Il nichilismo di oggi
Da accademia, se pensiamo al nichilismo e alla sua formulazione, pensiamo a Nietzsche (a me, almeno, succede così).
Umberto Galimberti, filosofo contemporaneo, parla molto di come il nichilismo oggi faccia da sovrano e bruci le vite e le persone.
Il nichilismo è “l’ospite inquietante” come lo chiama Heidegger,
la malattia del nostro secolo,
lo spaesamento del nostro Essere che cerca i valori in assoluto e non li trova.
La convinzione che i nostri propri interessi superino e siano più importanti degli interessi della comunità.
È la solitudine connivente di un Essere omologato e vuoto.
Il nichilismo ci priva dell’umanità a scapito di un ruolo o di un mezzo.
Una solitudine camuffata da popolarità.
Mettere alla porta il nichilismo è però facile – dice sempre Heidegger – basta accorgersi di lui e guardarlo in faccia.
Io il nichilismo lo vedo
E mi sforzo di essere inadeguata, perché il nichilismo, oggi, si nutre dell’omologazione.
Omologazione emotiva,
omologazione sentimentale,
omologazione del pudore,
omologazione etica.
Dove l’Essere entra in crisi e non sa che pesci pigliare, lì trova facilmente conforto in ciò che fanno gli altri e si rasserena.
Ecco il Nichilismo.
Guai all’anima calma e calmata.
Guai anche a chi sceglie di essere ancora superiore alle storture senza parlare.
A chi si arrocca sulla propria torre lontana dalla quale si vede la miseria del nichilismo,
A chi si trova sulla torre grazie alla propria filosofia, diverso e perfettibile
mentre gli altri, fuori, non si vergognano di essere nulla mischiato con niente pronti a sfamare la luna (come direbbe Gurdjieff)