Il coding a scuola?!?!
Il coding, tradotto in italiano, sarebbe programmazione, in inglese evidentemente ci fa sentire molto più moderni.
In pratica il coding è l’insegnamento del linguaggio di programmazione informatica, quel linguaggio che il computer utilizza per comprendere qualsiasi comando ed elaborare qualsiasi risposta.
Un codice che si avvale del sistema binario e impiega solo due simboli, lo zero e l’uno.
Sicuramente si potrebbe obiettare che insegnare come funziona il linguaggio macchina della programmazione, a partire sin dalla scuola primaria, non è una scelta essenziale.
Anzi. Tuttavia l’educazione al pensiero computazionale e al coding sono stati previsti dalla Legge 107/15 “La Buona Scuola”.
Certo nessuno si sognerebbe di contestare l’importanza nella nostra vita di una certa alfabetizzazione digitale, se non fosse che gli unici a obiettare qualcosa in questo senso siano in larga parte pedagogisti e neuropsichiatri.
Il digitale, anche come solo strumento di lavoro, è da questi considerato nocivo, soprattutto se utilizzato in giovane età, come riferisce Daniele Novara, direttore del CPP (Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti).
I bambini hanno bisogno di esperienze concrete, sensoriali e anche motorie. Per loro è meglio una vecchia lavagna e i gesso che una LIM, meglio un quaderno dove passare il segno di una matita, piuttosto che una tastiera dove pigiare un unico dito, meglio un libro da sfogliare che un tablet.
Da ricordare che lo stesso Steve Jobs aveva interdetto ai suoi bambini l’uso del computer in famiglia. Non si tratta di aver nostalgia del passato, ma consapevolezza scientifica che ogni età ha le sue necessità evolutive e nell’infanzia si impara di più nell’esperienza concreta e tangibile che davanti a uno schermo.
Allora il coding alla primaria per programmare
un videogiochetto (perché alla fine è questo che si fa) serve a qualcosa?
Inoltre l’educazione al coding crea una didattica che cancella con un colpo di spugna l’elemento fondante di qualsiasi processo educativo e formativo della scuola: il sistema di relazione.
La classe, le relazioni e la magia dell’apprendimento spariscono.
Davanti allo schermo il bambino potrebbe stare in aula da solo o con altri 150 compagni, non cambierebbe nulla.
Basterebbe questo per prendere il coding e restituirlo al mittente.
Ma a chi è venuto in mente di portare il coding tra le materie scolastiche? Forse pedagogisti, psicologi dell’età evolutiva, educatori, neurologi interessati ai meccanismi dei processi di apprendimento, commissioni di studiosi al lavoro per conto del Ministero dell’Istruzione?
Macché.
I promotori del programma mondiale “code.org” sono colossi del mercato informatico come Google, Microsoft, Facebook e Amazon e in Italia sono Microsoft, Samsung, TIM, Cisco, ecc. a condizionare la politica scolastica e a mettere i soldi (un sacco di soldi) perché vengano realizzati i corsi di coding nelle scuole.
E poi c’è chi si vanta di aver previsto il coding a scuola!
Pio Mirra
DS IISS Pavoncelli – Cerignola (FG)
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