Mattarella risponde alla lettera della Vicepreside della scuola di Pioltello, ma….

 

“Ho ricevuto e letto con attenzione la sua lettera e, nel ringraziarla, desidero dirle che l’ho molto apprezzata, così come – al di là del singolo episodio, in realtà di modesto rilievo – apprezzo il lavoro che il corpo docente e gli organi di istituto svolgono nell’adempimento di un compito prezioso e particolarmente impegnativo”.

(Fonte Ansa)

Ineccepibile, equilibrata ed al di sopra delle parti, Tenendo forse in considerazione la Costituzione, i trattati e la complessità che il Suo ruolo Istituzionale gli compete.

Non sembra infatti evidenziarsi una presa di posizione specifica sul fatto in questione.

Così, la risposta di Mattarella alla lettera inviata dalla Vicepreside dell’istituto comprensivo Iqbal Masih di Pioltello, Maria Rendani, nominata due anni fa proprio dallo stesso, Cavaliere dell’ordine al merito della Repubblica, per il suo lavoro in classe nel periodo del Covid.

Vicepreside che ad una TV locale ha riferito, secondo il quotidiano “La Stampa”:

«Chiedo a Mattarella di intervenire, di venire a Pioltello a sostenerci perché ci sentiamo soli. Lui è l’unico che può scrivere la parola fine in questa triste storia. Come posso ritrovare la forza e il coraggio di insegnare ai miei alunni che lo Stato italiano difende i cittadini?» così riporta “La Stampa” che continua, «è una scelta didattica. Non ha nulla di ideologico, nulla di religioso. Non abbiamo voluto inserire alcuna festività, non vogliamo togliere l’identità a nessuno e non vogliamo sopprimere nessuna cultura».

Una risposta certamente neutra ed al di sopra delle parti, ma che sembra abbia dato spunto a molti quotidiani, forse propensi ad una “manipolazione propagandistica” essendo oramai troppo spesso allineati a varie correnti ideologiche che guardano sempre più a sinistra.

“Apprezzo il lavoro che il corpo docente e gli organi di istituto svolgono nell’adempimento di un compito prezioso e particolarmente impegnativo.”

Significativa e precisa, sembra essere la su detta frase che esprime apprezzamento per il corpo docente e gli organi di istituto IN TOTO, e non IN LOCO, specialmente dopo la frase “al di là del singolo episodio, in realtà di modesto rilievo”, che potrebbe suscitare ulteriori polemiche.

Quello che tuttavia rileviamo, è il silenzio assordante del clero, pur essendo direttamente coinvolti, e che induce i fedeli a porre dubbi sulla attuale missione Pastorale.

Ancor di più se risulta esser vero siano state “barattate”, come riportano alcuni quotidiani, due giorni delle festività pasquali.

 




Cattolicesimo o Islam, dove va l’Italia?

 

E’ appena trascorsa la domenica delle Palme che celebra il festoso ricordo dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, accolto in maniera trionfante dai presenti che, per omaggiarlo, stendevano in terra i mantelli e sventolavano i rami tagliati dagli alberi.

Gesù, consapevole di andare incontro alla morte, ma fiero di quella accoglienza.

Una domenica, simbolo della pace, rappresentata dall’ulivo trasportato dalla colomba, che ricorda il racconto della Bibbia e, che vede Noè protagonista.

Questo racchiude la domenica delle Palme.

Ma, una strana domenica delle Palme, quella appena trascorsa, dove spirano forte i venti che vogliono allargare quelle guerre in atto allontanando sempre più la pace.

Sembrano lontani i tempi in cui le famiglie, con i bambini al seguito affollavano le chiese per far benedire i rami di ulivo e delle palme.

Oggi invece, non si riempiono le chiese, e nemmeno Piazza San Pietro a Roma, invasa forse da turisti mordi e fuggi, ma da pochi fedeli.

Poche le Palme e gli Ulivi benedetti.

Chissà se avrà influito a Roma quel blocco della circolazione, che appare e scompare a piacimento di chi ha deciso di dover limitare gli spostamenti delle genti.

Sarà causale o casuale la scelta della domenica delle Palme?

Che strana coincidenza.

E’ di sicuro una coincidenza, dovuta alla cagionevole salute di “Francesco” che per la prima volta, così asseriscono alcune fonti, non è stata letta l’Omelia alla fine del vangelo della Messa delle Domeniche delle Palme.

Ci ritroviamo così nella ricorrenza settimana della Passione e Morte di Gesù Cristo, che porterà alla Sua Resurrezione, domenica prossima.

Una settimana che dovrebbe concentrarsi, per fede, cultura, storia e tradizione, in quegli avvenimenti che hanno dato luce alla Cristianità ed al Cattolicesimo, e che, fino a qualche anno fa vedeva coinvolte famiglie, giovani, anziani, bambini, scuole ed istituzioni, pur nel rispetto della laicità dello Stato, come previsto dalla nostra Costituzione.

In tanti si chiedono dove son finiti quei momenti di riflessione che in questo periodo, iniziando già dalla scuola, venivano dedicati attraverso gli esercizi spirituali.

Si iniziava con il Segno della Croce e la Preghiera, rivolgendosi verso il Crocifisso.

Crocifisso che era presente in tutte le aule delle scuole e in ogni ufficio…

Ma qualcuno ha deciso che così non doveva essere, con il silenzio complice di chi sarebbe potuto intervenire, avendo gli opportuni titoli.

Sparito il Crocifisso, simbolo del Martirio e della Morte di Cristo, sparito il Presepe, simbolo della Nascita di Cristo, spariti gli esercizi Spirituali, sparite le festività Cristiane, sparita la Nostra cultura, per non offendere chi professa altre religioni, nella discutibile cultura di una inclusione forzata, unilaterale e forse non gradita.

Probabilmente, anche al più laico dei laici, la domanda verso dove sta andando l’Italia e non solo, nasce spontanea.

A rafforzare le ovvie domande che tanti, non strumentalizzati da ideologie, si pongono, questi fatti accaduti:

E’ di questi giorni, la notizia che a Pioltello, comune Italiano della città di Milano, il preside di una scuola, decide di chiuderla per la fine del Ramadan; regola musulmana, i cui adepti devono astenersi dal bere, mangiare, fumare, ascoltare musica, dal praticare attività sessuali e le donne non devono truccarsi.

Non entriamo nel merito, per cui già tanto si è scritto, se non per rilevare quanto asserito dall’arcivescovo di Milano Mario Delpini: “un legittimo provvedimento dell’istituto” e, continua: “Non mi pare il caso di far diventare la cosa un problema”.

Riportiamo anche la posizione di Don Fabio Landi: “Rispettare i musulmani è un modo per capire l’altro” e, continua: “una delle cose più importanti della vita è la religione. Non so come sia il regolamento delle scuole, si sospende anche a carnevale”. In oltre, al “Il Giorno”, un suo collaboratore, don Fabio Landi, responsabile della Pastorale scolastica per la Diocesi di Milano, chiarisce: “Sono sorpreso dal cancan sollevato da una vicenda che credo non solo assolutamente normale, ma addirittura auspicabile. Rispettare la festa dei musulmani è un modo per capire l’altro. Le scuole tengono in considerazione le settimane bianche, figuriamoci un appuntamento come questo. È un ottimo esempio davanti a una realtà complessa, se usciamo dalla logica di conquista e ci mettiamo in quella dell’incontro”.

A rendere ancora più complessa e dubbiosa la posizione dell’Arcivescovo e del Monsignore, la lettera firmata da tre parroci, e letta nelle chiese di Poiltello al termine della messa prefestiva:

“La decisione del Consiglio di Istituto è nata da una seria e attenta capacità di leggere il tessuto sociale della nostra città che, come sappiamo, ha una percentuale di presenza di popolazione musulmana molto alta.

Non accettiamo in alcun modo i toni aspri e violenti con cui in questi giorni si è manifestato il dissenso, trasformando una scelta ponderata in una battaglia politica o ideologica. Che cosa avranno pensato di noi adulti i ragazzi che, quando entrano in classe, vedono solo compagni di classe con cui crescere e amici con cui giocare senza guardare alla nazionalità o alla religione?

La realtà di Pioltello è molto complessa e di certo non servono le chiusure e il disprezzo. Serve invece la capacità di darsi la mano e lavorare insieme.

Anche il responsabile dell’Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso della Diocesi di Milano ha espresso apprezzamento per questa «bella iniziativa di dialogo tra religioni»

Riteniamo che la decisione, presa in modo collegiale, di chiudere la scuola in occasione della fine del Ramadan sia nata dal buon senso di chi opera ogni giorno in una realtà multietnica con passione e cura per ogni persona e per la sua identità. Per questo esprimiamo piena solidarietà al Preside e a tutto il Consiglio di Istituto dell’Istituto Comprensivo Iqbal Masih

Siamo sicuri di una cosa: quando le polemiche saranno finite (di solito bastano pochi giorni) a Pioltello resteremo noi, resteranno le persone; uomini, donne e bambini di buona volontà che vogliono vivere insieme, che vogliono una città bella e serena e, anche se costa fatica e non è scontato, ogni giorno si sporcano le mani, costruiscono ponti e inventano iniziative per incontrarsi, accogliersi e aiutarsi.

Firmato: Don Andrea, Don Giacomo e Don Marco”

Posizioni, quella dell’Arcivescovo, del Monsignore e dei tre Don, che potrebbero indurre molti fedeli a porre dubbi sulla loro missione pastorale.

A ciò che sta accadendo a Poiltello, sempre negli ultimi giorni, dobbiamo aggiungere quanto denunciato dal Sindaco di Monfalcone, dove un oratorio, intitolato all’Arcangelo San Michele, di pertinenza della parrocchia, è stato prestato ai musulmani, come moschea, all’insaputa del sindaco.

Fenomeni, questi, che trovano sempre più spazio nel tessuto Italiano, e registrano uno strano cedimento verso non la laicità dello Stato, come in origine ci si era impropriamente orientati, rinunciando, per di più, alla cultura ed alla tradizione Italiana, orientando tutto verso una vera e propria islamizzazione.

Togliere progressivamente ma puntualmente ogni forma culturale cristiana e cattolica, che ha caratterizzato la nostra vita di sempre, e sostituirla con la cultura islamica, assai lontana dalla nostra, per di più, con la complicità di coloro i quali preposti per Loro volontà a difenderne ogni principio, rende fortemente dubbioso il futuro delle nostre generazioni.

Ettore Lembo




A. è ancora con noi…

Qualche giorno fa A. ha tentato di andarsene da questo mondo, una difficile malattia ed un posto di lavoro ostile presso una importante Università Italiana le hanno fatto credere di non essere adatta a vivere.

Le abbiamo scritto queste due righe come comitato di redazione:

 

Ciao A. abbiamo saputo e siamo contenti di poterti scrivere ancora, vedi, per favore, di non fare favori agli altri, in questi casi è meglio combattere e perdere che arrendersi.

Volevamo scriverti ieri ma abbiamo preferito prima sentire Ch. per avere un quadro completo.

Permettici alcune considerazioni: il tuo gesto avrebbe solo generato tristezza nelle persone che ti vogliono bene, facendo invece contenti gli altri, ma ti pare logico!!?? Meglio allora combattere aiutata da chi ti vuol bene.

Noi siamo disposti ad aiutarti come possiamo, scriviamo un bell’articolo su di te che parla di come si difficile combattere tra lavoro e malattia e di come sia importante avere un supporto anche dai colleghi, falli stare di merda, falli sentire le merde che sono o almeno fai capire a tutti gli altri le merde che sono (infatti chi è una merda di solito non ne è consapevole).

A. ti capiamo e ti siamo vicino e lo sai, ma non posso accettare che una persona bella ed intelligente come te la dia vinta a degli ignoranti colossali.

Capiamo che tu creda di avere solo due possibilità ovvero andartene lasciando indietro tutta questa sofferenza o rimanerci dentro, quasi in un profondo nero di dolore.

Pensiamo invece che Tu non veda il sole che tu sei per gli altri, perché di solito chi lo è non se ne accorge.

Quindi hai una terza strada, forse la migliore, mettiti davanti ad uno specchio e guardati con gli occhi di chi ti vede realmente: in questo modo ti renderai conto che questa vita, seppur difficile, contiene dei valori e delle bellezze, e nessuno ha il diritto di privare il mondo della bellezza, nemmeno Tu.

E se tu pensi che andartene allieverebbe la tua sofferenza, beh, non è così.

E non lo diciamo seguendo un ragionamento religioso, anche se anche lì ci sarebbero delle ragioni valide, ma parliamo da un punto di vista egoistico.

La tua presenza su questa terra è un messaggio, un messaggio di bellezza, di generosità, di forza, di armonia, come pensi di arrogarti tu il diritto di spegnere per gli altri questo messaggio? ricordati che spegneresti una luce per chi la vede non per chi non la vede, e questo ti sembra logico, ti allieverebbe la tua sofferenza? te ne andresti contenta di aver reso tristi le persone che ti volevano bene? saresti così felice di chiudere gli occhi sapendo che il mondo che lasceresti dietro di te diventerebbe, almeno per noi che ti vogliamo bene, un poco più brutto? sei circondata da teste di cazzo?

Embè, sai quante ce ne sono nel mondo ed in qualsiasi posto credici, ma la tua vittoria è rimanere continuando a dimostrare che loro sono delle teste di cazzo, e questo si riesce a fare con il confronto, con la presenza di anime gentili, altrimenti se ci fosse solo il buio senza la luce chi capirebbe che è buio?

Questa è la tua terza via, continua a godere fino all’ultimo dei beni che questo mondo ti ha dato e che sono dentro di te e negli occhi di chi ti vuol bene, non farti guidare nelle tue azioni dal male negli occhi degli altri, ricordati sempre che raglio d’asino non giunge in cielo.

E poi calcolando anche solo che la tua presenza gli da fastidio, ma noi non ce ne andremmo mai!!!!

A. lascia che sia la vita a decidere per te, non tu per la vita, segui la tua anima luminosa, vivi ogni giorno per custodire quei beni che hai dentro di te affinché siano guida per gli altri, e pensa sempre che anche se la malattia ti rende difficile vivere, l’universo ti ha dotato di tanta bellezza, di un’anima buona, di una mente Brillante, gli altri intorno a te avranno la salute, ma sono delle perenni teste di cazzo, nel mondo c’è un bilanciamento.

A., vivi per vivere hai troppi doni per abbandonarli.

 

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Qualcosa non quadra

 

Non ci tornano i conti:
La Cina e la Russia, non riconoscono l’ attentato terrorista di Hamas, del 7 ottobre all’ Onu, però a pochi giorni dalla riunione, avviene l’attentato terroristico jiadista a Mosca, dove si scopre che, la stessa Cia, avesse avvertito del rischio incombente e i russi, hanno disatteso e non sono corsi ai ripari! Umm!

Mi sa che i “lupastri  jiadisti” di turno, su commissione, quando servono, ci sono sempre… 

In un mondo surreale e psicotico come questo di oggi, tutti vogliono sembrare buoni e nessuno vuole fare la parte del cattivo; però, le armi sparano, lo stesso, sia da una parte, che dall’altra!..

A chi dobbiamo, quindi, dare la ” parte incresciosa”!?, ma ai lupastri cattivi, naturalmente!

Gli stessi, guarda caso, dell’11 settembre, con buona pace di tutti …

Era da parecchio tempo che non se né sentiva parlare.

Tutto perché, nessuno vuol ammettere, che l’opinione pubblica internazionale ipocrita, non può stare dalla parte del più forte, ma dipinto come il cattivo e anche antipatico.

Un po’ come i vecchi incontri di tennis tra Borg e Mc Enroe:
Uno forte ma antipatico, ovviamente Borg, e l’altra fragile e nervoso Mc Enroe.

Sapete per chi tifava la gente!?

Mc Enroe.

I lupastri Jiadisti, quindi tolgono, di fatto, le castagne dal fuoco a tutti, sia agli americani, che passeranno alla storia come i salvatori della Patria o i poliziotti democratici del mondo, sia ai russi che non si potranno più sentire bersaglio del mainstream del male assoluto da colpire, e degli israeliani, che avranno spazio di manovra e da spendere ancora un po’ di tempo, per finire il lavoro sporco e fare tabula rasa di Gaza e dei migliaia di innocenti inermi fra donne e bambini …

I lupastri Jiadisti usati e consumati alla bisogna né più e né meno, come i vecchi ” pellerossa ” cattivi dei vecchi film Western, con gli sceriffi pronti a difendere i valori della loro democrazia col settimo cavalleggeri alla carica …

Ma poiché non ci sono più i nativi americani da ingaggiare, adesso tornano comodo e vengono rimpiazzati da quel Islam violento che da’ fastidio a tutti, persino ai cinesi e agli indù indiani …

I lupastri Jiadisti sono come gli alieni, come il prezzemolo, sono da per tutto …

I lupastri Jiadisti stanno all’alieno, come lo sceriffo al ” pellerossa”…

Gli stessi innocenti inermi russi, che ieri a Mosca, hanno trovato la morte, anche se in numero certamente inferiore rispetto alle moltitudini in Palestina tutti i giorni.

La guerra, o almeno la sua narrazione ” ufficiale ” da vincitori, ci dice come ce la vogliono raccontare, e gli stanno facendo prendere una svolta non diversa, ma inaspettata.

Un ” coup the theatre” per mischiare di nuovo le carte e per mandare avanti questo ” Truman show “macabro e grottesco; tanto, i morti ammazzati, che siano ucraini, o russi, americani dell’11 settembre, o palestinesi o israeliani, non frega niente a nessuno.

” the show must go on ” e i morti sono solo danni collaterali.

Qualcuno, a la fine, se ce n’è sarà una, farà i conti di quanti milioni di cartucce prodotte e consumate, quanti tank, quanti uomini, quanti aerei, missili, droni, quanti soldi le industrie di armamenti hanno guadagnato, quanti soldi si potranno reinvestire nei nuovi modelli più tecnologici, efficaci ed efficienti e quanti per la prossima campagna elettorale delle presidenziali americane e non …

Scoprendo anche che dietro ai lupastri Jiadisti o Hams, o alle brigate rosse, ci sono sempre loro.

Cosi, il” Mr Burns” della situazione, tamburellando i polpastrelli e sfoderando il suo solito ghigno luciferino, dirà: ” eccellente “!




Socialità e egoismo, sentimenti e forze in contrasto

La metafisica della persona e della società fonda una psicologia e un’etica, che presiedono allo svolgersi della vita sociale. Ogni uomo che nasce entra nell’universo e vi si armonizza come termine di relazione con Dio e gli altri uomini e le cose. Per questo è una persona in sè consistente, ma essenzialmente relazionata, cioè inserita in un complesso di rapporti con altri-da-sè.

Il senso sociale, o senso della socialità, è dato dalla coscienza dei rapporti con gli altri uomini, del comune legame di ideali e di interessi, della solidarietà che, sola, rende possibile ad ognuno la pienezza del vivere. Esso si traduce nella tendenza della persona umana a comunicare con gli altri, cioè a far parte agli altri di ciò che è proprio, come a ricevere dagli altri quanto è necessario per il bene proprio e comune.

Per esempio, nel conoscere la verità, per naturale tendenza l’uomo rifugge dal tenerla prigioniera dentro di sè, ma la offre agli altri. Di qui le molteplici forme di comunicazione interpersonale: dalla semplice trasmissione di una notizia, alla partecipazione di nozioni, idee, giudizi, valori fino alla comunicazione dei più intimi pensieri. Nell’amare, l’uomo espande sè negli altri diffondendo, nel contempo, gioia e felicità. Di qui tutta la gamma di espansioni umane: dall’amicizia in senso comune, a quella coniugale e familiare, al patriottismo, allo spirito comunitario nazionale e internazionale, alla comunione religiosa ed ecclesiale, fino al sacrificio supremo della propria vita per il bene degli altri.

Con questo senso sociale, purtroppo, contrasta l’istinto egoistico che di fatto pullula in ognuno, come sopravalutazione di sè e tendenza a rinchiudersi nel proprio io egocentrico, per pascersi di sè e possibilmente degli apporti degli altri, considerati e sentiti come “altri”, cioè estranei all’ “io” e alla sintesi dell’io e del tu nell’unico “noi” comunitario.

Nell’uomo dunque si agitano due forze contrastanti, tali da renderlo nello stesso tempo estremamente comunicante ed estremamente impenetrabile. Perciò ognuno, a seconda della prevalenza di una inclinazione o dall’altra, della socialità o dell’egoismo, diventa un operatore di comunione o di disgregazione, tende a unirsi con gli altri in un comune intento di comune beneficio oi ad esercitare su di essi un dominio dispotico.

Secondo gli psicologi appartengono alla sfera della socialità l’altruismo, la tolleranza, la socievolezza, l’affettività, ecc.; mentre l’aggressività, l’ambizione, la vanità, il delirio di grandezza ecc., appartengono alla sfera dell’egoismo. I sociologi a loro volta fanno derivare dal senso sociale tutte le forme di raggruppamento, dai semplici aggregati di gruppi e associazioni, fino alla società globale, che si attua nella comunità civile e religiosa, nazionale o universale; ogni sorta di deviazione della tendenza comunitaria – asocialità, anarchia, criminalità ecc. – è invece attribuita all’egoismo.

L’educazione alla comunione sociale

Perchè l’uomo possa attuare ed esprimere compiutamente le virtualità sociali della propria personalità, occorre educarlo a vivere in comunione con gli altri. E’ questione di sensibilità, di razionalità, anzi soprattutto di spiritualità…

L’educazione in generale comporta un elemento formale: diciamo che se una persona è ben educata se osserva delle regole di comportamento esteriore stabilite dall’uso ed è capace di un certo autocontrollo; ed un elemento sostanziale che si attua con l’acquisizione dei valori fondamentali per la vita sociale, quali l’onestà, la bontà, la serietà, la generosità, la modestia, la fedeltà ai propri doveri, il senso di responsabilità.

Naturalmente e soprattutto in questo secondo senso che va intesa ed impartita l’educazione al senso sociale, da attuarsi sotto una triplice forma:

a) a livello sentimento, l’educazione del senso sociale porta l’individuo a dividere con gli altri i propri stati affettivi, alla gioia di vivere insieme, alla compassione (nel senso etimologico di patire con gli altri), e quindi intercomunicare in emozioni gradevoli nel campo estetico morale, intellettuale, religioso, ecc.;

b) a livello di razionalità, si tratta di innestare nello spirito i motivi ideali della comunione sociale, come idee-forza che determinano giudizi e decisioni, propensioni ed azioni di per sè tendenti alla socialità per una consapevole maturazione interiore.

c) a livello di spiritualità, si tratta di formare una superiore comunione degli animi nella luce, nella bontà, nella passione per i grandi ideali di verità e di vita: ma qui subentra la Chiesa, o un’altra forma di religione organizzata, o qualche gruppo solidale di ispirazione mistica ed etica comune, che abbia vivo il senso della socialità. Per la Chiesa si tratta di fondare la comunione tra gli uomini sul riconoscimento di Dio come Padre comune e di illuminarla all’eterna comunione di Dio con se stesso, da cui deriva la comunione mistica degli uomini con Dio, il corpo mistico fondato sul presupposto dell’universale solidarietà umana nella natura, nel bene e nel male, attuato storicamente con l’ incarnazione del Verbo e col sacrificio del Calvario, e aperto all’attesa della redenzione integrale nel compimento finale della vita e della storia, ad opera di Cristo.

La socialità come dimensione naturale della persona autentica

In ogni caso la socialità non è solo un “di più” della persona, ma una sua dimensione psicologico-etica, una sua piena realizzazione, una vittoria sull’isolamento (egoismo) e una espansione che le permette di sviluppare nella comunione con gli altri il proprio essere morale. Perciò la socialità è di sua natura un valore etico, spirituale.

L’egoismo è deleterio perchè chiude l’uomo in sé e lo divide dagli altri, rende impossibile i rapporti umani e perciò ha conseguenze fatali in ogni campo: familiare, professionale, politico, religioso. Si direbbe che l’egoismo è l’inferno dell’io chiuso in se stesso, diventato incapace di comunicazione: un inferno antropologico e psicologico, a cui l’uomo si autocondanna nella misura in cui fa di se stesso il polo esclusivo di se, della vita, del mondo: una concentrazione sul nulla.

La comunione invece è l’espansione e insieme arricchimento. Ma per essere reale, essa non può consistere solamente in una vicinanza o in una coesistenza, bensì risolversi in un mutuo accoglimento, in una reciproca donazione, per cui tra realtà ontologicamente incomunicabili, come sono gli individui, si costituisce una simbiosi spirituale che non può non riflettersi sul piano della collaborazione sociale. Ma intanto la persona stessa, nel comunicare, si afferma e perfeziona. Il valore profondo di un uomo si misura nella sua capacità di comunione, che non è data solo da un insieme di qualità esteriori (amabilità, spigliatezza ecc.) e nemmeno è solo il frutto di qualità interiori (sensibilità, raccoglimento, delicatezza, bontà, attenzione), ma è essenzialmente commisurata alla disponibilità interiore, al dono che uno sa fare di se stesso per colmare l’altro seguendo, in fondo, anche qua, la legge evangelica del dare senza pretendere di ricevere, del donarsi spontaneamente e gratuitamente raggiungendo così la beatitudine dell’amore. La comunione, cioè la vittoria sull’egoismo, porta dunque a tale perfezionamento dell’individuo da renderlo veramente persona.

Se personalità significa uno sviluppo delle energie e capacità dell’uomo, che si consolidi in una condizione permanente di dominio e di controllo dei principi operativi, ossia nella maturità psicologica-etica, radice e coefficiente ne è la socialità.

E’ un dato acquisito per la psicologia moderna che ha definitivamente abbandonato il termine “individualità” preferendovi quello di “personalità”, sotto gli influssi degli studi e delle esperienze che hanno messo in rilievo l’importanza dei fattori sociali nella formazione dell’Io.

Oggi per individualità si intende l’originalità ad ogni costo, l’insofferenza per ogni forma di cosiddetto conformismo, l’egocentrismo che può portare all’isolamento e all’anarchia, quasi sempre per un certo infantilismo che implica una mancanza di integrazione e quindi di maturità umana; personalità significa invece sviluppo di sé fino all’auto-dominio mediante l’integrazione del soggetto nel contesto sociale secondo le istanze della stessa natura dell’uomo, che è aperta agli altri e ne richiede un supplemento di cultura e di vita nello stesso darsi e donarsi.

La vita sociale effettivamente aiuta l’uomo, riempie la sua solitudine, lo integra, lo corregge, lo libera dal narcisismo e dalle frustrazioni che così spesso si determinano in lui quando è isolato e asociale.

L’individuo antico e moderno

La tendenza naturale dell’uomo alla socialità non trova la sua adeguata interpretazione o è addirittura negata nelle filosofie e mistiche dell’isolamento, antiche e recenti.

L’antica sofistica, per esempio, è la espressione culturale forse più tipica della crisi spirituale e politica del mondo ellenico. L’uomo dei sofisti è l’uomo solo, chiuso nel cerchio delle sue sensazioni e delle sue opinioni mutevoli. Non ha senso sociale. La sua stessa parola non è comunicazione, dialogo, ma monologo e il rapporto a cui essa dà luogo è come un incontro e anzi un urto fatale di uomini soli.

Così pure lo stoicismo celebra la dignità del saggio che in aristocratica solitudine si erge libero e imperturbabile di fronte agli eventi esterni, anche se l’etica stoica, egocentrica e raffinatamente individualistica, non dimentica tuttavia di fare appello alla solidarietà di tutti gli uomini fondata sull’unità del logos divino che determina l’unità cosmica.

L’epicureismo nella sua dimensione etica è la celebrazione dell’individuo che si chiude nel breve cerchio della sua esistenza finita eri trova la sua felicità nell’armonioso equilibrio del corpo e dell’intelligenza, lontano dagli affanni e dalle responsabilità della vita sociale e politica.

Anche le varie forme di solipsismo, individualismo, egotismo che si sono espresse nei tempi moderni sul piano culturale, con riflessi su quello sociale, partono tutte dalla mi-sconoscenza del valore che ha la società per la formazione dell’uomo integrale, o addirittura dall’asserzione della sua negatività in relazione al bene dell’individuo (pessimismo di Hobbes, per esempio,).

Non è neppure da ignorare il rilievo che nel nostro tempo ha preso la patologia degli asociali e antisociali, che costituiscono un fenomeno di ordine psico-sociologico che ha grandi riflessi su tutta la comunità. Si sa quali ne siano la ragione e la genesi.

Fenomeni patologici e pedagogia della società

In ogni momento della sua vita l’uomo costruisce e nutre la propria personalità in e attraverso contatti con gli altri; normalmente non può accettare o desiderare di comparire socialmente, ma invece sperimenta e manifesta un bisogno intimo degli altri, cioè il bisogno di contatti e di scambi, di comunicazione e di simpatia, di collaborazione e di donazione di sé. perciò chi si sente ignorato o trascurato, sperimenta tale condizione come una perdita della sua esistenza insieme personale e sociale. Chi non riesce ad essere qualcuno al livello psico-sociale della sua esistenza, “scompare”. Niente è per lui così conturbante, così esiziale alla vita psichica quanto alla sensazione di essere un derelitto o un isolato.

Ora questo può avvenire per una condizione psico-patologica, per ragioni costituzionali o a causa di frustrazioni subite: si hanno così gli asociali, che vivono in contatto con gli altri, ma sperimentano questo contatto negativamente: perdono fiducia, la capacità di comunicazione, il senso della vita di comunione, rinchiudendosi in sé stessi; oppure assumono atteggiamenti di aggressione e di rivolta contro la società, e diventano pertanto anti-sociali.

Una sapiente pedagogia della socialità dovrebbe prevenire e curare tali forme di vera patologia, per ridare a questi individui la normalità e recuperarli alla società.

Una dottrina sana e solida della società è la base per tale opera educativa.

Don Walter Trovato




Dignità e capacità di gestire un ruolo.

Principessa Kate, un esempio da copiare

In data 22 marzo la Principessa del Galles ha informato il suo popolo ed il mondo che l’intervento da lei subito a gennaio era dovuto ad un tumore addominale.

In questo mondo moderno basato su una forte consuetudine del parlare a vanvera e del guardare dal buco della serratura la vita degli altri, quanto ha sentito la responsabilità di fare la Principessa non può che essere ritenuto un gesto che dovrebbe insegnare a tanti, molti leaders europei e mondiali inclusi, come gestire il proprio ruolo.

Il sentirsi, infatti, a causa di quello che “si è a conoscenza avendo osservato da quella serratura”, nella condizione di giudicare e pontificare, spesso senza alcun senso ne del limite ne del ridicolo, è un comportamento che, purtroppo, oramai, ha superato il perimetro del “parlare al bar” ed è entrato troppo spesso nel “perimetro istituzionale”.

Un intervento pubblico, quello della Principessa, ove si vede una donna coraggiosa, certa dei suoi ruoli.

Una leader per il suo popolo, una madre, una moglie, una donna che, con dignità e saggezza, gestisce le sue ansie e la sua malattia.

Una donna che sa chiudere il proprio discorso pubblico al suo popolo ed al mondo con queste parole “In questo momento, penso anche a tutti coloro le cui vite sono state colpite dal cancro.

Per tutti coloro che affrontano questa malattia, in qualunque forma, per favore non perdete la fede o la speranza. Non siete soli”.

Ha terminato il suo messaggio portando speranza, non chiedendo aiuto.

Ha terminato il suo messaggio dando a chi si trova nella sua stessa situazione forza nella fede e nella speranza.

Da vero futuro Capo di Stato ha dichiarato che questi sudditi “non sono soli”, questa una delle sue priorità.

Una donna, una vera donna, che chiama il marito per nome e, da madre, rende pubblica la sua preoccupazione su come i figli possano vivere lo stato di salute della mamma.

Con dignità ha parlato di “enorme shock”, definendo questo stato d’animo una “ovvietà” da “elaborare” con “William”, il marito e padre dei suoi figli, non il “Principe ereditario”.

Ha dichiarato che l’elaborazione di questo “shock” ha richiesto “tempo”, ma “soprattutto, ci è voluto del tempo per spiegare tutto a George, Charlotte e Louis in un modo appropriato per loro e per rassicurarli che starò bene”.

Una madre che tutela i propri figli.

“Speriamo che capiate che, come famiglia, ora abbiamo bisogno di un po’ di tempo, spazio e privacy mentre completo il trattamento”.

“Come famiglia”, quella ove un padre ed una madre hanno il senso del loro ruolo e tutelano il loro perimetro privato chiedendo “privacy”.

Non è importante se si crede nel valore della monarchia o in quelli dello Stato repubblicano, ciò che ci insegna questa donna, madre e moglie è che, allorquando le cose diventano serie, i valori fondanti per reagire sono “fede e speranza”, sono “famiglia” e “figli da tutelare”.

Con dignità, appunto.

L’occidente tutto, non solo il suo popolo, ha trovato un “simbolo”.

Un “simbolo” vero, non un “influencer”.

Dignità e compostezza, da Capo di Stato, appunto.

Questo il “lavoro” di questa leader. Lavoro che, sempre in questo discorso, dichiara di amare.

A questa donna, questa madre, questa moglie, questa professionista della cosa pubblica, sommessamente e umilmente, non si può che augurare “lunga vita”.

L’occidente ha bisogno di questo “simbolo” per tornare nell’alveo delle proprie tradizioni.

Di persone inventate al potere ne abbiamo già troppe.

Principessa Kate, un esempio da copiare, appunto.

Soprattutto se si è, pro tempore, al potere.

Ignoto Uno




Edge of Tomorrow

 

Analizzando gli eventi storici drammatici di un’altra guerra messa in naftalina come quella del
Vietnam, mi verrebbe da pensare che molte analogie ci siano con questa ucraino- russa.

Come esporrebbe i fatti il buon Carlo Lucarelli ed apostrofasse, in una spy story di tutto rispetto ,con un” ma adesso lasciamolo lì!”, indicando argomenti non per forza utili alla tesi, io, invece ,vado ad estrapolarli, conscio del fatto che, in geopolitica, come del maiale, non me né vogliano i mussulmani, non si butta via niente.

La cosa singolare, è che allora come anche adesso, i Russi e cinesi, comunisti peraltro, fornivano armi e logistica al Vietnam del nord e al regime vietcong di ho-chi min, contro gli Usa che, avrebbero potuto attaccare sia la Russia che la Cina per gravi colpe di intromissione in un conflitto divenuto anch’esso per procura, con conseguente nefaste e con molta probabilità si sarebbe assistito ad una terza guerra mondiale.

Tutto ciò, grazie a Dio, non avvenne.

Oggi lo scenario Bellico è cambiato, se pur con parti invertite.

Adesso sono gli Usa ad aver creato una guerra per procura, contro quella stessa Russia che foraggiava i Vietcong nel ’68, che, nel frattempo, dopo 50 anni, si è emancipata dal comunismo.

Questa situazione nuova, avrebbe fatto ben sperare in una Pace duratura e magari  perché no’, in un ‘ ingresso nella Nato, con buona pace di tutti, a differenza della Cina, la quale, comunque, “lascerei là “, come direbbe Lucarelli, per il momento, al ruolo di spettatore, attendendo confuciamente la propria “occasione” di rivalsa taiwanese.

Ma chi è il vero aggressore!? E chi il vero aggredito!? È difficile stabilirlo in queste acque torbide, come quelle,tral’altro della favola di Fedro, del lupo e del agnello.

Chi sporca veramente l’acqua a chi ,e chi è, in questo caso il vero agnello e il vero lupo.!?

Certo è che questa guerra è iniziata continuativamente dal 2014, e gli ucraini governativi e non ,come il nazi battaglione Azov, non erano certamente le vittime .

In che cosa però si differenzia, rispetto a ieri il conflitto, e che la sortita degli esponenti politici europei, dalla Ursula Fon der Lyen a Presidente Macron, soffiano sul fuoco minacciando direttamente l’impiego di forze militari francesi o europee, quindi Nato!

La nota stonata è che ad una linea Maginot al confine con le Ardenne si voglia rispondere ad una nuova ,improbabile “linea Macrinot”, sul fiume Dniepr, che al massimo ,può sortire e suonare come una palese dichiarazione di guerra alla Russia, che, a differenza di kalasnicov e uaz, oggi sono i missili intercontinentali con testate nucleari potenziate a fare la differenza.

Se fosse una partita a poker texano, sarebbe la più brutta e pericolosa partita della storia, che non si dovrebbe neanche iniziare.
Forse ebbe ragione quello sceneggiatore di Hollywood quando scrisse il soggetto del noto film di fantascienza : ” Edge of Tomorrow” senza domani.
L’unica mossa vincente è non giocare.

 

P.s.
Allora fu Henry Kissinger a presiedere, a Parigi, la resa incondizionata del conflitto Vietnam versus Usa… purtroppo, questa volta, il caro Henry, non sarà dei nostri.




Scienza dell’Arte: estetica e metodo?

Betapress: Paolo Battaglia La Terra Borgese, ci spieghi lei cosa è la Scienza dell’Arte

 

Il metodo sperimentale, caratterizzante la scienza moderna, fu diffuso da Galileo Galilei: presuppone di esaminare costantemente che le indagini sperimentali siano connesse con le ipotesi e i ragionamenti svolti. Al pari di altre scienze, la Scienza dell’Arte è dunque anch’essa un sistema di conoscenze – spiega Paolo Battaglia La Terra Borgese

 

Occorre chiarire che il termine ha un significato immediato e storicamente definito – precisa il noto critico d’arte -, e indica lo studio dei fenomeni artistici con il metodo e i presupposti delle scienze naturali, al fine di determinare, in maniera universale e necessaria, le leggi che presiedono alla vita dell’arte. Un tale atteggiamento teorico, oggi alquanto superato, considera cioè questo fatto spirituale, che è l’arte, alla stessa stregua di un qualsiasi fenomeno naturale sperimentale.

 

Oggi la Scienza dell’Arte ha fatto passi da gigante – spiega Paolo Battaglia La Terra Borgese – e non è più stagionata nella trappola tecnica/rappresentazione/periodo: è avvenuta una vera palingenesi ad opera della Critica Artistica, che è la vera Scienza dell’Arte.

 

Le varie estetiche naturalistiche, fisiche, fisiologiche, psicologistiche ecc. erano tutte mosse dall’ambiziosa aspirazione di concludere in un sapere scientifico la vitalità estrema del mondo dell’arte. Il loro merito consistette nella polemica, giustificata entro certi limiti, contro alcune astrattezze speculative e posizioni mistiche in cui si perdeva la concretezza della sfera estetica – avverte Paolo Battaglia La Terra Borgese -.

 

Ma il loro limite si delinea ben chiaro allorché si tiene presente che la scienza può spiegare il mondo dei fatti, e non quello dei valori, né quello delle forme spirituali che sui fatti operano trasfigurazione e idealizzazione. Il mondo dello spirito, in altre parole, non può essere studiato col rigido metodo sperimentale perché altrimenti se ne perderebbe di vista la più profonda essenza, che è la libertà creativa. Questa è la ragione per la quale la Scienza dell’Arte non ha senso senza la Critica Artistica, che ne costituisce il diretto sinonimo e, soprattutto, la maggiore nozione, in quanto la Scienza dell’arte è solo una delle componenti della Critica Artistica.

 

Con ciò non voglio negare, chiarisce Battaglia La Terra Borgese, tuttavia, da parte delle estetiche più recenti, il valore e il contributo positivo di un certo ordine di studi. Tali ricerche vanno però condotte con metodi e procedimenti più elastici e idonei alla particolare natura dell’argomento, anche in considerazione del fatto che il metodo naturalistico di cui il positivismo si fece assertore è, nel campo delle stesse scienze, sottoposto oggi a un severo processo di revisione critica, e perciò non è più il caso di averne la cieca fiducia che se ne ebbe alla fine del XIX secolo. In secondo Luogo, le ricerche cosiddette scientifiche, di carattere psicologico, valgono a mettere in luce particolari piani ed aspetti della sfera estetica, ma i loro dati vanno integrati nella visione teoretica, cioè universale, del complesso mondo dell’arte.

 

Vanno, cioè, inserite nel quadro di una filosofia critica dell’arte e del bello.

 

Il piano in cui si risolvono dalla loro particolarità e unilateralità è dunque propriamente il piano dell’estetica.

 

Conclude Paolo Battaglia La Terra Borgese:

Nell’epoca che viviamo il termine «scienza dell’arte» vuol quindi indicare il complesso di studi d’ordine psicologico, sociologico, critico, tecnico, storico, ecc. che l’estetica conduce nella infinita ricerca di una definizione dell’arte e del bello. Il vocabolo “scienza” non va dunque inteso come un sapere che concluda a leggi definitive, ma come un metodo di seria indagine teoretica sempre aperta a nuove scoperte e a nuove integrazioni da parte della Critica Artistica.

 




VINO A CASA VIENI A CASA

ROMANIA: PROGETTO ”VINO A CASA VIENI A CASA”.

 

In un contesto segnato dalla migrazione e dalla mancanza di forza lavoro, il progetto “VINO A CASA” (in rumeno vino a casa vuol proprio dire vieni a casa), si propone di accogliere i rumeni che sono emigrati all’estero, offrendo loro opportunità reali e motivate ( come un buon bicchiere di vino ndr) per tornare in patria e contribuire allo sviluppo economico e sociale della Romania.

Lanciato dal Patronato Confindustria Romania e sostenuto da alte istituzioni pubbliche e multinazionali, uno degli elementi fondamentali del progetto è stata la creazione di una piattaforma interattiva che mette in contatto domanda e offerta di lavoro, facilitando così l’accesso dei rumeni a opportunità di impiego in diversi settori e regioni del paese.

Questo aspetto è particolarmente importante considerando che molti rumeni emigrati sono alla ricerca di motivi solidi per tornare a casa e continuare la propria carriera in Romania.

Inoltre, il progetto “VINO A CASA” offre supporto e assistenza non solo a coloro che desiderano tornare in Romania, ma anche alle loro famiglie.

Il progetto si impegna a fornire aiuto nella ricerca di alloggio, accesso a servizi sanitari di qualità, soluzioni per l’istruzione e la formazione professionale, nonché assistenza nella gestione del processo di reintegrazione amministrativa.

In un momento in cui la Romania affronta sfide significative legate alla migrazione e allo sviluppo economico, il progetto “VINO A CASA” rappresenta un’iniziativa audace e innovativa che dimostra come sia possibile costruire un futuro migliore per il nostro paese, incoraggiando il ritorno e il coinvolgimento attivo della diaspora rumena nello sviluppo della Romania.

La mancanza di forza lavoro è un problema in tutta Europa. La migrazione della forza lavoro da un paese all’altro lascia ogni territorio scoperto. Attraverso il nostro progetto “VINO ACASA” abbiamo guardato avanti, analizzando il flusso migratorio naturale, costante e inarrestabile tra Romania e Italia, che coinvolge migliaia di cittadini rumeni ogni anno, e in questa direzione abbiamo avviato un dialogo innovativo, costruttivo e indipendente con la comunità rumena, per mantenere il più possibile il capitale umano nel contesto della catena industriale italo-romena in entrambi i paesi“, ha dichiarato il Presidente di Confindustria Romania, Giulio Bertola.

 

 

Angelo Sinisi

Engineer, Economist  

Manager of Tales of Angels asociatiatalesofangels.com

Confindustria Romania Associative Development  https://confindustria.ro/

PhD Profesor Asociat  Selinus University https://www.uniselinus.education/

Member AMIER Asociația Managerilor și a Inginerilor Economisti din Romania  http://www.amier.org/ 

https://www.linkedin.com/in/angelo-sinisi-004991174/

 




Politicamente scorretti unitevi

“Acerbi mi ha detto ‘va via negro’” queste le parole dello “scandalo”.

Ennesimo scandalo mediatico sul nulla italiano.

Parole dette all’orecchio da un giocatore dell’Inter ad un giocatore, Juan Jesus, del Napoli durante una partita del campionato di serie A.

Il difensore si è rivolto all’arbitro per denunciare il fatto.

Capisco di essere “politicamente scorretto”, sono assai felice di esserlo, ma a me tutto questo mi sembra un comportamento da “asilo mariuccia”.

Quando andavo all’asilo vi era sempre un altro bambino, più frequentemente bambina, che si rivolgeva alla maestra e, sempre ad alta voce per attirare l’attenzione dei compagni di classe, dichiarava “maestra lui mi ha detto brutto”.

Avevo tre anni, oggi ne ho assai di più e questi comportamenti, il perdere tempo dietro a questi aneddoti, mi annoiano moltissimo.

“Mi ha detto negro”, tutti coloro che scendono in un campo per partecipare ad una partita di un qualsiasi gioco di squadra sa benissimo che i “colpi sotto alla cintura” sono costanti, fa parte del gioco.

“Figlio di ….”, “pezzo di ….”, recentemente un giocatore in modo furbesco ha stretto i gioielli ad un avversario, calci e sgambetti, gomitate, di tutto accade durante una partita.

Quasi nella totalità dei casi alla fine della partita ci si stringe la mano e finisce tutto lì.

Fa parte del gioco, appunto.

Da “politicamente scorretto” quale mi onoro di essere, sono addirittura Trumpiano, incredibilmente penso che gli accordi di pace si devono fare sedendosi al tavolo con il nemico per trattare, anche se si chiama Putin.

Penso, infatti, che “vivere all’asilo” non aiuti a costruire un futuro prospero della nazione.

Quanto mi manca l’ironia di quel immenso attore che fu Gigi Proietti e quel momento di vera comicità sulla rete televisiva pubblica che lo stesso rappresentò.

Momento di cabaret che terminava con la romanesca affermazione “a fr…”!

Oggi non si può più trasmettere, anche film cult come “Amici miei” c’è chi li vorrebbe addirittura distruggere.

In fondo c’è chi abbatte le statue di Cristoforo Colombo!

Oggi i ben pensanti ci costringono a vivere con il loro “politicamente corretto”, reale perbenismo dato che la corruzione morale in Italia, e non solo, è ovunque.

Gli italiani, rimaniamo nel nostro recinto, debbono stare attenti al linguaggio, il sistema paese, però, si guarda bene dallo sradicare il malcostume delle tangenti, dei concorsi pubblici addomesticati, degli appalti pubblici gonfiati.

Meglio parlare di Acerbi e della sua frase all’orecchio in un campo di calcio.

Oggi dobbiamo seguire le notizie del “dossieraggio” da parte di organi dello Stato a Perugia.

Vi sono, fatto ancor più grave, i servizi pubblici, sanitari in testa, troppo spesso eccessivamente inadeguati e speriamo che il “problema” si limiti ad inadeguatezza.

Come non notare gli “affari” che girano sul traffico di migranti?

“Affari” da codice penale, non da “asilo mariuccia”, non da “maestra mi ha detto cattivo”.

Quanto è bello e facile per i ben pensanti spostare su fatti che i dotti definirebbero “inezie” l’attenzione mediatica!!!

Quanto anelo il poter tornare senza eccessivi rumori di sottofondo dei ben pensanti al linguaggio politicamente scorretto e, al contempo, alla capacità, e volontà, di sradicare tanto malaffare.

Oikofobia si definisce in dottrina medica, in psichiatria, l’avversione, fino alla paura, per il proprio ambiente domestico.

Sia nel concreto che in modo figurato.

In politica si riferisce al ripudio della propria cultura e delle proprie tradizioni per lodare gli altri.

Fermare per un giorno il percorso didattico di un plesso scolastico per permettere di seguire gli adempimenti del Ramadan, non far più svolgere le tradizionali recite del Santo Natale o non permettere che venga esposto un presepe, sono solo alcuni fra i tanti esempi di questa patologia nel sistema sociale italiano.

Il rispetto delle culture altrui parte dal conoscere e rispettare le nostre.

Il rispetto degli altri richiede il contestualizzare i fatti.

Un esempio.

In una recentissima partita internazionale di una squadra di calcio della nostra capitale i tifosi della stessa, presenti nella curva dedicata agli stessi, hanno esposto il seguente striscione “la Regina Elisabetta faceva i b…….”.

Frase triste sempre, ancor più se riguarda una defunta nonché regina amatissima dai tifosi dell’altra squadra in campo.

Frase pubblica, non sussurrata all’orecchio di un avversario in campo che, ne sono certo, durante una partita usa tutti i trucchi del mestiere per far saltare i nervi all’avversario anche lui.

Leggo sui giornali, io di questo capisco assai poco, che Acerbi rischia una squalifica durissima ma nulla, se non poche righe, su questo fatto, forse perché gli addetti ai lavori ricordano quel dissacrante striscione in un Verona Napoli di tanti anni fa che recitava “Giulietta è una zoccola”, al tempo si misero a ridere tutti e si chiesero quale sarebbe stata la “risposta” veronese durante la partita di ritorno.

Quanto mi farebbe piacere un rapido tornare alla concretezza ed alla normalità.

Propongo un “gioco”, proprio in ossequio a tanta durezza dei ben pensanti su ogni inezia, l’obblio dalle facezie e il ritorno ai problemi veri sui media.

Per esempio, rubare una frase ad un personaggio pubblico quale Platinette e costringerlo alle scuse pubbliche io lo definisco “ostracismo”.

Tutto qui, niente di più, niente di meno.

Per questo l’occidente si sta dividendo, gli ostraticizzati, noi politicamente scorretti, iniziamo a renderci conto che dobbiamo contarci e dire la nostra.

Per questo noi ostraticizzati guardiamo con attenzione a quel pericolosissimo generale che ha onorato l’Italia rischiando la sua pelle negli scenari più pericolosi nel mondo.

Quanto è bello quel “Mondo al contrario” che rompe il pensiero unico!

Non è neanche così importante condividerne tutti i contenuti, va ringraziato solo per il fatto che scrive quello che tanti pensano ma pochi hanno il coraggio di affermare pubblicamente.

Chi non ha la necessità di uno psichiatra perché non soffre di oikofobia non può che sperare di poter tornare a sentire un attore dire quello che vuole circoscrivendo il suo dire al suo ruolo, sia se si chiama Platinette, sia se si chiama Litizzetto.

A chi scrive, entrambi, non fanno ridere, ma auguro loro libertà di parola.

La auguro a loro tanto quanto vorrei che fosse augurata a me, cattivo Trumpiano politicamente scorretto.

Ignoto Uno