Il Tennis è Cool

A Milano vanno in scena i migliori 8 under21 del circuito; in realtà sono 7 più 1, ovvero la wild card concessa alla nazione ospitante: Gianluigi Quinzi, 21anni, ha dimostrato di meritarsela, non solo con le qualifiche, ma anche per l’ottima prestazione del giovedì pomeriggio contro il sudcoreano Chung.

“The future is now” è lo slogan presente nel padiglione che ospita l’evento e, sicuramente, di futuro li dentro ce n’è: a partire dai dai giocatori, che nei prossimi anni, con tutta probabilità, si giocheranno master 1000 e saranno protagonisti nei tornei dello Slam, fino al format della competizione, totalmente innovativo.

Ci saranno spunti interessanti.

Chi conosce il tennis è abituato a set che finiscono al sesto gioco vinto, settimo in caso di tie break; invece qui vince chi arriva a 4, punto.

Le partite però, si giocano 3 set su 5 come a Flashing Meadows o a Wimbledon, e non 2 su 3 come nella maggior parte dei Tornei.

Se la palla colpisce la rete in battuta, non si ripete proprio nulla. Meglio che cada nel settore giusto dall’altra parte della rete!

D’altronde anche il caso, o meglio la fortuna, vuole la sua parte.

Scompaiono anche i vantaggi; quando si è pari è colui che batte a scegliere la direzione ma, la vittoria o la sconfitta nel game, si giocano sul singolo punto.

Addio dubbi o punti contestati, “l’occhio di falco” segue ogni dritto e ogni rovescio, non si perde nulla e, su uno schermo, proietta inesorabile tutti i “close call”, i punti dove la palla si avvicina pericolosamente alla linea.

La possibilità di interagire con il coach, il tempo tra un punto e l’altro, quello per il riscaldamento e tanti altri aspetti, rendono il gioco veloce, ricco di colpi di scena e particolarmente avvincente.

La location, con tanto di DJ che movimenta il pubblico, la scarica elettrica in occasione di Break Point, la presentazione della partita e dei giocatori proiettano gli spettatori in campo, a sentirsi parte dello spettacolo che sta andando in scena.

Ritornando al motto “the future is now”, è indubbio che il formato è molto congeniale a chi non gioca a tennis, e magari non è in grado di apprezzare il gesto tecnico; ma allo stesso modo con dei cambi così repentini di risultato, richiede al giocatore in campo, per vincere, di dover uscire al meglio da molte più situazioni “on the edge”; questo genera colpi spettacolari, stimolando ancora di più il rischio.

Non penso che il numero di games giocati nella media sia particolarmente diverso da una partita 2 su 3 arrivando a 6 ma, sicuramente, le possibilità di vincerla o perderla aumentano di molto. Invece, quanto sia un vantaggio poter scegliere dove battere, rispetto al rischiare di perdere un punto senza perdere il game, bisognerebbe chiederlo a quelli che battono a 200km/h e non tanto a quelli, come chi vi scrive, che arrivano a malapena di là dalla rete.

Il cronometro tra un punto e l’altro, e nel riscaldamento, sicuramente aiuta a tenere alto il ritmo, generando spettacolo. Spettacolo è la parola chiave.

Al contrario, poter parlare con il coach, a mio modesto parere, è un’opzione più affine agli sport di squadra e, in questo caso, lascia un po’ il tempo che trova.

Esperimento riuscito dunque, portare a Milano il grande tennis.

Un’ottima opportunità colta dall’amministrazione regionale, che tanto sta facendo per lo sport.

L’esperimento per quanto riguarda le regole sta facendo discutere quindi, indipendentemente dalle applicazioni future, ha vinto la sua piccola sfida.

Certo non riseco a vedere il nuovo format sui prati di Wimbledon ma a Milano tutti hanno visto che il tennis è “cool”.

 




Nazionale Italiana: ripartiamo che forse è meglio…

ITALIA -SVEZIA: CADERE PER RIPARTIRE!

 

Un giorno che entra di diritto nella storia del calcio e lo fa per il peggior risultato della nazionale italiana a livello mondiale, dal 1958.

Era da sessant’anni infatti, dalla selezione guidata da Alfredo Foni, che l’Italia non mancava la qualificazione alla fase finale dei Campionati del Mondo e questa giornata dell’autunno milanese ha pareggiato questo triste record.

La Russia nel 2018 ospiterà la fase finale dei Campionati del Mondo di Calcio, ma senza l’Italia, senza quell’azzurro che fa sognare gli italiani.

Si usa spesso dire che in Italia ci siano sessanta milioni di allenatori ma il Commissario Tecnico che deve scegliere i convocati e i titolari è uno solo, solo in tutti i sensi, con tanta pressione sulle spalle data da quelle quattro stelle e da tutta la concorrenza. Alla fine si può fare bene o sbagliare, vincere, perdere o soprattutto pareggiare come contro la Svezia a San Siro.

Un pareggio che sancisce la fine del percorso mondiale e lascia tanta amarezza.

Con tutta sincerità non credo di avere le competenze tecniche per commentare le scelte di Gian Piero Ventura, troppo facile criticarlo ora.

Criticare i giocatori? Nemmeno!

Se sono stati convocati evidentemente erano e sono tra i migliori italiani a giocare a calcio, in molti non avrebbero saputo fare meglio.

Leggo anche dei commenti critici nei confronti del presidente Tavecchio e della FIGC, fanno sorridere.

La situazione del calcio è sotto gli occhi di tutti, da tempo, stadi mezzi vuoti, disaffezione e disinteresse, squadre che soffrono il confronto all’estero con capitali impareggiabili.

Le inglesi, le spagnole e alcune tedesche che la fanno da padrone in Europa e nel mondo.

Molte società hanno stadi non più funzionali e in alcuni casi inagibili mentre all’estero sorgono nuovi impianti innovativi e spettacolari.

La nazionale ha rispecchiato tutto questo nei suoi risultati.

All’inizio vinceva e non convinceva, quasi come se fossero le stelle sul petto a farci vincere più che il gioco sul campo, poi la palla ha deciso di non entrare più; tre goal nelle ultime cinque partite e lo 0-0 finale.

Non da Italia, quell’Italia che tutti vorrebbero vedere, quell’Italia che tutti sognano e che tutti vogliono nuovamente sul tetto del mondo.

Può sembrare un’impresa impossibile e sicuramente sarà difficile ma dopo il ’58 sono arrivati l’82 ed il 2006.

Vinceremo ancora il mondiale, ne sono sicuro, anche perché chi era allo stadio, ha visto uno spettacolo straordinario, non tanto in campo quanto sugli spalti, 73000 persone.

Lo stadio pieno, una rarità nell’ultimo periodo, una coreografia da brividi, l’inno italiano urlato da tutti, una squadra che è stata spinta verso la porta avversaria dal primo al 95esimo minuto.

Quando, dalle poltroncine della tribuna d’onore vedi che tutto attorno a te non si smette di cantare ed incitare allora capisci che, forse troppo tardi per i Mondiali in Russia, qualcosa è nuovamente cambiato.

Questa partita può essere davvero il punto di ripartenza per il calcio italiano.

Non lasciamo svanire il buono perché per tornare a vincere e convincere ci vogliono tutti: l’allenatore, i giocatori, i dirigenti ma anche i tifosi e con un tifo così si può davvero tornare grandi, è solo questione di tempo.

Forza Azzurri! Forza Italia!

 




Chi Ama lo sport può ancora sognare. 

Chi Ama lo sport può ancora sognare. 

Lo sport è allenamento, sacrifici, fatica e tanto altro per chi lo pratica.

Tutto questo genera spettacolo, uno spettacolo meraviglioso, per chi lo guarda.

Basti pensare alle decine di migliaia di persone che popolano gli stadi tutte le domeniche per guardare la performance di una ventina di atleti o a quelle che seguono le gare di Formula 1 così come il Motomondiale, disseminati lungo i chilometri di pista.

Anche il Golf, nel mondo, muove milioni di persone per vedere in prima persona, da vicino, il centinaio di atleti in campo nel corso dei quattro giorni di gara.

Quest’anno anche in Italia il risultato del pubblico è stato positivo con circa 70.000 spettatori che hanno varcato i cancelli del parco della Villa Reale di Monza, per assistere al torneo più importante che disputi sul territorio italiano.

Ogni disciplina ha una sua tipologia di tifoso-spettatore, gli estremismi di alcune partite di calcio li conosciamo tutti, con tanto di relative problematiche per l’ordine pubblico.

Sempre nel calcio, ultimamente è triste però vedere la disaffezione che si tramuta in stadi mezzi vuoti. Con grande piacere ho visto una eccezione per la Nazionale all’Olimpico di Torino qualche settimana fa.

Ma la piacevole sorpresa da “innamorato dello sport”, per quanto mi riguarda, non è arrivata dal calcio bensì dalla pallavolo femminile: Novara, 1° novembre, finale di Supercoppa italiana.

Il match vedeva contrapposta la squadra di casa Igor Gorgonzola Novara alla Imoco Conegliano.

In campo la partita ha regalato uno spettacolo straordinario, iniziato con la festa per l’800esima partita con le squadre di club di Francesca Piccinini, e seguito con un match giocato punto su punto con le giocatrici di casa subito in svantaggio di qualche punto ma capaci di recuperare e vincere il primo set; Conegliano ha poi conquistato i due set successivi, anche questi giocati fino all’ultimo tocco.

Quando nel quarto set sembrava che Conegliano potesse espugnare Novara, un lieve cedimento ha portato al tie-break. Il finale di gara è stato degno del miglior finale di un film: una battaglia sportiva fino all’ultimo punto, con match-point dall’una e dall’altra parte.

A vincere è stato il Novara, che fa seguire la vittoria della Supercoppa a quella dello Scudetto.

Molto bello l’atteggiamento delle giocatrici sempre positivo e sorridente, mai un rimprovero alla compagna che magari sbaglia un muro o azzarda troppo nel cercare le dita del muro avversario in attacco.

Spettacolo in campo, dunque, ma ancora di più lo spettacolo era sugli spalti, un palazzetto stracolmo di appassionati e tifosi che hanno supportato, senza mai smettere di cantare ed incitare le proprie giocatrici, per quasi tre ore di gioco e, ancor di più, senza mai tifare contro o sbeffeggiare la squadra o la tifoseria avversaria.

Spesso si sente parlare di fair play e le parole che vengono utilizzate suonano quasi sempre come parole al vento; in questo caso, abbiamo la prova che, anche se a volte può sembrare difficile, vedere partite senza scontri è un obbiettivo realizzabile basta sedersi sugli spalti di un palazzetto e guardare una partita di pallavolo femminile.

 




La “Ministra” Riscaldata

Il giallo sul titolo di studio della neo ministra Valeria Fedeli è durato poco, Lei stessa ammette candidamente, una svista, un copia incolla fatto male… e va beh, certamente in un governo come questo, ennesimo calderone di gaffe e di sberleffi agli Italiani, cosa conta un titolo di studio.

In effetti concordiamo con la ministra, il titolo di studio non conta, conta l’esperienza e le capacità che la persona che svolge il ruolo di ministro può portare nella gestione del suo mandato.

Noi non pensiamo che se una persona non è laureata sia un incompetente o un delinquente o peggio un incapace totale indegno di qualsiasi ruolo, noi siamo convinti che la capacità e l’esperienza possano davvero fare molto, sicuramente più di un  titolo di studio, che se non collegato ad esperienza e capacità, veramente non ha valore.

Noi riteniamo che un Ministro dell’istruzione debba essere un profondo conoscitore del mondo della scuola, debba avere esperienza diretta del ruolo di insegnante, debba conoscere le tematiche legate al mondo della didattica sia nazionale che internazionale, debba essere conoscitore del lavoro delle scuole non solo in relazione agli alunni ma anche alla complessità amministrativa che si cela dietro una scuola, debba avere chiaro dell’attuale stato di abbandono della scuola italiana e soprattutto del grandissimo disagio sia dei docenti che dei Dirigenti Scolastici, ma anche del personale di segreteria tutto, collaboratori scolastici compresi.

Queste cose nemmeno un laureato ad Harvard le saprebbe, e quindi chissene frega del titolo di studio del ministro, viva invece la sua esperienza.

Un’esperienza pluriennale nel mondo della scuola, ove ha ricoperto più ruoli, durante la quale ha potuto vivere direttamente e sentire quasi come un profumo tutte le componenti chimiche della scuola, comprendendone a fondo le meccaniche.

Per fare tutto questo occorre quindi avere l’esperienza della ministra, tre anni alla scuola materna, poi dal 1979 al 2012 come delegata sindacale per la CGIL, in vari ruoli legati al mondo del settore tessile, dal 2013 ad oggi senatore della repubblica per il PD…

“il mio punto di forza è l’ascolto…” ci dice la ministra, forse, ma non certo l’esperienza…

Ma quindi perché invece che scagliarsi contro i suoi titoli di studio non è stata valutata l’esperienza nella materia?

Forse perchè se andiamo a vedere l’esperienza di tutti i ministri allora ci mettiamo le mani nei capelli??? 

Forse perchè ancora una volta agli Italiani viene messo davanti un fatto compiuto?

Una volta ci dicevano o mangi la minestra o salti dalla finestra! 

Ebbene forse è ora davvero di saltare dalla finestra, probabilmente ci facciamo meno male che mangiando questa ministra riscaldata…




Lettera di una Professoressa a Babbo Natale

Babbo Natale regalami uno spid!

 

Caro Babbo Natale, so di essere un po’ cresciuta per scriverti una letterina, ma ho proprio bisogno del tuo aiuto.

Come forse saprai, o forse no dato che vivi al polo nord, il nostro ormai ex premier ha omaggiato tutti gli insegnanti della ricca somma di 500 euro da spendersi per curare la nostra formazione, poiché, si sa, gli insegnanti sono estremamente refrattari alla cultura.

In effetti non ci è richiesto molto per svolgere la nostra professione: una laurea, una specializzazione del costo di 3000 euro, almeno tre corsi di formazione del costo di 700 euro l’uno, un corso di perfezionamento, il cui costo si aggira intorno ai 500 euro, senza contare la seconda specializzazione in sostegno, costata altri 3000 euro, ai quali aggiungere il costo dei libri, delle riviste e delle mostre/ corsi che ogni insegnante si pagava di tasca propria.

Se fai il conto direi che questi 500 euro sono una goccia in mezzo al mare ma ben vengano.

Il problema è oggi lo spid, ossia l’identità digitale che ci è richiesta per accedere a questi 500 euro elargiti sotto forma di voucher da spendere nei negozi convenzionati.

L’altro anno il governo ci ha concesso in busta paga questi soldi e ci ha chiesto di documentare le nostre spese, cosa che abbiamo fatto prontamente.

Quest’anno ecco la novità: lo spid! Per ottenere lo spid ci si deve iscrivere in uno dei siti abilitati, e io ti giuro ci ho provato! Ho scartato il primo sito consigliato perché era a pagamento, mentre gli altri tre promettevano un facile accesso soprattutto gratuito perlomeno per il primo anno.

Il primo che ho consultato è stato quello di TIM, che garantiva un facile accesso via internet e, visto che ho sempre il tempo contato, tra scuola, studio e figli, ho pensato che fosse un’ottima cosa, anzi mi sono complimentata con il governo per avere scelto la modalità on line, che risolveva tanti problemi! Ma i problemi invece sono arrivati dopo aver inserito i dati!

Era infatti necessario un attrezzo che leggesse la carta di identità digitale altrimenti non era assolutamente fattibile.  

Un po’ dispiaciuta ho riprovato con il secondo sito: Sielte.

Questo sito proponeva la modalità on line cui seguiva un riconoscimento tramite videocamera.

Inserire i dati non era proprio semplice, comunque alla fine ci sono riuscita.

Un mese fa. Sto ancora aspettando che mi contattino per ottenere le credenziali.

Visto che il tempo passava ho deciso di provare con Poste italiane.

Una garanzia di serietà ed efficienza. Ho iniziato nuovamente tutto l’iter: inserisci i dati, inserisci tutto ciò che è richiesto e…. paf ! Primo scoglio.

Non riconosce alcun formato per i documenti opportunamente scannerizzati, né JPG né Word.

Ricomincio da capo.

Reinserisco i dati riprovo e zac! Mi comunica gentilmente che non posso fare niente perché risulto già inserita.

Ma come se poco prima sosteneva che non potevo procedere perché la richiesta  dei documenti scannerizzati mancava?

Ricomincio, perché si sa che la pazienza è la virtù principe degli insegnanti che si scontrano da sempre con le inefficienze del sistema.

Di nuovo rifiuta tutto.

Presa dallo sconforto provo con l’altra modalità, che consiste nel far venire a domicilio il postino, ovviamente a pagamento.

Stranamente in questa seconda modalità tutti i dati vengono prontamente accettati, documenti scannerizzati compresi.

Finalmente! Esulto soddisfatta! Dopo qualche giorno sul cellulare mi arriva un sms: poste informa che il postino per il riconoscimento arriva oggi ore 19! Che bello!

Guardo con compassione i miei colleghi che continuano a impazzire con le altre modalità e mi sento una privilegiata.

Poste mi ama, poste mi comprende! Certo devo pagare, ma quanta solerzia, che efficienza! Fossero tutti così!!!  Arriva il postino, gentile, cordiale e un po’ infreddolito, mi richiede le fotocopie dei documenti, quelle che avevo provveduto a inviare scannerizzate, ed io le consegno gioiosa, seppure perplessa, considerando lo sforzo fatto per inviarle in formato jpg.

Il postino mi consegna un foglio con il riepilogo dei dati, ma mi chiarisce: “ non so niente di credenziali, user e password, mi hanno informato stamattina di questo servizio!” così mi rassegno ad aspettare… i giorni passano e nulla accade.

Siamo sotto Natale ormai e vorrei tanto poter comprare con i buoni del governo alcuni libri che mi servono per lavorare con il mio studente.

Decido di andare alla posta centrale della mia città. Che bello! Non c’è coda! Certo sono le 8.20 del mattino, ma perlomeno mi sbrigherò.. attendo il mio turno allo sportello e una gentile signora mi chiede il numero di pratica.

Trasecolo… quale numero di pratica? Spiego che ho utilizzato la modalità domiciliare… mi rimanda alla collega.. che attendo perché non c’è. La collega arriva svettante sui tacchi 12 e fatichiamo un po’ a capirci.. mi ripete che devo iscrivermi, le spiego che l’ho fatto, che ho pagato il postino, che ho consegnato i documenti. Mi ripete che devo iscrivermi.

Mi accorgo che c’è un problema di comunicazione. Provo a parlare più lentamente: “ mi sono iscritta sul sito… ho scelto la modalità domiciliare… È venuto il postino… mi ha consegnato questo foglio.. che devo fare adesso?. “ deve iscriversi sul sito ottenere il numero e tornare qui!. “ “ ma io ho pagato , ho la fattura, possibile che non serva a niente?” “ di questa modalità non so niente. Si riscriva da capo e torni, al limite chiami questo numero che è a pagamento dai cellulari, gratis da fisso.”

Adesso sono arrabbiata, me ne vado inveendo contro poste italiane , ma chiamo dal cellulare il numero a pagamento, che mi rimanda ad un altro numero a pagamento, nel quale una voce suadente mi racconta che il governo questo anno ha deciso di regalare a noi fannulloni professori dei bei soldini per curare la nostra scarsa formazione e meno male che c’è il governo che ci pensa, però dobbiamo dimostrarci capaci di ottenere lo spid che Poste ci darà volentieri se attendiamo in linea.. per circa 20 minuti.. dopo di che la stessa suadente voce mi dice che c’è un gran traffico e che dobbiamo richiamare più tardi bye bye…

A questo punto sono nera!

Offendo in tutte le lingue che ho studiato, compreso il greco antico la voce registrata, perché sappia che nella mia vita ho studiato molto, continuo a studiare nonostante i 500 euro fantasma del governo.. e  ho pensato malevolmente: perché è necessario questo spid dato che siamo dipendenti del ministero, statali insomma, conosciuti, noti, certificati.. non era possibile ottenere le credenziali direttamente dal ministero?

O serviva una modalità che scoraggiasse tutti ?

Da qui la mia richiesta caro Babbo Natale... se non ci pensi tu anche questo anno pagherò da sola tutto ciò che mi serve, libri, corsi e quant’altro a dimostrazione che i docenti hanno ancora la propria dignità.

 

Paola Manacorda




La disfida di Barletta: il Partito del Sud nuovo Ettore Fieramosca

Occorre essere difensori del paese e dei valori che lo stesso rappresenta, occorre ritrovare un’identità nazionale importante, una forza della nazione che ci manca da tempo, un orgoglio nazionale che unisca il paese.

Il Partito del Sud si riunisce a Barletta, novello Fieramosca, per ritrovare i valori portanti della nostra unità nazionale, della nostra identità europea.

Riportiamo il resoconto integrale della riunione del PdS svoltosi a Barletta, in cui si cerca di ritrovare l’unità europea attraverso la questione meridionale.

partito del sud

 

Il Partito del Sud fa da apripista ad un meridionalismo europeista e progressista

La “questione meridionale” diventa “questione internazionale” discussa a Barletta dal PdS

 

Si è svolto il 4 novembre 2016, nella bellissima cornice del Castello Svevo di Barletta, l’incontro dibattito “Per un’Europa migliore”, organizzato dal Partito del Sud. A discutere del rilancio dell’Italia e dell’Europa, partendo dal rilancio del Sud e da una forte spinta al cambiamento delle politiche che venga dai Paesi dell’Europa meridionale e del Mediterraneo, sono stati, oltre a Natale Cuccurese, Presidente del Partito del Sud, Michele dell’Edera e Andrea Balia, entrambi Vice Presidenti del Partito, il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, Argiris Panagopoulos, Membro del Dipartimento di Politica Europea di Syriza, Fernando Martinez De Carnero – Podemos Italia, Andrea Del Monaco, Esperto Fondi Europei, opinionista della Gazzetta Del Mezzogiorno. Nomi insomma di grandissimo rilievo per quella che da più parti è considerata una sfida di primaria importanza: quella di ripartire dal Sud dell’Italia e dal Sud dell’Europa per creare un’Europa diversa, migliore e più giusta. “Un’Europa che sia più solidale e che diventi un’Europa dei Popoli”, ha dichiarato Natale Cuccurese, sottolineando che “il Sud Italia non può oltremodo essere colonia di una colonia, di un’Italia cioè essa stessa colonia di questa Europa tecnocratica”.

Sviluppo sostenibile e meridionalismo europeo

Ad aprire i lavori al Castello Svevo di Barletta è stato Michele Dell’Edera che, oltre a Vice Presidente Nazionale del Partito del Sud, è anche il Coordinatore della Regione Puglia del Partito. Dell’Edera ha esordito ricordando alla platea che, già nel 2014, era stata lanciata con Michele Emiliano a Bari l’idea che Con il Sud si riparte (idea da cui è stato, tra l’altro, tratto un libro intitolato proprio Con il Sud si riparte, ndr), l’idea secondo la quale tutta l’Italia potrà ripartire se a ripartire sarà proprio il suo Sud. “Ripartire grazie ad uno sviluppo sostenibile”, ha tenuto a precisare Dell’Edera, “e con la consapevolezza che le popolazioni del Mediterraneo, da sempre contaminate le une dalle altre nella loro storia millenaria, meritano rispetto e fiducia per quella che è la loro diversità. Una diversità che non è un problema da risolvere, ma una risorsa dal valore inestimabile, portatrice sana di tolleranza e capacità di integrazione”.

“Oggi siamo qui per dare vita ad un Progetto per il Sud, per l’Italia e per l’Europa, perché l’Europa deve assolutamente ripartire dal suo mare principale, dal Mediterraneo, culla di civiltà straordinarie. Siamo qui per impegnarci a far sì che ci sia un’attenzione nuova da parte dell’Europa a quello che è l’unico sviluppo dignitoso a cui il Partito del Sud può pensare, uno sviluppo cioè rispettoso del lavoro, della salute e dell’ambiente. Crediamo che il diritto al lavoro e alla salute non debbano essere mai essere toccati. Il lavoro è fonte di vita e non può essere fonte di morte e qui mi riferisco soprattutto alle vicende di Taranto, a quelle della Terra dei Fuochi e a tutte quelle che hanno tristemente campeggiato sulle prime pagine dei nostri quotidiani e contribuito negli ultimi decenni ad un danno ambientale irreparabile. Uno sviluppo insomma che, mai e poi mai, prescinda dai valori della nostra Costituzione, un capolavoro di pensiero democratico e lungimirante, la cui applicazione, alla lettera, crediamo e ribadiamo ancora una volta, come già due anni fa e già nel nostro libro “Con il Sud si riparte”, sia quanto mai urgente e necessaria. Già solo questo basterebbe ad arginare quelle che sono le annose problematiche che affliggono la nostra Regione e l’intero Sud Italia. In quest’ottica, credo che tra regioni vicine bisognerebbe aiutarsi l’una con l’altra senza divisioni, fare rete, collaborare per il bene reciproco e comune. E credo anche che le regioni dovrebbero essere in diretto contatto con l’Europa. C’è un bellissimo organo a livello europeo, il Comitato alle Regioni, uno spazio dove le Regioni possono intervenire sulle politiche europee, presentando in maniera diretta esigenze territoriali”.

Michele Dell’Edera, infine, chiude auspicando per il futuro la nascita di un meridionalismo europeo, grazie al quale i paesi del Sud Europa e del Mediterraneo possano sentirsi coinvolti in proposte e modelli nuovi di sviluppo, aiutando in tal modo l’Europa ad uscire dagli egoismi e dall’intolleranza di cui in certi casi ha dato prova anche alle urne.

L’appoggio e la stima reciproca con Michele Emiliano, Presidente della Regione Puglia

Attesissimo e assolutamente lusinghiero nei confronti del Partito organizzatore dell’evento è stato l’intervento di Michele Emiliano, Presidente della Regione Puglia che ha esordito dichiarando di avere una particolare attenzione nei confronti del Partito del Sud. “Direi una passione, da subito, perché io sento molto nei vostri interventi nel vostro modo di fare politica la mia storia personale politica. Mi riferisco soprattutto al metodo riformista e al rifiuto del populismo meridionale, un populismo che mira a strumentalizzare le paure delle persone per creare consenso”. In questo scenario,  il Partito del Sud ha il merito di non guardare al passato, perché al contrario di molti partiti e movimenti meridionalisti si sforza di guardare al futuro, di costruire ipotesi economiche, sociali e politiche in cui ovviamente ci sia “il riscatto da chi nella storia è stato trascurato, qualche volta anche con responsabilità proprie”,  ha proseguito Emiliano. Perché esiste una scienza, ha spiegato il Presidente della Regione Puglia, la vittimologia, secondo cui le vittime hanno un ruolo nel male che viene loro fatto. Inavvertitamente, cioè, spesso le vittime pongono in essere atteggiamenti e comportamenti di cui un avversario può avvalersi. E oggi l’avversario è il detentore del capitale ed è molto più sofisticato di un tempo e ricatta chiunque: potentissime multinazionali, banche, governi. Figuriamoci i molto più indifesi Sud del mondo, i quali però, attenzione, al pari di chi non ha nulla, un asso nella manica ce lo hanno ed è il potere di dire no, di riuscire con un gesto politico a non dare valore alle regole che l’avversario costruisce con lo scopo di annientarlo. “Quando noi riusciremo a ritornare ad un modello economico nel quale produrre beni e servizi sarà più importante, a livello qualitativo, e parlo di qualità della vita, della rendita che da questi beni e servizi si potrà ricavare in termini puramente monetizzabili, avremo restituito al Sud la sua libertà”.

 

L’immaginario del Sud, tutto da ricostruire. Podemos

L’immaginario di un Sud tutto da ricostruire nella giusta ottica, non falsato cioè da quella che è l’ideologia imperialista di un capitalismo schiacciante, è stato invece il fil rouge dell’intervento di Fernando Martinez De Carnero di Podemos. “In questa sede parliamo di Sud a livello globale ed è questo che va ripensato e addirittura reinventato in toto, così come il concetto di “patria”, che è stato per troppo tempo strumentalizzato e lasciato nelle mani delle destre e dei nazionalismi”. Per l’esponente di Podemos oggi siamo in un periodo di grande crisi di rappresentanza e di “rappresentazione”, anche, dell’identità e la responsabilità di questa crisi è da far ricadere spesso sulle stesse sinistre che abbiamo visto emergere negli ultimi anni, le quali non hanno resistito al fascino di un’espansione neoliberista senza precedenti, con la conseguente frammentazione della nostra possibilità di lotta sociale che non poteva che portare sfociare in uno sfaldamento della solidarietà e all’agonizzare dell’individuo. “La priorità è dunque ricostruire un’alternativa politica, progressista, che parta dal basso, che obbliga ad una riflessione storica e ad una ridefinizione del concetto di nazione che, se non vuole essere un concetto vuoto, non può prescindere dal suo popolo, da quelle che sono cioè le necessità vere di chi in quelle nazioni ci vive e al loro governo deve senza dubbio partecipare”.

 

Syriza docet: “Siamo condannati a vincere”

Argiris Panagopoulos, Membro del Dipartimento di Politica Europea di Syriza, non ha dubbi: fare politica oggi significa concentrarsi sui problemi reali della gente, gente colpita pesantemente dalla crisi, a cui bisogna parlare con un linguaggio semplice e non con l’incomprensibile politichese che mira solo a raccattare voti per costruire poteri personali. Fare politica oggi significa fare un grande lavoro sociale, significa risolvere grandi e piccoli, singoli problemi quotidianamente. Fare politica oggi significa fare grandi alleanze con chiunque decida di scendere in campo contro i poteri forti, i colossi della finanza e gli interessi di una oligarchia manipolatrice, per legittima difesa. “Ecco perché ho accettato immediatamente il vostro invito a questo dibattito, perché credo che popoli con una cultura e una sapienza millenaria, popoli che hanno fatto da sempre dell’accoglienza e della tolleranza i propri principi basilari, popoli che della democrazia sono stati i padri, non possano che tentare di arginare con tutte le proprie energie questa deriva egoistica e addirittura estremista di un’Europa che dovrebbe aiutare e non ostacolare il progresso di ciascuno degli stati membri con ricatti e ultimatum vergognosi. Chiunque attenti ai diritti costituzionali dei popoli, al suo sistema sanitario, alla dignità dei più deboli, deve essere fermato”. Molte cose uniscono la Grecia all’Italia: l’arte, la filosofia, discipline ed eventi storici che in questa sede è forse superfluo ricordare. Ma una cosa è sicuramente il Mediterraneo e il suo andirivieni di genti e di pensiero. “Chi avrebbe immaginato mai che il Mediterraneo sarebbe diventato un mare di cadaveri?”, ha domandato a se stesso e ai presenti Panagopoulos. “In pochi mesi sono passati dalla Grecia un milione e duecentomila persone. E sapete cosa? Noi non abbiamo cacciato nessuno. I più poveri dei poveri hanno aperto le loro case e hanno accolto con amicizia e come da imperativo morale queste persone in fuga dall’orrore della guerra. Sulle spiagge di Lesbo e di Lampedusa gli esempi di grande umanità non si contano e oggi, più dei millenni di storia, ad unirci è questo. Questa umanità che pochi possono vantare di avere, presi come sono dalla burocrazia, da conti economici che non tornano e dai tagli obbligatori che devono diminuire i debiti pubblici di cui non i popoli, ma ben altri, sono responsabili”. Infine Panagopoulos ha ricordato che per imporsi all’attenzione dell’Europa non bisogna partire in grande stile. Syriza aveva un piccolo 4,7% in Parlamento, ma è sceso per 4 anni nelle piazze dicendo “Siamo condannati a vincere” e “sebbene avessimo tutti contro, stampa e giornali greci compresi, così come succede in Italia”, abbiamo vinto due elezioni e ci siamo imposti all’attenzione internazionale come non capitava ad un partito politico da anni, con grande favore e appoggio popolare”.

Porti strategici, unificazione della dorsali tirrenica e adriatica e “costruzione di città policentriche”. I tre punti cruciali di Andrea De Monaco

Numeri alla mano, numeri forti, ed esempi eclatanti di mancata programmazione nazionale ed europea di investimenti infrastrutturali, su cui i soldi dovrebbero essere spesi, sono quelli che Andrea Del Monaco, Esperto Fondi Europei, opinionista della Gazzetta Del Mezzogiorno, ha illustrato in anteprima alla platea del Convegno (breve il suo libro “Sud, colonia tedesca? La questione meridionale oggi”) per spiegare il perché ad oggi non si è ancora mai data al Sud Italia e al Sud Europa la possibilità di un concreto sviluppo.

Porti strategici, unificazione della dorsale tirrenica e della dorsale adriatica e “costruzione di città policentriche” sono per Del Monaco i tre punti cruciali di un sottosviluppo che non può certamente essere considerato casuale. “Gioia Tauro, Taranto e Crotone sono porti che servono quasi tutti i mercati. Dovrebbero essere messi in competizione con porti del Baltico che, insieme ai retroporti creerebbe un bacino produttivo nel Mezzogiorno. Ma questo a chi darebbe fastidio? Sicuramente perderebbero di importanza i porti di Rottendam e di Amburgo. E questo la dice lunga sulla subalternità della Confindustria italiana a quelle degli olandesi, dei tedeschi e dei nordeuropei in generale. E questo è un punto politico e di sovranità democratica, a mio parere, fondamentale”.

Seconda questione: grazie alla unificazione della dorsale ferroviaria tirrenica e della dorsale ferroviaria adriatica, passando per Potenza e Matera, noi uniremmo l’Adriatico e il Tirreno, cosa che al momento non esiste. “Perché se io da Torno a Venezia in treno ci impiego quattro ore, per andare invece da Bari a Reggio Calabria ce ne metto nove. Ciò non può che penalizzare le aziende del Sud, costrette ad armare pulmini, o comunque trasporti su gomma, per portare le proprie merci nelle città della stessa regione o delle regioni attigue. E di Matera, capitale della Cultura Europea nel 2019, che non ha una stazione ferroviaria che dire? Che forse le società che detengono gli autobus avrebbero un calo? Ma uno Stato serio fa una stazione, non è che si fa influenzare dalle compagnie di trasporto su gomma”.

Il terzo punto su cui si dovrebbe investire, secondo Del Monaco, riguarda sicuramente la costruzione di città policentriche, ovvero aree geografiche abbastanza ampie nelle regioni del Sud, nelle quali, riattivando le reti ferroviarie locali, le aziende avrebbero la possibilità di dialogare, collaborare e spostare le merci in poco tempo.

 

Meridionalismo progressista, analisi e storia politica di riferimento. Non “sudismo”!

Andrea Balia, Vice Presidente del Partito del Sud, riallacciandosi alle parole di stima per il Partito del Sud, con cui il Presidente Della Regione Puglia Michele Emiliano ha aperto i lavori, ha cominciato il suo intervento con una precisazione ideologica e una presa di posizione politica che non è mai inutile ribadire per un partito che, in tempi non sospetti, ha deciso coraggiosamente di mettere nel suo nome la parola Sud. “Il Partito del Sud è un partito meridionalista progressista riformista. Un partito che, come ha sottolineato il Presidente Emiliano in apertura, non ha come suo obiettivo la mera rivendicazione storica di un passato che, sebbene glorioso, non può essere anteposto a quelle che sono le priorità odierne: dare al Sud le stesse opportunità e gli stessi diritti come da Costituzione Repubblicana, articoli 3 e 4 per chi volesse andare a vedere cosa c’è scritto dal 1946, e fare del Sud un motore propulsore di sviluppo per tutto il Paese. Perché “Con il Sud si riparte” non è uno slogan da campagna elettorale, ma una nostra ferrea convinzione: se si dà al Sud il modo di ripartire, a ripartire sarà tutta l’Italia e finalmente sarà un’Italia unita non solo sulla carta, ma nei fatti”.

Balia fa sostanzialmente una distinzione tra meridionalismo progressista, quello del Partito di cui è Vice Presidente, e “sudismo”, che poi è un po’ quello che il Presidente della Regione Puglia ha definito populismo meridionale.

“Meridionalismo è un concetto che ha una sua etimologia precisa, una sua storia, suoi padri fondatori. Per il Sud, per la difesa dei Sud, bisogna essere partigiani, di parte, di resistenza”, tiene a sottolineare Balia. “Il sudismo è generico: sui suoi temi e sulla necessità di una verità storica, siamo tutti d’accordo, ci mancherebbe, ma senza un’analisi e una storia politica di riferimento, senza un vigoroso tendere al futuro, e non al passato, secondo noi, non è pagante”. Il Sud Italia ha bisogno di poter mettere a frutto le proprie potenzialità, nel rispetto delle sue radici e delle sue peculiarità. Deve poter recuperare mestieri e competenze autoctone, la “terra” come simbolo e sapienza, anche agricola. E, per dare valore ai frutti di questa terra, dovranno essere messi a punto, concordati e sviluppati, con grande cautela meccanismi virtuosi di scambi commerciali”.

In più, ovviamente, non si può non pensare all’esigenza di dover rivalorizzare quella che è la punta di diamante non solo del Sud Italia, ma di tutto il Sud Europa: cultura e turismo. “A tal fine, il Sud dell’Europa”, secondo Balia, può essere una realtà federale ben definita, con al suo interno applicato lo stesso concetto federativo tra i vari paesi, nel rispetto delle reciproche autonomie economiche, amministrative e gestionali”.

La “questione meridionale”, da questione nazionale irrisolta, diventa “questione internazionale”

A chiudere i lavori di una giornata molto intensa e proficua è stato Natale Cuccurese, Presidente Nazionale del Partito del Sud, che, con il suo accento emiliano (è nato nel Sud, ma vive da molti anni a Reggio Emilia, ndr), non può che ricordare ogni volta a chiunque lo ascolti parlare di diritti del Mezzogiorno d’Italia, che la questione meridionale va ben oltre gli interessi particolaristici di una zona del Paese e che, al contrario, riguarda l’Italia nella sua interezza, considerando anche che al nord risiedono 14 milioni di cittadini di origine meridionale. “Stiamo lottando da anni per il rilancio del Sud, che per noi è anche rilancio del Paese, perché se metà del Paese non è messo in condizione di competere in modo produttivo a quella che è l’economia del Paese, è chiaro che l’Italia non potrà riprendersi. Solo con il Sud si riparte!”

Facendo riferimento all’analisi di alcuni dati macroeconomici recenti, la situazione del Sud Italia, per Cuccurese, non è solo preoccupante, ma è devastante, e senza futuro se non si interviene rapidamente. “L’emigrazione dal Sud Italia, che è cominciata con l’Unità di Italia, perché prima non esisteva, ed è continuata con dimensioni bibliche per 155 anni, continua ancora oggi. Parliamo di oltre 100.000 unità ogni anno. Negli ultimi due-tre anni c’è una novità che non ci conforta: si inizia ad emigrare anche dal Nord, perché con le politiche di austerità europea, la crisi, che magari non è cruenta come al Sud, ha investito in pieno anche il Nord del Paese. Ad emigrare sono persone, spesso giovani, che, in generale, con enormi sacrifici e costi non irrilevanti da parte delle rispettive famiglie, hanno studiato. Persone che per trovare lavoro vanno in Paesi dove con molta probabilità si costruiranno una famiglia e da cui difficilmente torneranno nei territori di nascita”. E mentre al Sud la disoccupazione giovanile è oggi al 58%, è di una settimana fa il dato che invece vede in Germania un record storico di “occupazione”, un dato che non era mai stato così alto dai tempi della riunificazione delle due Germanie. C’è dunque qualcosa che in questa Europa effettivamente non funziona”. La conseguenza è che al Sud Italia c’è un doppio svantaggio. “Siamo nei fatti colonia di una colonia”, ha dichiarato Cuccurese. “L’Italia, che con la sua Confindustria non si oppone ai potentati nordeuropei è nei fatti colonia. E il Sud è, quindi, a sua volta colonia di una colonia e questo è storicamente sempre più evidente”.

Scenari altrettanto cupi dipingono, secondo Cuccurese, i dati sulla denatalità che, al Sud, al contrario che in passato, è oggi più alta che al Nord. Questo sostanzialmente significa che, tra quindici/vent’anni, il Sud sarà spopolato e abitato da una popolazione certo non giovanissima che avrà necessità dettate dall’invecchiamento e porterà con sé una serie di problematiche che non possono essere sottovalutate già oggi, dato l’abbattimento progressivo del welfare di cui siamo tutti testimoni, i continui tagli alla Sanità pubblica e il problema delle pensioni.

Allarmante per il Presidente del Partito anche la questione povertà, “se pensiamo che nei centri Caritas per la prima volta gli italiani superano gli extra comunitari”.

Detto questo, parlare di lotta di classe oggi è sicuramente bollato come demodé. Ciò non significa che questa lotta non sia tuttora in corso e che a vincere, anzi a stravincere, contro le classi popolari siano i poteri che definiamo forti. Anche perché i media, televisioni e giornali, lottano insieme a loro. L’Italia, per chi non lo sapesse è al 77º posto per libertà di stampa nel mondo. Una stampa che spesso, tranne qualche meritoria eccezione, non solo discrimina i meridionali, con l’obiettivo di tenerci in uno stato di sudditanza, ma che rappresenta anche un problema per quella che dovrebbe essere una corretta, esaustiva e indipendente informazione su tematiche di interesse pubblico e che inevitabilmente si ripercuote sulle scelte politiche, apparentemente libere ma in realtà condizionate, che gli italiani sono chiamati a fare nelle cabine elettorali; dove alla rabbia e al disgusto per la politica, si aggiunge una sempre maggiore disinformazione di regime, pericolosa per lo stato della democrazia reale nel nostro paese. Quello che auspico dunque è un’Europa meno tecnocratica, un’Europa dei popoli e solidale. Un cambio di rotta significativo che porti tutti i suoi Sud a contare quanto i suoi Nord e che porti il Sud Italia a divenire volano della ripresa economica del Paese. Ed è per questo motivo che la questione meridionale non può che diventare, da questione nazionale irrisolta, “questione internazionale” e unirsi in tal modo alle lotte degli altri Sud d’Europa.

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http://fai.informazione.it/021FE9BD-4342-446A-A611-44FC6EFC3EB1/Partito-del-Sud-una-nuova-sfida-per-il-futuro

 

il partito del Sud si incontra a Barletta
il partito del Sud si incontra a Barletta

il partito del sud nuovo difensore dei diritti
il partito del sud nuovo difensore dei diritti

 




Allarme Ocse: economia ferma, l’economia globale resta fiacca, applicare riforme 

Economia Ferma: tragedia per l’Europa.

Nodi sono investimenti fermi, nuove regole e sofferenze banche. l’Europa in difficoltà fa fatica ad uscire dai suoi stessi lacci.

Sarebbe opportuno ripensare l’Europa come una federazione e non come una identità economica.

Gurria: Brexit sarebbe danno per Gb,Ue e mondo. Visco: incertezza oggi è maggiore problema planetario (ANSA)

 

 

 

Sorgente: Allarme Ocse: l’economia globale resta fiacca, applicare riforme – Economia – ANSA.it




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Bimbi, 9% capita su siti alcol e droga 

I bambini di tutto il mondo usano sempre di più social network, chat, giochi ma il 9% s’imbatte in siti che contengono informazioni su alcol, droghe e tabacco. (ANSA)

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Concordia: confermata la condanna a 16 anni per Schettino

Schettino colpevole, ma le registrazioni lo assolvono, almeno nel comportamento.

In ogni caso Lui rimane il comandante della nave, è sceso prima degli altri, quindi è colpevole.

“Morirò con la mia nave” queste le parole del comandante del Titanic nel mezzo dell’oceano, ma Schettino aveva già accompagnato la nave sulla costa…

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