And Society. Co.Science intende promuovere il dialogo tra i singoli individui, ricercatrici e ricercatori e i diversi attori della società con un’attenzione particolare a studentesse e studenti.

Il progetto è promosso da un partenariato composto dal Consiglio Nazionale delle Ricerche -CNR (coordinatore), Università degli Studi dell’Insubria, Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci, Federazione delle Associazioni Scientifiche e Tecniche -FAST, Consorzio Italbiotec e Comune di Milano e ha il patrocinio della Regione Lombardia, del Comune di Busto Arsizio e del Comune di Varese.

Co.Science permetterà alle ricercatrici e ai ricercatori di portare in luoghi non convenzionali il proprio lavoro, di condividere passione e impegno posti nell’attività di ricerca, risultati e traguardi e di ascoltare opinioni e aspettative comuni, in particolare dei più giovani.

Il progetto mette in campo, oltre alla collaborazione degli enti partner, anche le comunità e i diversi attori che animano la ricerca e la società civile, con un’attenzione particolare all’inclusività e alle pari opportunità grazie alla collaborazione con l’Associazione Nazionale Subvedenti.

Prima edizione dell’evento Co.Science “Notte Europea delle Ricercatrici e dei Ricercatori”, 27 Settembre 2024 I LUOGHI e gli ORARI dove trovarci:

A Milano la Notte si duplica:

  • Piazza del Duomo-Arengario e via Marconi (dalle 16.00 alle 23.00). “La Ricerca fa centro” proporrà 50 attività laboratoriali e/o dimostrative adatte a tutti e a tutte, gratuite e senza prenotazione. La comunità scientifica che curerà l’evento è coordinata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche – CNR rappresentato da ben 20 Istituti, e vede coinvolti l’Istituto Italiano di tecnologia – IIT, HumanTechnopole – HT, IRCCS MultiMedica, il Joint Research Centre di Ispra – JRC, Micron, STMicroelectronics, l’Associazione Nazionale Subvedenti e la Società Chimica Italiana-sezione L’evento si inserisce tra le iniziative della “Milano Green Week” attraverso numerose proposte che aderiscono ai principi della manifestazione.
  • Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci (dalle 18.00 alle 23.30). “Open Night” proporrà una serata gratuita con esperti che ogni giorno si occupano di ricerca, scienza e società, attraverso un ricco programma culturale volto a esplorare, attraverso le lenti della scienza e della tecnologia, temi cruciali che influenzano la nostra vita quotidiana. Anche questa edizione, ideata e prodotta dal Museo, è realizzata in collaborazione con numerosi enti di ricerca, imprese e associazioni della società civile. Il pubblico potrà visitare liberamente il Museo, partecipare a talk, esperienze nei laboratori e interagire con installazioni di arte Infine, in programma dj set e food&drink, per tante ore di divertimento.

A Como, Varese e Busto Arsizio le attività saranno all’insegna del consolidamento della consueta interazione che la ricerca e il mondo accademico sono riusciti a creare con il proprio territorio.

  • Varese: con “La notte lunga due giorni” è presente al Campus Bizzozero (dalle 30 alle 17.30) e Villa Mirabello (dalle 20.30 alle 1.00) e in Piazza Monte Grappa (28 settembre, dalle 15.00 alle 19.00).
  • Como: Polo scientifico di Via Valleggio (dalle 30 alle 13.00 e dalle 19.30 alle 24.00)
  • Busto Arsizio: Villa Manara (dalle 00 alle 19.00), Museo del Tessile (dalle 16.00 alle 18.30) e Villa Calcaterra (dalle 21.00 alle 23.00).

COSA sarà proposto al pubblico:

 

Le attività previste per la Notte sono tantissime, tutte dettagliate e scaricabili attraverso il nostro sito www.coscience.eu. Si parlerà di salute, medicina personalizzata, sostenibilità, biodiversità, energia, materiali, rischi del digitale, crisi climatica, natura e inquinamento in città, migrazioni tra stereotipi e pregiudizi, cibo e sostenibilità, tecnologie nello sport, realtà virtuale e psicologia, scatti industriali d’archivio, dati e intelligenza artificiale, chimica, materiali per il futuro e molto altro!

Moltissimi anche gli eventi satellite che precedono o seguono la data del 27 settembre 2024. Maggiori dettagli alla pagina del sito https://www.coscience.eu/roadmap.html Tutti gli aggiornamenti sono disponibili sul sito umiciale del progetto.

L’evento ha la MEDIAPARTNERSHIP di – RAI CULTURA, RAI RADIO TECHETE’ e RAI RADIO 3

LINK dei programmi completi

 

E Milano Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci: https://www.museoscienza.org/it/offerta/open-night

Come entrare in contatto con Co.Science

 

Attraverso il sito www.coscience.eu e seguendoci sui nostri Social Media:

Referenti degli USici Stampa dei partner del consorzio:

  1. Umicio stampa Cnr: Responsabile Emanuele Guerrini, guerrini@cnr.it; Segreteria: umiciostampa@cnr.it, tel. 06.4993.3383 – P.le Aldo Moro 7, Roma
  2. Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci: stampa@museoscienza.it
  3. Comune di Milano: Scarinzi@comune.milano.it
  4. Consorzio Italbiotec: daniotti@italbiotec.it, mariaelena.saija@italbiotec.it
  5. Università degli Studi dell’Insubria: gariboldi@uninsubria.it, laura.balduzzi@uninsubria.it
  6. FAST: gandolfi@fast.mi.it, angela.pulvirenti@fast.mi.it

Maggiori informazioni sul progetto si possono trovare nel manifesto al link https://www.coscience.eu/area_stampa.html

Co.Science – “MEET RESEARCH TO CONNECT SCIENCE AND SOCIETY- CO.SCIENCE” Progetto nr. 101162229 – call HORIZON-MSCA-2023- CITIZENS-01

Referente Progetto:

Consiglio Nazionale delle Ricerche Dott.ssa Laura Polito

e-mail. laura.polito@scitec.cnr.it

 




La storia si ripete?? eheheh …

Lungi da me puntare il dito contro il ministro Sangiuliano, chiunque può avere debolezze o lati personali oscuri, ci mancherebbe, ma indipendentemente da questo è invece il caso di fare alcune riflessioni sui ruoli e su chi li assegna.

Anche la sua apparsa in TV sputtanandosi davanti al paese è encomiabile, pochi lo avrebbero fatto.

Certamente è stata una richiesta del leader che ora può dimostrare il suo potere sui suoi ministri, ma quale risultato è stato ottenuto?

Certamente quello di deviare il colpo, mettendo sul ministro un’ombra di macchietta comica già messa da lui stesso con le sue innumerevoli Gaffes agite in precedenza.

Eppure ieri sera mentre sentivo questa vicenda in televisione ed ascoltavo la patetica confessione del ministro davanti ad un giornalista che evidentemente non voleva fare quell’intervista, mi è rimasto un tarlo in fondo al cervello.

Sono andato a dormire, per così dire visto che negli ultimi mesi dormo due ore per notte, e di colpo ho avuto una specie di visione mistica, un boato che ha interrotto la mia pur breve notte.

Sangiuliano Boccia, Mussolini Petacci.

No, no, cari lettori, non sono uguali, non mi permetto di paragonarli ne come caratura ne come spessore, però, però …

Il confronto tra il caso del ministro Gennaro Sangiuliano e quello di Alessandra Boccia con la relazione tra Benito Mussolini e Claretta Petacci offre un interessante parallelo, anche se i due episodi si inseriscono in contesti storici e politici molto diversi.

Benito Mussolini, dittatore fascista italiano, instaurò una relazione con Claretta Petacci durante gli anni ’30 e ’40, un periodo in cui Mussolini deteneva un potere quasi assoluto in Italia. Petacci era una figura privata, senza alcun ruolo politico ufficiale, ma la sua vicinanza al Duce la rendeva una presenza significativa nella vita di Mussolini.

Questa relazione si svolse in un clima di repressione, censura e segretezza, tipico dei regimi autoritari.

Claretta Petacci non aveva un ruolo ufficiale nel governo fascista, ma la sua relazione con Mussolini le permetteva di esercitare un’influenza personale sul dittatore, anche se questa è difficile da quantificare. La sua vicinanza a Mussolini sollevava sospetti e critiche, ma il contesto autoritario limitava la diffusione di tali sentimenti. Petacci, pur essendo un’amante privata, era simbolicamente legata al regime e alla sua decadenza.

La relazione tra Mussolini e Petacci terminò in modo tragico: entrambi furono catturati e giustiziati dai partigiani nel 1945, e i loro corpi furono esposti pubblicamente. Questo episodio segnò non solo la fine della loro relazione ma anche la caduta del regime fascista. La relazione è stata simbolicamente legata alla caduta di Mussolini, rappresentando la sua vulnerabilità e la fine del suo potere.

Claretta Petacci, pur non avendo un ruolo ufficiale nel governo fascista, esercitò un’influenza su Benito Mussolini che, in alcuni casi, si tradusse in effetti politici. La natura di questa influenza è stata oggetto di dibattito tra gli storici, ma ci sono diversi episodi e circostanze che suggeriscono come la vicinanza della Petacci al Duce potesse essere sfruttata per influenzare decisioni politiche o per favorire interessi personali e di terzi.

Claretta Petacci aveva un accesso quasi costante a Mussolini, anche in momenti di grande importanza politica. Questo accesso le consentiva di discutere con lui di questioni personali, ma anche di affari di stato. L’influenza che esercitava non era tanto diretta quanto sottile e personale, basata sul legame emotivo che aveva con il Duce.

Mussolini, noto per il suo carattere autoritario e spesso distante dagli altri, trovava in Claretta una confidente con cui condivideva le sue ansie e insicurezze. Questo legame intimo poteva tradursi in una sorta di influenza sottile sulle sue decisioni.

Uno degli aspetti in cui l’influenza della Petacci si manifestò maggiormente fu il favoritismo. Era risaputo che Claretta utilizzasse la sua posizione per intercedere a favore di amici e parenti. Attraverso le sue pressioni su Mussolini, riuscì a ottenere favori per persone a lei vicine, come incarichi o concessioni.

Un esempio emblematico fu la sua insistenza affinché Mussolini concedesse protezione e privilegi alla sua famiglia, come l’assegnazione di posizioni di rilievo o l’intercessione in questioni legali.

Esistono testimonianze secondo le quali Claretta Petacci interveniva anche su questioni più ampie. Uno degli episodi più noti è quello relativo al suo tentativo di influenzare Mussolini riguardo ai rapporti con la Germania nazista.

Claretta, come molti italiani dell’epoca, era affascinata dal carisma di Hitler e dal successo del Terzo Reich, e non nascose mai a Mussolini la sua ammirazione per il Führer.

Alcuni storici sostengono che, pur non essendo determinante, l’insistenza di Petacci sulla forza della Germania potrebbe aver contribuito a rafforzare in Mussolini la convinzione che l’alleanza con Hitler fosse strategicamente vantaggiosa per l’Italia, specialmente nel periodo iniziale della guerra.

Un altro tema controverso è quello dell’influenza di Petacci sulle politiche razziali del regime fascista.

Sebbene Mussolini fosse il principale artefice delle leggi razziali del 1938, vi sono documenti che suggeriscono come Petacci, proveniente da una famiglia borghese benestante, avesse opinioni fortemente antisemite e potesse aver contribuito, almeno in parte, a rafforzare l’orientamento razzista del regime.

Tuttavia, è importante sottolineare che la decisione di adottare politiche razziali fu principalmente il risultato di pressioni internazionali e della volontà di Mussolini di allinearsi con la Germania nazista, piuttosto che un’influenza diretta di Claretta Petacci.

L’influenza di Claretta Petacci su Mussolini rappresenta un esempio di come, in un regime autoritario, le dinamiche personali possano intersecarsi con le decisioni politiche. Sebbene Claretta non avesse un ruolo ufficiale, il suo rapporto stretto con il Duce le permise di esercitare una certa influenza, soprattutto in termini di favoritismi e pressioni personali.

Tuttavia, la sua influenza su decisioni politiche di ampio respiro, come l’alleanza con la Germania o le politiche razziali, rimane un tema controverso e non privo di ambiguità, dove la sua azione si inserisce in un contesto più ampio di dinamiche politiche e internazionali.

Gennaro Sangiuliano è un ministro della Repubblica Italiana, mentre Alessandra Boccia è una figura privata legata a Sangiuliano. La loro relazione si svolge in un contesto di trasparenza e pluralismo politico, dove la vita privata delle figure pubbliche è spesso oggetto di attenzione mediatica (vedasi le varie foto pubblicate insieme sui social), ma in un ambiente che garantisce diritti e libertà civili, molto diverso dal clima autoritario dell’epoca fascista.

Non ci sono fotografie che rappresentano il duce insieme a Claretta eccetto quella in cui sono appesi insieme a piazzale Loreto, questo la dice lunga su come questo tipo di relazioni vanno intelligentemente gestite soprattutto da parte di chi ha incarichi di rappresentanza del paese.

In un contesto democratico, l’influenza di Alessandra Boccia su Gennaro Sangiuliano sarebbe, se esistente, molto più limitata. La trasparenza e la vigilanza mediatica nelle democrazie moderne riducono la possibilità di influenze occulte, sebbene la vicinanza personale possa ancora suscitare speculazioni.

Ed inoltre, me ne scusi il ministro Sangiuliano, poco conta la sua figura rispetto a quella di Mussolini di allora in termini di potere politico.

Tuttavia, in assenza di un contesto dittatoriale, il loro legame è meno significativo dal punto di vista politico e più personale.

Le conseguenze pubbliche della relazione tra Sangiuliano e Boccia sono molto meno drammatiche. In un contesto moderno, una relazione tra un politico e una persona privata può generare attenzione mediatica, ma difficilmente avrà ripercussioni così gravi come nel caso di Mussolini e Petacci.

Tuttavia, la percezione pubblica di tali relazioni può influenzare la reputazione del politico coinvolto, soprattutto se emergono questioni di conflitto di interesse o altre controversie.

Ma la problematica più grave è quella che nel paese suddetti accadimenti minano la fiducia nell’esecutivo e nel suo leader, e questo esecutivo ne ha di problematiche del genere.

Meraviglia che questo esecutivo sottovaluti come il suo comportamento possa generare danni.

Cerchiamo qui brevemente di spiegarglielo.

L’attenzione spasmodica al chiacchiericcio e al gossip in Italia può essere spiegata attraverso una combinazione di fattori culturali, sociali e mediatici che hanno radici profonde nella storia e nella società italiana.

L’Italia ha una lunga tradizione di vita comunitaria, dove le interazioni sociali giocano un ruolo centrale nella vita quotidiana. Nei piccoli paesi e nei quartieri delle città, il chiacchiericcio e il gossip sono stati per secoli strumenti di coesione sociale, attraverso cui le persone condividevano informazioni, rafforzavano i legami comunitari e mantenevano una certa forma di controllo sociale.

Questo tipo di interazione sociale si è mantenuto vivo anche nelle grandi città e nell’epoca moderna, dove il gossip continua a fungere da collante sociale, permettendo alle persone di sentirsi parte di una comunità più ampia.

I media italiani hanno contribuito notevolmente alla diffusione del gossip, trasformandolo in un vero e proprio settore dell’informazione. Programmi televisivi, riviste e giornali dedicati interamente al gossip e alla cronaca rosa hanno avuto un successo enorme in Italia.

Questa attenzione è alimentata da un sistema mediatico che spesso favorisce notizie leggere e sensazionalistiche rispetto a quelle più serie o approfondite, perché queste tendono a catturare l’attenzione di un pubblico ampio e variegato. La spettacolarizzazione della vita privata di personaggi pubblici ha reso il gossip un elemento centrale dell’intrattenimento.

L’influenza della cultura popolare italiana, con una lunga tradizione di commedia, teatro e letteratura che si concentrano spesso sui vizi e le virtù della società, ha contribuito a rafforzare l’interesse per le storie personali e il gossip.

Dalle opere di autori come Boccaccio, con il suo “Decameron”, fino alla commedia dell’arte e ai film italiani del dopoguerra, c’è sempre stato un interesse per le storie intime, per le relazioni personali e per i pettegolezzi. Questo interesse è stato ulteriormente amplificato dai media moderni.

La società italiana è caratterizzata da una forte attenzione all’immagine e alla reputazione.

In questo contesto, il gossip funge da strumento attraverso il quale le persone monitorano la reputazione altrui e proteggono la propria.

L’importanza attribuita all’apparenza e al “bel vivere” rende il gossip una forma di vigilanza sociale, dove la reputazione è costantemente sotto esame. Inoltre, la dimensione familiare e la rete di relazioni personali sono particolarmente importanti in Italia, e il gossip può influire su queste dinamiche, rafforzandole o, in alcuni casi, minandole.

In un paese come l’Italia, che ha vissuto e continua a vivere momenti di crisi politica, economica e sociale, il gossip offre un’evasione dalla realtà quotidiana.

Le storie di celebrità, scandali e pettegolezzi offrono una forma di intrattenimento che permette di distrarsi dai problemi più gravi.

Questo meccanismo di evasione non è unico dell’Italia, ma nel contesto italiano assume una particolare rilevanza a causa dell’intensità e della pervasività con cui il gossip è consumato e discusso.

Con l’avvento dei social media e della globalizzazione delle informazioni, il gossip è diventato ancora più accessibile e diffuso. Le piattaforme digitali hanno amplificato la portata del gossip, permettendo una diffusione immediata e su vasta scala di notizie, vere o presunte, riguardanti personaggi pubblici e non solo.

In Italia, l’uso estensivo dei social media ha ulteriormente alimentato questa tendenza, rendendo il gossip una parte ancora più integrante della vita quotidiana.

L’attenzione spasmodica al gossip in Italia è il risultato di una combinazione di tradizioni culturali, strutture sociali e dinamiche mediatiche. Il gossip, in questo contesto, non è solo un passatempo leggero, ma una componente radicata nella cultura e nella società italiana, che riflette e rafforza i valori della comunità, l’importanza della reputazione e la necessità di evasione.

Anche se spesso criticato per la sua superficialità, il gossip continua a svolgere un ruolo significativo nel tessuto sociale italiano.

Forse questo esecutivo ha bisogno di consulenti migliori!!

Come ultima cosa, che poi mi ha permesso stanotte di tornare a dormire la mia oretta, è questa considerazione:

Claretta con il suo Ben è andata dritta alla fucilazione, Maria Rosaria con il suo Gennaro dritta in tv!

O tempora, o mores

 

noi lo avevamo già detto!!!

Brava Giorgia, adesso occhio allo spoils system!

per chi volesse approfondire il tema ventennio ricordiamo:

Fascismo: Nessuno è Perfetto




Pola, città oggi non Italiana, vuole Dante Alighieri. Ma Dante pose lì il confine dell’Italia.

 

 

Si parla sempre di difendere i confini degli altri, mentre qualcuno vorrebbe cancellare i nostri, o quelli che rimangono ancora.

Non si parla mai di ciò che avviene o è avvenuto ieri dei Nostri confini, spesso ceduti per qualche spicciolo o… Svenduti ceduti, regalati in maniera tacita e silenziosa, spesso all’oscuro degli stessi Italiani, per evitare …

Così come, scusate il raffronto, sembra avvenire oggi con le Aziende Italiane, oggi scomparse o in mano a stati esteri.

E’ in questa ottica che rileviamo ciò che scrive la Pregiatissima “Accademia di Alta Cultura” a firma del Suo Presidente Giuseppe Bellantonio, che riproponiamo a seguire, per evidenziare una “strana” richiesta del Vicesindaco di Pola.

La richiesta del busto di Dante Alighieri, portato da Pola a Venezia, dove oggi è esposto all’Arsenale, da chi fu costretto a fuggire dalla città Italiana.

Pola, citta brutalmente strappata, insieme ad altre città e territori, all’Italia ed agli Italiani, tra Foibe, persecuzioni criminali ad opera dei comunisti Titini, attentato nella spiaggia di Vergarolla dove si è compiuto un ed r massacro con il più alto numero di morti mai avvenuto nella storia della Repubblica Italiana, e dove tantissimi i bambini furono polverizzati per te t cui si è persa ogni traccia.

Noi lo abbiamo ricordato recentemente, anche se le istituzioni, troppo spesso, dimenticano, con la complicità di tanti Media che tacciono o… negano.

Non vogliamo entrare nel merito della questione, ma solo ricordare, in questa tg fase, che riportare a Pola il busto originale di Dante Alighieri, sarebbe un vergognoso affronto verso tutti quegli italiani cacciati brutalmente da quella città e che con grande rischio hanno voluto togliere il Busto di chi nel tempo indicava il limite dei confini Italiani già nel Suor tempo, quando scrisse la Divina Commedia.

Affronto contro chi ha difeso l’Italia ed i suoi confini, sentendosi appartenente all’Italia, quindi Italiano, Nazario Sauro, che ben spiega la Sua appartenenza all’Italia nella lettera al Figlio scritta in punto di morte, o Cesare Battisti….

Affronto di tutti gli Italiani che sono stati vilmente, brutalmente infoibati.

Affronto di tutte le donne che sono state brutalizzate, violentate, ed uccise o buttate nelle foibe…

Affronto di tutta quella popolazione costretta ad esulare e disperdersi nel mondo, dopo una vera e propria “Pulizia Etnica” perpetrata nel silenzio delle blateranti Organizzazioni Internazionali e di una ignobile complicità dei Governi Nazionali ancora ad oggi.

Affronto a quegli Italiani cacciati dagli stessi Italiani a Bologna 18 febbraio 1947. “L’orologio segnava le 12 e l’altoparlante annunciava l’entrata in stazione di un treno pieno di profughi istriani, giuliani e dalmati… Molti di loro sono donne e vecchi, ma ci sono anche tanti bambini…. “

Tratto da :“Il treno della VERGOGNA” di cui pochi sanno…

E, potremmo continuare.

Ci chiediamo quindi perché dovremmo concedere ciò che è Italiano?

Facciano pure un calco del busto, ma che non sia l’originale.

Il popolo Italiano ha già dato tanto, derubato o svenduto che sia.

Ieri la Corsica, poi Nizza ecc. ceduti, attraverso trattati, per pochi spiccioli a causa di debiti…. poi, dopo la seconda guerra mondiale, L’Istria, la Dalmazia, e Fiume.

Oggi la Francia pretenderebbe il Monte Bianco, e la Svizzera Campione d’Italia?

Ricordiamo, tornando alla storia dell’area di Pola:

L’accordo di Osimo (in francese Traité d’Osimo; in inglese Treaty of Osimo; in serbo-croato Osimski ugovor) è un accordo, siglato a Osimo il 10 novembre 1975 tra i ministri degli affari esteri di Jugoslavia e Italia.

Il trattato di Osimo fu il primo accordo internazionale i cui negoziati per l’Italia non vennero curati dal Ministero degli affari esteri. Le trattative furono condotte deliberatamente in maniera riservata.

Fu ratificato dall’Italia il 14 marzo 1977 (legge n. 73/77) ed entrò in vigore l’11 ottobre 1977

Una vicenda di sangue Italiano, con migliaia di morti, feriti e deportati, ad oggi non si conoscono le cifre ufficiali, contrattati estorti, imposti, e… dove ancora, pur ratificati, non trovano riscontro ed applicazione per gli Italiani, dovrebbe finire a “Tarallucci e Vino” con l’ennesima remissione dell’Italia, e degli Italiani?

Ettore Lembo

 

 

“Perché usare l’Italianissimo simbolo di Dante Alighieri per “strane” rivendicazioni?”

 

“Una notizia apparsa sui mezzi di informazione alla vigilia di Ferragosto, riportava – cito testualmente dallo ‘strillo’ – “L’accorato appello di Bruno Cergnul, vicesindaco di Pola, di riavere il busto di Dante apposto sulla facciata dell’Arsenale…” di Venezia

 

Lo dico con franchezza, la notizia – ufficiale e riconducibile a una ‘accorata’ esternazione di un vicesindaco la cui origine è certamente italiana, e che in loco rappresenta proprio le sensibilità e le possibili istanze della minoranza Italiana di Pola – ha suscitato in me una certa curiosità ma anche sorpresa e meraviglia.

 

Ammetto che – per rinfrescare la memoria – sono riandato indietro all’immediatezza di un dopoguerra più che sfortunato per le popolazioni Italiane di Nord-Est, e in particolar modo quelle di Istriani, Fiumani e Dalmati, ricche di amor patrio e di un forte radicamento alle tradizioni, ai ricordi, alle fatiche, spese per generazioni nel segno di una schietta italianità. Eh sì! Perché è impossibile non ricordare che proprio quelle terre – e come non ricordare anche le questioni e le tensioni legate alle nostre amate e italianissime città di Trento e Trieste – costituirono momento di vero e proprio cruento baratto tra gli Alleati vincitori della II° Guerra Mondiale e il tetro regime che in Jugoslavia era sottoposto a Josip Tito e ai suoi esecutori, qual era Milovan Dilas. Come non ricordare la vera e propria persecuzione etnica che subirono pesantemente e drammaticamente gli Italiani che risiedevano in quelle terre, e i cui uomini avevano versato il loro sangue per l’Italia: come non ricordare il cruento, canagliesco, sterminio – il numero degli Italiani allora uccisi pecca tuttora per difetto – degli Italiani di tutte le età infoibati per mano di bande e militari Jugoslavi, uccisi sì per feroce odio etnico ma anche per derubare quella povera gente di terre, case e beni personali, costringendola all’esilio. Bande cui si unirono, con pari efferatezza, anche miserabili, infami, Italiani: altrettanto violenti, ladri e sanguinari, che forti della forza delle armi e vantando spesso la loro dichiarata appartenenza a bande pseudo-partigiane, saccheggiavano, stupravano ferocemente, uccidevano senza pietà, anche consumando vendette per antiche invidie o rancori prescindendo così da altre motivazioni di tipo etnico e/o politico.

 

Nel rispolverare vecchi testi, ho ritrovato il Trattato Dini-Granic – “Trattato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Croazia concernente i diritti delle Minoranze; Zagabria, 5 novembre 1996” – che all’Art. 3 recita “Tenendo conto dei documenti internazionali rilevanti accennati nel preambolo, la Repubblica di Croazia, nell’ambito del suo territorio, si impegna ad accordare alla minoranza italiana l’uniformità di trattamento nel proprio ordinamento giuridico al più alto livello acquisito; questa unitarietà può essere acquisita attraverso l’estensione graduale del trattamento accordato alla minoranza italiana nella ex zona ‘b’ sul territorio della repubblica di Croazia tradizionalmente abitato dalla minoranza italiana e dai suoi membri”.

 

Leggendone, mi è sorta una domanda: l’esternazione con toni ‘accorati’ di Bruno Cergnul, vicesindaco di Pola, intesa a ottenere in restituzione’ del busto di Dante, allora portato in Italia dai profughi e oggi collocato in una nicchia sulla facciata dell’Arsenale a Venezia, al pari di ogni azione della vita quotidiana, ha delle motivazioni: ma di quale tipo? Credo poco a una boutade personale: quindi, l’antico quesito cui prodest si pone, proprio per voler risalire alle pulsioni che possano aver mosso il vicesindaco Cergnul a formulare la particolare richiesta, fors’anche potenziale causa del possibile rinfocolarsi di polemiche e idonea a riaccendendo dolori mai sopiti.

 

Lo ha fatto per motivazioni squisitamente di tipo ‘culturale’? Come “stava qui” e “qui“ deve tornare? Voglia cortesemente chiarirlo.

 

Lo ha fatto per motivazioni ideologiche, fors’anche di segno politico, personali e/o collettive? Anche in questo caso, voglia cortesemente chiarirlo.

 

Lo ha fatto per una motivazione di tipo sociale, o per captare la possibile benevolenza di una qualche ‘parte’? Sia cortese nel chiarirlo.

 

In ogni caso, di norma, per aderire a una qualsiasi richiesta, è buona norma verificarne lo spessore e le reali motivazioni che possano rendere il richiedente credibile e meritevole di attenzione, piuttosto che i contenuti della richiesta stessa; nel particolare, una tematica fatta di pesi e contrappesi: impossibili da ignorare.

 

Proprio riandando all’Art.3 sopra menzionato è notorio – e il vicesindaco, proprio perché rappresentante in loco della minoranza italiana, non può non sapere – che proprio alcune parti essenziali dello stesso siano tuttora disattese, e non certo da parte Italiana.

 

Ad esempio sono cadute nel vuoto le richieste di parte Italiana di dar luogo a una doppia toponomastica tanto negli atti istituzionali che nelle cartine; l’utilizzo anche della lingua Italiana nelle indicazioni descrittive dei luoghi di interesse turistico e naturalistico; l’applicazione della legge croata che stabilisce ‘Il diritto all’educazione e istruzione nella Lingua e nella scrittura delle minoranze nazionali nella Repubblica di Croazia’, come pure per quanto riguarda l’applicazione concreta delle ‘modello C’, ovverosia ‘l’insegnamento viene svolto in Lingua croata, ma un monte ore che può variare da due a cinque ore settimanali viene dedicato all’insegnamento della Lingua e della cultura della minoranza nazionale nello specifico Lingua e letteratura, geografia, storia, arte musicale, arte figurativa’, che – è di tutta evidenza – includa l’utilizzo e il rispetto della lingua italiana (cfr. Fiume 6-1-2017, comunicaz. della Unione Italiana dal titolo ‘Il diritto all’educazione e istruzione nella Lingua e nella scrittura delle minoranze nazionali nella Repubblica Croazia’; cfr. intervento 7-12-2016 del Presidente della ‘Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati’, dr. Antonio Ballarin, nel corso delle cerimonie per la ‘Celebrazione dei 25 anni dell’Unione Italiana ed i 20 anni del Trattato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Croazia concernente i diritti minoritari’).

 

Quindi, parlando un linguaggio piano e rispettoso verso il vicesindaco, chiederei se sia per lui ‘normale’ o meno formulare richieste pretendendone attenzione e soddisfazione, mentre da controparte Croata molte e più serie inadempienze di Atti ufficiali, formali e istituzionali, restano irrisolte: nonostante il trascorrere del tempo.

 

E ancora: se i profughi Italiani nell’abbandonare le loro case e le loro cose, ritennero di portare con sé ‘quel’ busto di Dante fu perché esso era testimonianza di cultura, patria e di libertà, Italiane: in esso fu anche riposto simbolicamente lo stesso affetto che si rivolge a un familiare, a un parente, trasmettendolo di mano in mano mettendolo così in salvo da mani diversamente degne. Proprio la raffigurazione di Dante Alighieri, tra i massimi rappresentanti della Cultura e della Storia Italiane, che non si poteva lasciare nelle mani di chi tale Storia, tale Cultura, tale respiro antico, non rispettava e anzi offendeva e combatteva aspramente. E ritengo che queste considerazioni – proprio alla luce delle motivazioni relative alla perdurante e tenace in applicazione di parte delle intese istituzionali tra Italia e Croazia – abbiano mantenuto la propria attualità.

 

La stessa impossibilità si riverbera sul rilascio di una eventuale copia proprio di ‘quel’ busto di Dante. Dall’originale dovrebbe ricavarsi un calco da poter lavorare: ma il calco, a contatto con l’originale, ne trarrebbe un quid di immateriale ma esistente: un pezzo dello spirito di quella scultura, se vogliamo. Uno spirito meno peregrino di ciò che possa sembrare. La scultura in questione, così come ogni opera d’Arte, ha in sé la scintilla creativa dell’Artista che la concepì, e tale scintilla permea la scultura stessa. L’Artista in questione fu lo scultore – ma anche pittore, deputato, Direttore e Professore presso il Regio Istituto di Belle Arti di Roma – Ettore Ferrari: lo stesso dalle cui mani capaci ebbe vita anche la Statua di Giordano Bruno, collocata tuttora a Campo de’ Fiori, a Roma. Ferrari – i cui valori erano e sono ben noti, essendo stati improntati nel segno degli Ideali di Tolleranza, Libertà e Fraternità – realizzò per la Città di Pola, un busto dedicato a Dante Alighieri, dando così testimonianza e corpo ancorché simbolico ad alcuni celebri versi danteschi “Sì come a Pola presso del Quarnaro / Che Italia chiude e i suoi termini bagna.”. (cfr. Inferno, Canto IX, versi 113, 114).

 

Certamente, anche l’Artista non avrebbe accettato né gradito – né lo farebbe ora – che la sua opera, con tutto ciò che in essa fosse ed è tuttora riposto e rappresentato, non fosse più nelle mani di coloro cui essa era stata solennemente destinata e quindi consegnata: autentici Italiani, dignitosi e di forte personalità, e non certo gente da ‘poco’. Opera Italiana, di uno scultore Italiano, fatta per la comunità di Italiani residenti allora a Pola, rappresentante anche un Autore e una Cultura unicamente Italiani.

 

Egregio vicesindaco, se permette un sommesso e rispettoso suggerimento; se proprio dovesse accontentarsi di un calco, ma non di ‘quel’ calco, non è meglio comprare un oggetto similare da qualche parte in uno dei negozi lì presenti? Potrà così dire ‘è mio’, è ‘nostro’, anche con enfasi: lo avrà acquistato con i suoi mezzi, e sarebbe veramente e totalmente ‘suo’. E se lo volesse potrà ancor più adoperarsi, con l’usuale vigore che le gocce di sangue Italiano che scorrono nelle sue vene certamente le danno, a far sì che proprio la minoranza italiana presente a Pola, possa lì godere appieno dei propri diritti.

 

E ciò con buona pace di Dante Alighieri, di Ettore Ferrari e delle sensibilità, affatto irrilevanti, di quanti allora subirono offese e violenze inenarrabili, e che dovettero abbandonare terre, case e oggetti di famiglia, ma che non vollero abbandonare il loro simbolo di cultura e italianità, in territorio e in mani non italiane, fors’anche insanguinate.”

Roma, 30 Agosto 2024

 

Accademia di Alta Cultura

Il Presidente

Giuseppe Bellantonio

 

ripreso da https://accademiadialtacultura.blogspot.com/2024/08/perche-usare-litalianissimo-simbolo-di.html

 

Rilevato da BETAPRESS: https://betapress.it/dante-tutti-lo-vogliono-qualcuno-lo-rivuole/




FEUDALITA’ DIGITALE

Viviamo in un’epoca in cui il potere è sempre più concentrato nelle mani di poche grandi compagnie tecnologiche, e questo fenomeno rappresenta una minaccia reale e tangibile per la democrazia e la libertà individuale. I social media, nati come strumenti per connettere le persone e democratizzare l’informazione, si sono evoluti in piattaforme che detengono un controllo senza precedenti sulla comunicazione globale. Questo controllo, se non adeguatamente regolamentato, rischia di alienare i cittadini dalla realtà e di manipolare profondamente le loro percezioni, i loro comportamenti e persino i loro valori.

La Concentrazione del Potere: Un Ritorno alla Feudalità … Digitale

Nel corso della storia, ogni volta che il potere si è concentrato nelle mani di pochi, le conseguenze per la società sono state disastrose. Monarchie assolute, oligarchie e dittature hanno tutte dimostrato che quando il potere non è distribuito equamente, la libertà e i diritti dei cittadini sono i primi a essere sacrificati. Oggi, la concentrazione del potere non avviene più attraverso la forza militare o il controllo diretto del territorio, ma attraverso il controllo delle informazioni e dei dati.

Le grandi compagnie tecnologiche come Google, Facebook e Amazon non solo dominano il mercato economico, ma esercitano anche un’influenza sproporzionata sulla società. Controllano le piattaforme su cui comunichiamo, i motori di ricerca che utilizziamo per ottenere informazioni e persino i mercati in cui acquistiamo beni e servizi. Questo nuovo tipo di “feudalità digitale” mette a repentaglio la nostra capacità di agire come cittadini liberi e informati.

L’Alienazione dei Cittadini: Una Nuova Forma di Controllo Sociale

Karl Marx parlava di alienazione per descrivere la condizione dei lavoratori nel sistema capitalistico, dove essi erano distaccati dal prodotto del loro lavoro e dalla loro stessa umanità. Oggi, questa alienazione si manifesta su scala ancora più ampia attraverso i social media. Le piattaforme digitali, progettate per massimizzare l’engagement e i profitti, manipolano costantemente le nostre emozioni e decisioni, allontanandoci dalla realtà e immergendoci in un mondo costruito su misura per i nostri pregiudizi e desideri più superficiali.

L’algoritmo che decide cosa vediamo sui nostri feed è invisibile, ma incredibilmente potente. Non siamo noi a scegliere cosa leggere, guardare o ascoltare: sono le piattaforme a farlo per noi, basandosi su ciò che cattura maggiormente la nostra attenzione, spesso a scapito della verità e della qualità dell’informazione. Questo porta a una polarizzazione delle opinioni, in cui le persone sono sempre più chiuse nelle loro “bolle di filtraggio”, incapaci di confrontarsi con idee diverse dalle proprie.

L’Effetto Psicologico: Isolamento e Ansia

L’alienazione causata dai social media non è solo intellettuale, ma anche emotiva. Studi hanno dimostrato che l’uso intensivo dei social media è correlato a un aumento dei livelli di ansia, depressione e solitudine, soprattutto tra i giovani. L’ossessione per i “like”, i follower e l’approvazione virtuale crea una dipendenza psicologica che può erodere l’autostima e il senso di sé. Le persone finiscono per misurare il loro valore personale in base a metriche superficiali, perdendo di vista ciò che realmente conta: le relazioni autentiche, la crescita personale e il contributo positivo alla società.

La Manipolazione della Percezione della Realtà

Un altro aspetto preoccupante è la capacità dei social media di manipolare la percezione della realtà. Le fake news, la disinformazione e i contenuti sensazionalistici si diffondono rapidamente, creando una versione distorta del mondo. Questa manipolazione non è sempre intenzionale, ma è il risultato di un sistema che premia l’engagement e il tempo di visualizzazione, piuttosto che la veridicità e l’integrità dell’informazione. Quando milioni di persone vengono esposte ripetutamente a versioni false o esagerate della realtà, queste narrazioni iniziano a influenzare il loro pensiero e comportamento, con conseguenze potenzialmente disastrose per la coesione sociale e la democrazia.

Un Richiamo all’Azione

Il pericolo del concentramento del potere nelle mani di poche grandi compagnie tecnologiche e l’alienazione dei cittadini attraverso i social media non possono essere ignorati. È urgente che i governi e la società civile intervengano per regolamentare queste piattaforme, proteggendo i diritti dei cittadini e garantendo che l’informazione rimanga uno strumento per la verità e non per la manipolazione.

Le soluzioni potrebbero includere la regolamentazione degli algoritmi, l’imposizione di maggiore trasparenza e responsabilità alle piattaforme, e l’educazione digitale per aiutare le persone a sviluppare un pensiero critico e a resistere alle manipolazioni. Inoltre, è essenziale promuovere alternative che permettano ai cittadini di riconquistare il controllo delle loro vite digitali, costruendo comunità online basate su valori condivisi e su una comunicazione autentica.

In conclusione, il concentramento del potere nelle mani di poche grandi compagnie tecnologiche e l’alienazione dei cittadini attraverso i social media rappresentano una minaccia esistenziale per la nostra società.

Se non agiamo ora, rischiamo di perdere la nostra libertà, la nostra capacità di pensare criticamente e, in ultima analisi, la nostra umanità.

È tempo di riprendere il controllo, di riformare il nostro rapporto con la tecnologia e di costruire un futuro in cui il potere sia distribuito equamente e l’informazione sia utilizzata per illuminare, non per oscurare.




Giovani in Cattedra: La Svolta Necessaria per Rinnovare l’Istruzione

 

L’educazione è uno dei pilastri fondamentali della società, poiché attraverso di essa si trasmettono conoscenze, valori e competenze che preparano gli individui a diventare cittadini attivi e responsabili.

In questo contesto, la figura dell’educatore (chiunque docente, professore, maestro) riveste un ruolo cruciale, poiché è colui che, con dedizione e competenza, guida gli studenti nel loro percorso di crescita personale ed accademica.

Sebbene la saggezza e l’esperienza degli educatori anziani siano indubbiamente preziose, vi sono numerosi vantaggi nel promuovere la maggior presenza di educatori giovani all’interno delle istituzioni educative.

Uno dei principali vantaggi dei giovani educatori è la loro energia e vitalità.

L’insegnamento richiede un impegno fisico e mentale notevole, che può essere meglio sostenuto da persone più giovani.

Le lunghe giornate scolastiche, le attività extracurriculari e la gestione di classi numerose sono tutte sfide che richiedono un alto livello di resistenza e dinamismo. I giovani educatori, grazie alla loro maggiore energia, sono spesso in grado di affrontare queste sfide con entusiasmo e proattività, creando un ambiente di apprendimento vivace e stimolante per gli studenti.

La vicinanza di età tra giovani educatori e studenti può favorire una maggiore empatia e comprensione reciproca. I giovani educatori possono ricordare più facilmente le sfide e le preoccupazioni tipiche dell’età degli studenti, il che li rende più capaci di entrare in sintonia con loro e di rispondere alle loro esigenze in modo efficace.

Questa empatia può tradursi in relazioni educative più forti e significative, che sono fondamentali per il successo educativo. Gli studenti tendono a rispondere positivamente quando si sentono compresi e sostenuti, e i giovani educatori sono spesso in una posizione privilegiata per offrire questo tipo di supporto.

La presenza di giovani educatori può anche portare un soffio di innovazione nelle pratiche educative. Cresciuti in un’era di rapide trasformazioni tecnologiche e sociali, i giovani educatori sono generalmente più a loro agio con le nuove tecnologie e metodologie didattiche.

Questa familiarità con le innovazioni può tradursi in approcci didattici più creativi e adattabili, che possono rendere l’apprendimento più coinvolgente e rilevante per gli studenti.

L’uso efficace della tecnologia in classe, ad esempio, può migliorare l’interattività e la personalizzazione dell’insegnamento, facilitando un apprendimento più profondo e duraturo.

La passione per l’insegnamento è spesso particolarmente viva nei giovani educatori, che si trovano all’inizio della loro carriera e sono motivati a fare la differenza. Questa passione può essere contagiosa e ispirare gli studenti a sviluppare un amore per l’apprendimento e una curiosità intellettuale.

La motivazione dei giovani educatori può anche portarli a investire tempo ed energie extra per migliorare le loro competenze e a cercare costantemente modi per rendere le lezioni più efficaci e coinvolgenti.

È importante sottolineare che la presenza di giovani educatori non deve essere vista come un’alternativa alla saggezza e all’esperienza degli educatori più anziani, ma piuttosto come un complemento. Un sistema educativo ideale dovrebbe bilanciare la freschezza e l’energia dei giovani con la profondità di conoscenza e l’esperienza dei più anziani.

I mentori più anziani possono offrire guida e supporto ai giovani educatori, condividendo con loro le migliori pratiche e aiutandoli a crescere professionalmente.

Ecco perché sarebbe necessario rivedere il sistema di insegnamento nel nostro paese dando ai giovani più spazio e permettendo ai docenti più maturi di dare il loro contributo nella crescita dei colleghi più giovani.

Proposta di Riforma del Sistema Scolastico

Obiettivo

L’obiettivo di questa riforma è migliorare l’efficacia del sistema educativo, ottimizzando l’uso delle risorse umane attraverso una struttura che sfrutta le diverse competenze ed energie dei docenti in base alla loro età e esperienza.

Struttura del Sistema Scolastico

  1. Docenti Giovani (sotto i 50 anni)
    • Ruolo: Front End sugli alunni
    • Compiti:
      • Insegnamento diretto in aula
      • Gestione delle attività didattiche quotidiane
      • Utilizzo di tecnologie didattiche innovative
      • Partecipazione attiva in attività extracurriculari
    • Requisiti:
      • Laurea in Pedagogia o simili
      • Specializzazione nella materia di insegnamento
      • Aggiornamento continuo con corsi di formazione specifici
    • Approfondimenti: Metodologie didattiche specifiche per il grado di scuola (elementare, media, superiore)
  2. Docenti Esperti (50-60 anni)
    • Ruolo: Tutor dei giovani docenti, nessuna attività d’aula
    • Compiti:
      • Mentoring e supporto per i docenti giovani
      • Supervisione e valutazione delle attività didattiche
      • Condivisione di esperienze e migliori pratiche
      • Coordinamento di progetti educativi e curriculari
      •  
  3. Pensione (dopo i 60 anni)
    • Ruolo:
      • Pensionamento con possibilità di contributo come consulenti o formatori esterni
    • Compiti:
      • Collaborazione occasionale in progetti speciali
      • Partecipazione come formatori in corsi di aggiornamento per docenti
    • Requisiti:
      • Contributi significativi durante la carriera
      • Disponibilità a partecipare a programmi di mentoring su base volontaria

Implementazione Progressiva

  1. Fase 1: Analisi e Pianificazione (Anno 1-2)
    • Valutazione delle risorse attuali
    • Definizione dei criteri di selezione e delle procedure di transizione
    • Pianificazione dei corsi di aggiornamento per i docenti esistenti
  2. Fase 2: Formazione e Transizione Iniziale (Anno 3-5)
    • Inizio dei programmi di formazione per i docenti giovani e tutor
    • Implementazione graduale dei nuovi ruoli nelle scuole pilota
    • Monitoraggio e valutazione dei risultati
  3. Fase 3: Espansione e Consolidamento (Anno 6-10)
    • Estensione del modello a livello regionale e nazionale
    • Aggiornamento continuo delle pratiche formative
    • Rafforzamento dei programmi di mentoring e supporto
  4. Fase 4: Revisione e Ottimizzazione (Anno 11 in poi)
    • Valutazione complessiva del sistema
    • Aggiornamento delle politiche e delle pratiche basato sui feedback raccolti
    • Continuo adattamento alle esigenze educative emergenti

Benefici Attesi

  • Maggiore Energia e Innovazione: I docenti giovani, essendo più vicini in età agli studenti e più aggiornati sulle nuove tecnologie, possono introdurre metodi didattici innovativi e coinvolgenti.
  • Supporto e Sviluppo Professionale: I docenti esperti offrono un prezioso supporto ai colleghi più giovani, garantendo un passaggio fluido di conoscenze e competenze.
  • Qualità dell’Insegnamento: La combinazione di docenti giovani energici e docenti esperti saggi migliora la qualità complessiva dell’insegnamento.
  • Transizione Serena alla Pensione: La struttura consente ai docenti anziani di contribuire ancora al sistema educativo, pur godendo di un meritato riposo.

Questo nuovo modello scolastico mira a creare un ambiente educativo dinamico, sostenibile e orientato al futuro, in grado di rispondere efficacemente alle sfide educative del XXI secolo.

In conclusione, la presenza di giovani educatori nel sistema educativo è di fondamentale importanza per garantire un ambiente di apprendimento dinamico, empatico e innovativo. La loro energia, capacità di relazionarsi con gli studenti, familiarità con le nuove tecnologie e passione per l’insegnamento sono tutte qualità che contribuiscono a migliorare l’efficacia dell’educazione.

Tuttavia, è essenziale che vi sia un equilibrio tra giovani e anziani educatori, affinché l’energia dei primi e la saggezza dei secondi possano combinarsi per offrire agli studenti il miglior percorso educativo possibile.

In ogni caso dobbiamo prenderci del tempo per rinnovare tutta la scuola italiana e smetterla di fare interventi ad minchiam come togliere le ore di laboratorio, filiere 3+6, 5+7, 4+2, o fesserie simili, tutor di chissà quale schieramento, e astropanzanate simili, che durano uno o due anni e di cui poi nessuno verifica i danni fatti.

La vogliamo finire di assumere in maniera indiscriminata, di parlare di inclusione quando non c’è, di affidarci solo alla buona volontà dei docenti che comunque nuotano in un mare in tempesta?

Vogliamo rifarla seriamente questa scuola?

Vogliamo finalmente creare una macchina da guerra seria in grado di affrontare il prossimo difficilissimo futuro per i nostri giovani?

Vogliamo creare scuole con strutture organizzative serie, con una gerarchia seria fatta da vicepresidi ufficiali e non farlocchi, da staff veri e non a preferenza, da segreterie scolastiche professionali e non da Cayenne dimenticate nel tempo??

Non si offenda nessuno, ma occorre intervenire.

 

Non vogliamo dire che questa proposta per i ruoli dell’insegnamento sia la migliore del mondo, ma sarebbe il caso da partire da qualcosa invece che trascinare la scuola italiana nell’abisso più oscuro del qualunquismo o in riforme senza capo ne coda con il solo intento di azzerare la capacità critica nei giovani, di renderli sempre più IGNORANTI (da ignoro latino ovviamente), di spegnere i loro sogni o peggio di farli allontanare da questo paese. .

 




Pittoni, doppio canale reclutamento prof, può battere supplentite

“Meno studenti, più insegnanti titola oggi un quotidiano. Battuta spesso utilizzata per suggerire riduzioni delle risorse assegnate al sistema scolastico. Ma è vera solo a metà. La percentuale di docenti titolari (quelli cioè che possono garantire la continuità didattica alla base della qualità del servizio) è da tempo in caduta libera. Quest’anno si sfonderà probabilmente il record assoluto delle supplenze (ci avviciniamo alle 300mila unità) che dovranno coprire i posti effettivamente necessari. A conferma dell’urgenza di un meccanismo di reclutamento degli insegnanti a doppio canale in base a merito ed esperienza, invece di limitarsi al tradizionale concorso per titoli ed esami con tempi ormai fuori dalla realtà”. Lo scrive sulla sua pagina Facebook il responsabile del Dipartimento Istruzione della Lega Mario Pittoni.

Fonte Ansa




Dove va la chiesa?

Che strada prenderà la “Chiesa sinodale”

voluta da Papa Francesco?

 

Oggi nel mondo “progressista” l’imperativo culturale è di essere nell’ordine: ”inclusivi”, “resilienti”, “sostenibili”, “green”, “accoglienti”, “politically correct”, ovviamente “antifascisti” e – se vogliamo essere al top del progressismo – anche “democratici” con tanto di tessera. Un tocco di cultura “woke”, giusto per utilizzare un termine esterofilo, non guasterebbe, ma da noi in Italia è ancora poco conosciuta, anche se c’è da ritenere che arriverà presto.

Con una simile carta d’identità si può stare certi che si finisce sulle pagine dei principali quotidiani di sinistra, come pure nei dibattiti delle variegate reti televisive presenti sul mercato. Infatti, nel nostro incompiuto bipolarismo odierno abbiamo: da una parte coloro che si ritengono “progressisti”, cioè i depositari del futuro luminoso già intravvisto da Marx, Lenin, Stalin, Mao, Pol Pot e da tutti gli epigoni delle svariate e sanguinarie rivoluzioni comuniste. Dall’altra i più modesti e moderati “conservatori”, alcuni dei quali non sempre sinceri, con le loro sfaccettature di centro, centro-destra e destra fino alle ali più estreme, ali che esistono del resto anche a sinistra.

Perché tutta questa premessa su destra-sinistra in un articolo che dovrebbe parlare del Papa? Perché legittimamente sempre più cattolici italiani, ma anche di tutto il mondo, si stanno interrogando se il pontefice attuale, Francesco, al secolo Jorge Maria Bergoglio, sia un po’ troppo “progressista” e se abbia intenzione di cambiare dall’interno, in maniera radicale, la Chiesa a lui affidata come successore dell’apostolo Pietro.

Non vorremmo essere irriverenti verso questo pontefice venuto “da molto lontano”, che nei fatti, sin dai primi giorni, si è dimostrato “rivoluzionario” se non addirittura eversore della tradizione apostolica cui eravamo abituati a conoscere con Giovanni Paolo II e con Benedetto XVI. Infatti ha concesso interviste al direttore di Repubblica, Scalfari, che non registrava ma mandava a memoria le sue risposte e poi le proponeva “molto liberamente” in lunghissime interviste non smentite dall’autore. Forse per questo sono iniziate a fare capolino affermazioni deflagranti che ci hanno stupito.

Saltando il “chi sono io per giudicare”, riferito a un gay “che cerca Dio”, Francesco non ha aggiunto che per evitare il peccato mortale e il rischio di “finire all’Inferno” sia opportuno che lo stesso gay smetta di compiere atti di amore omosessuale. Sembra del resto, non avere ricordato ai fedeli che la “castità” è un valore che si riferisce a tutti, eterosessuali e omosessuali, donne e uomini, sposati e single, consacrati o semplici credenti. Per lo più, il Papa evita di richiamarlo apertamente, così che sembra che la castità sia scomparsa dal “radar” ecclesiale. Ebbene, muovendo verso l’oggi dopo la follia della adorazione in Vaticano della Pachamama, una sorta di divinità delle tribù amazzoniche, davanti alla quale scandalosamente si sono inchinati preti e vescovi, prelati e semplici chierici. Nessuno si è dimenticato della “apertura” alle coppie irregolari, dove in pratica la situazione di evidente e aperto adulterio viene accettata e giustificata visto che possono prendere la comunione. Come anche la “benedizione delle coppie omosessuali” fatta di nascosto, senza ufficialità ma comunque fatta da un prete, una specie di preludio alla accettazione futura del matrimonio omosessuale perché “Dio accetta tutti tutti tutti, così come sono”,

Queste le parole spesso usate dal Numero uno in Vaticano verso gli LGBTQ+ …

E che dire della benedizione delle politiche green, come pure dei vaccini per il Covid definiti da Francesco un “atto d’amore”? Oppure del sostegno aperto alle tesi del World Economic Forum con le politiche antiumanistiche sul “grande reset”? E, andando avanti con le stranezze verso le quali Francesco ci ha abituato, come valutare le scelte accomodanti con la Cina tramite l’accordo bilaterale col quale, di fatto, il governo cinese mette becco sulla scelta di vescovi potendo imporre quelli “amici” del regime?

La novità più recente, e forse più importante, è quella odierna che riguarda la terza fase del Sinodo dei vescovi che si terrà in ottobre.

Orbene, anche qui la novità grossa è che Francesco sta imponendo una “agenda” ecclesiale basata sul concetto che la mentalità “sinodale” dovrebbe essere quella che regge e orienta la Chiesa del futuro, secondo la quale, il ruolo della gerarchia “Papa, Cardinali, Vescovi, Parroci ecc.” viene ridotto quasi a, e dove a imperare in una sorta di nuovo “parlamento ecclesiale” è appunto l’assemblea sinodale all’interno della quale tutti possono dire la loro. Curiosamente, quasi si arriva a utilizzare il principio grillino dell’ “uno vale uno”, nel senso che l’ultimo dei fedeli potrebbe essere portatore di una visione di valori e di istanze reputate equivalenti o superiori a quelli espressi dalla stessa gerarchia, la gestione dei fedeli potrebbe essere affidata a una sorta di assemblea di base all’insegna di un inedito “politically correct” ecclesiale.

Perché ci soffermiamo su questi aspetti? Perché la visione di Francesco, almeno ciò che si lascia intuire, è quella di spostare l’asse culturale e gerarchico della Chiesa cattolica verso una sorta di “progressismo inclusivo e resiliente”, dove si prefigurano senza dirlo apertamente, una nuova struttura ecclesiale in stile protestante, con il Papa non più apertamente considerato Vicario di Cristo in terra e coi pieni poteri a lui conferiti “Ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”, ma una sorta di primus inter pares, che dialoga con luterani, ortodossi, evangelici e similari quasi alla pari, rinunciando nei fatti all’autorità conferita a Pietro e ai suoi successori un paio di migliaia di anni fa da Gesù in persona.

Sarà giusta questa interpretazione progressista della Chiesa di Francesco? Oppure la sua “Chiesa sinodale” è una forzatura riduttiva e snaturante della Chiesa tradizionale che abbiamo sin qui conosciuto? Lo “strumento di lavoro” del Sinodo varato nei giorni scorsi lascia aperte molte domande su questioni quali ruolo della gerarchia, assemblee sinodali, ruolo delle donne, accoglienza e integrazione dei gay e di tutte le minoranze possibili e immaginabili. Nel frattempo con i riottosi che cercano di resistere alle sue novità, definite “processi”, Francesco ci va giù pesante e con chi non “si allinea”, è forse un esempio mons. Viganò e diversi istituti religiosi maschili e femminili “tradizionalisti”, arrivano scomuniche, espulsioni dallo stato religioso, confisca dei beni dei monasteri, riduzione sul lastrico di interi gruppi di suore o religiosi colpevoli di essere legati ai loro carismi all’ “antica”.

Per i credenti “normali”, come probabilmente molti di noi sono, il momento è molto preoccupante ma anche promettente.

O la Chiesa prende coscienza che qualcosa di profondo sta avvenendo, oppure c’è il rischio che fra qualche anno o decennio ci sveglieremo e scopriremo che quella istituzione spirituale voluta da Gesù si sia trasformata in una specie di gigantesca Ong, se non peggio ….

Molti lo temono, altri sono fiduciosi che non accadrà.

Non praevalebunt, ovvero le porte degli inferi non prevarranno.

Il Credente




Pepito Torres: Grande Artista Internazionale.

Il Maestro della fotografia, capace di far brillare la musica con il canto.

 

Il vero artista diventa grande quando sa uscire, con vero coraggio e passione, dal proprio indirizzo, ancor di più, se ha riscosso con esso grandi successi e riconoscimenti, e sa dedicarsi ad altre forme rappresentative.

E’ il caso del Maestro Pepito Torres, eccellente e raffinato fotografo internazionale, capace di cogliere, con l’obiettivo della sua macchina fotografica, particolari emozioni e trasmetterle al grande pubblico.

Carla Fracci, Nureyev, Vassilyev, nomi di chiara fama, sono stati da lui immortalati nel suo lungo percorso che inizia negli anni 70.

Quasi tutti i generi fotografici sono stati sfiorati con grande maestria, arrivando anche a produrre numerosi servizi per PlayBoy, nota rivista USA con edizione Italiana, il cui logo era stilizzato con la testa di coniglio dalle lunghe orecchie con addosso un farfallino da smoking.

Numerosissime le attrici e le personalità di moda e spettacolo che posavano con l’intento di essere la PlayMate del mese in un travolgente mix di erotismo e sensualità che giammai scadeva nel volgare o peggio nella pornografia.

Per questo si affidavano ad artisti dall’elevata professionalità di cui Pepito faceva indubbiamente parte, vista la sua lunga permanenza.

Talent scout di successo, non a caso Heather Parisi è stata fotografata da lui dagli albori della sua carriera con scatti pubblicati sulle principali riviste nazionali ed internazionali.

Fotografo che lo ha portato in giro per il mondo con scatti di elevata particolarità e pubblicati dal Touring Club Italiano al punto da decidere di diventare editore della rivista internazionale Belmondo che ogni anno pubblica il suo numero in ben quattro lingue.

Un’opera che rimarrà nella storia “Roma anno Zero”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, è stata da lui realizzata in uno dei momenti più incredibili ed impensabili per la prima ed unica volta, tanto che ci auguriamo vivamente non tornino più.

“Nei due mesi del lockdown totale, Pepito Torres si è aggirato per le strade e le piazze della città con la sua macchina fotografica, raccogliendo testimonianze inedite di una Roma deserta, vuota, silenziosa, sospesa nell’incanto della sua assoluta bellezza.”

Ma Pepito ha nel cuore un’altra grande passione che lo trascina, lo coinvolge, gli fa ardere il desiderio di esprimersi ed offrire al suo amato pubblico un altro lato della sua grande capacità artistica, non senza prima curare ogni aspetto, ogni risvolto, studiare con grande passione e con grande attenzione, come solo un attento artista sa fare, ma rivolto, questa volta, al canto.

Così grazie a Salvatore Martino, poeta ed attore, che gli suggerisce quelle tecniche di impostazione vocale, per far si che possa venir fuori il meglio dalla voce, e grazie a “Maestro Viko”, Liano Concolino, con il quale, scoltando alcuni brani lo convince a realizzare un concerto, Pepito riesce a dare seguito alla sua grande passione.

Una passione forte, repressa da fattori esterni, personali, molto personali che gli provocano grande dolore interiore, percepibile solo quelle poche volte che ne parla, e che solo nel 2014 dopo una lunga preparazione, fortemente voluta e desiderata, quasi “agognata” riesce a tirar fuori, sorprendendo tutti, esibendosi con un microfono in mano, cantando un repertorio di tutto rispetto di eccellenti brani spagnoli e latino americani.

Al Palazzo Santa Chiara in Roma, ha offerto al suo pubblico il suo canto, passando così da dietro a davanti l’obiettivo, facendo sì che questa volta fosse lui ad essere immortalato.

Numerosissimi i VIP, in un teatro stracolmo, che hanno avuto la possibilità di gustare un vero e proprio concerto di elevatissimo prestigio.

Ma Pepito non vuol fermarsi, ed ancora al Teatro Santa Chiara da prova del Suo personale grande talento nel canto qualche anno dopo.

Circondandosi e scegliendo con grande cura artisti, maestri di elevata fattura, con al pianoforte il Maestro Paolo Iurich, che ha curato gli arrangiamenti, alla chitarra classica ed acustica Gianfranco Federico, al basso Fabrizio Cucco, alla batteria Adamo De Santis, alle percussioni Walter Paiola, alle tastiere Danilo Riccardi, ed al sax e flauto Massimiliano Filosi, il Maestro Pepito Torres ha dato vita ad una serata indimenticabile cantando “Palabras De Amor” per i suoi amici.

Un successo, come riportano le indicazioni tratte dai numerosi commenti che si trovano su tutti i social e dalla grande partecipazione a quel concerto, nato, voluto, realizzato ed eseguito da quel grande fotografo che ha dato lustro a tanti artisti ed a tanti luoghi nel mondo.

Un successo che vuole bissare, convinto, e non a torto, che la musica ed il canto sono quelle espressioni artistiche che più trasmettono emozioni, che trasportano la mente, che fermano il tempo riportandoci in una dimensione di confort.

La scelta accurata dei brani, che a tanti, giovani e meno giovani, suscitano quelle emozioni che trasportano nei più bei ricordi della vita, dell’amore, della tenerezza del romanticismo che portiamo dentro ciascuno di noi, e che purtroppo si allontanano sempre più perdendosi in quello che il rumoroso frastuono oggi ci propone.

Qualcuno direbbe “Chansonnier”, autore ed interprete di canzoni, certo, brani spagnoli, conosciuti anche in Italia e che fanno sognare.

“Tres Palabra”, “Eu sei que vou te amar”, “Historia de un amor”, “Alfonsina y el mar”, “ Amapola”, “Cuando vuelva a tu lado”, “Por el amor de una muijer”, “Cuenta comnigo”, “Les feuilless mortes”, “Lo que me queda por vivir”, “ El porompompero”, “Quien sera la que me quiera a mi”,sono tutti brani che Pepito Torres ha riproposto al Teatro degli Eroi, in via Girolamo Savonarola 36 Roma, il 6 Giugno, mantenendo così la promessa fatta al suo numerosissimo pubblico che ha riempito la platea.

Platea che ha consacrato il Maestro Pepito Torres, come vero punto di riferimento di quella musica, di quei brani eseguiti con grande maestria, che appassionano, che stimolano quella sensualità, pulita, limpida, rispettosa, che lascia trasparire quel forte erotismo, che oggi sembra essersi perduto, specialmente nelle nuove generazioni.

Accompagnato al pianoforte dall’eccellente Maestro Sebastian Marino, che ha eseguito i brani, alternandoli con musiche ed opere classiche di altissimo livello.

Il Maestro Sebastian Marino, musicista compositore ed esecutore, diplomato a pieni voti presso il conservatorio “L. Refice” di Frosinone, dal tocco delicato, leggero e raffinato, spettacolo non solo per le orecchie degli amanti del pianoforte, ma anche per la vista di coloro che amano ascoltare, anche con la vista, estasiati nel vedere le mani del pianista sulla tastiera, volare con grazia e leggerezza.

Per questo considerato talento emergente del panorama italiano.

Il suo album d’esordio “Incipit” è da poco uscito con l’etichetta Indaco Record.

Ma le sorprese della serata non finiscono qui, e nella seconda parte, dimostrando di avere un estro non comune, Pepito Torres introduce “la sorpresa” dell’ultimo momento che ha mandando in visibilio il folto e competente pubblico.

Il Maestro Gino Mariniello, con il quale si accompagnerà esibendosi con il brano “El porompompero” interpetrata in maniera personale e brillante, dando un taglio diverso da come il concerto era stato impostato fino a quel momento, in aggiunta al Maestro Sebastian Marino.

Gino Marinelli, grande chitarrista Italiano, inizia a suonare la chitarra da bambino, a soli sei anni, a nove studia chitarra classica presso l’Accademia Musicale di Varese per poi accedere al conservatorio di Milano, Giuseppe Verdi.

Vari i generi musicali che nel corso del tempo studia, dalla musica jazz, al rock e fusion… così nel 1995 fa il passo in RAI, con varie esibizioni in trasmissioni suonando chitarra classica, chitarra acustica, elettrica e mandolino.

Non è da tutti suonare per artisti come Andrea e Matteo Bocelli, David Foster, Lionel Richie, Philip Bailey, tanto per citarne alcuni.

L’eccellente esecuzione del Maestro Marinelli, con arpeggi veramente di grande capacità, il tocco magistrale del Maestro Marino e la voce dalla raffinata con la tecnica flamenca del Maestro Pepito sono diventati un vero punto di riferimento per la musica latino americana.

E’ nella perfetta sintonia del trio, evidenziata in tutta la seconda parte, che i brani cantati da Pepito hanno assunto una colorazione unica, trasportando il pubblico verso l’Andalusia terra del mediterraneo o verso il bolero, classico di quelle terre lontane, ma proprio grazia alla musica, vicine.

Emozioni che Pepito Torres ha saputo offrire, in maniera diversa dal suo modo visivo, stando dietro l’obiettivo che in questo caso ha lasciato ad altri, ma davanti l’obiettivo curando nei minimi particolari, come solo un vero artista sa fare, la musica per l nostre orecchie.

Ettore Lembo




Caro lettore la critica è attività giornalistica.

Rispondo ad un nostro caro lettore che mi segnala che a volte la critica a questo paese è immotivata.

Mi dica Lei caro lettore se questo paese è scevro da possibilità di critica, che in realtà non andrebbe diretta a questo paese, ma a chi lo governa.

Mi trovo a scrivere queste righe con un misto di amarezza e amore profondo per la nostra amata Italia, una terra che, nonostante tutto, continuo a sentire nel cuore come una parte fondamentale della mia stessa essenza.

È impossibile non notare il degrado morale e politico che ha pervaso la nostra nazione negli ultimi decenni.

La corruzione dilagante, la perdita dei valori tradizionali, l’indebolimento delle istituzioni e la crescente disuguaglianza sociale sono tutte piaghe che minano la grandezza di questo paese che, un tempo, era faro di civiltà e cultura per il mondo intero.

La gloriosa storia della nostra patria sembra essere dimenticata, sepolta sotto un cumulo di decadenza e superficialità.

Non posso nascondere il mio disprezzo per ciò che l’Italia è diventata.

Mi rattrista vedere come il nostro spirito nazionale sia stato eroso da una globalizzazione sfrenata e da un relativismo morale che tutto abbraccia e nulla valorizza.

Siamo diventati una nazione che sembra aver perso il senso di sé, incapace di riconoscere la propria identità e i propri meriti.

Eppure, nonostante tutto, amo profondamente questo paese.

Amo l’Italia non solo per la sua storia gloriosa, ma per ciò che essa rappresenta nella sua essenza più pura.

Le nostre nobili tradizioni, la nostra cultura millenaria, la nostra arte sublime, la nostra lingua melodiosa, sono tutte testimonianze di una grandezza che non può essere cancellata da nessuna crisi contemporanea.

Amo l’Italia dei grandi pensatori, dei poeti, dei musicisti, degli artisti che hanno plasmato il volto della cultura mondiale.

Amo l’Italia dei patrioti, di coloro che hanno combattuto e sacrificato la propria vita per un ideale di libertà e unità.

Amo l’Italia delle persone comuni, dei contadini, degli artigiani, dei lavoratori che, con il loro impegno quotidiano, hanno costruito e continuano a costruire le fondamenta della nostra società.

Critico l’Italia dei maneggioni, dei raccomandati, dei politici incapaci, delle istituzioni insulse ed inutili.

Credo fermamente che, nonostante le difficoltà attuali, l’Italia abbia in sé la capacità di risollevarsi.

Le nostre radici sono profonde e solide; la nostra cultura è un patrimonio che nessuna crisi può davvero distruggere.

Dobbiamo riscoprire i valori che ci hanno resi grandi, rispolverare l’orgoglio di essere italiani e lavorare insieme per costruire un futuro che sia all’altezza del nostro glorioso passato.

Il mio amore per l’Italia è una fiamma che non si spegnerà mai, alimentata dalla speranza che un giorno, non lontano, potremo vedere una rinascita della nostra grande nazione.

Fino a quel momento, continuerò a lottare, a criticare, a sperare e ad amare questo paese con tutto me stesso.

E le aggiungo, amato lettore, che la critica, quando diviene strumento per il miglioramento, è sicuramente Attività giornalistica con la A maiuscola.

 

se ha due lire da splendere compri pure il mio ultimo libro potrebbe essere un aiuto a capire come mai siamo giunti qui.

 

 

 

Il vero partito deve essere l’Italia

 




Caro Direttore,

 

Le scrivo per spiegare per punti le ragioni profonde che mi hanno portato a non esercitare il mio diritto di voto alle recenti elezioni.

Come intellettuale di destra, questa scelta può apparire controintuitiva o addirittura incoerente, ma credo fermamente che sia necessaria una riflessione critica su ciò che sta accadendo nel nostro panorama politico.

Disillusione e Tradimento degli Ideali

Negli ultimi anni, ho osservato con crescente preoccupazione il tradimento degli ideali fondanti della destra italiana.

Il conservatorismo, che dovrebbe essere radicato nei valori di tradizione, ordine e responsabilità, è stato progressivamente svuotato e trasformato in un mero strumento di potere.

I partiti che si professano di destra hanno spesso abbandonato la difesa dei principi morali e culturali in favore di strategie populiste e demagogiche che cercano solo il consenso immediato.

Mancanza di Visione e Leadership

Un’altra ragione che mi ha portato a non votare è la palese mancanza di una visione chiara e di una leadership forte.

I leader attuali sembrano più interessati a mantenere il loro status che a promuovere un progetto politico coerente e lungimirante.

L’incapacità di proporre soluzioni concrete ai problemi reali del Paese – come la sicurezza, l’immigrazione, l’economia stagnante e il declino culturale – ha fatto sì che molti elettori, me compreso, si sentano abbandonati e privi di rappresentanza.

Populismo e Semplificazioni Pericolose

La deriva populista è un altro elemento che mi ha fortemente scoraggiato.

La politica ridotta a slogan e la continua ricerca di capri espiatori non solo sono inefficaci, ma minano anche la coesione sociale e la fiducia nelle istituzioni.

La destra, per essere credibile, dovrebbe invece promuovere un dibattito serio e approfondito, basato su dati e analisi, e non alimentare divisioni e paure irrazionali.

Corruzione e Interesse Personale

Gli scandali di corruzione e l’uso disinvolto del potere a fini personali hanno ulteriormente eroso la mia fiducia nei confronti della classe politica.

La mancanza di etica e di responsabilità, elementi che dovrebbero essere al centro dell’agire politico, sono diventati ormai la norma. Questo comportamento non solo tradisce gli elettori, ma danneggia anche l’immagine della destra e della politica in generale.

Un Richiamo alla Rifondazione

La mia scelta di non votare è un segnale di protesta e un richiamo alla rifondazione.

Credo fermamente che sia necessaria una profonda riforma interna dei movimenti di destra, che recuperi i valori autentici e li traduca in un progetto politico serio e sostenibile.

Solo attraverso un rinnovamento radicale sarà possibile riconquistare la fiducia dei cittadini e costruire una destra forte e credibile, capace di affrontare le sfide del nostro tempo.

In conclusione, non si tratta di apatia o indifferenza, ma di una scelta consapevole e dolorosa.

Mi auguro che questo gesto possa contribuire a un dibattito costruttivo e a una presa di coscienza all’interno della nostra area politica.

Solo così potremo sperare in un futuro migliore per il nostro Paese.

Con stima,

B.M.