Il famoso Cristo di Dalì a Roma
Si è conclusa a Roma pochi giorni fa una mostra inedita: l’esposizione della famosa tela del Cristo di Dalì contestualmente al disegno reliquia di San Giovanni della Croce, realizzata tra il 1574 e il 1577 dopo una estasi mistica. La tela di Dalì approda in Italia per la prima volta e la sede della mostra è insolita: la Chiesa di San Marcello al Corso. si tratta di un evento eccezionale che si colloca nell’ambito della preparazione del Giubileo del prossimo anno.
Verso il Giubileo: Salvator Dalì e il Crocifisso di Port Lligat
Si è conclusa il 23 giugno 2024 l’esposizione, a Roma, nella chiesa di San Marcello al Corso, dell’ opera di Salvator Dalì “Cristo di San Giovanni della Croce”.
La famosa tela, detta Il Crocifisso di Port Lligat, è stata dipinta nel 1951 da Salvador Dalì.
La mostra è stata inaugurata il 13 maggio nell’ambito della terza esposizione della Rassegna artistica ‘I Cieli Aperti’.
È stata inserita nel percorso culturale verso l’Anno Santo, il Giubileo 2025.
Il celebre dipinto di Dalì a Roma
Si è conclusa pochi giorni fa l’esposizione a Roma, nella Chiesa di San Marcello al Corso, della tela di Salvator Dalì “Cristo di San Giovanni della Croce”.
Il celebre dipinto ‘Cristo di San Giovanni della Croce’, anche detto ‘Il Cristo di Port Iligat’, è stato realizzato dall’artista spagnolo Salvator Dali, nel 1951.
La novità è che, per la prima volta, a Roma, nella chiesa di San Marcello al Corso, non è stato esposto solo il capolavoro di Salvador Dalì.
Accostato ai piedi della grande tela del famoso pittore surrealista si notava, quasi con sorpresa, il piccolissimo disegno-reliquia del santo carmelitano San Giovanni della Croce.
Si tratta del disegno reliquia che ha ispirato il celebre Cristo di Dalì.
La reliquia – disegno del Santo carmelitano spagnolo Giovanni della Croce
La reliquia consiste in un minuscolo disegno del mistico carmelitano.
Fu realizzato tra il 1574 e il 1577 in seguito ad un’estasi nella quale il santo vide il Crocifisso.
Si tratta dell’unico disegno dal santo carmelitano spagnolo giunto fino a noi.
Il mistico rappresenta in quel minuscolo disegno, la visione cui ha assistito, ciò che gli fu mostrato dal Signore.
Contestuale esposizione di due opere straordinarie
Si è trattato di un’occasione irripetibile per ammirare da vicino le due opere straordinarie.
La prima molto grande, la seconda minuscola.
Un connubio che ci conduce nella più profonda contemplazione spirituale.
La chiesa di San Marcello al Corso
La Chiesa di San Marcello al Corso ha fatto da cornice ad un evento eccezionale che si colloca nell’ambito delle celebrazioni del Giubileo del 2025.
Si tratta di una sede inusuale, ma molto pertinente.
È stata certamente una occasione unica per poter vedere per la prima volta il capolavoro di Dalì a Roma.
Ma ancora di più per poterlo ammirare accanto al disegno che lo ha ispirato, il disegno-reliquia di san Giovanni della Croce, il Santo carmelitano.
Da Glasgow a Roma, il successo della mostra
La famosa opera di Salvator Dalì è conservata alla Kelvingrove Art Gallery and Museum di Glasgow. Eccezionalmente è stata esposta a Roma nella Chiesa di San Marcello in via del Corso.
La mostra ha riscosso un successo straordinario tra i numerosi turisti provenienti da ogni parte del mondo. Naturalmente non sono mancati innumerevoli romani curiosi e ammirati.
Un capolavoro e la sua opera ispiratrice
Il capolavoro di Dali è stato per la prima volta nella storia dell’arte presentato contestualmente all’opera che lo ha ispirato.
Si tratta del disegno che tanto ha colpito il celebre pittore, ossia il disegno-reliquia di san Giovanni della Croce.
Nel disegno il Santo Carmelitano rappresenta la sua estasi mistica.
Si tratta di un inedito nella storia dell’arte.
Il Cristo di San Giovanni della Croce è dunque indissolubilmente legato, come lo stesso titolo suggerisce, al mistico san Giovanni della Croce e alla reliquia, conservata nel Monasterio de La Encarnación ad Ávila.
Due opere così diverse eppure così intimamente legate dalla ricerca del Dio Onnipotente.
Chi era San Giovanni della Croce
Giovanni della Croce, al secolo Juan de Yepes Álvarez, nacque il 24 giugno 1542, figlio di una coppia poverissima della vecchia Castiglia, vicino ad Avila.
Usciva diciottenne nel 1563 dal Collegio dei Gesuiti di Medina del Campo, dove aveva studiato scienze umane, retorica e lingue classiche.
L’incontro con Santa Teresa d’Avila
Subito dopo avvenne l’incontro con Teresa di Gesù che cambiò la vita ad entrambi.
Giovanni la conobbe da sacerdote e subito fu coinvolto e affascinato dal suo piano di riforma del Carmelo, anche nel ramo maschile dell’Ordine.
Lavorarono insieme condividendo ideali e proposte e insieme inaugurarono la prima casa di Carmelitani Scalzi, nel 1568 a Duruelo, nella provincia di Avila.
Come San Giovanni divenne “della Croce”
Fu in quella occasione che, formando insieme ad altri la prima comunità maschile riformata, san Giovanni adottò il nuovo nome, “della Croce”, con il quale sarà in seguito universalmente conosciuto.
Alla fine del 1572, su richiesta di santa Teresa, Giovanni della Croce divenne confessore e vicario del monastero dell’Incarnazione di Avila, dove la Santa era priora.
Ma non tutto fu facile: l’adesione alla riforma comportò al santo la carcerazione per diversi mesi a seguito di accuse ingiuste.
Riuscito a scappare in modo avventuroso, grazie all’aiuto di santa Teresa, dopo aver recuperato le forze iniziò un lungo cammino di incarichi, fino alla morte in seguito ad una lunga malattia e a sofferenze enormi.
Le ultime parole del Santo
San Giovanni si congedò dai confratelli mentre recitavano l’Ufficio mattutino in un convento vicino a Jaén, tra il 13 e il 14 dicembre 1591.
Le sue ultime parole furono: “Oggi vado a cantare l’Ufficio in cielo”.
Il cammino verso Dio , il santo spagnolo lo immaginava come la salita ad una montagna lungo la quale l’uomo deve affrontare con coraggio e pazienza una “purificazione” profonda dei sensi e dello spirito.
“Per giungere a possedere tutto, non voler possedere niente”.
Dalì e il Natale del 1948
La vita e l’estasi del santo carmelitano impressionò il pittore surrealista.
Erano i giorni dopo il Natale 1948, di ritorno dall’Italia, quando Dalì volle fare un viaggio nella Castilla proprio per visitare quel monastero.
In quel famoso monastero oltre a san Giovanni della Croce, anche santa Teresa di Gesù aveva vissuto esperienze mistiche.
Come nasce un’opera d’arte
Dali fu così impressionato, che a Parigi cercó l’amicizia del frate carmelitano Padre Bruno de Jésus-Marie.
Si mise a studiare i testi del Santo.
Lo colpì la descrizione della via della Notte Oscura d’amore.
San Giovanni della Croce la descrive come la via più diretta che un anima può seguire per giungere alla perfetta unione con Dio.
Un capolavoro spirituale
Il Cristo di Salvador Dalí, del 1951, è uno dei capolavori più importanti di tutti i tempi.
Questo dipinto ad olio colloca il pittore in un momento molto speciale della sua carriera artistica, alla fine degli anni Quaranta, nel bel mezzo di una riformulazione del suo pensiero.
Segna l’inizio di un nuovo periodo, quello della mistica nucleare, in cui Dalí combina il suo interesse per la fisica e il Rinascimento italiano con la religione e la spiritualità cattolica, e il cui testo fondativo è il Manifesto Mistico dello stesso 1951.
Tutto ciò accade dopo che l’artista si era allontanato dalla fede ricevuta attraverso la madre.
Gli avvenimenti della Guerra Civile in Spagna, insieme alle scoperte della fisica quantistica e ad una valutazione critica della deriva espressionistica e tragica di molta arte contemporanea, portarono Dalí a riaprire il cuore a Gesù Cristo e al Cattolicesimo.
Stavolta con la certezza che la nuova scienza manifesta l’intelligenza del Creatore e la tensione della materia fisica verso la vita dello Spirito, ma che solo in Cristo è dato all’uomo naufrago un porto di salvezza.
La Cesta del Pane di Dalì e il realismo della fede
Nella Chiesa, accanto al Cristo e al disegno reliquia, un pannello espositivo riproduce il dipinto di Dalì “La Cesta del Pane”, del 1945.
“La Cesta di pane” è un ottimo esempio del periodo classico di Dalì, che ebbe inizio nel 1941.
Questo dipinto può essere idealmente accostato al Cristo, in un dialogo che va ben oltre le questioni di tecnica pittorica.
Come spiegò l’artista nel 1952: «Dal punto di vista dello stile e della tecnica artistica, ho dipinto il mio Cristo di San Giovanni della Croce nella maniera in cui dipinsi la mia Cesta di pane, che già allora, più o meno inconsciamente, rappresentava per me l’Eucaristia».
Il simbolismo dell’opera
Nel dipinto di Dalì ritroviamo, inconfondibile, il paesaggio di Port Lligat, in basso, con le rocce suggestive di Cap de Creus e con la tonalità delle acque e del cielo di un blu così intenso da contrastare con il buio sovrastante, accentuando l’atmosfera drammatica dell’opera.
Sono evocate, simbolicamente, le tenebre che avvolsero Gerusalemme alla morte di Cristo e il buio originario dell’inizio della Creazione del mondo, quando, secondo il libro biblico della Genesi, lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Port Lligat in Spagna e il mare di Galilea
Il mondo intero diventa Port Lligat, nell’ovest della Spagna, dove Salvator Dalì soggiornava per lunghi periodi.
E al tempo stesso, quello è il Mare di Galilea, dove l’avventura di Gesù di Nazareth iniziò con la chiamata dei suoi primi apostoli, rintracciati presso le loro due barche ormeggiate.
Un’isola in lontananza disegna nelle sue frastagliate creste il profilo di Dalí, che contempla il Cristo.
Un senso di mistero ci è comunicato dalla prospettiva scelta per il Crocifisso, inscritto in un triangolo equilatero e rappresentato dallo zenith.
Così, il volto di Cristo è oltre ogni immaginazione, tanto da non poter nemmeno sapere se sul legno di quella croce egli sia ancora vivo o già spirato.
Nella chiesa di San Marcello al Corso, sull’altare maggiore, campeggia un grande drappo con le parole che Dio disse a san Giovanni della Croce proprio in quell’occasione: “Se vuoi una parola di speranza, fissa lo sguardo in Lui solo. Vi troverai più di quanto desideri”.
E attraverso l’invito a contemplare il Crocifisso, anche l’esperienza giubilare diventa compiuta, accoglie la dimensione più profonda.
Verso il Giubileo
L’iniziativa si colloca nel solco della preparazione al prossimo Giubileo.
Don Alessio Geretti è il curatore della mostra.
L’intento è quello di andare oltre l’opera d’arte per coglierne i significati spirituali, di “vedere oltre” l’opera d’arte e decifrarne i significati spirituali.
Le due opere pur profondamente diverse, in apparenza, sono infatti unite dalla stessa sete di Dio.