Le persone vanno fatte a pezzi… perché finché le terremo insieme, non saremo in grado di amarle.

E, se non amiamo, ci condanniamo a una vita di astio e aggressività e moriremo di fame.

Tutti noi abbiamo vite fatte di ore, giorni ed anni 

e, in almeno una di queste parti, abbiamo fatto qualcosa di increscioso.

Quando il giudice morale vuole condannare, 

trova pezze di appoggio alla sua tesi anche di fronte a Buddha, Gandhi o Gesù Cristo.

Il censore è convinto che, anche in un corpo prevalentemente sano, un episodio di malattia abbia come unica soluzione l’eutanasia purificatrice.

L’estremista intransigente studia la sua giustizia per condannare gli altri anziché salvarli.

Il teorico della correttezza dice che se un uomo è un essere con due braccia e due mani, una persona senza una mano non è un uomo.

Finché cercheremo col rigore della totalità e della generalizzazione,

troveremo sempre una macchia o una scucitura nell’infinita tela delle azioni umane 

e tutto questo ci renderà soli e esposti al male del mondo.

Noi siamo ceste di bei frutti raccolti.

In noi ci sono frutti maturi e frutti acerbi, frutti marci e frutti imperfetti.

Siamo mazzi di fiori profumati in cui è seccata qualche foglia.

Siamo forzieri di monete d’oro tra le quali sono finiti dei sassi.

Siamo ecosistemi interi nei quali hanno vissuto altri uomini.

La ricerca della parte bacata che compromette il tutto ci distrae dal nostro vero interesse

da ciò che davvero ci porta vantaggio: 

Trovare e salvare la parte buona.

Chi ha fame, raccoglie il frutto buono dalla cesta 

Chi vede solo il frutto marcio, morirà di fame.

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