Beatrice Peronaci

In questo periodo di Covid-19, il mondo scolastico ha messo in luce  criticità  – ha dichiarato Beatrice Peronaci, responsabile provinciale dei giovani di Forza Italia – che sono state sottovalute a partire dall’attuale ministro della pubblica istruzione.  Partiamo dal presunto possesso  ed  utilizzo dei devices come i pc, smartphone, tablet, stampanti :  anche laddove tutte le famiglie fossero fornite degli adeguati strumenti, non si può dare per scontato che conoscano il corretto utilizzo dei vari programmi e applicazioni. Per non parlare della connessione di cui, purtroppo, non tutti possono usufruire.  Se consideriamo l’utenza, trattandosi di scuola primaria e cioè bambini tra i sei e gli undici anni,  essi necessitano di essere seguiti, passo dopo passo nello svolgimento dei compiti. Proporre  lezioni in streaming, classi virtuali, video lezioni ed altre attività multimediali, per le famiglie e i bambini può diventare un impegno troppo gravoso, specialmente se si considera che molti genitori sono impegnati di per sé nello smart working, contendendosi nella maggior parte dei casi i dispositivi tra i membri della stessa famiglia. Inoltre poiché sono tante le famiglie di origini straniere che a stento conoscono la lingua italiana, è stato sottovalutato il divario socio-economico-culturale già esistente in condizioni “normali” ma che  viene accentuato dalla pratica adottata creando discriminazioni ancora più evidenti.  Infine registriamo una mancanza di uniformità in quanto ogni dirigente scolastico impartisce ai docenti direttive diverse, creando così grosse differenze nello svolgimento della didattica a distanza, anche all’interno della stessa provincia. Constato tutto ciò, riteniamo opportuno – ha concluso la responsabile provinciale dei giovani di forza Italia – che si torni il prima possibile, seppure con i limiti oggettivi della didattica on line e che le criticità che ho evidenziato, ad una uniformità ed una normalità scolastica. In tal senso,  proponiamo innanzitutto l’annullamento delle giornate di recupero debiti del primo quadrimestre e riteniamo che ad oggi sia importante continuare il programma e terminarlo dove è possibile; la  promozione o la bocciatura dovrebbero avvenire  in base ai risultati del secondo quadrimestre, lasciando agli insegnanti la decisione di come gestire eventuali insufficienze derivate dal primo o dal secondo quadrimestre;  Infine chiediamo che il Ministero della Istruzione faccia al più presto chiarezza sull’esame di maturità. Infatti  nonostante le difficoltà, bisogna dare indicazioni più chiare per lo svolgimento della prova più importante del loro percorso scolastico.”

 

Andrea Vaccaro




Buona Notte, cara Ministra, vada a dormire, che è meglio…

 

Un mio caro amico, che mi conosce molto bene, quando la sera straparlo, non mi asseconda, anzi, mi dice: “Vai a dormire che è meglio…”

Stasera, mentre Lei stava parlando in diretta, sulla gestione della scuola, in questo periodo di emergenza, avrei voluto gridarle in faccia anch’io lo stesso consiglio, vagamente perentorio.

“MINISTRA, VADA A DORMIRE CHE E’MEGLIO”.

Perché, mi creda, Lei stasera non stava parlando, ma stava straparlando!

Certo, che avrebbe detto di tutto e di più, ce lo potevamo pure immaginare… 

Perché, del resto, Lei stessa, aveva già deciso di perdere credibilità, davanti al Paese, quando, ieri sera, ha scelto di andare da Fazio a “Che tempo fa”, per parlare delle novità della scuola, prima ancora che il decreto fosse firmato.

E lo ha pure anticipato su fb, annunciando che di esami di Stato, valutazione, didattica a distanza e del nuovo decreto Scuola ne avrebbe parlato in un salotto televisivo.

Salotto televisivo, non aula di Parlamento, perché è proprio quello che le importa, apparire, non agire.

Dunque, ancora una volta, ha scelto la tv prima del Parlamento, per trattare documenti non definitivi, assecondando il solito strascico di polemiche.

Polemiche esaltate ancor più dalle sue dichiarazioni di stasera.

Infatti, come dicevo, Lei, stasera ha superato sé stessa, e pure ogni altro limite politico di questi giorni.

E le spiego pure il perché.

DIDATTICA A DISTANZA

In diretta, non ha mai avuto il coraggio di pronunciare la parola “obbligatoria” riferito alla DAD.
La chiama “chiave di volta”, “non opzionale” e quindi???

Altre polemiche ed incomprensioni.

La FORMAZIONE A DISTANZA OBBLIGATORIA, o vivamente proposta, se non imposta, è nettamente incongrua rispetto ai tempi che stiamo vivendo.

Siamo di fronte ad una delle pagine più tristi della nostra storia.

Siamo impegnati, almeno noi cittadini (voi politici non so…) in una riflessione personale e sociale che richiede tempi di elaborazione lunghi per poter fare scelte di senso.

Di fronte al cambiamento non si può agire in modo precipitoso.

Le risposte devono essere giuste.

Una scuola giusta richiede un tempo lungo, fatto di confronto e di dialogo significativo, teso a valutare vantaggi e svantaggi di ogni scelta.

Scelte, che comunque, devono essere utili a preservare la tutela dei diritti per tutti.
Non mi sembra questo il momento di compiere scelte precipitose e di vantare competenze inesistenti.

Questo è il tempo del dolore e della solidarietà sociale.

 

Bene, Lei e tutto il suo entourage, per tutto rispetto, avete sparato fuori un missile LA DIDATTICA DIGITALE, una sorta di panacea di tutti i mali, con una leggerezza vergognosa, uno strumento palesemente anticostituzionale, antidemocratico nella scuola italiana dei nostri giorni.

Ma lo vuole capire che La DIDATTICA A DISTANZA NON E’ PER TUTTI?!?
Chi come ROSOLINO CICERO, Segretario di Ancodis, ha curato il rilevamento dei dati relativi al possesso di dispositivi adeguati per svolgere la DaD, ha fatto un’amara scoperta, peraltro prevedibile, ma ora certificata in un report al Miur.

La maggior parte degli alunni è privo di dispositivi digitali, o se li ha, essi non sono adeguati, oppure non ha una connessione efficace alla DaD.

La rilevazione nazionale la deve fare riflettere su una triste realtà: quanti alunni rischiamo di avere in dispersione digitale?

Alunni che, invece, eravamo riusciti a tenere – con grande fatica e professionalità – dentro le aule quasi TUTTI i giorni.

Credo che questi alunni – che hanno soltanto la sfortuna di nascere in certi contesti sociali e familiari – sono le VITTIME innocenti della scuola di questo momento.

E questa la sento come una “sconfitta” per tutta la scuola italiana.

Altro che compiaciuto orgoglio!

Viceversa, per gli altri, per gli eletti, per i maghetti informatici, credo che si stia agendo in modo INCOSCIENTE.

Molti docenti, responsabili e competenti si stanno facendo in quattro per portare la lezione ai propri alunni su un piatto d’argento, fin dentro casa.

Viene però ignorato un altro aspetto della questione, ovvero il disimpegno e la negligenza di molti alunni che, pur avendo supporti notevoli, non riconoscono il sacrificio e la dedizione dei docenti.

Perché, non dimentichiamolo, altri alunni, non in fascia debole sul piano informatico, purtroppo, nonostante l’aiuto che ricevono, stanno mostrando un atteggiamento di disimpegno assoluto, convinti che tanto la scuola è finita.

Per cui, quello che mi chiedo è proprio questo: a noi docenti vengono fatte richieste assurde, ci chiedono di lavorare ancora di più, ma i ragazzi?!?

Mi sembra che si stia assistendo ad una sorta di paradosso, per cui ci sia da una parte un iper investimento sui compiti che dovrebbe svolgere l’insegnante e allo stesso tempo una totale deresponsabilizzazione degli alunni, per cui ormai è già assicurata la promozione.

Inoltre, noi docenti, abbiamo valutato i rischi, di fare tutto e subito, magari anche male, pur di non essere criticati?

Siamo noi docenti consapevoli di fare il gioco del Miur per paura di finire, ancora più, nel mirino di famiglie polemiche, caricate dai mass media?

Quanti di noi docenti ha valutato che, quest’azione della DaD, imposta dal Miur, non è a tutela dei propri interessi?!?

La didattica digitale è un BOOMERANG anche per i prof, non solo per gli alunni.

Lo si capirà dopo. Forse tardi.

Finito il momento del” giudizio universale”, quando tutto sarà rientrato, e la categoria dei prof si renderà conto di essersi data ” in pasto” alle famiglie, mai state troppo clementi nei nostri confronti.

Del resto, lo si vede già adesso, quando, comunque vada è colpa della scuola, sia per la piattaforma scelta, che non è istituzionale, sia per la registrazione che viola la privacy, sia per il registro on line che non permette di caricare gli allegati, sia per la email impiegata che è quella del genitore, sia per Whats App che non si dovrebbe usare…

La vorrei proprio vedere la Ministra alle prese con Jitsi, Hangout, Classroom…

Spieghi? Salta la connessione.

Interroghi? Non si Può, non è legale.

Assegni compiti? Non solo, non li fanno, manco mettono la presa visione sul registro elettronico.

Fai leva sull’ esame? Prof, l’esame non c’è più.

Punti sul recupero del debito? La Ministra ha detto che c’è il 6 politico per tutti.

Richiami la serietà di un esame di stato?

Loro, gli alunni, intendo, ti hanno già girato l’ultimo post sarcastico, in cui, un MINIONS, scoppia in una fragorosa serie di pernacchie in faccia al prof che minaccia la Maturità.

E poi, Tutti a scuola dal 1° settembre per recuperare le lacune.

Ma chi ci crede più, quando ogni anno, a settembre, ci sono cattedre scoperte per  titolari assenti, supplenti nominati a tempo fino all’avente diritto, graduatorie esaurite, carosello delle MaD ( messe a disposizione dei dirigenti )…

Ma come si fa a far recuperare gli alunni, se mancano i prof, se non sistema la decennale questione dei precari, i contenziosi storici tra le diverse fasce…

Ma Lei, cara Ministra, in che scuola vive?!?

Oppure, vada a dormire, che è meglio!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sdidatticamente parlando e non solo

 

Meglio tardi che mai… mah, ne siamo sicuri?




Soli a casa … per sempre?

 

La quarantena continua.

La sua scadenza inizialmente fissata per il 3 aprile, cioè l’altro ieri, è stata prorogata al 18, quindi a dopo Pasqua. 

Quest’anno niente esodo pasquale, niente gita fuori porta, niente viaggetto al mare per prenotare l’albergo per l’estate, niente  pranzo al ristorante, niente spettacoli, niente sport.

Stiamo a casa.

Ad alleviare la clausura c’è però un fatto nuovo, lo smart working, cioè, per dirlo in italiano, il lavoro a distanza. 

Per verità non è una novità assoluta perché in certi ambiti e per determinate occasioni il telelavoro, la teleconferenza, lo studio telematico sono attivi già da tempo.

Con l’arrivo di questo strano Covid 19 e la sua rapida e spaventevole contagiosità che ci  obbliga ad isolarci in casa, il lavoro a distanza diventa una forma obbligata per esercitare, quando possibile, un’attività che tenga in vita il motore imprenditoriale del nostro Paese.

Come stiamo impegnandoci nello svolgere il lavoro da casa, agganciati al luogo di produzione di beni o servizi attraverso un computer, un telefonino, o altro strumento elettronico, così pure, parlando di sport, possiamo fantasticare che, al presente e nel prossimo futuro, persistendo i rischi di contagio massivo, diventeremo tutti tifosi e appassionati casalinghi. 

Sarà estremamente difficile, pensando al calcio (ma il concetto vale per tutte le discipline), recarsi allo stadio, o comunque sul luogo dell’evento.

La riunione di grandi folle crea pericolose occasioni di contagio per cui ad ogni persona prima di concedergli l’ingresso all’evento andrebbe fatto un controllo medico.

Se il test immunologico lo si deve fare alle diverse migliaia di persone che di solito affollano uno stadio va da se che bisogna disporre di una moltitudine di check point con personale e mezzi specialistici. 

Una impresa che, a parte l’impiego di tempo (immaginate 50.000 test  davanti a San Siro)  e ogni altro disagio, riverserebbe sul costo del biglietto oneri di notevole consistenza.

Allora, per conservare un po’ di passione sportiva, ci converrà diventare tifosi a distanza, tifosi solitari, abbonati alla poltrona o al divano di casa.

Addio quindi alle mitiche curve, alle tribune e gli stadi, pian piano, diventeranno come il Colosseo, monumenti di un’epoca passata.

Per giocare a calcio, basterà un campo erboso rasato da un robot e delimitato da bianche righe di gesso tracciate automaticamente un altro marchingegno elettronico.

Per riprendere e trasmettere la partita ci sarà una batteria di telecamere ai quattro lati ed un’altra di droni per le visioni dall’alto; il tutto comandato a distanza da una persona umana isolata in una cabina di regia perché non si contagi.

A governare poi la correttezza del gioco penserà un grande Var che rileverà ogni fallo comminando le punizioni, le ammonizioni e le espulsioni, magari emanando una luce gialla o rossa!

Cesseranno così di esistere arbitri e guardialinee.

E i giocatori? La loro professione diventerà una delle più rischiose sul piano della salute non potendo durante la partita rispettare le distanze anti-contagio.

Dovranno sottoporsi prima e dopo l’incontro ad appositi controlli medici che ne attestino l’idoneità al gioco. Insomma un mestiere ad alto rischio che non rientrerà più nelle principali aspirazioni dei ragazzi.

Anche il famoso inno dei Reds di Liverpool “You’ll never walk alone”che, dovrebbe essere aggiornato “You ever walk alone” perché intorno ai 22  in campo non ci sarebbero più gli spalti gremiti di tifosi ma solo gli occhi fissi ed inespressivi delle telecamere.

Speriamo che questo brutto momento passi, tutto torni come prima e che lo scenario futuribile sopra tracciato sia solo un ironico gioco di fantasia. Svegliamoci da questo brutto sogno!

 




In campo diamo tutto

Tra Jean Jaques Rousseau e Licia Ronzulli io preferisco la seconda.

Il primo è sicuramente più famoso, non solo per la piattaforma dei giorni nostri, ma per essere uno dei pensatori che ha più contribuito allo sviluppo del pensiero politico della civiltà europea.

La seconda già Europarlamentare ed oggi Senatore della Repubblica forse, come tutti noi, deve qualcosa agli studi ed agli elaborati del primo, relativi ai “dibattiti assembleari” ed alle “costruzioni istituzionali”.

 

Rousseau ha legato il suo nome a personaggi della storia, come Robespierre e Napoleone Bonaparte, la Senatrice Ronzulli vive in un periodo politico sicuramente meno “rivoluzionario”, nel quale di Jean Jaques si sente parlare più spesso per la famosa piattaforma di voto online, che dei suoi studi. 

 

La “piattaforma” nasce per riprendere uno dei concetti del pensatore ginevrino, quello di una democrazia diretta, senza alcun tipo di rappresentanza anche se, paradossalmente, nei fatti va nella direzione opposta in quanto aggiunge un’ulteriore intermediazione alla rappresentanza che è indicata dalla nostra costituzione.

Semplificando si passa da popolo, rappresentanti e leggi a popolo, piattaforma, rappresentanti e leggi. 

 

Jean Jaques e la sua idea della polis come esempio perfetto di patria si scontrano presto con la crescita esponenziale della popolazione che non permette più alle decisioni di essere collegiali, anche tralasciando tutte le eccezioni che c’erano fin dalle polis dell’antica Grecia, e la democrazia rappresentativa risulta essere un buon compromesso.  

 

Nelle varie stravaganze, se così possiamo definirle, di Rousseau c’è il suo astio verso la cultura, dove arriva a scrivere “l’uomo che pensa è un animale depravato”, in questo caso nessun parallelo ironico con i giorni nostri, ma, soprattutto, la sua scarsa attenzione per le nuove generazioni, come quando nell’Emilio, testo importante anche nelle scienze pedagogiche, una donna di Sparta, che aveva cinque figli nell’esercito, di fronte allo schiavo che le porta la notizia della morte di tutti e cinque si rallegra per la vittoria della battaglia.

Si evince sicuramente un grande attaccamento alla patria come sostiene l’autore stesso ma non si ravvede quello alle prossime generazioni, a partire dai propri figli.

Cinque figli sono anche quelli dello stesso Jean Jaques che decise tuttavia di non crescerli mai e costrinse la moglie ad affidarli ad un orfanotrofio appena nati.

 

A differenza delle responsabilità genitoriali non mancò certo a Rousseau l’onestà quando citando il suo Le Confessioni: “Mi sono descritto quale fui davvero: vile e spregevole quando tale sono apparso; buono, generoso, sublime quando così sono stato…” ed invita tutti a fare altrettanto “… che ascoltino le mie confessioni e gemano delle mie indegnità, arrossiscano delle miserie mie. Che ciascuno di loro scopra a sua volta il cuore ai piedi di questo trono con altrettanta sincerità; e che uno solo ti dica, se può: ‘Io fui migliore di costui!’”. 

 

Lei forse non lo dirà per modestia ma si, la Sen. Ronzulli è migliore di costui, perché si è preoccupata anche, e sopratutto, di quello che Rousseau non ha fatto, le nuove generazioni ed in particolar modo quei soggetti che non certo per loro colpa iniziano la vita in modo svantaggiato, proprio come i figli di Rousseau. 

 

Da Presidente della Commissione bicamerale per l’Infanzia e l’Adolescenza ha presentato una proposta di legge per migliorare le condizioni degli affidi ed evitare che per interessi economici e/o incompetenza si vengano a creare nuovi casi come quello passato alle cronache con il nome paese di Bibbiano, in provincia di Reggio Emilia.

Allo stesso modo, nell’ultimo periodo, dove è molto difficile per tanti ragazzi poter studiare in via telematica a causa delle infrastrutture carenti e le possibilità economiche che non consentono a tutti di sopperire alle mancanze delle prime si è adoperata con proposte, suggerimenti ed interrogativi rivolti al Ministro competente. 

 

Forse grazie a lei non avremo un nuovo trattato su quale sia il miglior modo per una rappresentanza ma, semplicemente, un futuro migliore per i nostri ragazzi.

Per chiudere mi passa per la mente una di quelle frasi che nello Sport si sentono spesso al chiuso dei ritiri, alla sera, prima dei grandi appuntamenti: “ricordiamoci di dare tutto in campo, perché domani sera sarà troppo tardi!” lo è stato, probabilmente, per i figli di Rousseau ma, anche grazie alla Sen. Ronzulli, non lo sarà per i ragazzi di oggi e quelli di domani! 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Credo quia absurdum… Italexit uber alles?

E’ difficile non cedere alla tentazione di credere allo straordinario quando la realtà appare superare l’immaginazione.

È difficile sgominare il campo da teorie complottistiche quando le dinamiche politiche ed economiche sfuggono da modelli interpretativi consolidati da anni di relazioni internazionali.

Eppure, decifrare le parole della politica in questo momento è molto difficile.

La Pandemia non arretra e l’economia mondiale è in fortissimo rallentamento.

Citare le proiezioni ed i dati macroeconomici non serve più.

Tassi di crescita e di occupazione, così, come il destino di imprese, famiglie e intere  comunità sono diventati colori, suoni, frasi senza sintassi.

In un mondo in bianco e nero, i ministri delle finanze dell’Unione Monetaria si riuniranno, martedì prossimo, ancora una volta, per discutere le misure di sostegno da adottare per i paesi più deboli della comunità europea, Italia, in prima linea.

A poche ore dalla riunione, convocata, occorre ricordarlo, dopo una pausa di riflessione di dieci giorni, i paesi europei procedono in ordine sparso.

L’Italia e la Spagna, colpite per prime dal Covid 19, sostengono l’emissione di euro bond per sostenere l’economia rifiutando interventi assistiti da condizioni che limiterebbero la propria sovranità economica e politica.

La Francia, già sostenitrice della linea italiana, ha cambiato strategia optando per misure legate al Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes).

In particolare, i cugini francesi avrebbero pronto un piano articolato che prevede l’istituzione di un fondo gestito dalla Commissione Europea, un’iniezione di aiuti pari al 2% del Pil di ogni paese finanziato attraverso il Mes e garanzie erogate dalla Bce per la costituzione di un fondo per l’emergenza sanitaria di 20 miliardi con una capacità d’intervento fino a 200 miliardi d’euro.

L’Olanda si prepara a riaffermare la volontà di assistere le economie in difficoltà con la creazione di un fondo specifico per circa 20 miliardi di euro costituito con il contributo di tutti i paesi dell’Unione.

La Germania che tira le fila del confronto brandendo lo stemma della virtuosità dei propri conti pubblici continua a proporre l’intervento del Mes reso più attraente da una pluralità di misure: 200 miliardi dal fondo stesso, 500 miliardi attraverso l’intervento della Banca Europea degli Investimenti (BEI) e 100 miliardi, infine, attraverso un fondo gestito direttamente dalla Commisione Europea.

È evidente che la strategia tedesca, dopo l’opposizione ferma alle richieste  di procedere alla emissione di “Corona bond”, sia quella di arrivare alla riunione di martedì con una molteplicità di proposte che in realtà si risolveranno nella solita opzione: l’adozione del Mes che consente alle istituzioni europee di imporre, ai paesi richiedenti, le misure di politica economica più idonee al riequilibrio dei conti pubblici.

Una vera e propria cessione di sovranità che fa rima con austerità e tagli verticali al bilancio pubblico.

Si tratta di timori fondati.

Ne è riprova, la recente esternazione della Presidente della Commissione Ursula von der Leyen pronta a venire incontro alle richieste di aiuto attraverso il Bilancio Europeo ed il Quadro Finanziario Poliennale (QFP) che ne raccoglie gli obiettivi, per erogare a sostegno dei paesi dell’Unione un piano di 2770 miliardi di euro oltre ad un’iniziativa di sostegno per i disoccupati dei paesi aderenti per circa ulteriori 100 miliardi.

Un vero e proprio Piano Marshall per la difesa ed il rilancio dell’economia che dovrà fare i conti con la frammentazione delle posizioni sul tavolo delle trattative.

La riunione dell’eurogruppo si aprirà, probabilmente, con l’opzione del già anticipato rimando al Quadro Finanziario Poliennale che si dovrà occupare di fissare i limiti di spesa per i prossimi 5 anni.

Le cifre sono imponenti e potrebbero riuscire nel duplice obiettivo di dare risposte al crescente scetticismo sulle fondamenta dell’Unione ed essere vendute facilmente alle opinioni pubbliche nazionali come un grande successo della mediazione delle classi dirigenti.

Purtroppo, la verità è che nella riunione del dieci marzo scorso, a margine delle questioni in agenda, si è aperto un confronto, tra europarlamentari e presidenza, anche sul  QFP per il periodo 2021/2027.

Il parlamento sulla vicenda ha finito per prendere atto che gli stati membri non sono pronti a fornire le risorse necessarie per affrontare le sfide dell’Unione europea (fonte PE).

Un controsenso evidente che smaschera il sensazionalismo degli ultimi annunci.

La buona notizia, ammesso che possa definirsi tale, è che la Germania dovrà finalmente gettare la maschera e chiarire, senza ulteriori indugi, i prossimi passi.

Abbiamo già parlato nei precedenti articoli del temuto epilogo di questa vicenda.

Le fondamenta politiche dell’europa sono in crisi da diverso tempo e la recessione economica ha bussato alle nostre porte già prima del Covid 19.

La Germania che nel 2019 ha visto concretizzarsi i timori di una recessione tecnica con la caduta  dei principali indicatori economici ed il calo degli indici di fiducia, vuole scongiurare il rischio di una profonda crisi post pandemica.

I paesi dell’europa mediterranea che rappresentano un mercato fondamentale per l’industria tedesca, si trovano, oggi, nella triste condizione di poter essere condizionati attraverso semplici automatismi giuridici costruiti all’interno di situazioni di emergenza.

L’europa come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi è, forse, giunta al termine ma abbiamo ancora bisogno di istituzioni comunitarie capaci di difendere l’autonomia, i valori libertari e democratici dalle tensioni internazionali e geopolitiche in atto.

Per questi motivi grava su tutti i paesi il compito di restituire alla politica ed alla finanza contenuti morali elevati per renderli strumenti al servizio delle comunità e non meccanismi di soggiogamento delle classi più povere.

Al prossimo incontro dei Ministri delle Finanze dell’eurozona  dovrà prevalere una visione più ampia di quella delle singole comunità locali.

Senza un accordo aperto alla solidarietà ed alla condivisione, senza una “terza via” libera da condizioni e riserve non resterà che prendere atto che una nuova pagina sul futuro dell’Unione sarà ben presto scritta sullo sfondo di una dolorosa uscita dell’Italia  (ItalExit) o di un esodo dei paesi virtuosi in una nuova area a guida tedesca, la Deusche Mark Zone.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pandemia Finanziaria, cui prodest?

Piano Marshall oggi più che mai!!

 

 

 

 




Values and sport, a confuse matter.

It’s easy to hear the word “values” linked to the sport world, but often in a generic and confused way.

At first you may think at the famous F.I.F.A. and U.E.F.A.’s campaigns on fair play and against racism that have extraordinary visibility and worldwide resonance.

However, there are sports disciplines even better than Football to explain and teach values that can easily be moved from sports to society.

Sports practiced from a very young age, are great connectors and helpful tools in terms of personal growth and development. One of these is Gymnastics.

On the website of the Italian Gymnastics Federation there is an essay entitled “Lo Sport come strategia e cura, valori educativi e potenzialità” “Sport as strategy and therapy, educational values and potentials” where two parts can be very useful in this case: 

 

“Generally, we are not used to observe a sporting event from an educational point of view. Sport activity, on the other hand, contributes to the building of an harmonious and balanced personality, which can be the foundation to an opening to higher values ​​such as culture, social participation and the research for meanings that go beyond material and everyday aspects of life.”

Sporting life can be very important in everyday life as a driver for better relationships, respect of rules as well as for well-being in general.

Some countries did and planned significant investments in the sport world – both in educational and sporting events – and they are already achieving extraordinary results in terms of life expectancy increase and healthcare savings, with double-digit growth in percentage.

Another extremely important part of the essay is the one concerning the rules:

“Knowing and being used to play within the rules of competition, we also get used to form a system of rules that dictate us ”how to play” in everyday’s life and build a system of values ​​useful to guide our choices and decisions and to maintain a lifestyle according to an “order of importance” of our actions. Sports activity teaches how to win and how to lose”

“How to play” in everyday life. Yes, Sports allows you in a quick and intuitive way to understand the rules and standards of the society where you live in, from a very young age.

It would be impossible to ask a child to learn every action and link it to legal, illegal, right or wrong, it’s just too difficult and complex! 

It’s much easier to teach him the basic concepts by saying that beyond a given line it there is no longer the possibility to play.

Simple and intuitive! The same boy will learn very quickly how much a rule should be respected not only because itself – he could no longer play – but because even if he was the only one not to respect it, nobody else could play the game. 

Here we return to the first step where the educational values of Sports do not refer exclusively in being healthier and more educated and kind people with no racism, but these values lead to a better society, as people will clearly understand their role and how much every single action can be important for the whole community.

 




San Gennaro esiste…

Grazia ricevuta per tutti gli studenti di Italia

Tutti promossi, anche con debiti, tutti ammessi agli esami di stato, e la Maturità sarà ridotta ad un colloquio on line.

Queste le dichiarazioni ufficiose, dunque, per ora non ufficiali, veicolate da Tg com 24, questa notte.

Sugli Esami di Stato, che concluderanno l’anno scolastico, “il confronto è aperto e a giorni saranno comunicate decisioni ufficiali in merito”.

Questo è quanto rende noto il Ministero dell’Istruzione.

Al vaglio un piano di emergenza per portare a termine lezioni ed iter disciplinare in questa situazione travagliata.

E fin qui, ci siamo.

Il via libera lo si avrà solo dopo Pasqua.

E qui inizia il bello!

Perché, ormai da anni, eravamo preparati che, almeno per Pasqua, il Miur ci regalava una bella sorpresa, una nuova versione degli esami di stato.

Sapevamo, noi addetti ai lavori del mondo scuola, che avevamo due mesi di tempo per fare i salti mortali, per adattarci alle nuove disposizioni, cercando di salvare il salvabile.

E, attenzione, non lo dico solo nell’ottica di un prof, ma, anche e soprattutto, nell’ottica di un alunno, che, fino all’ultimo, non sapeva di che morte doveva morire.

Adesso, le sorprese, arriveranno in ritardo.

E saranno tante e belle, come i fuochi d’ artificio della nostra Ministra, che, ogni giorno, ne spara una nuova.

Si torna a scuola, sì o no? Non si sa…

Se sì, quando? Vedremo…

E dunque, gli esami ci sono oppure no? Stiamo valutando…

Ed in che modo? Ci stiamo pensando…

Ma, per favore, state zitti, Lei, cara Ministra ed il suo entourage.

State zitti, che è meglio!

E già, perché, lo volete capire, che più dichiarazioni rilasciate e rimangiate, con gli organi di stampa, è peggio è?!?

Smettetela di confondere, famiglie, studenti, insegnanti, presidi, personale di segreteria…

Siate onesti, non avete le idee chiare, parlo a voi politici, su quando si tornerà a scuola, se il rientro nelle aule sarà ipotizzabile per maggio, oppure si chiuderà

l’anno scolastico con i ragazzi a casa fino a giugno.

A conferma di quanto le dichiarazioni contraddittorie confondano l’opinione pubblica, oggi, sul quotidiano “La Repubblica”, sono circolate alcune indiscrezioni circa l’anno scolastico in corso.

Secondo il giornale, nessuno studente perderà l’anno, ma non ci sarà un “6 politico” per decreto.

Questo sempre che, nel primo quadrimestre, il voto in materia sia stato al di sopra di 4.

Praticamente, che messaggio passa?

Avanti tutti, dal quattro in su… 

 

Inoltre, riguardo agli esami di Maturità, l’unica certezza è che non ce ne sono.

Valutiamo insieme le ipotesi possibili.

 

Prima ipotesi.

Tutti a scuola il 4 maggio, come dice Renzi. 

Se dovessimo ritornare tutti in aula ai primi di maggio (cosa al momento remota), si prevede l’ammissione all’esame per tutti, indistintamente, anche quelli che avevano qualche insufficienza.

E già qui, primo errore, ma, perché dirlo adesso?!?

Così, si penalizzano gli studenti responsabili e coscienziosi.

Quelli che si sono sempre impegnati, sia prima, con la scuola tradizionale, che adesso, con la sfida della didattica digitale.

Che senso ha la partecipazione, l’impegno, la costanza, se tanto, tutti sono ammessi all’esame?!?

Ma soprattutto, così facendo, svendendo l’ammissione all’esame e praticamente regalando la maturità a tutti, si va a premiare i furbi ed i lazzaroni, quelli che non hanno mai fatto niente, né prima, né dopo.

Bel modello educativo che forniamo ai nostri alunni!

E poi ci riempiono la bocca con la storia delle competenze trasversali di educazione alla cittadinanza!

Poi, non lamentiamoci se, dalle nostre classi, quest’ anno più che mai, usciranno dei futuri cittadini allenati a fare il minimo, convinti che tanto tutto il resto è dovuto.

 

Inoltre, col rientro ai primi di maggio, secondo i geni del Miur, ci sarebbero quattro settimane piene di lezioni e il 17 giugno potrebbe esserci il primo scritto di italiano.

Infatti, passata l’emergenza, è un attimo, recuperare il programma ed arrivare tutti insieme, appassionatamente agli esami!

Del resto, è risaputo, dopo Gesù Cristo, i miracoli li fanno i prof!!!

Le tracce però, attenzione, dovrebbero tenere conto che il programma del secondo quadrimestre nessuno è riuscito a concluderlo.

Alle commissioni verrebbe data grande autonomia di scelta di argomenti.

Altro errore madornale.

Il selvaggio West.

Ognuno per sé e Dio per tutti!

Però, c’è sempre un però.

Non è mica detto. 

Infatti, tra un po’, ci diranno, no dai stavamo scherzando…

 

Seconda ipotesi.

Per quest’anno nessuno torna in aula.

La data limite, secondo gli esperti, è appunto il 17 maggio.

Oh, almeno una certezza c’è, direte voi…

No, attenzione, altra sorpresa!

Se le scuole rimarranno chiuse fino al 17, l’esame di Stato dovrà essere completamente diverso.

Tutti saranno ammessi, ma non ci saranno due scritti, tutto sarà concentrato in un unico colloquio, davanti alla commissione.

Eh qui, immaginate la festa dei nostri alunni, niente più versioni di latino al classico, niente più studio di funzioni allo scientifico, men che meno analisi di bilancio per i futuri ragionieri.

Un esame di un’ora e con alcuni esercizi matematici o di traduzioni, dipende dal percorso scolastico.

In quest’ultimo caso, l’intero colloquio dovrebbe valere 60 punti su 100, con gli altri 40 assegnati con l’analisi degli anni scolastici di terza e quarta superiore.

La data di inizio degli esami di Maturità è sempre quella del 17 giugno, con conclusione prevista entro metà luglio.

 

Terza ipotesi.

Stiamo a vedere.

Cioè, navighiamo a vista.

Se dovessimo trovarci in un’altra situazione di lockdown a tempo indeterminato, allora tornerebbe in auge l’esame online per tutti.

Maturità, maxi colloquio.

Terza media, mini colloquio.

Per tutti gli altri promozione garantita.

Praticamente, una grazia ricevuta, nel vero senso della parola!

Ma, attenzione, la Ministra Azzolina, si è precipitata a dire la “promozione di massa” non significa non recuperare quanto non fatto o lasciato indietro in questi mesi.

Almeno settembre e ottobre del prossimo anno scolastico saranno utilizzati per recuperare.

Ai ragazzi sarà chiesto uno sforzo in più, anche di tempo.

Il programma andrà recuperato e questa volta senza sconti!

Eh, già, come al solito, quando i buoi sono fuori dalla stalla …

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando lo strafalcione diventa esame di stato, la scuola che non c’è più…

Se lo dice Lui …

sdidatticamente parlando e non solo

 




Calo dei contagi???

Agghiacciante verità sul calo dei contagi.

Io sono solo un medico di base e non un professorone – dice Mirko Tassinari, segretario dei medici di famiglia in provincia di Bergamo – ma so che i numeri ufficiali non sono credibili.

Si fanno tamponi solo ai ricoverati, ma qui stimiamo 100 mila positivi non censiti su 1 milione di abitanti».

Il calo dei ricoveri non è un buon segnale?

«Calano perché non c’è più posto in ospedale. Talvolta non si ricovera più nemmeno con 85 di saturazione. Gestiamo a domicilio situazioni che due mesi fa avremmo ricoverato alla velocità della luce. Altrimenti non avremmo 1200 pazienti in ossigenoterapia domiciliare».

Cosa cambia?

«A casa non c’è la stessa assistenza, né diagnostica né farmacologica. In ospedale hai più possibilità di cura».
Quanto dura una bombola di ossigeno?
«In media dalle 12 alle 24 ore».
E poi?
«Bisogna cambiarla».

Provvede la Asl?

«No, deve vedersela il paziente».
Come?
«E’una caccia al tesoro. Chi ha parenti, li manda in giro nelle farmacie. Dieci, venti tentativi. Poi magari una la trovi».

E se non la trovi?

«Da una settimana ci hanno dato la possibilità di fornire ossigeno liquido, ma è contingentato».

Che cosa suggerite ai vostri assistiti?

«Di munirsi di un saturimetro. Avevamo detto alla Regione di darlo con l’ossigeno, ma niente».

E quindi?

«Chi l’ha comprato sul web, chi in farmacia, chi se lo fa prestare dal vicino di casa. Ci si arrangia».

E’un sistema giusto?

«Non è più un sistema sanitario universalistico e uguale per tutti».
Lei ha pazienti in queste condizioni?
«Un centinaio di pazienti malati su 1500. Cinque a casa con l’ossigeno, una decina di polmoniti monitorate per telefono».

Niente visite a domicilio?

«Ho smesso quando mi sono ammalato anch’io, uno dei primi medici di Bergamo positivi».

Com’è andata?

«All’inizio di marzo, con tosse febbre e forte astenia, ho chiesto il tampone. Me l’hanno fatto il 10 e dato l’esito il 15. Ora lavoro da casa, dodici ore al giorno sabato e domenica compresi».

Quanti sono i medici di base ammalati a Bergamo?

«Su 600 medici di famiglia ce ne sono 145 ammalati, di cui 5 morti. L’ultimo, Michele, due giorni fa. Non avrei mai pensato di dover aggiornare una lista di colleghi morti. Mandati a morire sul lavoro. E’ una strage di Stato».

Che cosa non ha funzionato?

«Per un mese tutti gli sforzi si sono concentrati sulla moltiplicazione dei posti ospedalieri in rianimazione. Il territorio è stato trascurato. Questo è il risultato».

Non bisognava ampliare gli ospedali?

«Certo, era indispensabile. Ma gli ospedali non sono la prima linea. In questi giorni i medici di base lombardi ricevono 500 mila telefonate al giorno. Noi siamo la prima linea. Eppure ci hanno mandati incontro allo tsunami a mani nude».

In che senso?
«Non sono stati fatti i tamponi al personale sanitario. Molti di noi hanno l’impressione di aver contribuito alla diffusione del virus, da asintomatici. Io ho avuto madre e moglie a casa con l’ossigeno».

Avete avuto i dispositivi di protezione?

«Pochi e tardi. Niente tute, visiere, sovrascarpe. Dopo un mese venti mascherine chirurgiche, alcuni pacchi di guanti, un saturimetro che non ci serve. E una settimana fa sei mascherine filtranti».

Quanto durano?

«In teoria quattro ore di servizio. Per farle durare di più mettiamo sopra le mascherine chirurgiche».

Funzionano le unità speciali per le visite a domicilio, istituite dalla Regione una settimana fa?

«Dovrebbe esserci una postazione con due medici ogni 50 mila abitanti, quindi in provincia di Bergamo 20. Invece al momento ce ne sono sei».
Quante visite riescono a fare sei postazioni?

«Al massimo 60 visite al giorno su 1 milione di abitanti e almeno 100 mila ammalati. Ne servirebbero almeno cinque volte tante».

Qual è il problema?
«Mancano medici e dispositivi di protezione. Ci siamo impuntati: non stiamo a casa noi per mandare a morire i neolaureati».

Ne avete parlato con la Regione, con la Asl?

«Raramente la nostra opinione è stata richiesta. Peccato, a fine febbraio avevamo capito che la situazione era fuori controllo».

Non c’è un coordinamento?
«In due mesi ci sono stati un paio di incontri ufficiali. L’ultimo il 5 marzo».

La sua voce sembra avvilita ma non rabbiosa.

Perché?
«Che senso avrebbe ora mettersi a urlare contro i nostri carnefici? Siamo medici, dobbiamo cercare di salvare quante più vite è possibile».

 

Aggiungiamo solo che Il Ministero della Sanità ha gravissime colpe di carenza di visione su come gestire la pandemia.

 

I medici di base hanno mancato di svolgere il loro ruolo, sia per mancanza di direttive, sia per mancanza di attrezzature e medicinali specifici.

 

I medici di base, non hanno nessuna colpa!

 

Diamo a Cesare quel che è di Cesare!

 

I veri responsabili sono i politici che hanno affrontato il problema, con leggerezza prima, irresponsabilità durante e tentativo maldestro di salvare la faccia, ora!

Invece che affrontare efficacemente la pandemia, al momento del suo insorgere presso il paziente, limitando quindi il suo aggravarsi, I politici, cosa hanno fatto?

Prima hanno minimizzato il problema, una semplice influenza, ci hanno detto.

Inoltre, hanno enfatizzato la capacità dell’Italia di affrontare e gestire il problema, sottolineando che le misure prese dal governo erano le migliori in Europa.

In seguito, hanno perso tempo prezioso per affrontare tempestivamente la gestione dell’emergenza, nelle prime fasi del contagio.

Infine, si sono concentrati sulla fase finale (terapie intensive ospedaliere).

Ed ora, una certa parte della stampa italiana, sta al loro gioco, attribuendo ai medici di base, responsabilità che non hanno.

Ma, per favore, smettiamola di credere a quello che dicono nei bollettini medici, ed andiamo a leggere tra le righe di interviste scomode come questa!

Come redazione di betapress, rigettiamo ogni approccio inefficace e profondamente sbagliato, che rovescia la prospettiva tentando di colpevolizzare i medici ed assolvere i politici.

E sappiamo che in molte famiglie italiane, dove la malattia e la morte sono di casa, i conte non tornano…

 

fonti:

le dichiarazioni di Mirko Tassinari, segretario dei medici di famiglia in provincia di Bergamo.

L’ intervista è stata pubblicata il 31/03/2020 su La Stampa. Articolo di Giuseppe Salvaggiulo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




GIANKA: LA FORMA DELL’AMORE

 

Songwriter, scrittore eclettico, cantante, musicista poli – strumentista, imprenditore, leader di una delle più importanti Associazioni di imprenditori con la mission della valorizzazione del Made in Italy (Nuova Organizzazione d’Imprese), disegnatore di fumetti ed ideatore della Nazionale Italiana Sicurezza sul Lavoro (la prima squadra a livello mondiale a portare come mission la promozione dei Valori di salute e sicurezza sul lavoro attraverso lo sport).

Questo è Giancarlo Restivo in arte Gianka, ma è soprattutto un caro amico con cui condivido la passione per il lavoro, per l’arte e soprattutto per la musica.

E’ difficile parlare solo di musica con una persona così poliedrica come Gianka, ma cercherò di limitarmi agli argomenti che più ci accomunano e quindi innanzitutto la musica e così gli ho posto alcune domande… a distanza!

PERTH: Ciao Gianka, la prima domanda è una curiosità personale. Posto il fatto che ho divorato il tuo primo romanzo Il Destino nelle Sue mani, al quale hai associato la stupenda colonna sonora omonima, ci racconti qualcosa in anteprima (uscirà sabato 11 aprile 2020; n.d.a.) del racconto/sequel Le prime luci, il racconto dell’esilio del mondo e se anch’esso sarà accompagnato da alcune songs?

GIANKA: Le prime luci, il racconto dell’esilio del mondo è un fantasy che attraverso la narrazione verosimile del primo peccato pone a noi delle domande: perché qualcosa ci manca sempre? Perché anche prima di questo “esilio” in casa, ci sentivamo fuoriposto? E prova a farci compagnia in un’ipotesi di risposta da verificare personalmente. Si, le canzoni ci sono anche stavolta.

PERTH: Cosa pensi del periodo di grave emergenza sanitaria che stiamo vivendo? Cosa può sostenerci in questi giorni di “arresti domiciliari forzati”? Bastano gli slogan #iomifermo #iostoacasa, #andratuttobene, i lenzuoli, le bandiere e le canzoni dal balcone o le rassicurazioni della politica?

GIANKA: Oggi dobbiamo affrontare questa fatica, in passato ne abbiamo avute altre. Non esiste una vita senza dolore. Domandiamoci cosa ha permesso ai nostri nonni di affrontare le macerie della Guerra, da dove veniva la loro forza? Impariamo dalla nostra storia, avremo la risposta su cosa fare adesso.

PERTH: Parliamo della tua musica. Quando hai iniziato a suonare e a scrivere? Cosa ti ha mosso all’inizio? E con il tempo cos’è cambiato?

GIANKA: Ho sempre avuto una famiglia canterina, ma io ho iniziato perché mi sono innamorato. Siccome non sono un tipo che si accontenta, volevo dichiarami in grande, perciò ho voluto scrivere e suonare una canzone. Poi ho scoperto che la musica unisce le persone, libera il cuore, ti aiuta a non mentire…soprattutto a me stesso. Cosa vogliamo di più?

PERTH: La forma dell’amore è un toccante articolo sul Corriere della Sera di poche settimane fa a firma Alessandro D’Avenia ma è soprattutto la cinquantesima e conclusiva track di Gianka – Anthology, ce ne parli?

GIANKA: Cohen canta C’è una crepa in ogni cosa, è così che entra la luce. La forma dell’amore invita a guardare dentro quella crepa, e a domandarci qual è il prezzo da pagare per una vita degna di essere vissuta. Si paga anche per gli altri a volte. Se dovessi essere io a farmi giustizia bestemmierei, guardare la Croce invece mi ha dato delle risposte impensabili.

PERTH: In un breve clip hai condiviso il bellissimo brano I segni del tempo spiegandone il significato, in sintesi un inno alla bellezza e alla donna. Come la bellezza c’entra con l’amore?

GIANKA: Non esiste bellezza senza amore. La bellezza esige cura. I segni del tempo canta di questo. Quanto frutto ha portato essere stati fedeli a ciò che ha messo assieme me e mia moglie. Io non la conoscevo, l’ho incontrata un bel giorno. Lei era un anticipo di risposta a ciò che ho sempre cercato. Perciò chiunque me l’avesse messa davanti era stato fedele a ciò che desideravo di più. Valeva la pena scommetterci tutto allora!

PERTH: Molti artisti italiani ed internazionali (ad esempio Bono Vox degli U2 che è uscito da poco con il brano Let Your Love Be Known) hanno postato sui social video messaggi di speranza, alcuni hanno cantato e recitato nel web, messaggi di solidarietà, moniti ed attenzioni, cosa serve secondo te oggi per non far morire la musica e l’arte in Italia?

GIANKA: Un bambino canta perché si sente voluto bene. Noi facciamo musica per raccontarci cosa di bello e di vero incontriamo in questo triste mondo, o per gridare di incontrarlo. L’arte serve a rappresentare quel che riconosciamo come bello e vero, o a ricercarlo. Finché ci saranno uomini impegnati nella ricerca di una risposta, o commossi dall’aver scoperto un tratto di bene in mezzo a tanta tristezza, e ce lo suoneranno… la musica non morirà.

PERTH: Cosa succederà alla musica una volta finito il periodo di emergenza globale?

GIANKA: Il cuore dell’uomo è sempre in emergenza e la musica è espressione dell’urgenza di una risposta che non bari. Perciò spero che questo cuore non smetta mai di emergere e farsi sentire. Questa sana inquietudine è ciò che mi rassicura e cioè che l’uomo ha le armi per combattere qualunque sciagura.

PERTH: Ci parli del progetto Hard Rock (a me molto caro) Ighnor-Hunts?

GIANKA: Vedo tante band che smettono dopo un po’, perché non si è raggiunto il successo, per stanchezza, per delusione, o perché si pensa di aver raggiunto una certa età. Gli Ignoranti, invece sono la dimostrazione, che dentro lo stare insieme di tre amici, quel sacrosanto gusto di spaccare di brutto può essere tenuto vivo per sempre. Se vogliamo non morire di tristezza, il fuoco dentro va tenuto vivo.

PERTH: Penso fortemente che il Rock non morirà mai… ma anche la musica Pop, il’R’n’B, il Blues, l’Heavy Metal e tutti quei generi cui diamo troppo spesso un’etichetta inutile… Come secondo te la musica avrà un ruolo determinante nella battaglia che stiamo vivendo?

GIANKA: I generi cambiano perché cambiano le generazioni. Ogni figlio esprime diversamente l’essenza tratta dai propri padri. Ma la domanda è la stessa “Perché ci sono?”. Ricordiamoci che il canto è letteralmente carne che vibra, col cuore che va a tempo, grida questa domanda ed esige una risposta. La musica è l’arma che qualcuno ci ha dato per combattere la battaglia dell’esistenza.

PERTH: La musica è vita! La musica è brividi! La musica è “occhi che brillano” e “cuori che si infiammano”. Oggi purtroppo la musica invece è pura immagine virtuale. Cosa dici ai giovani di oggi, troppo spesso legati a clichè proposti da personaggi mediatici che stanno all’arte come un criceto sta a La Goccia (Preludio op. 28 nr. 15; n.d.a.) di Chopin?

GIANKA: Posso solo dire ciò che a me venne detto: verificate la proposta di questi personaggi, fino in fondo. Se li scoprite vuoti, cercate e non fermatevi alla prima delusione. Cantate e suonate questa ricerca di trovare facce autentiche, piene di carne e sangue che pulsano per rendere migliore questo mondo. Vi assicuro, scoprirete la bellezza e ascolterete capolavori!

PERTH: Hai ricevuto il premio “Sanremo Music Award” alla carriera per i triplo disco del 2016, il romanzo del 2017 e la colonna sonora del 2018. Un grande traguardo! Quali sono i tuoi progetti musicali per il futuro?

GIANKA: Avere l’occasione di rientrare in sala di registrazione ad incidere insieme a PERTH la colonna sonora de Le prime luci, il racconto dell’esilio del mondo.

PERTH: Oh Gianka… torniamo in studio assieme!

GIANKA: Grande!

 

https://www.youtube.com/watch?v=Ald7rX57cOQ

 

PERTH




Lettera di un medico al Ministro Conte

Lettera di un medico al Ministro Conte

Ecco il testo integrale della lettera che il Segretariato Italiano Dei Giovani Medici ha indirizzato al Presidente Del Consiglio Conte.

Avremmo potuto modificarla nei contenuti o inasprirla nella forma.

Ma non è nel nostro stile.

Come redazione di betapress, abbiamo il dovere di informarvi senza filtri.

E, voi lettori, avete il diritto di sapere.

E, state attenti, non è una fake news, ma pura verità.

Al più presto, seguirà intervista.

Intanto, cari lettori, leggete e suggeriteci pure altre domande da porre direttamente al Segretariato Italiano Dei Giovani Medici.

“All’attenzione del Primo Ministro e del Governo Italiano

Gentile Presidente del Consiglio dei Ministri Prof. Giuseppe Conte,

siamo il Segretariato Italiano Giovani Medici. Ma non siamo solo una sigla, non ci facciamo forza solo di un logo. Noi siamo medici, alcuni più giovani di altri, ma medici. Alcuni di noi sono impegnati nella gestione dell’emergenza sanitaria in prima linea, alcuni più stanchi di altri, ma sempre stanchi.

La nostra stanchezza non deriva solo dall’oneroso lavoro che, affiancati da tutto il personale sanitario, siamo chiamati a fare. Oggi questa prova è solo una delle tante, più difficile di altre sicuramente, ma solo una delle tante che ogni giorno siamo chiamati a sostenere.

Ogni giorno Ci scontriamo con carenze strutturali, ogni giorno siamo oberati dal lavoro, ogni giorno siamo in prima linea, ma solo in questa occasione Vi ricordate di Noi.

Ogni giorno, mai come ora, dobbiamo sopperire a tutte le carenze del nostro Sistema Sanitario, carenze create da un’errata programmazione degli specialisti e dei medici di medicina generale, oltre che un’inadeguata gestione strutturale.

Ma allora perché il Governo se ne è accorto solo ora? Perché se ad ogni nostro collega è sempre stato chiesto di fare il lavoro di 10 persone, oggi gli viene chiesto di fare il lavoro di 30 persone.
Per sopperire a ciò siamo costretti a ricorrere, ben prima dell’emergenza, alla richiamata di medici in pensione, all’arruolamento di medici in formazione, al depredare le forze del personale sanitario.

Chiediamo una semplice cosa ora che il Velo di Maya è stato squarciato da questa calamità: la lungimiranza.
Se vogliamo evitare che questo succeda ancora, se vogliamo che ai Cittadini siano garantiti i loro fondamentali diritti per la tutela della Salute, si necessita di un’adeguata programmazione dei contratti di formazione, perché le mancanze di oggi, che saranno aggravate dal pensionamento di molti medici, non si ripresentino domani.
Ogni anno fino a 10000 colleghi vengono tagliati fuori dalla possibilità di intraprendere un percorso formativo di specializzazione.

Per tanto tempo questo è sembrato adeguato, ma ora non basta più, anche se come spiegato mai è bastato. Lei ha affermato che non si dimenticherà della classe medica, degli sforzi che oggi sta facendo. Se vuole alleviare questi sforzi, almeno nel futuro, allora Ci ascolti.

Abbiamo scritto al Ministero dell’Economia e delle Finanze, al Ministero della Salute, al Ministero dell’Università e della Ricerca. Ad oggi, probabilmente, saranno circa 22500 i candidati che parteciperanno al prossimo concorso, con sole 8300 borse, o poco più, stanziate ad oggi.

Chiediamo da tanto, forse troppo tempo l’aumento dei contratti di formazione specialistica e di formazione in Medicina Generale, e tra promesse e mancanza di risposte non possiamo più andare avanti, consapevoli che tale comportamento mina il nostro Sistema Sanitario e il futuro di tanti Giovani Medici.

Le auguriamo e Vi auguriamo un Buon Lavoro,
Segretariato Italiano Giovani Medici”

Non aggiungiamo altro se non la piena sottoscrizione di quanto segue.

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Non più soluzioni tappabuchi, è ora di riformare in maniera seria e completa la programmazione e la formazione medica!

 

 

Il primo bene di un popolo è la sua dignità