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I social, in questo caso Facebook, attraggono l’attenzione delle “Istituzioni”, dei “Potenti”, delle grandi “Economie”, delle “Genti buone”, delle “Genti cattive”, delle Persone Semplici, delle Persone Strutturate. Insomma un grande calderone, in alcuni casi un “grande fratello, dove tutti scrivono, raccontano, producono propaganda, magari tendendo ad autocelebrarsi, a promuovere se stessi, le proprie idee, anche le più strampalate, o idee altrui, in quella che si ritiene, quasi sempre impropriamente, la massima libertà, dimenticando o non conoscendone il significato della parola e le sue complesse implicazioni.

Essere libero.

Definizione assai complessa, come rileviamo dal famoso dizionario della “Treccani”, a cui possiamo aggiungere tutte le disquisizioni etico, morali, filosofiche e religiose che vi appartengono.

Ancor più complessa, se la associamo alla parola “indipendenza”.

Condizione di chi o ciò che è indipendente. (fonte Treccani)

E’ forse proprio in questi ambienti, i “Social”, che spesso nascono tanti presupposti per potere indirizzare le popolazioni a perdere le libertà e le proprie indipendenze, magari utilizzando erroneamente proprio quella che viene chiamata “libertà”.

Significativo il libro scritto dal Sociologo e Pedagogo Corrado Faletti, dal titolo “Ho 5.000 amici” dove “l’Apparire” ha sostituito “l’Essere”, nei social, arrivando idealmente ad ipotizzare che chi appare e’ “libero” e ritiene di essere possessore della propria Indipendenza.

E’ da questo il motivo per cui l’autore ha sentito l’esigenza di inserire una “proposta di legge” che regolamenti i “social”. Essi infatti hanno generato grande confusione nella interpretazione della libertà e dell’indipendenza, con risvolti sociali spesso assai pericolosi, anche se di non facile collegamento a quelle errate interpretazioni.

E’ in questa ottica che scoprendo quasi per caso una testimonianza su Facebook, che riportiamo a seguire virgolettato, abbiamo ritenuto opportuno sottoporlo all’attenzione dei lettori.

Ringraziamo l’autore, Andrea Pinasco, che abbiamo provveduto a contattare.

Una testimonianza che parla di quella libertà ed indipendenza che i giovani di qualche decennio fà, fin da quando avevano 13 anni agognavano…

Andrea Pinasco, imprenditore noto per i Kit di elaborazione delle “Vespa” Piaggio utilizzate dai molti, allora giovani, di quella generazione che “sognavano” il motorino a 14 anni, per “guadagnarsi” un minimo di indipendenza e di “libertà”.

Una libertà che consisteva anche nell’elaborare quei motorini, nel suo caso la Vespa della Piaggio, assai diffusa tra i giovani studenti dei licei, e degli istituti superiori.

“Motorini” che riempivano gli atri e gli spiazzali davanti le scuole, e che oggi invece sono scomparsi.

I giovani di oggi non hanno voglia di libertà? Di indipendenza?

Ma andiamo al racconto che ha colpito il Nostro interesse e che intendiamo offrirvi come spunto di riflessione.

Da Facebook: di Andrea Pinasco.

“Il conto alla rovescia cominciava quando si compiva 13 anni. A scuola e fuori non si parlava d’altro, qualcuno comprava Motociclismo, altri andavano dall’Agente Piaggio a tempestarlo di domande.

Il sogno era sempre lo stesso, il motorino, si sognava il Corsarino o il Guazzoni ma ci si sarebbe accontentati della vespetta o anche del Ciao.

A 18 anni la macchina poteva attendere, ma a 14 il motorino no.

Ricordo il primo giorno con la mia 50s. Percorsi piú di 100 km. dritto in sella come un fuso e con in viso un’espressione fiera, che non ho mai più ritrovato.

Andai subito dalla nonna poi da tutti gli amici. Con il suo lento ronzare, un motore della potenza di un frullatore da bar, la mia vespetta mi faceva sentire un principe.

Gironzolando, incontrai un gruppo di coetanei motorizzati, ci sfidavamo tra noi e parlavamo per ore delle moto che avremmo avuto un giorno, le più gettonate, la MotoBi e la Morini Corsaro veloce.

Parlavamo anche di altro, famiglia e molto timidamente ragazze, nacquero belle amicizie e grandi avventure.

La domenica si partiva tutti insieme, eravamo un branco di giovani lupi che, spesso solo con i soldi della benzina in tasca, scoprivano il mondo.

Certo, sul dritto, gli Itom e i morini erano più veloci, ma il mio amico “Stoppa” ed io, nel misto stretto eravamo imbattibili.

Ora tutto è cambiato, non so se in meglio o in peggio, ma l’età media dei motociclisti si avvicina ai 50 anni, i ragazzi si incontrano in rete e davanti alle scuole i nugoli di motorini sono spariti.

Non mi preoccupa che i ragazzi di oggi non abbiano più la passione per i motori o la velocità come avevo io, per me una passione vale l’altra purchè sia genuina.

Però, il fatto che non ci sia più il desiderio di quella libertà, di quella indipendenza, che solo muovendosi da soli si può avere, questo, mi spaventa un pò.”

Questo scritto, pone tanti spunti di riflessione, probabilmente “banali”, ma che drammaticamente, banali non sono.

Tanti, certamente, avranno da criticare, e lo faranno.

Oramai la libertà sembra essersi trasformata in quel pensiero che pochi impongono ed a cui tutti gli altri debbono sottostare.

Vogliamo così ricordare un altro libro, “Il mondo al contrario”, scritto da un Generale Plurititolato, Roberto Vannacci, che ha avuto il coraggio di scrivere tutte quelle “banalità” (privo di originalità, ordinarietà, ovvietà, Fonte Treccani) che oggi, la maggior parte dei cittadini Italiani pensa, riconosce, ma che non ha il coraggio di esprimere. Libro che in poche settimane ha venduto tante copie da battere ogni record in Italia, e che forse per questo ha suscitato la critica di coloro i quali, parlano di libertà confondendola per…

Ettore Lembo

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