La notte in cui Pietro rinnegò sé stesso
La notte in cui Pietro rinnegò sé stesso, eravamo tutti là
Che notte memorabile,
che notte sconvolgente.
Si erano portati via il suo amico, la sua guida,
Per tutta la strada dal Getsemani al Sinedrio lui non aveva fatto che ripetersi “Amico mio io non ti lascio, Amico mio io non ti lascio”
E continuava a ripeterserlo attorno al focolare, tra chi andava e veniva e si aggrappava alla speranza di recuperare il suo amico e di far tornare tutto com’era prima, dileguando quell’assurdo incubo.
Le notizie però non erano buone,
pareva che fossero tutti molto arrabbiati col suo amico e volessero ucciderlo.
Lui non capiva bene il motivo della colpa e neppure gli altri, ma era così.
A quel punto cominciò ad ascoltare meglio il mantra che faceva girare dentro di lui e sentì che non era “Amico mio io non ti lascio” ma “Amico mio senza di te son perso”
All’improvviso, nella desolazione della notte, Pietro iniziò a pensare alla sua vita senza il suo amico e piano, piano, guardò in faccia la sua paura.
La sua vita senza il suo supporto?
Come fare?!
Quello sconosciuto era arrivato un giorno e aveva cambiato tutto.
Finalmente aveva una strada, uno scopo, una certezza divina.
Gli aveva fatto cambiare pure il nome.
Aveva un’altra identità, era diventato un’altra persona.
Nei giorni precedenti a quella notte, Pietro viveva la chiara percezione di far parte di una rivoluzione, unirsi a quelle persone era stata la cosa migliore che avesse fatto.
E adesso tutto era in pericolo.
Se si fossero portati via il suo amico, tutto sarebbe finito.
E Pietro si sentì solo.
All’improvviso gli veniva a mancare il porto sicuro, la persona che gli diceva cosa fare e come,
chi rispondeva alle domande, il faro, l’albero che gli faceva ombra.
Tutto quello che aveva rivoluzionato la sua vita e gli aveva dato una nuova, bellissima e corretta, dimensione di stabilità e serenità.
Ma perché doveva rinunciare?
Non poteva farcela.
Era un salto troppo grande.
Cosa ne sarebbe stato adesso di lui?
Mentre pensava così, passò una donna che lo fissò e disse:
“Io so come parli e cos’hai da dire, tu sei uno di quelli che possono arrivare nelle profondità di loro stessi e trovare la strada”.
“Non so, non capisco quello che vuoi dire”.
Sentì che non era il caso di fermarsi lì in mezzo e si allontanò un poco.
Si guardò intorno, di lì a poco sarebbe sorta l’alba,
in lontananza sentì il gallo cantare.
Ma la donna sapeva dentro di sé, aveva capito che Pietro era molto di più di quello che credeva e continuò:
“Tu puoi distruggere la paura ed esplorare la vita lì dove tutti gli altri hanno paura di arrivare per via dell’attaccamento nei confronti della comodità”.
“Non so e non capisco cosa vuoi dire.
Cosa vuoi da me?
Mi stai confondendo con le tue parole, vai via!”
La fuga durò poco, la voce continuava:
“Io ti conosco, lo vedo chiaramente: tu puoi fare cose grandi e noi tutti abbiamo bisogno di te”.
“Per il cielo e per la terra! Per le cose visibili e per le cose invisibili! Andate via da me! Voi non sapete quello che dite! Io non sono quello di cui parlate”.
Ed ecco che il gallo cantò per la seconda volta e Pietro si ricordò delle parole di Gesù
“Prima che il gallo canti due volte, nella notte delle tue paure, tu rinnegherai te stesso tre volte.
Da questo capirai che c’è molto più di ciò che vedi e che le tue paure sono infondate”.
E allora capì che la verità era che lui era pronto e che doveva salpare.
Da quella notte, nulla fu più come prima.
La notte in cui Pietro rinnegò sé stesso, c’ero anche io e ci sono ancora ed è una notte affollata.
Ci siamo tutti noi che attraversiamo la lunga notte della paura e non facciamo che rinnegare noi stessi, prede dell’incertezza e della precarietà del futuro che vediamo.
Tutti noi che sappiamo che quello che vediamo è solo a un metro da noi mentre l’orizzonte è ampio chilometri e chilometri eppure …
Tutti noi che, anche se non lo abbiamo mai fatto e non crediamo di poterlo fare, siamo pronti a camminare da soli e andare lontano incontro alla nostra sconosciuta e ricchissima strada.